giovedì 9 agosto 2007

Da Perugia a Roma (Parte 2)

SANTA GIULIANA



Raccoltasi alle ore 23 lungo il viale di circonvallazione, si avviò a circondare l'Ospedale Militare di S. Giuliana, dove esisteva un deposito di fucili. La parola d'ordine era << Perugia - Roma >>. Per mezzo di un ingennioso stratagemma, i fascisti riuscirono a penetrare silenziosamente nel cortile da un'ingresso secondario. Bloccato di sorpresa il corpo di guardia, alcuni squadristi, fra i quali mi trovavo, s'introdussero nel magazzino e piombarono sul custode che dormiva. Che brutta sorpresa aprire gli occhi davanti alla bocca di una rivoltella! I fucili con la massima cautela e nel silenzio pù perfetto, furono portati via. Era però impossibile trovare gli otturatori... Fummo costretti allora a svegliare il medico di guardia: stupore, proteste, minacce! Tutto inutile! Ormai eravamo padroni del campo... Destammo anche l'aiutante maggiore, perchè ci consegnasse gli otturatori, chiusi nella cassa forte.

Rammento ancora il naso che fece, quando si precipitò sull'aparecchio telefonico per chiedere soccorsi e costatò che i fili erano gia stati tagliati! Finalmente in possesso degli otturatori portammo le armi in città, dove furono distribuite agli squadristi.

Nel frattempo la Prefettura aveva capitolato di fronte alla minaccia di assedio: il Prefetto, con una formula che copriva la resa effettiva, cedette i poteri all'autorità militare, e fu accompagnato a letto. Bastianini gridò la novella dalla finestra. Le madri nostre in quel momento, nelle case, singhiozzavano forse, ignorando la sorte dei figli. Le Guardie Regie presentavano le armi alle squadre << Disperatissima >> e << Todi >>penetrate nel cortile della Prefettura. Entrano quindi in Perugia i reparti giunti dai dintorni. I forni lavorano tutta la notte per il giovanissimo esercito. Poche ore di riposo.



XXVIII OTTOBRE



Alba di vita nuova.

Italia dellavvenire; flusso di linfa pura e feconda, pei tessuti dell'albero in germoio, prodigio di smeraldo per le foglie rinate. MAi vide il cielo miracolo maggiore. Ci guardavamo in viso sorridendo, ed era in noi un infrenabile desiderio di abbracciarsi a vicenda, di gridare a tutti i venti la gioia esuberante! I volti nostri erano pallidi e le occhiaie infossate nel cerchio nero, lasciatoci dalla notte insonne. All'Hotel Brufani era istallato il supremo quadrumvirato fascista: Balbo, De Bono, Bianchi, De Vecchi. Fungevo da ufficiale di collegamento fra il Comando Supremo e il Comando di Legione. Nella notte era avvenuta una curiosissima conversazione telefonica fra il Prefetto e il Comandante di Stazione. Il primo era Felicioni, e il secondo, mi pare fosse Boschi. Il primo però credeva effettivamente di parlare al Capostazione, e il secondo al vero Prefetto. Soltanto la mattina seguente l'equivoco fu chiarito e annegato nel vermouth.

Frondini venne nominato comandante di Palazzo in Prefettura. Frattanto la squadra postelegrafonica << V. Locchi >> s'era gia impadronita delle comunicazioni telegrafiche e telefoniche. Nel pomeriggio, in seguito all'ordine del comandante della Divisione Militare gen. Patracchi, le guardie regie, accantonate nel palazzo del Tribunale, tentarono di rioccupare il Palazzo Postelegrafico. Gia gli elementi della centuria di Marsciano aspettavano a piè fermo l'attacco, e negli uffici Graziani ordinava la distruzione degli apparecchi. L'ordine dato ai fascisti era di non far fuoco assolutamente sui soldati: ma d'impedire l'accesso a qualunque costo, anche della vita. L'urto colla truppa veniva evitato dalla presenza di spirito di alcune camicie nere e dalla e dalla prontezza dell'automitragliatrice del conte Paganini, montata dalla << Disperatissima >>. Si sparse frattanto la notizia della proclamazione dello stato d'assedio. Venne allora decisa, d'iniziativa, l'occupazione della stazione radio-telegrafica di S. Domenico. In cinque o sei della << Disperatissima >>, ai quali io m'ero unito, piombammo con l'automitragliatrice davanti all'ingresso del Comando di Brigata, e giocando in parte d'astuzia e in parte d'audacia, riuscimmo a portar via gli apparecchi della Stazione, eludendo la guardia di un plotone di fanti ed una sezione di mitraglieri. Sulla città gravava il peso di una minaccia: le trattative fra il Comando di Divisione e il Quadrumvirato fascista erano nello stadio acuto. I fascisti fermi al loro posto, dolorosamente decisi a tutto: anche a morire!

Oh, se il Duce avesse potuto vederci in quel momento!



("Da Perugia a Roma" di
Giorgio Tiberi)

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