lunedì 31 marzo 2008

E' in distribuzione "Ciaoeuropa" del 30 marzo 2008 (Anno XVII n. 4).


Sommario:



  • Elezioni di Merimar;

  • Finché la barca va…. di Fabio Calabrese;

  • Cattolici ingenui di Franco Damiani;

  • E’ in corso un attentato alla Costituzione di Salvatore Macca;

  • Per capirci, ve lo dico in siciliano di Oscar Aldo Marino;

  • Solidarietà al popolo palestinese di Comunità Militante Perugia;

  • Clamoroso riconoscimento di Lodovico Ellena;

  • Ancora un divieto da "Giustizia Giusta";

  • Negata la sede di Agostino Rabuffo;

  • I morti di Gaza non esistono di Enrico Galoppini:

  • Una strana avventura di Kiriosomega;

  • Italia: la magia del discorso di Claudio Antonelli;

  • Come ti erudisco il pupo di Maurizio Canosci;

  • Il calcio dell’asino di Nando Ventra;

  • Al guinzaglio dei "liberatori" di Antonino Amato;

  • Elezioni Nazionali 2008 di Antonino Amato;

  • Fascismo & dintorni di Antonino Amato;

  • Se il ridicolo uccidesse di Antonino Amato;

  • Dacci oggi il nostro servilismo quotidiano di Antonino Amato;

  • "Fanno i frosci con il culo degli altri" di Antonino Amato;

  • Rubriche varie.




L’abbonamento costa 20 Euro, si possono sottoscrivere 5 abbonamenti x 70 Euro, 10 abbonamenti x 130 Euro. Inviare a: conto corrente postale: 10658920 intestato a: Ciaoeuropa, casella postale 82, 92100 Agrigento, Italia.




Per riceverlo nella zona di Perugia scrivere a: controventopg@libero.it

Carlo Parlanti in sciopero della fame. Lettera aperta.

Carlo Parlanti ha iniziato lo sciopero della fame. Nonostante le sue precarie condizioni di salute. Un gesto disperato, per farsi sentire. L'ultima iniziativa, perché tale si rivelerà, se portata avanti ad oltranza e senza nessuna concreta risposta da parte vostra.

Questa lettera aperta è indirizzata alle autorità Consolari, al Ministero degli Esteri, al Ministero di Giustizia, ad ogni autorità italiana di Polizia, da parte di noi, amici di Carlo, persone che gli vogliono bene e che non possono vederlo morire giorno dopo giorno solo per farsi sentire ed ottenere ciò che gli spetta di diritto: l'essere tutelato dal proprio Stato.


Qui si parla della vita di un uomo innocente. Le prove dell'innocenza sono visibili a tutti, sono online sul sito http://www.carloparlanti.it/volantino.htm, sono nei dossier composti dal Ministero di Giustizia e della Farnesina sul caso, sono in mano alle maggiori associazioni di diritti umani. Prove inappellabili, che dimostrano oltre ogni ragionevole dubbio che nel dicembre del 2005 è stato condannato un uomo innocente per un crimine mai commesso. Il tempo del tergiversare deve finire. Si parla della vita di un uomo. E' questa la maniera nel quale lo Stato Italiano tutela i suoi cittadini? Lasciandoli morire giorno dopo giorno in un paese straniero con la scusa di non "dovere irrigidire" i rapporti con lo stesso, anche quando vi sono palesi dimostrazioni che quest'ultimo ha sbagliato? Con quale coraggio voi, nostri rappresentanti riuscite a dormire la notte sapendo di non avere fatto abbastanza per tutelarlo? Noi vi eleggiamo a nostri portavoce, ci affidiamo completamente a voi e tutto ciò che otteniamo è un paese che va alla rovina ed il calpestamento dei nostri diritti basilari.


C'è un uomo, rinchiuso nel carcere di Avenal. Non è un animale, è una persona come noi e come voi. E' innocente. E troppe volte abbiamo visto lo Stato Italiano correre a tutelare i colpevoli, facendoli uscire di prigione e sostenendoli economicamente. Perché Carlo Parlanti, da innocente, deve morire abbandonato da tutti?


Qui lanciamo un appello anche ai politici che hanno speso parole, e soldi per aiutare Carlo. On. Guidoni, On. Zacchera, On. Bucchino, On. Romagnoli, Sen. Cutrufo, e tutti gli altri che negli anni hanno palesato interesse per la vicenda di Carlo: dateci una mano voi, aiutateci in qualche modo. E' una persona innocente quella che si trova dentro al carcere di Avenal. Una persona disperata ma piena di dignità, che preferisce lasciarsi morire piano piano piuttosto che diventare schiavo di un sistema corrotto che lo ha punito per un crimine che non ha mai commesso. "Se mi rendono schiavo, dopo avermi rinchiuso, picchiato, incatenato ad un letto, perdo l'unica ragione di vita che mi è rimasta". Sono sue parole, mentre si tentava, senza successo di dissuaderlo dal compiere simili passi. Ma come dargli torto se continua ad essere rinchiuso, se nessuno dei nostri governanti tiene conto del fatto che è innocente e che le prove della sua innocenza siano chiare e visibili a tutti?


Perché questo silenzio? Perché questa paura di dire: "Si, la Contea di Ventura in California ha sbagliato"? Perché tacere e far finta che il Parlanti non esista, che la sua sofferenza non esista, che le prove della sua innocenza non esistono? Perché questo rendersi complici di un reato? Del lento omicidio di quest'uomo? Noi non possiamo, ma soprattutto non vogliamo stare zitti. Non vogliamo essere complici dell'omicidio di Carlo. Perché è di questo che si tratta. L'Italia è stata in prima linea per ciò che riguarda la pena di morte. Ma predica bene e razzola male, se condanna ad una morte certa un suo cittadino, la cui unica richiesta è quella dell'essere tutelato dal proprio paese.


Non si parla di Sacco e Vanzetti. Non si parla di un mafioso, di un pluriomicida, di un attentatore. Si parla di un uomo innocente. Della vittima di un sistema sbagliato. Di un sistema malato.


Nostri governanti rispondeteci: vi paghiamo profumatamente per tutelarci? Ed allora perché non lo fate? Perché lasciate morire lentamente il Parlanti senza muovere un dito quando a qualsiasi livello istituzionale siete coscienti della sua innocenza e ne avete in mano le prove? Speriamo con tutto il cuore abbiate la coscienza di risponderci non a parole ma a fatti. La sig.ra Katia Anedda, compagna di Carlo Parlanti è attualmente negli Usa. Sta incontrando un ostruzionismo clamoroso solo per effettuare una conferenza stampa. Inutile spiegare le difficoltà che sta incontrando per ottenere colloqui con le autorità. Imperterrita continua a combattere sola. Dove sono i Consolati? Quale il loro ruolo? Come stanno tutelando i diritti di Carlo Palanti?


La nostra speranza è che a questa lettera segua una mossa concreta. Noi non ci fermeremo qui. Continueremo a parlare, a raccontare di Carlo, a raccontare alla gente che non è il bastardo stupratore per il quale è stato fatto passare, ma un dolce e sensibile innocente che sta pian piano morendo nell'indifferenza del suo stato, dei suoi media e delle autorità tutte. E se la sua morte dovesse mai verificarsi, la vostra indifferenza farà il paio con la vostra scarna coscienza. Continueremo a denunciare comunque, dovunque, in qualsiasi lingua, i reati commessi contro di lui.


Non siamo certi di un riscontro da parte delle nostre autorità, troppo perse a farsi guerra elettorale, ma lo auspichiamo: secco, breve, deciso.




Da www.noreporter.org, di Valentina Cervelli e Mara Marino.


Resisti!

venerdì 28 marzo 2008

Perchè sostenere la lotta dei tibetani volta a recuperare la loro sovranità, la loro indipendenza e le loro tradizioni.

Le rivolte dei monaci e della popolazione scoppiate nel mese di marzo hanno riportato sulla ribalta mediatica la situazione tibetana. L'irrisolta questione dell'oppressione cinese sul Tibet si ripresenta, così, in un momento storico particolare, che vede la Cina imporsi sempre di più come potenza economico finanziaria e si appresta ad ospitare un importantissimo evento che la porrà al centro dell'attenzione mediatica mondiale, i Giochi Olimpici.



In questo contesto prendono forza le tesi di chi vede i moti anticinesi e le relative prese di posizione occidentali come le mosse di quella strategia messa in atto dagli Stati Uniti e dagli organismi sovranazionali del mondialismo al fine di perseguire i propri scopi geopolitici, economici e strategici.



Tale strategia è del resto abbastanza chiara e in atto da tempo, e recentemente ne abbiamo avuto assaggio con le "rivoluzioni arancioni" nell'ex Unione Sovietica, e in Kosovo, nel cuore dell'Europa.



E' innegabile quindi che le spinte autonomiste, in determinate zone strategiche del globo, vengano all'occorenza incoraggiate e strumentalizzate dalla lobby mondialista per trarne vantaggio.



Si potrebbe ben supporre che anche nel caso del Tibet un meccanismo di questo tipo si sia messo in moto, vista anche l'esposizione mediatica che gli ultimi avvenimenti hanno avuto e il verificarsi degli stessi proprio alla vigilia di un avvenimento importante, per la Cina e non solo, come le Olimpiadi.



Preso atto di ciò,  noi riteniamo comunque sacrosanto il diritto del Popolo Tibetano a lottare per il proprio paese e le proprie radici.



Esistono certo, come abbiamo detto, interessi occidentali nella regione, ma non dobbiamo dimenticare che il Tibet è già sotto una dominazione imperialista, quella della potenza cinese, la quale, è innegabile, ha portato avanti una politica di annientamento delle millenarie tradizioni del popolo tibetano.



Oltretutto, se è vero che esistono conflitti geopolitici, è altrettanto vero che la Cina fa parte orami a pieno titolo del progetto mondialista, con il suo enorme bacino economico, industriale e finanziario che la lega a doppio filo all'economia statunitense.



Sarebbe quindi insensato in questo caso schierarsi dalla parte della Cina in contrapposizione agli interessi americani, negando la legittimità delle istanze del Popolo Tibetano, quando sappiamo bene che ambedue le potenze perseguono il medesimo progetto globalizzante. Quel progetto mondialista che ha fra i suoi fini anche quello della distruzione delle società Tradizionali.



Soprattutto, riteniamo sacro il diritto dei popoli a lottare per la propria terra, le  proprie radici e le propria Tradizione. 



In questo senso quindi riteniamo doveroso sostenere la lotta dei tibetani volta a recuperare la loro sovranità, la loro indipendenza e le loro millenarie tradizioni.



Sostegno al popolo Tibetano, quindi, ma senza cadere nella propaganda occidentale,  e consci che il legame dei popoli con le proprie radici sia un punto irrinunciabile nella lotta al mondialismo.



Comunità Militante Perugia

Associazione Culturale Tyr


29-03-2008 Conferenza Raido

mercoledì 26 marzo 2008

Horst Mahler.




Horst Mahler nacque nel 1936 in Haynau/Schlesien (Slesia), regione al tempo tedesca e a tutt’oggi polacca - da genitori nazionalsocialisti convinti (non solo fino al 1945). Approdato a Berlino Ovest dopo la perdita della Slesia da parte della Germania e dopo la morte del padre nel 1949, crebbe nell’immagine contraddittoria dei suoi genitori: “incarnazione della bontà umana“, secondo lo stesso Horst, e di ciò che ascoltava a scuola : “Apprendevamo quanto i Tedeschi fossero un popolo aggressivo da sempre, che aveva dato il via a due guerre mondiali, e ucciso sei milioni di ebrei. Non potevo demonizzare i miei genitori. Ma volevo essere un Tedesco corretto, rifugiandomi quindi nelle teorie marxiste, che mi permettevano di fuggire da questo senso di colpa schierandomi dalla parte del proletariato", afferma.

Studente a Berlino, aderì subito al movimento dei giovani socialisti e, in seguito, alla principale organizzazione d’estrema sinistra presente nelle Germania degli anni ‘60, il SDS (Sozialistischer Deutscher Studentenbund - Federazione Tedesca degli Studenti Socialisti). Nel 1968, fu uno dei più importanti portavoce della rivolta studentesca. Il suo cuore era decisamente a sinistra e per la virulenza dei suoi propositi, presto incarnò il demonio agli occhi della Destra Conservatrice.

Oggi Horst Mahler interpreta gli avvenimenti del 1968 come una “rivoluzione conservatrice", senza successo, come il “Nazional-Bolscevismo” o come gli anni di un “fascismo di sinistra".

E’ indicativo il fatto che della medesima opinione siano altri leader tedeschi di estrema sinistra, come Gunther Maasche e Reinhold Oberlehrer. Questo nebuloso periodo termina con l’incontro tra Mahler e Andréas Baader e Gundrun Enslinn, in seguito fondatori della Frazione Armata Rossa. Con la radicalizzazione del movimento nel 1968, Mahler si diede alla clandestinità.

Dopo alcuni attentati e rapine a mano armata, va a prepararsi in Medio Oriente nel campo palestinese di Ali Hassan Salamek. “L’odio comune per gli Usa e per il loro avamposto, Israele, univa i ribelli tedeschi e arabi“, scrisse sul Welt am Sonntag. Denunciato al suo ritorno, Horst Mahler venne arrestato nel 1970 e condannato a 14 anni di prigione.

Nel periodo di detenzione, prese le distanze dal terrorismo, si dichiarò maoista e assunse quale avvocato un certo Gerhard Schröder (ebbene sì, proprio il cancelliere) per ottenere la scarcerazione anticipata. Liberato nel 1980, Horst Mahler tornera’ in politica alla fine degli anni ’90, teorizzando i dettami ideologici di una Rivluzione Nazionale.

Nel 2000, presenta la propria candidatura nelle fila di NPD, il principale partito della cosiddetta destra estrema tedesca, che non di rado ha lasciato, per bocca dei sui esponenti, intendere di voler essere considerato di sinistra e di contendere ai socialisti dell’ SPD, i voti dei lavoratori e del pubblico impiego, ergendosi a baluardo rivoluzionario in una battaglia dove l’atteggiamento anti-immigratorio non si discosta da quello antiamericano e anticapitalista.

Lo sconcerto del mondo politico è tale che gravi accuse e censure verranno mosse nei suoi confronti, anche in considerazione del fatto che NPD è storicamente uno dei partiti politici più perseguitati dall’antifascismo sia militante sia istituzionale: lo sbarramento forte presente nel sistema elettorale tedesco e la abominevole campagna mediatica che la Germania subisce da sessanta anni, in un vergognoso processo senza fine le cui imputazioni morali ed etiche passando incredibilmente da padre in figlio, retroattivamente, in base al presunto Olocausto, sono armi di cui il sistema ama servirsi per inculcare e mettere i bastoni tra le ruote del Partito Nazionale Democratico.

Ma non possiamo ipotizzare né la follia, né – e ci mancherebbe pure – l’opportunismo, alla base di una convinzione politica che, forte di una base ideologica fondamentalmente rimasta inviolata, ha portato Mahler, ex comunista sessantottino, ad avvicinarsi, a partire dagli anni Novanta, agli ambienti del neo-nazismo. “Per me, è evidente” afferma “che i Tedeschi che vogliono preservare la propria esistenza, presto saranno una minoranza. Con la diminuzione delle nascite ed i sette/otto milioni di stranieri, soprattutto Musulmani, che portano qui le loro famiglie (le quali velocemente aumentano di numero), in 50 anni il popolo Tedesco costituirà una misera parte di quella che un tempo era la sua terra”, in una lotta che egli stesso teorizza quale continuità ed evoluzione del suo passato, che riaffiora, seppur sotto bandiere e forme diverse: “Ieri come oggi, il mio obiettivo principale in politica è denunciare gli Stati Uniti come nemico e combattere il suo imperialismo. Il quale ora si cela dietro una politica di invasione da parte degli stranieri. E’ la politica dell’establishment dell’Est, che vuole “Balcanizzare” l’Europa per metterla fuori gioco!”




Un personaggio molto scomodo, in un mondo pieno di gente comoda…

Riflettere.



Comunità Militante Perugia

Associazione Culturale Tyr


martedì 25 marzo 2008

Signoraggio secondario: come prestare denaro che non esiste... E chiedere anche gli interessi.

Come funzionano i prestiti bancari? Facciamo un “piccolo” passo indietro nel tempo. Una volta i mercanti giravano con le loro belle monete d’oro per le strade d’Europa, ma viaggiare così era piuttosto scomodo e insicuro, così pensarono di trovare un’alternativa.


Il sistema ideato era semplice ma ingegnoso: le monete venivano depositate presso alcuni uffici (le banche) le quali rilasciavano degli attestati che garantivano il possessore dell’equivalente in oro del credito che contraevano col mercante. Per riscuotere l’oro relativo, bastava recarsi dal banchiere, dargli il “titolo” e in cambio si ricevevano le monete. La banca si faceva pagare la commissione sui servizi offerti. Il risultato era che le monete restavano ferme e quello che girava erano solo pezzi di carta, coperti dall’oro depositato e dalla fiducia di poterlo riscuotere.


Per fare un esempio, io mi recavo dal banchiere con 100 monete d’oro e lui mi dava 10 titoli validi per 10 monete l’uno. Dopodichè mi recavo dal contadino e compravo della frutta dandogli non le monete, ma un pezzo di carta che da un lato attestava il mio debito nei suoi confronti, dall’altro il suo credito nei confronti della banca per 10 monete. Così facendo anche la banca aveva un debito, coperto dall’oro che gli davo in custodia.


A questo punto il contadino ha due possibilità: o va dal banchiere col titolo di credito e ritira le monete d’oro, oppure fa altri acquisti pagandolo coi titoli (lasciando le monete sempre a disposizione del banchiere).


Col passare del tempo, il banchiere si accorse che solamente il 10% dei titoli venivano riscossi, mentre il 90% dell’oro rimaneva fermo nei suoi depositi. Allora pensò di farlo fruttare cominciando a prestarlo, bastava tenerne fermo il 10% e non c’erano problemi.


Lasciamo ora i tempi andati e trasferiamoci nelle odierne banche. Come sappiamo (si veda l’articolo sul signoraggio primario) al giorno d’oggi, il denaro non è più coperto da riserve auree; infatti oggi i prestiti devono essere coperti dal capitale bancario. C’è solo un piccolo problema: il capitale di cui si parla non corrisponde ai soldi realmente posseduti dalle banche. Vediamo di spiegare meglio la situazione.


Gli accordi definiti “Basilea I” del 1988 stabilivano che i prestiti dovevano essere coperti almeno per l’8% con capitale proprio (Eigenkapital). Nel 2006 si sono siglati i nuovi accordi, “Basilea II”, che hanno variato la percentuale, tra l,6% ed il 12% secondo il rischio di insolvenza, ma hanno lasciato immutato il fatto che la copertura sia data dal capitale e non dal denaro; infatti nel capitale di una banca rientrano anche i crediti che questa ha concesso alla clientela.


Facciamo un esempio considerando il sistema bancario come un soggetto unico. Io chiedo alla mia banca un prestito di 1.000 Euro e per questa cifra mi viene fatto credito, l’istituto conteggerà 1.000 Euro come liability (denaro dovuto) e 1.000 Euro nell’asset (attivo patrimoniale). Ora io uso questo credito emettendo un assegno ad una ditta per pagare dei lavori e quest’ultima invece di incassarlo lo versa sul suo conto in banca.


A questo punto la banca accredita alla ditta i 1.000 Euro e contemporaneamente segna nel suo patrimonio gli stessi 1.000 Euro, senza togliere i miei 1.000.


Così facendo il patrimonio della banca risulterà aumentato del 100%, da 1.000 a 2.000, senza aver utilizzato nessun denaro reale; infatti, giova ricordare, che gli accrediti, i bonifici, gli assegni,ecc. non sono reale denaro, ma solo promesse di pagamento per un certo valore di denaro!


Come abbiamo detto, la copertura dei prestiti è data dal patrimonio bancario, che in questo caso, senza aver nessun tipo di reale garanzia, sarà raddoppiato, così come raddoppierà la possibilità della banca di prestare denaro. Senza considerare che con questo stratagemma, le banche nascondono enormi guadagni; infatti comunemente il sistema ci fa credere che le banche guadagni solo le differenze d’interesse, ma non spiegano gli enormi aumenti “virtuali” di patrimonio da cui ricavano ulteriori interessi.


Ora che abbiamo visto che la banca presta “denaro virtuale” senza alcuna garanzia e soprattutto senza alcun costo, tranne la fatica di fare un click col mouse , vediamo nel dettaglio come funziona la creazione di questo “denaro virtuale”.


Supponiamo che io depositi 1.000 Euro in banca e che il coefficiente di riserva frazionaria, la quantità che per legge va detenuta nell’istituto,sia del 2,5%, la banca stessa potrà prestare 100:0.05=2.000 Euro, ora se l’interesse sui prestiti fosse sempre del 2,5%, la banca guadagnerebbe di soli interessi 2.000x2.5%= 50 Euro. Il risultato è che la banca, sui 100 Euro che ho depositato, guadagna il 50% di interessi ed il 2.000% di capitale (questo si chiama signoraggio secondario)!!!!


Secondo alcuni studiosi, però, questi sono dati al ribasso. Infatti, esiste una legge che consente alle banche la mobilizzazione delle riserve, cioè possono movimentare l’intera riserva, purché alla fine della giornata la riserva media giornaliera calcolata su un mese sia pari all’ammontare della riserva dovuta, in buona sostanza possono prestare l’intero deposito, purché a fine giornata il conto che ogni istituto ha preso la banca centrale non sia in negativo.


Questo fa sì che girando il “denaro virtuale” attraverso vari istituti durante la giornata, 1.000 Euro “reali”possono diventare 50.000 nell’arco di 24 ore, con un evidente pauroso  guadagno da signoraggio secondario, considerando un tasso del 5% si parla di ricavo per 2.500 Euro, a fronte di interessi pagati di appena 20 Euro(al 2%)!(per approfondimenti: G. Venturi, riserva frazionaria vs. riserva totale).


Alcune considerazioni s’impongono.


 Innanzitutto bisogna denunciare la menzogna che viene comunemente diffusa che le banche guadagnerebbero la differenza tra interessi passivi e attivi; infatti, come abbiamo visto, le cifre sui cui queste percentuali vengono calcolate sono molto diverse!


Secondo, che grazie a questo sistema, il 90% del denaro circolante è “virtuale”(assegni, bonifici, accrediti, prestiti,ecc.), quindi “creato” senza costi dalle banche, ma sul quale il cittadino deve pagare interessi frutto del suo lavoro, facendo guadagnare loro cifre spaventose, al contempo indebitandosi sempre più.


Infine, va considerato che il “denaro virtuale” circolante al mondo è 5 volte maggiore di tutti i beni esistenti. Ciò significa che il denaro circolante rappresenta un debito scoperto per l’80%! Il sistema mondiale si regge sul fatto statistico che meno del 2% dei depositi bancari verranno ritirati. Il “giochino” si rompe quando succedono crisi come in Argentina o in Inghilterra, allorché la gente va in banca pensando di poter ritirare il “denaro reale”, col risultato di inutili file davanti agli sportelli per sentirsi rispondere che i soldi non ci sono!!!







Di Manuel Zanarini, online su: www.ariannaeditrice.it

domenica 23 marzo 2008

Sul mito del '68.

Ormai hai quarant’anni, è ora che tu sappia di chi sei figlia, cara società contemporanea…


E’ parafrasando uno slogan ironico apparso qualche stagione fa su uno striscione di curva che vogliamo aprire una parentesi, una nota di breve analisi su ciò che è stato quattro decenni fa, sulle condizioni che fecero da premessa allo scaturirsi di quegli eventi e sui pessimi frutti che gli stessi hanno generato. E’ bene riconoscere la nostra assoluta estraneità a quel complesso di superstizioni che caratterizzarono un anno in cui non avvenne alcuna guerra, né rivoluzione, ma che rappresenta oggi il simbolo delle rovine del nostro tempo al di sopra delle quali è nostro imprescindibile compito elevarsi. Sintomatico il fatto che chiunque voglia legittimare sé stesso nell’ambito del mondo moderno debba riconoscersi in continuità ideale con quella stagione all’insegna del caos e della degenerazione, o debba quantomeno riconoscere in quell’inestricabile susseguirsi di eventi una valenza positiva. Una stagione di affermazione, di conquiste. E’ così che ci è stato sbrigativamente riferito.


I venti provenienti da occidente iniziarono d’altronde a soffiare sulla nostra amata Europa sin dallo sbarco americano in Normandia, minacciosamente ma non sempre con impeto, prima attraverso le bombe, poi in modo subdolo ebbero la capacità di installare il virus della modernità più bieca, quella dell’american way of life, del sogno consumista a stelle e strisce. L’occupazione del nostro suolo millenario da parte delle U.S. army fu soltanto il primo tassello di un atroce processo a fasi che si assunse il compito di stravolgere usi e costumi scalfiti nella storia, le specificità dei tanti popoli europei che composero per secoli un armonioso mosaico di identità. Catapultati improvvisamente nel dopoguerra, i popoli europei assaporano la comodità del benessere dopo anni di sacrificio e sofferenza. Questa la capacità della martellante propaganda americana: passando per la desolante elemosina chiamata piano Marshall e per la commercializzazione di prodotti allettanti, creò nell’europeo occidentale la convinzione che non vi fosse società migliore di quella che gli occupanti stavano proponendo loro, minando i valori identitari, quei capisaldi che hanno composto da sempre la spina dorsale del Vecchio Continente. Un processo di sovversione dunque, che pone le premesse per una ribellione disordinata e piuttosto confusa nei contenuti, che si riconosce soltanto nella riluttanza anarchica verso ogni tipo di autorità, di principio, di rettitudine. Vietato vietare è la parola d’ordine. Nessuna proposta alternativa, soltanto il capriccioso battere i piedi di un immenso gregge di bambini mai cresciuti e annoiati dal grigiore borghese. A quali conquiste può condurre un quadro di cotanta disgregazione ed assenza d’ideali, se non altrettanta disgregazione ed appiattimento mentale? Non è certo un caso che la presunta scorsa di chi condusse quella crociata verso il nulla, mossa esclusivamente da personale insoddisfazione, si sia dissipata all’interno delle quattro mura di un salotto presenziato da benpensanti dediti alla dialettica come un innamorato allo sfogliare la margherita, rappresentanti dell’odierna borghesia, la più statica e presuntuosa degli ultimi decenni. Quella affezionata alle etichette istituzionali che concedono ai reduci delle occupazioni universitarie e dei concerti triviali stile Woodstock titoli di dottori e professori. Esimi rappresentanti dell’attuale classe dirigente che alle costose giacche e cravatte che indossano oggi preferivano in gioventù lo squallore estetico quale simbolica riluttanza verso la società che li aveva generati, squallore delle lunghe chiome affannosamente legate da fascette sulla fronte, degli stracci colorati con parvenze da camicie e da pantaloni. Edulcorati sessantenni che alla lettura ed al contributo culturale che oggi ostentano preferivano all’epoca il comodo “6 politico” e l’abbattimento di ogni residuo comunitario, gerarchico e umanistico che la scuola vantava fino a prima del 1968. Ecco chi sono oggi gli artefici di quel tanto rumore per nulla, le brutte copie dei loro nemici d’allora. I vecchi paladini di ogni qual tipo di libertà, di istinto primitivo, di ogni qual tipo di diritto, senza minimamente contemplare il concetto di dovere. Hanno regalato ai loro figli cambiamenti ben poco invidiabili: l’avvento definitivo dei movimenti di massa, rivelatosi strumento di soppressione verso l’individualità dell’uomo, la morte del millenario concetto di popolo in nome dell’internazionalismo livellante; il diffondersi dell’uso delle droghe più disparate in nome della necessità di trovare nuovi ed originali stimoli al di là della noiosa semplicità della natura umana, un diffondersi che è degenerato mietendo vittime a migliaia, un fenomeno più efferato di una guerra; la liberalizzazione dei costumi sessuali che ha svuotato di bellezza e di sacralità quel mistico meccanismo che rappresenta l’unione amorosa tra uomo e donna, quella ideale proiezione cosmica di naturale complementarietà è stata relegata ad un grezzo istinto bestiale; l’emancipazione della donna che l’ha pian piano allontanata dalla sua dimensione di madre, di custode del fuoco famigliare, rendendola un volubile oggetto sessuale che pur di affermare la propria autodeterminazione arriva a concedere il proprio delicato corpo senza riserve o, peggio, a rivendicare la morte di una vita che porta in grembo. Ecco la libertà, ecco le conquiste. Ecco la coerenza di quanti ne furono i protagonisti di quell’anno che noi ripudiamo; i vecchi sessantottini, la loro società del nuovo millennio sono la testimonianza del fallimento delle loro giovanili utopie. Unica nota positiva, che fu chiaramente emarginata dalla miseria ideale dell’occidente, l’anticomunismo della Primavera di Praga e l’estremo sacrificio dell’unico vero eroe del ‘68, Jan Palach, immolatosi per la propria patria. Concetto quest’ultimo, che coi sessantottini ha in effetti poco a che fare…


Nessuna occasione persa per chi non si riconobbe e non si riconosce tuttora in quei frenetici sussulti anarchici; soltanto il vanto di chiamarsi fuori dal gregge del pensiero unico e definirsi orgogliosamente schivi all’omologazione, per l’identità e l’appartenenza. Spavaldi di essere noi stessi, individui assoluti, contro la massificazione delle coscienze di cui il ‘68 ne è simbolo.



Tratto da: Associazione Culturale Zenit.

"Bajo los Hielos" Entrevista a Claudio Mutti [traduzione italiana]

Come ha conosciuto l'opera di Julius Evola?



Lessi Rivolta contro il mondo moderno all'età di diciotto anni. A darmi una copia del libro fu un dirigente della sezione italiana di Jeune Europe, l'organizzazione nella quale militavo quell'epoca. Il pragmatismo di Jean Thiriart e la sua concezione machiavelliana della politica non ci soddisfacevano del tutto, sicché in noi, giovani "nazionaleuropei" di quarant'anni fa, rimaneva viva l'esigenza di una visione integrale del mondo e di una autentica consacrazione dell'azione politica. L'opera di Evola rappresentò dunque, per me come per altri, la porta d'accesso a una Weltanschauung spiritualmente fondata.



In che cosa consiste l'importanza di Julius Evola per il mondo occidentale?



Occorre innanzitutto sgombrare il campo dall'equivoco che tale sintagma ("mondo occidentale") inevitabilmente comporta. Se nei secoli passati una "civiltà occidentale" è effettivamente esistita, oggi la stessa denominazione serve a indicare una spengleriana Zivilisation che, oltre ad estendersi su un'area geografica molto più ampia, avente il proprio epicentro e il proprio paradigma negli Stati Uniti d'America, si configura come una vera e propria pseudoreligione idolatrica, i cui dogmi principali sono il Mercato, i Diritti Umani, la Democrazia. In tal modo l'Occidente - questo Occidente che ha acquisito dimensioni quasi planetarie - è la più mostruosa manifestazione di ciò che, evolianamente, possiamo chiamare l'Antitradizione.

Tanto l'Europa quanto l'America Latina possono ricavare dall'opera di Evola, e dal suo richiamo al valore fondamentale della Tradizione, i punti di riferimento essenziali per il loro risveglio e per una lotta coerente contro questa innaturale e antiumana "civiltà occidentale".



Lei ha difeso la controversa lotta svolta dall'autore della Disintegrazione del sistema, Giorgio Freda, che, per il suo radicalismo rivoluzionario, ha scontato una lunga condanna detentiva. Può spiegarci il perché di questa difesa?



Nel 1969, allorché il fenomeno della rivolta studentesca induceva molti a credere che fosse iniziata la mobilitazione per la distruzione del sistema borghese, Freda ritenne doveroso rivolgersi ai giovani nazionalrivoluzionari per riproporre loro i principi del vero Stato. Fino ad allora, nell'Italia del dopoguerra, i sostenitori della dottrina "tradizionale" dello Stato non erano usciti dal verbalismo accademico e nostalgico oppure erano scesi nell'agone politico schierandosi al servizio delle retroguardie borghesi, usando l'evolismo come un rozzo alibi per le loro scelte reazionarie. Con La disintegrazione del sistema, invece, la dottrina tradizionale dello Stato veniva presentata nella sua integrale e irriducibile opposizione al mondo borghese. La stessa organizzazione comunistica dello "Stato popolare" teorizzato da Freda veniva vista come una terapia d'emergenza che si rendeva indispensabile ai fini dell'eliminazione dell'homo oeconomicus: rimedio omeopatico in funzione della "restaurazione dell'umano" in una virile Rangordnung.

La lunga persecuzione alla quale Freda è stato sottoposto, al di là dei pretesti giuridici formali, si spiega proprio con il suo impegno radicale di soldato politico. Ho quindi ritenuto che da parte mia fosse doveroso intraprendere un'azione di solidarietà militante.



L'accostamento fra gli scrittori tradizionalisti puri (Guénon, Lovinescu, Vâlsan ecc.) ed alcune personalità piuttosto politiche o "metapolitiche" (Evola, Codreanu, Wirth) ha costituito una costante nei Suoi lavori. Tuttavia, mentre i primi propongono una lotta interna, cioè il Grande Gihàd, i secondi sembrano perdersi nella contingenza di una battaglia esterna... Qual è la Sua opinione al riguardo?



Nel contesto dell'opera evoliana, una posizione molto importante è occupata dalla dottrina della "grande e piccola guerra santa". Enunciando tale dottrina, che viene designata mediante un'espressione desunta dalla terminologia islamica (al-jihâd al- akbar, al-jihâd al-açghar), Evola riassume la concezione dell'azione che caratterizza ogni visione tradizionale: l'azione è "conforme all'ordine" quando essa è ritualmente consacrata e diventa una via per la realizzazione spirituale. L'accostamento di cui Lei parla corrisponde perciò ad una complementarità: quelli che Lei chiama "scrittori tradizionalisti puri" ci forniscono le indicazioni necessarie per comprendere, mentre le personalità politiche o metapolitiche rappresentano l'azione politica o culturale ad un livello che non è affatto quello della pura contingenza.



Lei dirige le Edizioni all'insegna del Veltro, che hanno pubblicato materiale di grande valore sia dal punto di vista spirituale sia da quello metapolitico. Quali sono le nuove opere che intende pubblicare? Quali sono i Suoi progetti al riguardo?



Le Edizioni all'insegna del Veltro hanno pubblicato, dal 1978 ad oggi, cento libri.

Quest'anno è stata inaugurata una nuova collana editoriale, nella quale troveranno posto opere di geopolitica di autori sia "classici" sia contemporanei. Ai primi due testi, che sono di Haushofer, seguiranno una conferenza di Omar Amin von Leers, un volume collettaneo sulla Turchia, diversi scritti di Jean Thiriart ecc. Nella collana dedicata all'antichità greco-latina dovrebbe poi uscire un altro libro di Béla Hamvas (1897-1968), uno scrittore ungherese che, nonostante sia molto letto e apprezzato nella sua patria, era del tutto sconosciuto in Italia fino a pochissimi anni fa, quando le Edizioni all'insegna del Veltro hanno pubblicato Scientia sacra, una sua opera di sintesi che può degnamente figurare tra i capolavori del "tradizionalismo integrale".



La Sua casa editrice ha pubblicato il libro di Vasile Lovinescu, amico di Guénon e discepolo di Schuon, intitolato La Dacia iperborea. Lei ha anche trattato l'argomento dell'influenza esercitata da Evola sul "fronte dell'Est" (Romania, Ungheria ecc.) e ha scritto un libro sugli autori tradizionalisti romeni (Vâlsan, Lovinescu ecc.). Come mai questo interesse per la Romania?



Questo interesse nacque molti anni fa, quando scoprii la figura meravigliosa di Corneliu Codreanu. Che cosa ha reso possibile un fenomeno come quello legionario nell'Europa del Novecento? Da questo interrogativo presero l'avvio quelle ricerche che mi hanno portato a scoprire la realtà di un paese che, per citare una frase che circola in Romania, è "il più guénoniano del mondo". Vasile Lovinescu, in particolare, rappresenta proprio quella complementarità di contemplazione e di azione della quale cui parlavo poc'anzi: muqaddim di un ordine iniziatico del Sufismo, fu sindaco legionario della sua città.



Da www.claudiomutti.com

sabato 22 marzo 2008

In nome del dio mercato.







Giorgio Napolitano, temendo che i nuovi contenitori partitocratici, destri, sinistri e centrini, possano disgustare la Nazione, ha richiamato gli elettori all’ordine, preoccupato della recente diserzione alle urne da parte dei cittadini francesi. Ma i programmi fotocopia dei due aggregati liberaldemocratici, con le loro ricette demagogiche e populiste, spingono gli italiani a prendere le distanze da una politica di partito che anziché risolvere i problemi dei cittadini e recuperare un minimo di sovranità nazionale e di giustizia sociale, continua a calpestare la res publica in nome del dio mercato.



Da www.rinascita.info

Schediamoli da piccoli.

La società del controllo che si specchia nelle telecamere affastellate ad ogni angolo delle città, che si ciba d’impronte digitali, grandi orecchie, satelliti spia e banche del Dna, che sta costruendo incubi quotidiani popolati da droni “intelligenti” e microchip da installare sottocute, sembra non porre limiti alla propria fantasia visionaria e l’intelligence britannica continua a fare scuola in questo senso.

Scotland Yard ha infatti lanciato un’iniziativa promossa da Gary Pugh, direttore delle scienze forensi e portavoce per la genetica della polizia, che ha come obiettivo la raccolta del Dna dei bimbi delle scuole elementari del Paese. La raccolta non riguarderebbe però tutti i bimbi dai 5 anni in su, bensì solamente i pargoletti che dimostrano comportamenti antisociali o comunque considerati “a rischio”.

 


Il progetto, stando a quanto scritto sul quotidiano Guardian che ha dato la notizia, prenderebbe spunto dalla necessità d’identificare tempestivamente potenziali criminali al fine di garantire adeguatamente la sicurezza nazionale. Gli esperti criminologi hanno infatti... 


realizzato uno studio dal quale emergerebbe che l’inclinazione a determinati comportamenti pericolosi per la società sia identificabile già nei bimbi di 5 anni di età. Da qui emergerebbe l’idea di schedare il Dna dei piccoli monelli britannici, avendo così modo di poterli monitorare nel corso della loro vita e identificare fin da subito i potenziali “delinquenti in erba” che in futuro potrebbero compiere realmente dei reati.







La proposta sicuramente non incontrerà l’immediato favore dell’opinione pubblica e ben difficilmente verrà messa in atto integralmente in tempi brevi, dinanzi alla scontata opposizione di genitori ed insegnanti, però risulta oltremodo indicativa della strada che il sistema del controllo intende intraprendere per ottenere lo scopo reale che si prefigge e cioè la totale acquiescenza dei cittadini costretti all’interno di un modello unico comportamentale, costruito a maglie sempre più strette, al fine di determinare i loro gesti, i loro gusti, le loro aspirazioni, le loro reazioni che dovranno per forza di cose risultare funzionali al sistema. Un sistema che decide a priori quello che è “giusto” e quello che è “sbagliato”, provvedendo in prima persona ad identificare, isolare e neutralizzare qualunque “anomalia genetica” possa discostare l’individuo dall’atteggiamento di acritica sottomissione al modello sociale dominante. In questo senso, soprattutto negli USA, sono già in stato di sperimentazione sui topi sistemi di microchip sottocutanei in grado di condizionare la volontà del soggetto, rendendolo docile come un agnellino e disposto ad accettare qualsiasi angheria.








Notizie come quella data dal Guardian e ripresa dal Corriere Della Sera che al riguardo ha indetto perfino un sondaggio per sapere se i suoi lettori sarebbero favorevoli all’adozione di un simile provvedimento anche in Italia, rappresentano soprattutto uno strumento volto a testare il grado attuale di sensibilità da parte dei cittadini nei confronti del “controllo”. La società del controllo vive e prospera cibandosi di paura, quella paura che distribuisce quotidianamente a piene mani. Paura del terrorismo, paura delle rapine, paura delle aggressioni, paura degli altri, paura di essere esclusi, paura di morire e paura di vivere. Solo attraverso la “paura” può costringere il cittadino a chiedere più controllo, offrendoglielo per il suo bene e stimolandolo a chiederne ancora di più che naturalmente gli sarà generosamente offerto, in un circolo vizioso al termine del quale anche schedare i bimbi di 5 anni e magari “correggerli” con un microchip sembrerà un atteggiamento plausibile, eticamente corretto e necessario.



Da Il Corrosivo.

Prossimi appuntamenti Comunità Solidarista POPOLI.






Venerdì 4 aprile, Verona, “La Scala”, ore 21.00, cena e concerto e disco, oppure soltanto concerto e disco a partire dalle 22.00. Con cena 30 €. Solo concerto e disco + consumazione: 18 €


Sabato 19 aprile Arezzo, conferenza e cena di raccolta fondi.



Sabato 26 aprile Perugia, conferenza e cena di raccolta fondi.

venerdì 21 marzo 2008

IL SIGNORE SENZA ANELLI.

Ecco come sta finendo quest'epoca: con il padre di famiglia che porta al banco dei pegni gli anelli di fidanzamento, le fedi nuziali della mamma e gli orecchini della nonna. Pur di racimolare qualcosa, ora si è disposti a tutto. Si vendono i gioielli di famiglia per pagare le rate del mutuo, le bollette di casa e la borsa della spesa. Un comportamento che testimonia il capolinea di un viaggio iniziato circa 3/4 anni fa: un viaggio intrapreso quando i tassi di interesse toccavano il loro minimo storico, un viaggio che aveva illuso molti facilitoni che consumare ed acquistare a debito era possibile e conveniente, addirittura facile. Non mi dilungo più di tanto, i miei due bestsellers, "Duri e Puri" assieme a "Best Before", hanno con largo anticipo profetizzato quanto si sta verificando in questo periodo storico (trovate anche i redazionali precedenti su www.eugeniobenetazzo.com).



I recenti crash di prestiose banche d'affari stanno dimostrando quanto sia marcio il sistema. Northern Rock, Nomura, UBS, CitiBank, Fannie Mac, Societe Generale, Bear Stearns, Lehman Brothers. E chi sarà il prossimo ? Ma credete veramente che il nostro paese ne sia indenne ?



Falliranno anche banche italiane, basta solo aspettare: alla faccia di tutti quegli analisti comprati, che se ne uscivano e se ne escono tutt'ora con affermazioni del tipo: non vi preoccupate perchè l'Europa è immune da tutto questo. Già, come se fosse possibile non essere contagiati dal più grande bubbone finanziario di tutti i tempi. Debiti sfrenati, perizie gonfiate, mutui farlocchi, derivati dinamite e per finire bilanci cabriolet.



Molti risparmiatori e correntisti avranno presto un'amara sorpresa: cucù il denaro non c'è più ! Il rischio di polverizzazione dei conti correnti è alle porte, avrei anche il nome di tre istituti di credito italiani in pole position per affiancarsi alla lista delle morti bancarie negli USA. Mi piacerebbe farne il nome, ma è troppo rischioso. Il consiglio che vi posso dare è quello di estinguere al più presto il proprio appoggio bancario aperto presso il tal gruppo bancario di turno e migrare verso qualche piccola cassa rurale o banca di credito cooperativo. Non fidatevi delle grandi dimensioni: le recenti cronache finanziarie dimostrano che sono proprio le grandi realtà ad essere in grave crisi, a causa del ricorso al profitto indiscriminato ed al dividendo civetta.



Cercatevi una piccola realtà bancaria con poche filiali e senza manie di grandezza. Pregate in ogni caso che questo basti. L'effetto domino potrebbe travolgere chiunque ed arrivare ovunque in ogni caso. Chi sta per acquistare un suv, ci rinunci e consideri l'idea di comprarsi un kilo di oro fisico. Sarà una delle poche certezze che vi rimangono. Sempre per restare in tema di certezze farlocche presto scoppierà anche la seconda crisi per il sistema bancario, quella dei crediti iscritti in bilancio come poste esigibili, quando nella realtà ormai sono imprenditorialmente inesigibili. Ricordate che rispetto all'Inghilterra ed agli Stati Uniti, la situazione di noi europei è tutt'altro che rassicurante: infatti ogni paese dell'Unione è privo di una banca nazionale che possa intervenire e trasformarsi in prestatore di ultima istanza. Dubito che in caso si verifichi una Northern Rock in Italia, la Banca Centrale Europea possa prestare denaro a fondo perduto proprio come fece la Banca Centrale d'Inghilterra con la Northern Rock.



Le redini del sistema finanziario globale sono sfuggite di mano: immaginabile conseguenza collaterale della globalizzazione. Il diabolico volano sperequativo che ha spudoratamente arricchito pochi soggetti (solitamente gruppi multinazionali) a scapito della classe medio borghese, adesso sta presentando il conto: la perdita dei posti di lavoro a tempo indeterminato ha generato una nuova classe sociale che può continuare a vivere solo ricorrendo al debito. Debiti per tutto: per la casa, per l'auto, per i vestiti, per le vacanze e per la busta della spesa. Soluzioni non ne esistono. Purtroppo. Dimostrazione palese sono proprio i continui interventi delle Banche Centrali, seguiti dai relativi commenti ridicoli a non preoccuparsi. Nemmeno i burattinai (ammesso che siano tali) sanno come intervenire per curare il malato moribondo. Nel frattempo molti di voi perderanno la casa, il lavoro, la dignità e la speranza di vita per se ed i propri figli, oltre ai quei quattro soldi che si trovavano giacenti e dormienti sui conti correnti.



Temo che questa volta non si accetteranno e subiranno passivamente le spiacevoli conseguenze delle prossime ed imminenti tempeste finanziarie (come ad esempio il fallimento della propria banca o la perdita dei propri risparmi). La rabbia sarà tale che sprigionerà in sentimenti ed impulsi di linciaggio e vendetta, stile quelli visti in Argentina otto anni fa. Qualcuno potrà sorridere a queste mie affermazioni o chiavi di lettura, proprio come sorrise e mi derise quando diciotto mesi fa parlai di un nuovo 1929 alle porte. Mai come prima, in quest’epoca, ognuno di voi sarà veramente artefice del proprio destino.



Eugenio Benetazzo



www.eugeniobenetazzo.com/tour.html

www.youtube.com/eugeniobenetazzo

Vette.

La strada e’ dura.



Il respiro diventa corto. Vi sono dei momenti in cui vorresti gettare questo sacco che ti pesa, lasciarti andare per il pendio e ritornare a quekke case di camoagna che fumano laggiu’, filamenti azzurrini sui fondi verdi e grigi dei prati e delle ardesie.(…)Vorresti non pensare piu’ a nulla, cancellare dal pensiero il ricordo degli uomini, e, supino sull’erba, guardare il cielo che passa, sollevato da voli di uccelli.

Basta con la stanchezza! Non lasciar cadere il sacco e il bastone! Non asciugarti le ginocchia sanguinanti! Non ascoltare il clamore degli odi, non guardare gli occhi sorridenti della malvagita’ che nascondono. E’ in alto che devi volgere lo sguardo. Il corpo deve vivere soltanto per queste curve che svoltano - il cuore, sognare soltanto queste vette che tu e gli altri dovete raggiungere.

Dimmi sino in fondo il tuo smarrimento. Credevi di trovare gioie immediate nell’ascendere faticosamente il pendio, trascinando nella salita un gregge umano. Spesso, hai sofferto. Talvolta, vieni preso da nausee. Ne avevi bisogno. Dovevi imparare che l’ambizione non appaga, e stanca prima o poi il cuore da lei posseduto.



Ora lo sai…



Leon Degrelle, tratto da Militia.

giovedì 20 marzo 2008

Il ricordo di Gabbo.


Ieri, al derby romano, ha vinto il ricordo e il rispetto per una giovane vita spezzata in quel maledetto undici novembre, oltre la rivalità e i colori. Ricordiamo ancora perfettamente le parole dette dal capo della Polizia Antonio Manganelli che dichiarava nei giorni seguenti l'accaduto: "La Polizia si assumerà le proprie responsabilità"... Tutti noi, al contrario, stiamo ancora aspettando verità e giustizia.




Lo riconoscono, gli vanno incontro, affrettano il passo per raggiungerlo, lo vogliono toccare. Gli tengono la mano, vorrebbero abbracciarlo, gli accarezzano il volto. Come fece lui con Gabriele per due giornate intere, seduto, quasi sdraiato accanto alla bara, mentre intorno scorreva il fiume di gente, il fiume di Roma. E le lacrime riempivano gli occhi, scendevano senza vergogna, rigavano i volti.

TRISTEZZA Il volto di giorgio non ha più quella disperazione, ma è ancora gonfio di tristezza. Di questa, purtroppo, non si libererà mai. Abbozza un sorriso, si accende una sigaretta, l’ingresso 19 della curva Sud a pochi metri di distanza ormai. «Quanta gente, vi ringrazio tutti, non avrei mai voluto vivere questo giorno, non lo dimenticherò mai». Urlano, cantano, battono mani. «Forza Giorgio », «Giorgio non mollare», «Giustizia per Gabriele», «Gabriele uno di noi». Per una sera, no scusate, per tutte le sere dall’11 novembre 2007, Gabriele Sandri è uno di noi e figlio di tutti. E nel giorno della festa sono tutti suoi papà.

SCIARPA Giorgio si fa strada tra due ali di folla, protetto da un cordone di tifosi. Ha il volto molto teso, una sciarpa biancoceleste legata al collo. «Piano ragazzi, fate i bravi», dice una voce. Un’altra accenna un coro contro i poliziotti. Ma resta isolata. Non è il momento, non è la serata giusta per gli abbasso, che ci saranno, contro carabinieri, romanisti e laziali, ma meno del solito. Stasera ci vuole rispetto, per la morte ma soprattutto per la vita, per chi ci ha lasciati e per chi vorremmo sempre tenere con noi. Per ricordare e per dire mai più. È la serata giusta per stare abbracciati, per tenersi forte forte che comincia a venire fresco, per vedere il derby gli uni accanto agli altri come si faceva tanti anni fa, laziali e romanisti,

due sciarpe biancoceleste tra due bandieroni giallorossi nelle prime file della curva Sud, per tutto il primo tempo.

PADRI Giorgio per Gabriele, Gabriele per Vincenzo. Nel nome del figlio, nel nome del padre. È pure la festa di papà Vincenzo, tutti i 19 marzo, soprattutto ieri. Non c’era serata migliore per giocare questo derby. Per dire mai più anche a quel coro terribile. Gabriele Sandri era un po’ più piccolo di Gabriele Paparelli quando Vincenzo lo lasciò. Giorgio sarebbe un po’ troppo giovane ma per una sera, la stessa magica sera, fa da papà anche a lui. «Gabriele, non ti preoccupare, ci sono io qui con te». Questa frase, chissà quante volte

l’avrà detta, chissà quante altre ancora avrebbe voluto dirla.

NOTE Giorgio ora è commosso. Suonano «Meravigliosa creatura» della Nannini, la sua canzone perché era la canzone di Gabriele. La suonano e stavolta non riesce a trattenere le lacrime, la suonano e come per incanto non si sente più quel brutto coro contro i carabinieri. La suonano e un amico prende un mazzo di fiori giallorossi e va dall’altra parte del campo, verso la Nord, lontano dagli occhi ma vicinissimo al cuore. Quell’amico è stato nemico, no scusate avversario per tanto tempo, per tanti derby. L’avversario peggiore ora è l’amico migliore. Totti porta i fiori. Totti regge uno striscione «Le lacrime non conoscono colore, Gabbo uno di noi. La curva Sud». Totti manda un bacio. Lassù. Nel cielo biancoceleste brilla una stella… ciao Gabriele.



ALESSANDRO CATAPANO

Gazzetta dello Sport Ed.Roma

mercoledì 19 marzo 2008

BOICOTTARE YAHOO!, UN DOVERE DI OGNI UOMO LIBERO.







La Cina ha varato, con la complicita’ di importanti societa’ informatiche come Yahoo, il primo e piu’ vasto piano di censura del web che sia stato messo in atto nel mondo. Ora, pretende di censurare anche la stampa internazionale, impedendo ogni forma di documentazione indipendente dei drammatici eventi in atto in Tibet. Stefano Marcelli, Information Safety and Freedom. Cosa vuol dire boicottare Yahoo, oggi? Boicottare Yahoo! vuol dire dire il proprio no ai grandi giochi delle multinazionali, che, in modo criminale stringono oggi più che mai relazioni con il regime di Pechino, per assicurarsi ingenti profitti economici derivanti dalla crescita economica esponenziale di cui è protagonista il gigante cinese negli ultimi anni. Boicottare Yahoo!, significa dire di no alla vendita dei nomi di chi ama la libertà, vuol dire no a chi, nel nome del dio Denaro, vende le liste con i nomi di coloro che usano Internet in modi “contrari al Governo”, ovvero i nomi di chi prova in ogni modo a superare la censura, quella barriera che in Cina soffoca la libertà e impedisce alla gente comune, impedisce a chiunque, di dire con certezza ed obiettività cosa avviene sul suolo cinese. Impedisce anche oggi a tutti di sapere la verità su cosa sta succedendo in Tibet, su quanti siano i morti a Lhasa, su quanti morti abbia veramente causato il regime di Pechino da quel lontano 1959 nel quale invase lo Stato Indipendente del Tibet, costringendo il Dalai Lama, la massima autorità temporale e spirituale, a fuggire in India. Boicottare Yahoo! significa avere il coraggio di pensare che, anche al giorno d’oggi, una vita umana valga molto di più di una somma di denaro. Vuol dire avere il coraggio di dire che queste Olimpiadi che si svolgeranno tra pochi mesi a Pechino altro non saranno che l’ipocrisia dell’Occidente “democratico e liberale” unita ai crimini commessi in tanti anni dal regime comunista di Pechino, che ha causato milioni di morti. Boicottare Yahoo! significa, innanzitutto, gridare la propria avversione a ciò che sta avvenendo da molti anni ormai e che ancora oggi abbiamo sotto gli occhi: fame, morte e schiavitù, caratteristiche storiche del Comunismo, unite per l’occasione alla potenza perversa del libero mercato (che diventa perverso quando, come in questo caso, ritiene più importante il denaro dei diritti dell’Uomo) e del capitalismo. Gridare la propria avversione, anche e soprattutto nel nome di chi muore ogni giorno in un laogai con un colpo di fucile nella nuca, con la sola colpa di aver voluto ricercare la libertà, il dolce profumo della libertà. ATTENZIONE: Sul come boicottare il provider, ognuno può essere libero di fare a modo suo. Dal canto mio almeno non mi sento di dare indicazioni a riguardo. Si può far girare il post, copiarlo, per rendere sempre più gente partecipe di questa storia, oppure cancellare il proprio indirizzo email Yahoo per sostituirlo con un altro. Ognuno può essere libero di fare come vuole. Ha la fortuna di poter decidere, almeno per il momento. L’importante è l’AZIONE, non importa in che modo essa si svolga! Non credo che al provider cambierà molto, anzi, ma la gente DEVE sapere con chi ha a che fare! BOICOTTARE YAHOO!, UN DOVERE DI OGNI UOMO LIBERO.



Di Riccardo Favaro.

Nel segno della Tradizione!





Adiacente a quello che per oltre 12 anni è stato il centro della nostra attività, apre i battenti il nuovo spazio multifunzionale.


La nuova sede in via Scirè 21-23, da oggi non è più solo libreria, ma un luogo fruibile e a disposizione per concerti, conferenze, proiezioni e mostre. 


Una terra di mezzo in cui ci si potrà incontrare anche nel segno della convivialità.

Nel segno della Tradizione.


Da sempre!


Viva i portatori di democrazia!

Afghanistan: raid Usa, 6 civili morti.



(ANSA) - MUQIBEL (AFGHANISTAN), 19 MAR- Truppe della coalizione a guida Usa hanno ucciso sei civili, fra cui 2 bambini e una donna, in un raid nel Sud Est del Paese. L'attacco e' stato compiuto ieri sera a un villaggio della provincia di Khost. Lo affermano oggi il governatore del distretto locale e residenti del villaggio colpito. Ma il comando della coalizione antiterrorismo Enduring Freedom nega la morte di civili e parla solo dell'uccisione di due taleban. (stranamente!)



(www.ansa.it)

La stupidità intelligente.

Il termine originale non è nuovo, è stato coniato parecchi decenni fa da un qualificato esponente del pensiero tradizionale, Schoun, ed è una espressione adatta a ritrarre un tipo di intellettuale che predomina nella cultura moderna e soprattutto nella società italiana: la stupidità intelligente.

Un tale tipo di intellettuale prolifica generalmente in margine alla politica, alla pubblicità e al giornalismo televisivo. La sua caratteristica principale è la mancanza di seri principi, di superiori interessi, di grande impegno, mentre l’unica sua preoccupazione è quella di apparire brillante, originale, spesso anche volgare, nella convinzione di essere intelligentissimo, spiritoso mentre è affetto da un soggettivismo deteriore, a volte narcisistico. Quando queste cricche di intellettuali prendono in mano un microfono danno una tinta mondana a salotti pseudo-letterari o a trasmissioni pseudo-culturali ritenute di grande interesse da un popolo completamente condizionato al peggio.

La questione non si riduce al fastidio che ci procura questa progenie di pervenu, ma al fatto che la loro stupidità intelligente nella società attuale è organizzatissima, una specie di massoneria della comunicazione, spesa variamente in tutti i settori della pubblicità sempre ben controllati da forze politiche di vario indirizzo o credo politico.

Non occorre puntualizzare che questi personaggi sono affetti da una totale mancanza di personalità e di serietà, lo si nota dal loro opportunismo, nei loro ricorrenti cambiamenti di posizioni politiche - ieri fascisti oggi accesi antifascisti, ieri accesi comunisti, oggi conquistati dalle liberalizzazioni - mentre dovrebbero avere il pudore di tacere su certi argomenti e di non qualificarsi. Personaggi che si preoccupano in particolare di fare colpo sugli sprovveduti e sullo spirito provinciale incapace di cogliere il vero significato delle loro affermazioni. Un pubblico generalmente suggestionabile dalla ideologie democratico-progressiste di adulti che seguono la moda.

Questo discorso vale senz’altro anche per certi autori, premi Nobel, best-sellers compresi, di fondamentale insignificanza e non si può certo dar torto a chi ha detto: “Fra tutti i generi della stupidità la più fastidiosa e pericolosa è quella degli intelligenti e analizzando tutto ciò in fondo si trova la completa nullità”. In questi casi sarebbe davvero meglio che l’intelligenza non ci fosse.



Articolo di Sauro Ripamonti, uscito su Rinascita.

martedì 18 marzo 2008

La rabbia dei giusti.

L'Ue guarda con ''molta preoccupazione'' agli incidenti avvenuti a Mitrovica, nel nord del Kosovo, che hanno coinvolto le forze delle Nazioni Unite (Unmik) e della Nato (Kfor). Bruxelles lancia un forte appello alla calma e afferma che la missione Eulex non subira' alcuno slittamento: l'invio di giudici e altro personale dell'Unione sara' completato entro giugno. E intanto la Nato avverte che reagira' ''con fermezza'' alle violenze. Il portavoce dell'Alleanza atlantica, James Appathurai, ha condannato oggi con forza gli attacchi contro le forze Onu e Nato, assicurando che la Nato ''reagira' con fermezza ad ogni atto di violenza come prevede il suo mandato dall'Onu'', e ha poi fatto appello ''alla moderazione e al rispetto della legge''. Dalla presidenza della Ue, oltre alla condanna delle violenze, arriva anche un appello a tutte le parti, alla comunita' serba cosi' come a quella albanese, a lavorare insieme alla costruzione di un ''Kosovomulticulturale''. ''Non ci puo' essere posto per la violenza, uno Stato multietnico puo' essere costruito solo con la cooperazione di tutte le sue comunita' e nel rispetto della legge e della democrazia'', ha fatto sapere oggi la presidenza slovena in una nota.

La conferma che la missione Ue procedera' senza variazioni di programma l'ha data Javier Solana, l'Alto rappresentante della politica estera e di sicurezza comune. ''Sono molto preoccupato per la situazione inKosovo, chiedo a tutte le parti di fare del proprio meglio per far tornare a breve la calma ma la missione Eulex non e' in pericolo e seguira' il calendario stabilito'', ha detto oggi Solana, durante una visita ufficiale a Lubiana. Il calendario di Eulex prevede che entro giugno arrivino in Kosovo, e si dispieghino su tutto il territorio, i 2.000 tra poliziotti, giudici e finanzieri previsti dalla missione Ue. Gli uomini della Ue dovranno subentrare alle forze Unmik dell'Onu - che amministrano il territorio dal 1999 - ma il loro dispiegamento potrebbe anche subire dei ritardi. ''E' molto complicato dal punto di vista della logistica inviare migliaia di uomini, trovare loro posto e provvedere alle loro esigenze'', fanno sapere i piu' stretti collaboratori di Solana. Finora sono arrivate le prime 20 persone, quasi tutti capi unita' e 'facilitatori', ovvero personale che ha il compito di preparare il terreno per gli altri che arriveranno entro giugno. E il dispiegamento continuera' ad avvenire lentamente, poche decine di persone alla volta, soprattutto per le difficolta' che si potrebbero incontrare nel nord del Kosovo, cioe' nell'area di Mitrovica, dove vivono 40 mila dei 120 mila serbi del Kosovo.



(www.ansa.it)

Lhasa news. Cosa fare.

Centinaia di Tibetani arrestati nella notte durante i rallestramenti della polizia. A Lhasa ci sono ancora sacche di resistenza. In molti edifici del centro storico vi sono giovani armati di bastoni, sassi e coltelli pronti ad affrontare i mitra della polizia comunista. Le prigioni (Laogai) Bomi, Powo Tramo, Chushur, Drapchi e Shengyebo sono stracolme di rivoltosi. 40 studenti picchiati ed arrestati in Marthang. La rivolta si è estesa a Labrang, le contee di Ngapa e Regbong e a tutta la regione dell’Amdo. Scontri e proteste sono registrati anche nelle vicine province cinesi dello Sichuan, Qinghai e Gansu. La censura Cinese, con la conscia complicità di una parte dei nostri mass media, fa uscire solo le immagini e le notizie che gli convengono. Presto l’attenzione dei media e le dichiarazioni di comodo dei nostri politici cesseranno in onore al dio profitto e al servizio del grande capitale. Si prepara quindi una nuova tragedia, un nuovo massacro, probabilmente peggio di quello di Piazza Tiananmen. Come nel caso della Birmania, dove si continua a morire e ad essere incarcerati in nome della libertà, calerà presto una cortina di ferro sul Tibet.

 



L’unica speranza per i studenti, lavoratori ed i monaci tibetani siamo noi ! Chiediamo a tutti di fare quello che possono. Il regime comunista cinese ed i loro complici in occidente vogliono che noi pensiamo che “..non possiamo fare nulla…” Falso !!!



 



Cosa si può fare ?



 



1. I giornalisti possono NON smettere di scrivere al riguardo. Per le ultime notizie consultate il sito www.dossiertibet.it Le notizie vengono da un corrispondente con lo pseudonimo di “Mila” che è in Tibet ora, rischiando la propria vita per fare trapelare la verità.

2. Scrivete lettere ai giornali e commentate sui blogs.

3. Inviate emails e fax di protesta all’ ambasciatore cinese a Roma, Mr Dong Jinyi

Fax 06-8413467 chinaemb_it@mfa.gov.cn

4. Non comprate prodotti cinesi

5. Distribuite questo messaggio a tutti i vostri amici



 



Denunciate i complici del regime comunista cinese e del grande capitale …. ve ne sono, purtroppo, molti nella nostra stampa.

lunedì 17 marzo 2008

17 Marzo, Slàinte!







St. Patrick's Day, un pò di storia...





St. Patrick è una figura enigmatica, tra mito e leggenda, e poco si sa del suo personaggio dal punto di vista storico. Ciò che sappiamo ci perviene da due documenti, che si suppone siano stati scritto dallo stesso St. Patrick, e contenuti nel Book of Armagh. Uno di questi, una Confessio autobiografica, contiene quasi tutti i dettagli disponibili sulla sua vita. La storia è più o meno la seguente. Patrick (Magonus Succatus Patricius) è originario del Sud Est della Britannia (all'incirca l'attuale Gran Bretagna senza la Scozia) facente parte dell'Impero Romano. Nacque intorno al 400 d.C., figlio di una sorta di consigliere ecclesiastico di paese. Durante l'adolescenza Patrick fu rapito da predatori irlandesi e portato in Irlanda; venduto come schiavo, lavorò presso una fattoria vagamente localizzata nella contea di Antrim, la scelta più accreditata, o in quella di Mayo o di Sligo. Riuscì a fuggire in Gallia, dopo un certo numero di anni, e dalla Gallia tornò in Britannia. Ma Patrick fu richiamato in sogno nella terra dove era stato schiavo, questa volta come missionario. Seguì così l'indicazione della sua rivelazione mistica e approdò ancora una volta in Irlanda in un anno tradizionalmente stabilito come il 432 d.C., sebbene questa data sia sospettosamente troppo precisa. Si adoperò così per convertire la popolazione indigena. Poco si sa circa il resto della sua vita e nulla della sua morte. L'altro documento scritto da Patrick nel Book of Armagh è una lettera di protesta indirizzata ad un chieftain che si sospettava avesse rapito alcuni fedeli da poco convertiti. Se accettiamo i dettagli contenuti nel Book of Armagh come informazioni attendibili, questo è tutto. La leggendaria vita del Santo sarà costruita successivamente e gradualmente da una serie di biografie a partire dal VII secolo in poi. Non c'è traccia del trifoglio (shamrock) negli scritti di Patrick. (Ricordiamo che la leggenda del trifoglio è legata al suo uso da parte di St. Patrick per spiegare il concetto di Trinità alla popolazione da cristianizzare). La cacciata dei serpenti dall'Irlanda, a cui il Santo avrebbe dato il via dalla cima del monte Croke Patrick nella contea di Mayo, è un mito suggestivo ma lontano dallo spiegare l'assenza dall'isola di una specie che simbolizza biblicamente il male. In realtà, molte altre specie sono assenti in Irlanda, rimasta isolata dalla massa delle terre europee dall'innalzamento degli oceani avvenuto intorno al 6000 a.C. Anche il coniglio, ad esempio, è tra gli animali che non fecero in tempo ad attraversare il ponte di terra, fu introdotto successivamente dai Normanni. L'annuale pellegrinaggio che conduce i fedeli, tra cui alcuni ancora oggi scalzi, in cima al monte Croke Patrick ha probabilmente un'origine pagana e la scalata del monte era praticata ancora prima della Cristianizzazione. Sebbene Patrick sia il più famoso missionario d'Irlanda, non fu il primo. Palladius era stato precedentemente inviato da Roma come primo vescovo d'Irlanda. Il primo riferimento all'uso del trifoglio il giorno di St. Patrick è del XVI secolo.

giovedì 13 marzo 2008

Mondo moderno e uomini della tradizione. [di Julius Evola]

"Il proposito è di studiare alcuni degli aspetti, per via dei quali l'epoca attuale si presenta essenzialmente come un'epoca di dissoluzione, affrontando in pari tempo il problema dei comportamenti e delle forme di esistenza che in una situazione siffatta si convengono ad un particolare tipo umano. Questa restrizione deve essere tenuta ben presente. Tutto ciò che diremo non riguarda un uomo qualsiasi dei nostri giorni. Abbiamo invece in vista, un uomo che, pur trovandosi impegnato nel mondo d'oggi, perfino là dove la vita moderna è in massimo grado problematica e parossistica, non appartiene interiormente a tale mondo nè intende cedere ad esso, e in essenza sente di essere di una razza diversa di quella della grandissima parte dei nostri contemporanei. Il posto naturale di quest'uomo, la terra in cui egli non sarebbe uno straniero, è il mondo della Tradizione.



Tradizione: questa espressione qui è usata in significato specifico, da noi precisato in altre occasioni (Rivolta contro il mondo moderno), che diverge da quello comune, mentre si avvicina alle categorie usate da un Reneé Guénon nell'analisi della crisi del mondo moderno. Secondo questa particolare accezione del termine, una civiltà o società è "tradizionale" quando è retta da principi trascendenti ciò che è soltanto umano ed individuale, quando ogni suo dominio è formato e ordinato dall'alto e verso l'alto. Di là dalla varietà delle forme storiche, è esistita una essenziale identità o costanza nel mondo della Tradizione. Di esso altrove abbiamo cercato di precisare i valori e le categorie essenziali; questi costituiscono le basi per ogni civiltà, società e ordinamento dell'esistenza, da dirsi normale in un senso superiore, e retto da un vero significato. Tutto ciò che è venuto a predominare nel mondo moderno rappresenta l'antitesi precisa di ogni tipo tradizionale di civiltà. E le circostanze stanno a mostrarci in modo sempre più evidente che partendo dai valori della Tradizione (ammesso anche che qualcuno sappia ancora riconoscerli e assumerli) è estremamente improbabile che si possa provocare una qualche modificazione di rilievo nello stato attuale generale delle cose, attraverso azioni o reazioni efficaci di un certo raggio. Dopo gli ultimi sconvolgimenti mondiali, a tanto oggi sembra mancare ogni punto di presa sia nelle nazioni che nella stragrande maggioranza degli individui, sia nelle istituzioni e nelle condizioni generali della società che nelle idee, negli interessi e nelle forze predominanti dell'epoca. Purtuttavia esistono alcuni uomini che sono per così dire in piedi fra le rovine e fra la dissoluzione, i quali, più o meno consapevolmente, è a quell'altro mondo che appartengono. Una piccola schiera sembra disposta a battersi anche su posizioni perdute, e quando essa non fletta, quando non scenda a compromessi per la seduzione esercitata da tutto ciò che potrebbe condizionare un qualche loro successo, la sua testimonianza è valida. Per altri, si tratta invece di isolarsi completamente, cosa che però richiede disposizioni interne a anche condizioni materiali privilegiate che ogni giorno si fanno sempre più rare. Comunque, è la seconda delle soluzioni possibili. Aggiungeremo i pochissimi che nel campo intellettuale possono ancora affermare i valori "tradizionali" al di fuori di ogni scopo immediato, tanto da svolgere un'"azione di presenza", azione certamente utile per impedire che la realtà attuale chiuda non solo materialmente ma anche idealmente ogni orizzonte e non lasci più scorgere nessuna misura diversa da quelle ad essa proprie. Attraverso costoro, possono mantenersi delle distanze: altre dimensioni possibili, altri significati della vita, indicati a chi sia capace di distogliersi, di non guardare soltanto alle cose presenti e vicine. Ciò non risolve però il problema pratico personale, quando non si tratta di coloro cui è dato di isolarsi materialmente, ma di uomini che non possono o non vogliono tagliare i ponti con la vita attuale, che perciò si trovano dinanzi al problema dell'atteggiamento da prendere nell'esistenza, già in ordine a quanto si riferisce alle reazioni e alle relazioni umane più elementari. Ora, questo è appunto il tipo particolare di uomo che si ha in vista. Per lui vale il detto di un grande antesignano: "Il deserto cresce. Guai a colui che cela in sè il deserto!". Infatti, all'esterno egli non trova più alcun appoggio. Gli ordinamenti e le istituzioni che in una civiltà e società tradizionali gli avrebbero permesso di realizzare se stesso integralmente, di organizzare in modo chiaro e univoco la propria esistenza, di difendere e di applicare nel proprio ambiente in modo creativo i valori principali da lui interiormente riconosciuti, sono inesistenti. Così non è il caso di continuare a proporre a costui linee di azione che, adeguate e normative in ogni civiltà normale, tradizionale, non saprebbero più esserlo in una civiltà anormale, in un ambiente sociale, psichico, intellettuale e materiale del tutto diverso, in un clima di generale dissolvenza, nel regime di forme di un disordine malamente raffrenato e, comunque, prive di ogni superiore legittimità. Da qui, i problemi specifici che intendiamo trattare in questa sede. In via preliminare, un punto importante da chiarire riguarda l'atteggiamento da assumere di fronte alle "sopravvivenze". Specie nell'aria occidentale europea sussistono consuetudini, istituti, forme del costume del mondo di ieri, cioè del mondo borghese, che dimostrano ancora una certa persistenza. Di fatto, quando oggi si parla di crisi, i più hanno in vista appunto il mondo borghese: sono le basi della civiltà e della società borghese a subire questa crisi, ad essere colpite dalla dissoluzione. Non è il mondo che noi abbiamo chiamato della Tradizione. Socialmente, politicamente e culturalmente, sta sfasciandosi il sistema che aveva preso forma a partire dalla rivoluzione del Terzo Stato e dalla prima rivoluzione industriale, anche se ad esso erano spesso commisti alcuni resti di un ordine più antico, però ormai svigoriti nel loro contenuto vitale originario. Che rapporto ha e può avere il tipo umano, che noi qui intendiamo prendere in considerazione, con tale mondo? Questa questione è essenziale, da essa dipendono evidentemente anche il senso da attribuirsi ai fenomeni di crisi e di dissoluzione oggi appariscenti e l'atteggiamento da assumere sia di fronte ad essi che a quanto da tali fenomeni non è stato ancora definitivamente minato o distrutto. La risposta a detta questione non può essere che negativa. Il tipo umano che qui abbiamo in vista non ha nulla a che fare col mondo borghese. Egli deve considerare tutto ciò che è borghese come qualcosa di recente e di antitradizionale, di nato esso stesso da processi a carattere negativo e sovvertitore. In molti casi, nei fenomeni attuali di crisi va effettivamente vista una specie di nemesi o di azione di rimbalzo: son proprio le forze che a suo tempo furono messe in opera contro la precedente civiltà tradizionale europea a ritorcersi contro coloro che le avevano evocate, scalzandoli a loro volta e potando più oltre, verso una fase ulteriore più spinta, il processo di sgretolamento. Ad esempio, nel campo economico-sociale ciò appare in termini chiarissimi, per le evidenti relazioni che intercorrono fra la rivoluzione borghese del Terzo Stato e i successivi movimenti socialisti e marxisti, fra democrazia e liberalismo da un lato, socialismo dall'altro. I primi hanno fatto semplici spianatori di via ai secondi, e questi in un secondo tempo, dopo aver lasciato che assolvessero tale funzione, mirano solo a eliminarli. Così stando le cose, una soluzione è senz'altro da scartare: quella di chi volesse appoggiarsi a quanto sopravvive del mondo borghese, difenderlo e servirsene come base contro le correnti più spinte della dissoluzione e del sovvertimento, eventualmente dopo aver cercato di animare o rafforzare questi resti con alcuni valori più alti, tradizionali. Anzitutto, considerando la situazione generale quale ogni giorno sempre più sin precisa dopo quegli avvenimenti cruciali, che sono stati le due ultime guerre mondiali e le loro ripercussioni, prendere un tale orientamento significherebbe illudersi, quanto alle possibilità materiali esistenti. Le trasformazioni già avvenute sono troppo profonde per essere reversibili. le forze passate allo stato libero, o in via di passare allo stato libero, non sono tali da poter venire ricondotte entro le strutture del mondo di ieri. Inoltre, proprio per il fatto che solo a coteste strutture ci si sa riferire nei tentativi di reazione, ma che sono prive di ogni superiore legittimità, ha dato particolar vigore e mordente alle forze sovvvertitrici.



Continua...