giovedì 30 dicembre 2010

Brindisi amari.


S'incrociano i calici, s'increspano le labbra a pronunciare frasi beneauguranti, si brinda al nuovo anno che arriva, ma la sensazione preponderante è quella che mentre il disastroso 2010 finisce, la tragedia continua, infischiandosene degli auguri e delle speranze.


Non occorre essere particolarmente pessimisti per comprendere come l'anno appena trascorso, condensato in una una serie di brutture senza soluzione di continuità, oltre a rendere amaro il vino, abbia costruito i presupposti perchè il 2011 ne ricalchi fedelmente le orme, rendendoci uomini sempre più soli, deprivati di aspirazioni e gioia di vivere, trascinati dentro ad un gioco d'azzardo dove vince solo il banco, mentre con gli sguardi inebetiti continuiamo a restare seduti a giocare e poi a giocare ancora, nonostante l'unica prospettiva sia quella di perdere tutto, in ultimo anche la nostra dignità.


L'anno che si dissolve nei calici resi amarognoli dal vino stantio non verrà ricordato in funzione di eventi eclatanti che abbiano cambiato il corso della storia e probabilmente scivolerà nelle sabbie del tempo senza sussulti, con la sua summa di miserie umane sulle cui fondamenta d'argilla già si stanno costruendo altre miserie umane, destinate ad un futuro che lascia in bocca il sapore acre del metallo.


La svendita dei lavoratori, ricattati, vessati, intimiditi e indotti a praticare l'autolesionismo,.....presentato loro come il "male minore", perchè in fondo un calcio negli stinchi somiglia quasi ad una carezza quando ti convincono che l'unica alternativa è costituita da una serie di bastonate sulla schiena dalle quali non ti rialzerai più.


 


Il cedimento sempre più evidente di un territorio violentato in profondità dalla cementificazione selvaggia, figlia di un "progresso" che ha il cervello del malaffare e il passo del gambero, ma viene unanimamente accettato come elemento positivo da coccolare. Poco importa se ogni piovasco ormai è foriero di frane disastrose, alluvioni, morti e feriti. La colpa è sempre del tempo cattivo, del mare in burrasca e della brutta sorte.


 


I giovani privati di un futuro e destinati al ruolo di agnelli sacrificali all'interno di un mondo del lavoro che non esiste più, se non sotto forma di una babele schizofrenica senza senso nè costrutto. Giovani indotti da "cattivi maestri" a credere che tutti i loro problemi siano incarnati dalla persona di Mariastella Gelmini e condotti per mano a protestare contro un ingranaggio, mentre una macchina immensa, di cui i loro stessi maestri fanno parte, si appresta a dilaniarli e schiacciarli senza pietà.


 


Il circo mediatico che ha ormai perso ogni contatto con la realtà e dedica ogni briciola del proprio peso immanente all'orientamento del pensiero e al sostegno dei consumi, rendendo il mondo dei TG, della TV e dei giornali molto più virtuale di quanto non lo sia quello di second life.


 


La classe politica sempre più confusa, abbarbicata agli scranni del potere, impegnata a tempo pieno negli intrighi di palazzo, negli inciuci, nelle congiure, sul punto di abdicare perfino dalla decennale farsa del confronto destra/sinistra. Destra e sinistra sono dinosauri di un passato ormai fossilizzato, la classe politca italiana non governa più nulla, perchè tutte le decisioni vengono prese a Bruxelles ed imposte da comitati privati sovranazionali, l'unica funzione rimasta in mano alla politica è quella concernente la distribuzione degli appalti, dei finanziamenti e dei ruoli di potere, in un rapporto simbiotico con il mondo del malaffare. Si tratta di una verità incontrovertibile, palese agli occhi ditutti, ma è preferibile che la commedia continui, altrimenti una volta scoppiato il bubbone, chissà dove si potrebbe andare a finire, ed è troppo grande la paura che possano sparire anche le briciole, in una società ormai costituita da raccoglitori di briciole.


 


Si potrebbe spendere qualche parola anche riguardo alla crisi economica, al dramma dell'inquinamento, ai soldi che non esistono impegnati in opere faraoniche, all'incubo di un ritorno delle centrali nucleari, alla speculazione miliardaria imbastita intorno ai rifiuti di Napoli, alla situazione politica internazionale prodromica di nuove guerre d'occupazione, al progressivo smantellamento degli stati nazionali, in funzione della costruzione di un unico stato globale e globalizzato, quando il gambero del progresso avrà terminato la sua corsa.


Ma l'anno nuovo ormai sta già iniziando ed essendo questi argomenti parte delle sue fondamenta non mancherà certo l'occasione di parlarne.


Per adesso buon brindisi e se vi capita di storcere la bocca per il sapore amaro fate attenzione a non farvi notare, l'etichetta di pessimista, in una società votata all'ottimismo anche quando corre verso il baratro, potrebbe risultare un fardello pesante da portare nel corso del viaggio.




Di Marco Cedolin, www.ilcorrosivo.blogspot.it


martedì 28 dicembre 2010

27/12/08 – 27/12/10 Piombo Fuso è ancora attuale.


A due anni di distanza dall’inizio della devastante campagna militare israeliana Piombo Fuso, non una mera rievocazione, ma una denuncia.



All’alba del 27 dicembre 2008, ebbe inizio sulla Striscia di Gaza un incubo prodotto dal fuoco israeliano che, perpetuandosi per quasi un mese, causò la morte di più di 1400 persone, la condizione di 1900 orfani, più di 5000 feriti, ingenti danni alle infrastrutture. Tutto questo in un territorio di circa 1 milione e mezzo di abitanti.



All’alba del 27 dicembre 2010, registriamo la permanenza di uno stato di assedio che strangola la popolazione della Striscia e che, tuttavia, non conosce risonanza mediatica:



-          Israele ha permesso l’entrata a solo il 7 percento del materiale necessario per la ricostruzione degli ospedali e delle scuole danneggiate o distrutte durante l’offensiva di due anni fa;



-          l’economia è al collasso per via del blocco delle importazioni e delle esportazioni, con il 93 percento delle industrie chiuse, oltre il 70 percento della forza lavoro disoccupata, l’88 percento della popolazione che continua a vivere di aiuti, sotto la soglia di povertà;



-          l’imposizione di un “buffer zone”, una porzione di terra prossima al confine su cui Israele si è auto-assegnato il diritto di sparare a chiunque la violi e su cui l’Onu ha individuato il 35 percento del totale dei terreni coltivabili a Gaza, oggi desolatamente incolti;



-          negli ultimi due mesi, in particolare, Israele ha compiuto decine di attacchi sulla Striscia direttamente contro civili palestinesi, causando la morte, tra gli altri, di sei bambini.



La situazione è dunque lungi dal rasserenarsi – a Gaza e nel resto dei territori -, soprattutto alla luce delle promesse fatte da Obama al premier israeliano Netanyahu in cambio del congelamento provvisorio della costruzione di insediamenti di coloni in Cisgiordania. I termini dell’accordo prevedono da parte statunitense l’impegno a non richiedere più in futuro altre sospensioni degli insediamenti nei territori palestinesi occupati, il veto nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu a qualsivoglia risoluzione anti-israeliana, la fornitura ad Israele, oltre a svariate centinaia di milioni di dollari di armi, munizioni e ingegneria bellica, di altri 20 aerei da combattimento F-35 JSF – nella versione tecnologicamente più avanzata – del valore di 3 miliardi di dollari.



Questi obblighi che la potenza statunitense si impegna ad osservare con ossequiosa riverenza nei confronti dell’alleato mediorientale, oltre a darci la misura del peso che la lobby sionista esercita sulle nazioni, non lasciano presagire nulla di pacifico all’orizzonte.



Pertanto, sulla terra di Palestina è sempre promessa la minaccia israeliana.



A due anni di distanza, Piombo Fuso è ancora attuale.



Associazione Culturale Zenit – http://associazioneculturalezenit.wordpress.com/ - ass.culturale_zenit@hotmail.it

 

Associazione Culturale Tyr –
http://www.controventopg.splinder.com/ - controventopg@libero.it


 






venerdì 24 dicembre 2010

Buon Natale...


Due anni fa l'Associazione Culturale Tyr Perugia augurava così buone feste. Rinnoviamo gli auguri.







BUON NATALE E FELICE CATASTROFE!



Speri...


che dopo la crisi i tuoi risparmi tornino al sicuro?



Speri...

di trovare finalmente lavoro stabile e duraturo?



Speri...

che il tuo quartiere diventi un posto sucuro per i tuoi figli?



Speri...

di poter acquistare una casa a condizioni umane?



Speri...

in un futuro di sicurezza e giustizia sociale?




TUTTO QUESTO NON SUCCEDERA'!

E TU STARAI ANCORA A GUARDARE O

INIZIARAI A LOTTARE?


Scriviamo a Pedro.


Da www.noreporter.org



Auguri, saluti, incoraggiamenti: anche in italiano.



Scriviamo a quest'uomo coraggioso che paga con la prigione una condanna ideologica per “revisionismo storico”, aberrante già di per sé e in sovraggiunta del tutto inventata dall'inquisizione catalana.



Scrivetegli pure in italiano ma fatelo:



Pedro Varela

Centro Penitenciario Brians 1

Apdo. Correos 1000

08760-Martorell

Barcelona

Spagna





Birmani assediati dalla KNLA.


Sono almeno tre le postazioni dell'esercito di Rangoon cinte d'assedio dalle forze della  guerriglia patriottica Karen nel distretto di Dooplaya, quello che secondo le intenzioni dei generali avrebbe dovuto invece essere il teatro di una vittoriosa offensiva destinata a spazzare via  la guerriglia del K.N.L.A. e della fazione antibirmana del D.K.B.A.

Le basi di Ta Kyo (vicina alla storica roccaforte di Boe Way Hta, sede della prima clinica di  Popoli, oggi ricostruita), di K..Nelly, e di Maw Khee, sono circondate da reparti Karen  oramai da alcune settimane, mentre a Waley e a Pahlu le truppe dell'S.P.D.C. (il regime  birmano) stanno ingaggiando duelli di artiglieria con gli ex alleati del Democratic Karen  Buddhist Army.

Nei giorni scorsi un reparto delle Special Black Forces guidate da Nerdah Mya ha attaccato la base di Maw Khee. I combattimenti tra la guarnigione birmana e i volontari  Karen si sono protratti per 36 ore, pur con alcuni momenti di pausa. La guerriglia ha  attaccato la base con il supporto di una mitragliatrice calibro 50, di diversi lanciarazzi  RPG7 e di alcuni mortai da 60 mm, e ha potuto contare sull'efficacie lavoro di alcuni tiratori scelti armati di fucili di precisione Remington 308.

I birmani hanno risposto al fuoco utilizzando armi leggere e lanciagranate e facendo  esplodere delle mine Claymore nel timore di trovarsi sotto un assalto frontale da parte  degli uomini di Nerdah. E' stato richiesto l'invio di rinforzi, ma i comandi birmani hanno  difficoltà a far arrivare truppe, dal momento che le altre postazioni vicine sono sotto attacco. Nella notte tra sabato e domenica alcuni colpi di mortaio pesante sono però partiti  da K. Nelly all'indirizzo dei volontari delle Black Forces, senza però arrecare alcun danno al reparto Karen.

Pesante il bilancio per le truppe di occupazione nella base di Maw Khee: le intercettazioni

radio hanno permesso di conoscere i dettagli delle perdite subite dal S.P.D.C., che consistono in 5 morti e 9 feriti.

“Non abbiamo voluto conquistare la base - ha detto Nerdah al termine degli scontri - abbiamo soltanto aumentato la pressione per indurre i nemici ad una resa che  consentirebbe di risparmiare molte vite. A noi non interessa la morte dei birmani, vogliamo   soltanto che se ne vadano dal nostro territorio”. La base di Maw Khee resta sotto assedio.

Un reparto birmano che tentava di raggiungere l'avamposto per rompere l'accerchiamento è finito lunedì in un'imboscata tesa dal 201° Battaglione del KNLA, che opera a sostegno  delle Black Forces. Un soldato di Rangoon ha perso la vita mentre altri due sono rimasti  feriti. Nessuna perdita invece è stata subita da parte delle forze della guerrigia patriottica.

La popolazione dei villaggi nelle vicinanze di Maw Khee ha applaudito all'ingresso dei  guerriglieri che cercavano un po' di ristoro nelle pause del combattimento. Da quando è iniziato l'assedio della base birmana infatti (circa un mese fa) nessun soldato di Rangoon  ha messo più piede in questi insediamenti, dando ai civili la sensazione di una ritrovata sicurezza e la speranza di una futura serenità.



 www.comunitapopoli.org


martedì 21 dicembre 2010

Festeggiare il Solstizio, per riavvicinarsi alla Natura.




(ASI) Julius Evola, in "Simboli della tradizione occidentale" edito da Arktos 1989, sostiene che vi sono riti e feste, esistenti ormai solo per stanca consuetudine nel mondo moderno, che si possono paragonare a quei grandi massi che il movimento delle morene di antichi ghiacciai ha trascinato dalla vastità del mondo delle vette fin giù, verso le pianure.  Tra tali riti vi sono le ricorrenze come il Natale ed il Nuovo Anno che rivestono oggi, più che altro, il carattere di una bonaria e consumistica festa familiare. Semplici scopi commerciali prendono posto al senso di partecipazione alla reciprocità ciclica tra Terra e Cielo. Contrariamente a quello che si pensa oggi, queste feste, sono ritrovabili già nella preistoria in molti popoli e con un ben diverso sfondo, incorporate da un significato cosmico e universale. I primissimi simboli che gli uomini dell'Era Glaciale incisero sulle ossa e sulle zanne dei mammut furono proprio le annotazioni dei cicli celesti. Richard Heinberg nel libro "I Riti del Solstizio", edito da Mediterranee, scrive: "Se i nostri più antichi e persistenti interessi sono anche i più profondi, ne consegue che uno dei bisogni più pressanti dell'essere umano è quello di osservare e seguire i ritmi della natura e del cosmo". I popoli antichi credevano che fosse pericoloso e quanto mai incosciente ignorare i cicli. Oggi, molto spesso, se non da chi è attento e non vuole lasciare nulla al caso, viene inavvertito il fatto che la data del Natale non è dovuta ad una particolare tradizione religiosa, come quella cristiana in occidente, ma è determinata, prima di tutto, da una situazione astronomica particolare: quella definita del Solstizio d'Inverno.  In due giorni dell'anno, uno verso la fine di dicembre e uno verso la fine di giugno, l'asse terrestre raggiunge il massimo grado di inclinazione rispetto al Sole. Quando il Polo Nord punta verso il Sole, nell'emisfero boreale viene la giornata più lunga e la notte più corta dell'anno. Questo è per loro, il Solstizio d'Estate. Invece, per gli abitanti dell'emisfero australe, è il Solstizio d'Inverno. Quando l’acqua fredda cade, si arrotonda in neve e si irrigidisce in ghiaccio è arrivato il tempo d’inverno e il nostro cammino si arresta per una attimo alla porta sacra del Solstizio: qui siamo posti, dunque, innanzi all’oscuramento del Principio solare nel mondo. Per l'uomo della Tradizione ogni evento cosmico è simbolo spirituale che produce conseguenze nell'altezza della mente e del corpo. In "Le porte di Luce", edito da Synthesis, il Solstizio d'Inverno viene descritto come l'inizio esoterico dell'anno, quando si depone un "seme" sotto terra, un'idea, un progetto e si esprime un proposito da  attuare nell'arco dell'anno. All'Equinozio di Primavera, se lo abbiamo  protetto e nutrito bene, uscirà dalla terra e apparirà alla luce del sole. Dal punto di vista esoterico, vale a dire dal punto di vista che custodisce all’interno del microcosmo umano un riflesso e una scintilla di luce del macrocosmo divino, il Solstizio è celebrato come l’annuncio del rinnovamento esteriore ed interiore della Natura e dell’Uomo. L’anima insorge quando la luce del Sole non da più supporto alla forza del corpo e non nutre le sottili spire dell’anima ed è proprio allora che ogni uomo dovrebbe concentrarsi su ciò che deve compiere, sugli anagrammi della vita che deve sciogliere, su quello che può trasformare dentro di sè e nel ristretto ambiente in cui vive e su ciò che può imparare dagli altri. Meditare per realizzare. Il Solstizio d'Inverno è il nuovo inizio, l'avvio del ciclo. E' il momento più propizio, dunque, per "piantare" nella nostra mente e nel nostro cuore il "seme", per formulare fermamente quel proposito che determinerà la qualità del prossimo anno allontanando dal nostro animo il rancore, la paura e le invidie che ci bloccano all’ombra della luce. Ritrovare i significati di queste antiche feste rituali, potrebbe rivelarsi utile anche per riallacciare i nostri legami con la natura. Un legame che è arrivato ad un punto di rottura dovuto all'inquinamento dell'aria e dell'acqua, dall'estinzione di specie animali e dalla incessante deforestazione. Questo, è anche il momento più adatto per porci qualche domanda sul nostro futuro. Un futuro dettato soltanto dalla continua e illimitata crescita economica, dalla continua diffusione di "civilizzazione" e dal continuo proliferarsi della tecnologia.



Di Fabio Polese,

http://www.agenziastampaitalia.it/index.php?option=com_content&view=article&id=1375:festeggiare-il-solstizio-per-riavvicinarsi-alla-natura&catid=40:cultura&Itemid=127


lunedì 20 dicembre 2010

Sol Invictus


I tempi cambiano, ci troviamo oggi divorati dal consumismo imperante e dalla continua ricerca del benessere esteriore. Oggi prevale l'apparire più che l'essere, la visione mercantilista e materialista della vita oscura la dimensione spirituale. Bisogna porci una domanda sul proprio futuro e su quello della propria comunità. Bisogna tornare al senso di partecipazione alla reciprocità ciclica tra Terra e Cielo.

 





 



Noi celebriamo nei riti di fuoco solstiziali la consunzione di tutto quanto è destinato a perire, vale a dire tutte quelle forme illusorie in cui è prigioniera la nostra mente: rancori, rabbie, invidie, gelosie, paure. L'uomo vecchio e le sue malattie, i vincoli con i quali s'incatena al servaggio della  "vita-senza-vita", arde tra i lembi di fiamma e si dissolve nel silenzio della Notte. Allo stesso tempo, nella notte più lunga dell' anno, il Cuore del devoto si apre al Cosmo e  ne indirizza la Volontà al compimento nell' Amore.  "Il Solstizio d'Inverno è dunque l'inizio, l'avvio del ciclo, dal punto di vista esoterico. E' perciò il momento adatto per piantare nella nostra mente e nel nostro cuore il seme, formulare il progetto e stabilire il proposito che determinerà la qualità del prossimo anno."

 



Rivolgiamo ai Lettori, agli Amici e ai Nemici, i nostri auguri di un buon Solstizio affinché le "idee senza parole" tornino a fecondare la nostra Terra.

 

Controvento 


Associazione Culturale Tyr Perugia

controventopg@libero.it


 


sabato 18 dicembre 2010

Hávamál – La voce di Odino






Possiamo definire gli Hávamál come il libro sacro degli antichi vichinghi e dei popoli germanici in generale.

Composto da 164 strofe di carattere sapienziale, il testo appare in una raccolta che va sotto il nome di Edda Poetica ed è conservato in un unico manoscritto islandese medioevale, il Codex Regius dell'Edda Poetica (del 1270 circa).

L'Edda Poetica è uno dei due principali rami di quella poesia che le genti nordiche coltivarono nei tempi antichi, accanto alla poesia cortese che gli scaldi di corte componevano per i re e per gli eroi. Nell'Edda Poetica sono conservate le memorie, le gesta ancestrali, le storie delle potenze divine e degli Eroi che definiscono l'archetipo fondante dell'antica area culturale germanica. I personaggi dei carmi sono oggi noti per lo più grazie all'opera di Wagner sull'anello dei Nibelunghi e alle saghe di Tolkien sul Signore degli Anelli.

La parola Hávamál deriva dalla composizione di due elementi: Háva e mál che possiamo rendere in italiano con: parole dell'Alto , ossia di Odino, la massima divinità del pantheon nordico.

La tradizione vuole, infatti, che gli Hávamál siano stati composti da Odino stesso.

Nella mitologia nordica Egli è il supremo e più saggio degli Dèi ed è perciò naturale che sia proprio lui ad esporre quegli insegnamenti spirituali di cui l'uomo non può fare a meno. Attraverso i sacri carmi, il Padre degli Dèi dispensa consigli provvidenziali e, sovente attraverso l'uso di un'aneddotica che lo vede protagonista, indica i comportamenti cui un uomo saggio deve attenersi lungo il difficile cammino della conoscenza e della realizzazione spirituale.

Il curatore ha deciso di suddividere questo lavoro in due parti.

La prima parte è dedicata al contenuto etico-morale degli Hávamál. In altre parole alla filosofia del testo chiarita per ogni singola strofa. Senza dubbio alcuno questa sezione rappresenta il principale contributo che il curatore consegna allo studio di questo antico testo. Pochissimi lavori di questo tipo si trovano in letteratura (ad eccezione forse solo della lingua islandese). Null'altro del genere è rinvenibile in lingua italiana. Da essa anche un lettore non specialista potrà cogliere i preziosi suggerimenti per la vita ordinaria di cui gli Hávamál sono ricchi. Di sicuro fascino risulterà poi per tutti quelli che non chiedono altro che di essere introdotti nel mitico mondo degli antichi germani, capire quali erano gli ideali di vita, i sogni, i valori e le passioni di quegli intrepidi guerrieri, sempre alla ricerca di avventure, terre e pericoli.

La seconda parte di questo lavoro è di carattere specialistico, volta all'analisi linguistica dei versi e delle singole parole. Uno studio decisamente più filologico e grammaticale. Il curatore analizza il significato delle espressioni più ostiche, ragguaglia il lettore sull'etimologia, analizza nel dettaglio tutti i passi di difficile traduzione ed interpretazione. In particolare, seguendo un criterio scientifico comparativo, fornisce al lettore un ricco corredo di note di altri studiosi che poi confronta tra loro, al fine di dar conto, di volta in volta, delle scelte linguistiche operate in sede di traduzione.

Antonio Costanzo è nato a Napoli nel 1979. Laureato con lode in fisica teorica alla Federico II di Napoli con la tesi: Approccio spazio-temporale alle teorie di gauge quantizzate . Studioso delle lingue moderne ed antiche parla correntemente islandese, norvegese, tedesco e inglese. Studioso della cultura germanica collabora con riviste e giornali di settore. È animatore del centro studî Nostra Romanitas e direttore responsabile della collana di studî nordici, Sunna, per la casa editrice Diana.



Hávamál – La voce di Odino

A cura di : Antonio Costanzo

Anno: 2010

Pagine: 259

Euro 18,50

Editore: Diana Edizioni


mercoledì 15 dicembre 2010

I colonizzatori dell'immaginario collettivo.




Rinascita ha incontrato Marco Cedolin, scrittore e studioso di economia, ambiente e comunicazione, che ha parlato di globalizzazione e anestetizzazione delle coscienze.



Di Fabio Polese, Rinascita del 15-12-2010




La circolazione delle notizie, sui grandi media, è subordinata alla volontà dei "sistemi" che gestiscono i media stessi. Viviamo nella società del controllo e sembra che esista un governo sovranazionale ed invisibile che decida cosa è giusto farci sapere e cosa no. In questo scenario apocalittico, abbiamo incontrato Marco Cedolin, scrittore e studioso di economia, ambiente e comunicazione, per porgli qualche domanda. “Non credo esistano dubbi sull'esistenza di un governo sovranazionale che attraverso la colonizzazione dell'immaginario collettivo, plasma la conoscenza, la sensibilità, i gusti, le reazioni emotive e più in generale i pensieri delle persone – sottolinea Marco Cedolin -con lo scopo di creare una massa di perfetti consumatori globali perfettamente omogeneizzati, privi di senso critico e programmati per reagire a qualsiasi stimolo indotto nella maniera prevista”. Alla domanda se esistono degli operatori di guerra psicologica lo scrittore e studioso precisa: “non si tratta tanto di una guerra psicologica, dal momento che il concetto di guerra presuppone la presenza di almeno due soggetti belligeranti, mentre in questo caso il soggetto impegnato nell'operazione si manifesta uno solo. Parlerei piuttosto di un processo di orientamento e globalizzazione del pensiero, attraverso l'anestetizzazione delle coscienze e l'annientamento sistematico di qualsiasi prerogativa culturale che possa mettere a rischio la buona riuscita del progetto”. I colonizzatori dell'immaginario collettivo, dunque, agiscono nelle maniere più svariate. Plasmano le notizie a proprio piacimento all'interno dei media mainstream, talvolta le costruiscono, altre volte ne praticano l'eutanasia, sempre decidono la natura di tutto ciò che deve diventare “informazione”, affinché l'operazione sortisca l'effetto desiderato. Ma i colonizzatori non monopolizzano solo l'informazione, gestiscono anche l'istruzione scolastica, il mercato pubblicitario, quello editoriale e discografico, il cinema, lo sport, la medicina e qualsiasi altro campo condizioni la “costruzione” dell'individuo. Sembra proprio che non si limitino a plasmare l’attenzione su i più svariati argomenti ma addirittura decidono se una cosa è realmente accaduta oppure no. “Nella società globale dell'informazione “urlata” in tempo reale, - spiega Marco Cedolin -esistono e possiedono una dimensione concreta solamente quei fatti e quegli accadimenti di cui viene data notizia e il valore di tale esistenza è direttamente proporzionale allo spazio ad essi tributato nel rappresentarli da parte dei media”- e continua con un esempio concreto –“Se io e lei per protesta saliamo su una gru e srotoliamo uno striscione, la nostra azione diventerà “reale” solo se e allorquando essa verrà documentata dai media ed assumerà valore in proporzione all'importanza che i media intenderanno riservarle. Se nessun giornale e nessuna TV documenteranno l'accaduto, per il resto del mondo (tranne qualche raro passante che si trovava nei pressi) non ci sarà stata alcuna scalata alla gru e alcuna protesta”. Il potere di decidere cosa realmente esiste è enorme, dal momento che una realtà imperfetta e parcellare, costruita in funzione del perseguimento di precisi interessi, viene presentata all'opinione pubblica globale come l'unica vera realtà, facendo si che il pensiero, le reazioni, le emozioni della massa, siano esattamente quelle che s'intendeva suscitare. Quando guardiamo un qualsiasi telegiornale o, leggiamo un qualsiasi quotidiano, veniamo “attratti” sempre dalle stesse parole. Parole che, se non analizzate a fondo, possono sembrare ricche di significato. L’interlocutore viene dunque plagiato emotivamente. Le parole rappresentano il fulcro dell'informazione e la loro importanza va molto al di là di quanto possano immaginare coloro che distrattamente sfogliano un giornale o guardano un TG. L'informazione urlata e ipercinetica del nostro tempo ha scelto un linguaggio quanto mai consono ad attirare l'attenzione del lettore/ascoltatore e condizionarne il giudizio. Marco Cedolin ci illustra degli esempi lampanti:  “Il primo escamotage è costituito dall'abitudine a parlare per slogan precostruiti, slogan il più delle volte vuoti di contenuti ma di sicuro effetto, che verranno ripetuti continuamente come un mantra, fino a quando l'opinione pubblica sarà indotta a farli propri sotto forma di verità incontrovertibili. La crescita del Pil diventerà così sinonimo di benessere, pur non avendone titolo. La spesa di miliardi di euro di denaro pubblico per la costruzione di ciclopiche infrastrutture sarà accettata come un veicolo per migliorare la condizione economica dei cittadini, che invece si ritroveranno costretti a finanziare di tasca propria operazioni in perdita. L'occupazione in armi di stati sovrani verrà presentata come un'operazione di pace, finalizzata a “civilizzare” gli altri, sempre meno civili di noi. L'elargizione a pioggia di denaro pubblico destinato a rimpinguare le casse del sistema bancario privato, sarà spacciata sotto forma di “aiuti” ai cittadini dell'uno o dell'altro stato in difficoltà. Le operazioni di taglio dello stato sociale, dei redditi e dei servizi, a detrimento del benessere della cittadinanza, verranno giustificate come indispensabili sacrifici volti a ridurre il debito pubblico e così via. Il secondo escamotage è rappresentato dall'attenta scelta delle parole da utilizzare nella diffusione delle notizie, a seconda che lo scopo finale sia quello di mettere in buona o cattiva luce un determinato personaggio politico, uno stato, un provvedimento legislativo, una manifestazione o qualsivoglia tipo di accadimento. Il governo di uno stato che s'intende screditare verrà perciò sempre definito “regime” anche quando come nel caso del Presidente iraniano Ahmadinejad si tratta di un governo legittimamente eletto, nel corso di elezioni assai più partecipate e pulite di quelle statunitensi e di gran parte dei paesi occidentali. Alla stessa stregua il leader di un paese amico verrà chiamato “Presidente” e la nazione sarà definita “democratica”, anche qualora, come nel caso d'Israele l'esercito di tale nazione continui giorno dopo giorno a macchiarsi di crimini orribili. Il leader di un paese scomodo  sarà al contrario etichettato sempre come tiranno, despota, dittatore ecc. I manifestanti che vengono a contatto con la polizia saranno teppisti, violenti e facinorosi, se portano avanti temi che devono venire screditati, ma diventeranno semplicemente cittadini esasperati se la loro battaglia può rivelarsi in qualche modo funzionale ad un disegno superiore. Molte volte basta la scelta di una parola per cambiare completamente l'intera ottica attraverso la quale viene letto un accadimento”. C’è il serio rischio, quando si da un’informazione che è contraria a quella fornita dai media considerati tradizionali di passare per complottista. Spesso si rischia di essere emarginati dal circuito di mediatico di massa e automaticamente messi nella condizione di non nuocere. “Poco importa – spiega Marco Cedolin -se le nostre affermazioni in merito alla fallacia della verità ufficiale riguardo alla strage dell'11 settembre sono suffragate da una serie interminabile di elementi incontrovertibili, se il nostro giudizio negativo nei confronti dell'alta velocità ferroviaria si basa su dati ed evidenze di tipo economico e scientifico che nessuna analisi seria sarebbe in grado di smentire, se le nostre prese di posizione su temi economici, politici e ambientali sono documentate dettagliatamente e derivano da studi ed analisi con solidi fondamenti”. Sembra proprio che produrre vera informazione è severamente vietato in un circo mediatico dove l'imperativo è costituito dalla produzione di una verità fittizia che sia funzionale agli interessi superiori. Sembra anche molto difficile difenderci dal controllo globale. I grandi interessi preposti al controllo dell'informazione gestiscono il loro potere attraverso una leva tanto semplice quanto efficace, la leva economica. Qualsiasi strumento d'informazione di massa può esistere solo se supportato da consistenti investimenti economici, facendo si che i “finanziatori” siano gli unici soggetti in grado di decidere la natura e la qualità dell'informazione stessa. Nell’era di internet e del giornalismo partecipativo, esistono, però, fonti d'informazione alternative; esiste qualche piccola casa editrice indipendente, qualche rivista e quotidiano a tiratura limitata. “Per essere bene informati – conclude lo scrittore e studioso Marco Cedolin - occorre faticare, navigare su internet almeno un paio di ore al giorno, leggere molto e farlo sempre con grande spirito critico. Osservare le notizie da varie angolazioni, contribuendo alla formazione di un proprio punto di vista che non dovrà per forza collimare con quello espresso nei testi che si sono letti”. La possibilità d'informarsi correttamente esiste ma richiede tempo e fatica. Certamente è molto più facile sedersi in poltrona e accendere la TV. Sta solo a noi scegliere se ne valga o meno la pena.




http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=5497

 


domenica 12 dicembre 2010

In Birmania le etnie non hanno alcun diritto. Anche grazie a Fassino.


Come da noi previsto, le elezioni/farsa dello scorso novembre in Birmania non hanno cambiato il volto del regime, né hanno modificato l'andamento di un conflitto che dura da  oltre sessant'anni, con drammatiche conseguenze per centinaia di migliaia di persone.

Come una vecchia baldracca che si rifà il trucco dopo l'ennesimo svogliato amplesso ed  esce dalla sua stanza ad ore cercando di sembrare una rispettabile signora della buona  società, così il governo di Rangoon sbandiera i risultati elettorali (che hanno assegnato la  stragrande maggioranza dei voti ai partiti creati dalla giunta militare) puntando a  convincere la comunità internazionale di essere sulla buona strada verso un reale cambiamento interno. L'obiettivo più immediato (e quello più urgente viste le difficoltà  economiche in cui si trova il Paese) è l'allentamento delle sanzioni che molti governi  hanno posto nei confronti del Myanmar, e che almeno in parte hanno influito negativamente sugli affari delle gerarchie militari e dei businessmen ad esse associati.

Di fatto, almeno per ora, nessun reale passo verso un costruttivo processo di  riconciliazione nazionale è stato compiuto. Aung San Suu Khyi è stata rilasciata, ma ha un  guinzaglio attorno al collo. Non può allontanarsi troppo dalla road map del governo. ischia di strozzarsi.


“La luce del Myanmar”, giornale del regime, scrive che una nuova  conferenza che puntasse al riconoscimento del diritto all'autonomia dei differenti gruppi  etnici (conferenza auspicata in questi giorni da Suu Khyi e chiamata Panglong 2 dal nome  del primo trattato firmato da suo padre nel 1947), potrebbe avere conseguenze gravissime  sul processo di democratizzazione in corso. In altre parole: i Popoli che abitano le regioni  orientali del Paese devono rimanere dei sudditi.

A conferma della totale mancanza di volontà di apertura nei confronti delle istanze di autonomia dei gruppi etnici (alcuni dei quali contano popolazioni che superano i 7 milioni di persone) in queste settimane l'esercito birmano è impegnato in una offensiva che punta  a ridurre alla resa i movimenti armati autonomisti.

Ma a differenza delle operazioni su larga scala condotte dal Tatmadaw (le forze armate  del Myanmar) negli ultimi anni, che avevano portato alla caduta di diverse roccaforti della  guerriglia Karen, l'offensiva di questa stagione secca sta incontrando serie difficoltà. L'ammutinamento nella prima settimana di novembre di una brigata del DKBA, la milizia  che per 16 anni ha collaborato con il regime di Rangoon, ha sensibilmente aumentato le  capacità di difesa della guerriglia nel distretto di Dooplaya, obiettivo dell'offensiva in corso.

I Karen del KNLA (Esercito di Liberazione Nazionale) e gli ammutinati del DKBA stanno rispondendo con successo agli attacchi dei militari birmani.

In alcune zone i due gruppi agiscono congiuntamente, conducendo operazioni con unità  miste. Nel resto della regione KNLA e DKBA si limitano a prestarsi aiuto l'un l'altro in caso  di attacchi da parte delle truppe di Rangoon, mantenendo la propria distinta identità.

Negli scontri avvenuti in quest'ultima settimana, concentrati soprattutto in un'area a circa  40 km a sud della cittadina tailandese di Mae Sot, appena oltre il fiume che delimita il  confine con la Birmania, numerosi militari di Rangoon hanno perso la vita. Dopo aver  bombardato il villaggio di Pahlu provocando la morte di quattro donne e l'esodo di  centinaia di civili, i Birmani avevano puntato verso la cittadina di Wahlay, per portare  rifornimenti e munizioni alla guarnigione assediata da una decina di giorni dalla guerriglia Karen. Ma unità del DKBA li hanno attaccati, fermandone l'avanzata e causando diverse perdite.

Scontri tra Karen e Birmani vengono registrati in molte altre località del distretto. Il 201° battaglione (uno dei reparti agli ordini di Nerdah Mya) ha attaccato ieri i birmani nei dintorni di Boe Way Hta, mentre Le Black Forces hanno circondato la base di Maw Khee, per dare inizio ad un assedio di tipo medievale, impedendo l'arrivo di rifornimenti alla postazione ed intercettando eventuali rinforzi inviati dal governo. 


Ufficiale delle Black Forces nei dintorni della base birmana di Maw Khee ,il Vicepresidente dell'Unione Nazionale Karen, David Thackarbaw, che nell'ottobre dello scorso anno su iniziativa della Comunità Solidarista Popoli era stato in visita alla Farnesina per un incontro con il Sottosegretario Stefania Craxi, ha ribadito che non ci sarà  nessuna possibilità di negoziato con i Birmani fino a che il governo non fermerà le  operazioni militari nel territorio Karen. Per tutta risposta, Rangoon ha inviato decine di  camion di rinforzi verso le zone contese, equipaggiati con mortai pesanti.

Il Vicepresidente Tackarbaw ci ha anche chiesto cosa sta facendo l'Unione Europea, e in  particolare l'inviato speciale Piero Fassino, per convincere i Generali a fermare la guerra e  ad intavolare delle trattative. Domanda pertinente, dal momento che Popoli ha un  incarico ufficiale di rappresentanza diplomatica da parte dell'Unione Nazionale Karen per i  rapporti con le istituzioni italiane ed europee. Non siamo stati in grado di fornire risposte,  essendo da molti mesi in attesa di un appuntamento con l'Inviato Speciale. Basterebbe  però riflettere su cosa sostiene Fassino quando parla delle recenti elezioni in Birmania, per capire che forse avrebbe bisogno di farsi un giro da queste parti per vedere come stanno  le cose. Cito testualmente da un suo scritto del 26 novembre 2010: “Le minoranze etniche,  tutte, hanno partecipato ritenendo le elezioni uno spazio di agibilità da percorrere,  soprattutto nella elezione dei Parlamenti locali. La campagna elettorale ha fatto emergere,  nonostante le mille difficoltà, forze della società civile. All'indomani delle elezioni ci sarà comunque un Parlamento  - che oggi ancora non c'è - e si formerà un governo civile a cui dovrebbero essere trasferiti i poteri attualmente esercitati dalla Giunta”. Fassino finge di  non comprendere la differenza esistente tra l'avvenuta partecipazione alla farsa di candidati di partitini “etnici” compiacenti e il chiaro boicottaggio delle elezioni indetto dalle  grandi organizzazioni politiche e militari storicamente (60 anni!) riconosciute come le reali  rappresentanti delle istanze di libertà e autonomia dei popoli non birmani. La cui posizione  nei confronti delle elezioni è stata la stessa assunta da Aung San Suu Khyi, che  onestamente riteniamo più informata sulla situazione del suo Paese di quanto non siano gli uffici di Bruxelles. 

Gli scontri in corso, e la minaccia di una intensificazione delle ostilità, hanno provocato la  fuga di migliaia di civili dai loro villaggi. Ventimila soltanto nella prima settimana seguita  alle elezioni. Poi, ogni giorno, una media di 500 persone che cercano rifugio in Thailandia (da dove la maggior parte viene ricacciata nel giro di 24 ore) oppure in zone per il momento risparmiate dagli scontri.

Una emergenza che Popoli solo in parte infinitesimale riesce ad affrontare attraverso l'acquisto di cibo e coperte da far arrivare ad alcune delle famiglie in fuga dalla guerra.



Franco Nerozzi, www.comunitapopoli.org

Associazione Culturale Tyr Perugia è...



Banchetto benefit pro Comunità Solidarista Popoli a Perugia.


Sabato 11 Dicembre, l'Associazione Culturale Tyr Perugia ha allestito un banchetto informativo e benefit sull'attività della Comunità Solidarista Popoli. Puoi contribuire attivamente agli interventi a sostegno del popolo Karen in Birmania e della popolazione di Gaza in Palestina acquistando il calendario del 2011 di "Popoli" al costo di € 5,00

Contattaci: controventopg@libero.it






Sovranità monetaria e situazione economica italiana.


(ASI) Leggendo i quotidiani nostrani sembra che la situazione economica in Italia non sia di una certa gravità come in altri paesi europei. Si parla sempre d’Irlanda, Spagna, Grecia e Portogallo. Nelle testate giornalistiche estere, invece, veniamo chiamati in causa alla pari degli stati sopra citati. Agenzia Stampa Italia ha incontrato il Dott. Marco Della Luna, autore tra l’altro, insieme ad Antonio Miclavez, di “Euroschiavi” – Edito da Arianna Editrice - e collaboratore di diverse riviste specializzate per fargli qualche domanda.



Ci spiega la reale situazione economica italiana?



Non è da crollo nell’immediato, ma strutturalmente va verso il fallimento o perlomeno verso un inesorabile impoverimento con incremento della pressione fiscale e contributiva. Le principali ragioni sono le seguenti: da circa 18 anni il sistema-paese è bloccato, non si fa ricerca, innovazione, infrastrutturazione; quindi si è perso in produttività e competitività rispetto soprattutto all’Eurozona. L’Italia ha alti costi di produzione (a causa della sua inefficienza e del cuneo fiscale-contributivo) e si trova a competere con paesi esportatori che sono molto più concorrenziali (Cina, India, Pakistan, Romania) per ragioni insuperabili, quali il minimo costo del lavoro, la bassa tutela sindacale, infortunistica, ambientale; inoltre la Cina è proprietaria della sua banca centrale di emissione, ed emette la sua valuta a costo zero (senza indebitarsi) per sostenere la produzione, l’esportazione e l’acquisto di assets esteri. L’Italia è quindi destinata, in un’economia mondiale guidata dall’esportazione (ossia dalla competitività nell’esportare) a perdere posizione dopo posizione. La Germania, nell’interesse della propria economia (soprattutto delle esportazioni), impone all’Italia e ad altri paesi “deboli”, ma potenziali concorrenti della Germania stessa, di mettersi a dieta, di essere virtuosi, cioè di tagliare la spesa pubblica per ridurre il deficit di bilancio e iniziare a rimborsare il debito pubblico. Ma tagliare la spesa pubblica comporta la riduzione del pil  e degli investimenti infrastrutturali. E la riduzione del pil a sua volta comporta meno entrater fiscali, anche perché gli imprenditori privati, per tornare a investire, assumere, prodsurre, aspettano che sia lo Stato ad avviare la ripartenza, con investimenti qualificati, infrastrutturali. Quindi la ricetta imposta dalla Germania, dal governo Merkel, porterà recessione e aggravamento del debito pubblico in Italia. Il che è ciò che vuole la Merkel, ossia tagliare le gambe all’Italia e ad altri paesi potenzialmente concorrenti della Germania, indebolendo, soffocando le loro economie, per eliminarli dalla competizione. L’Italia, ossia la sua classe dirigente, ha scarse competenze, però ha sviluppato al massimo grado la capacità di restare al potere anche senza produrre buoni risultati per la collettività, per il sistema paese. Riesce a restare al potere nonostante la sua corruzione e incapacità grazie a una solida rete clientelare e una estesa distribuzione di privilegi, alimentati con spesa pubblica inefficiente se non illegittima, a cui non può rinunciare, altrimenti perderebbe il potere. L’Umbria, ad esempio, ha una spesa sanitaria pari a quella della Lombardia, ma ha 1/10 degli abitanti della Lombardia. Come potrebbe la politica umbra tagliare questa spesa senza tagliare i propri consenti, cioè il ramo su cui è seduta? E’ così più o meno per tutto il Sud e parte del Centro, ma, sia pure in grado minore, per tutto il paese. Quindi la classe politica italiana investe e continuerà ad erogare soldi di cui dispone, dopo il pagamento delle spese correnti, per comperare consensi e supporti, non per investimenti utili al paese; e anche quando fa investimenti utili, poi sappiamo come vengono condotte le opere, a chi vengono affidate…



Ed è quello che sta succedendo anche in Irlanda?



Le vicende irlandesi sono profondamente diverse. L’Irlanda è un paese povero fino a pochi anni fa, che ha fatto un boom industriale e finanziario, che ora si è sgonfiato. Ma mentre il boom tirava, stipendi e prezzi sono saliti alle stelle. Di buono, l’Irlanda ha politici più competenti e un debito pubblico relativamente basso.



Nel libro “Euroschiavi”, scritto da lei, insieme ad Antonio Miclavez, viene sottolineato che l’Italia è sempre più povera a causa del debito pubblico. Cosa significa?



A livello mondiale, l’aumento del debito, pubblico e privato, della società verso il sistema bancario, è continuo. Anzi, è una curva esponenziale, ossia che diventa sempre più ripida col passere del tempo. Bisogna allora capire due punti: a) che cosa ciò comporta; b)perché ciò avviene. Primo punto: questa crescita continua ed esponenziale comporta che una crescente quota dei redditi (delle imprese, delle famiglie, del settore pubblico) deve essere destinata a pagare gli interessi sui debiti (aumentando il debito capitale, aumenta anche la quantità di interessi che si devono pagare); quindi i redditi disponibili gradualmente si riducono, e così pure la redditività degli investimenti (soprattutto di quelli produttivi), finché conviene non investire più, e disinvestire (deindustrializzazione), perché il denaro che si prende a prestito per investire costa più del reddito che produce. Da qui la tendenza alla recessione. Secondo punto: la ragione per cui l’indebitamento complessivo delle società verso il sistema bancario continua ad aumentare ed aumenta a velocità crescente, è matematica, insuperabile, e si può esprimere concisamente nei seguenti termini: premesso che praticamente tutto ciò che usiamo come denaro (dalle banconote ai conti correnti ai bonifici) è generato mediante un indebitamento (lo stato dà titoli di debito pubblico per ottenere valuta legale; cittadini e imprese si finanziano prendendo denaro a prestito dalle banche); e premesso inoltre che tutto questo debito genera interessi passivi che si aggiungono al debito capitale e generando nuovi interessi nel periodo successivo (anatocismo); ciò premesso, la conseguenza automatica e inevitabile è che la quantità di debito (capitale + interesse) di denaro esistente è sempre maggiore della quantità di denaro esistente, e che la differenza, la forbice, continua ad aumentare a velocità crescente. Ne consegue che c’è molto meno denaro che debiti, quindi l’insieme (aggregato) dei debiti non potrà mai essere estinto. Già si ammette che i grandi debiti pubblici non potranno mai essere estinti, rimborsati. Ma la ragione fondamentale di questa impossibilità non è che essi sono particolarmente grandi, bensì sta nella natura del denaro, che è creato come denaro-debito(per tutti) e denaro-credito(per le banche che lo creano). Qualcuno, qualche individuo, qualche imprenditore, qualche paese, può riuscire a ripagare i propri debiti; ma lo può fare solo togliendo agli altri, salendo sulle loro spalle. E’ quello che il governo tedesco sta facendo verso altri paesi come l’Italia.



Oggigiorno le monete non sono coperte da riserve d’oro e di conseguenza non sono convertibili. E’ vero?



Sì, è vero. Dal 1929 è stata praticamente abbandonata la copertura aurea della cartamoneta – copertura che peraltro era parziale, ossia se la quantità di cartamoneta era 100, la copertura in oro era, diciamo, 10. Dal 1971 è cessata completamente la convertibilità in oro, ossia il diritto di chi ha una banconota di esigere dalla banca centrale che la ha emesse la sua conversione in oro. Questo diritto era peraltro limitato, dal 1944 (Bretton Woods) al Dollaro e ai governi. Si tenga però presente che la cartamoneta (banconote) costituisce solo l’8% di tutto ciò che usiamo come denaro, e serve solo per il 2% del valore di tutte le transazioni che avvengono nel mondo. Il grosso di ciò che usiamo come denaro, ossia l’82% o il 98% (a seconda che consideriamo lo stock o il flusso) è costituito da promesse di pagamento emesse dalle banche (assegni circolari, attivi di conti correnti, lettere di credito, medium term notes, etc.), carte di credito/debito.



Ci parla del Signoraggio?



Il signoraggio è il profitto che si realizza attraverso il potere di creare moneta. La banca centrale emette una banconota da 100 Euro o Dollari che le costa zero (perché non la deve coprire con oro) e la scambia con un titolo del debito pubblico che vale 100, che poi rivende realizzando 100. In tal modo ha guadagnato 100 netti e dovrebbe pagare le tasse su questi 100, oppure girarli allo stato. Però fa figurare in contabilità che quando dà la banconota da 100 in cambio del BOT da 100 in realtà si tolga 100 dal patrimonio, ossia contabilizza come se produrre la banconota le costasse 100 anziché zero. In tal modo non figura realizzare questo profitto e non paga tasse su di esso. Le banche di credito fanno una cosa analoga. Ossia, non è che prestino il denaro (la cartamoneta) depositata dai risparmiatori. Non ne hanno bisogno. Quando vai in banca a chiedere un mutuo, la banca ti dà un assegno circolare che stampa sul momento, a costo zero, senza bisogno di avere una copertura in cartamoneta (che del resto non potrebbe esserci, dato che la cartamoneta costituisce solo l’8% di tutto ciò che si usa come denaro). Però, come la banca centrale, fa figurare contabilmente un’uscita di valore, come se si togliesse il denaro di tasca per prestartelo, allo scopo di annullare contabilmente il ricavo che ha realizzato sottoforma di credito di capitale (e interesse) verso di te. In tal modo, non paga le tasse su questa creazione di denaro contabile, o virtuale, o scritturale. In sostanza, il signoraggio è il metodo con cui il cartello delle banche, monopolista del denaro e del credito, estrae a costo zero ricchezza dalla società produttiva.



 Come possiamo difenderci?



Conviene evitare di indebitarsi e di tenere beni al sole. Valutare anche l’opportunità di emigrare verso un sistema-paese meglio organizzato e con migliori prospettive. Ciò vale soprattutto per giovani, tecnici, imprenditori non inseriti nel sistema della “casta”. Chi rimane, per i prossimi anni, ha interesse a farsi furbo, a non affidare i soldi al mercato mobiliare, a puntare su investimenti concreti, su monete complementari e alternative, ma soprattutto sul carpe diem, ossia cercare di vivere bene giorno per giorno, realizzandosi nel presente, senza fare piani di lungo termine, perché, oggi più che mai, del domani non v’è certezza.






http://www.agenziastampaitalia.it/index.php?option=com_content&view=article&id=1262%3A-sovranita-monetaria-e-situazione-economica-italiana&catid=19%3Ainterviste&Itemid=46


sabato 11 dicembre 2010

BLIZ DELL'ASSOCIAZIONE CULTURALE TYR AL PROCESSO KERCHER. PER CARLO PARLANTI.


PERUGIA: riprende il processo per l’omicidio Kercher. Volantino di denuncia dell’Associazione Tyr.



(ASI)
“Fermiamo il circo mediatico” così inizia il volantino distribuito oggi dall’Associazione Culturale Tyr davanti al Tribunale di Perugia dove è ripreso il processo per l’omicidio Kercher. “Gli U.S.A., - prosegue lo scritto dell’Associazione Tyr - portatori di democrazia, hanno più volte difeso, attraverso i loro politici e media, la connazionale Amanda Knox giudicata colpevole dell'omicidio Kercher. La stampa italiana e i politici nostrani, invece, tacciono la storia di Carlo Parlanti”. Carlo Parlanti è un cittadino italiano ed è tutt’ora detenuto nelle prigioni americane per un presunto stupro. Katia Anedda, responsabile del sito
www.carloparlanti.it, presente oggi a Perugia con i militanti dell’Associazione Culturale Tyr ha aggiunto: “Un libro denuncia scaturito da sei mesi di studio di tre stimati criminologi dell'ambiente universitario romano, smentisce tutte le accuse ed arriva ad affermare la colpevolezza criminale della donna e dei medici coinvolti nel caso. Come è possibile che si continui a tacere?”.



www.agenziastampaitalia.it




 




venerdì 10 dicembre 2010

Dalla parte dei giusti, contro il mondialismo.


Un’analisi sulla situazione in Birmania.

Di Fabio Polese



(ASI) Si è parlato, in questi giorni, dopo la liberazione del Premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi, della situazione birmana e delle dinamiche annesse. In questa diatriba filo-cinese o filo-americana, democratica o anti-democratica, non è stato analizzato l’aspetto più importante: il diritto all’autodeterminazione dei popoli. Mentre si diffonde la notizia di coinvolgimenti di Aung San Suu Kyi nell’ennesimo piano egemonizzante targato U.S.A, nel Myanmar, l’etnia Karen, sta combattendo per la propria e completa autonomia. David Thackarbaw, vice-presidente dell’Unione Nazionale Karen, movimento che rappresenta questo popolo, ha dichiarato, proprio in questi giorni, ai volontari della Comunità Solidarista Popoli che sono nuovamente sul posto per garantire cure mediche alle unità combattenti, che non ci sarà nessun cedimento sulla questione della difesa della cultura e dell’identità Karen. “Alcune forze politiche – dichiara il vice-presidente Thackarbaw - fanno aperture al governo su una ipotesi di "sviluppo economico" delle aree etniche. Noi consideriamo inaccettabile qualsiasi proposta che, in cambio di denaro o di investimenti, metta a rischio il mantenimento dell’identità dei popoli”. Da una parte abbiamo la Repubblica Popolare Cinese, da sempre sostenitrice della giunta birmana e che, ricordo, oltre ad aver realizzato numerose dighe sui corsi d’acqua del Paese che hanno provocato l’inondazione di vasti territori abitati dalle minoranze, da settembre 2009, sta mettendo a punto i cantieri per realizzare oleodotti e gasdotti sino-birmani. Dall’altra parte, abbiamo, gli accordi milionari che il governo di Rangoon ha stretto con le multinazionali “democratiche” occidentali, Total e Chevron in primis. In questo triste scenario, tutti sono pronti a continuare lo stupro del territorio birmano fino all’esaurimento, tutti vorrebbero “birmanizzare” le diverse etnie. Ma nel mezzo, a discapito delle logiche liberal-capitaliste, ci sono loro, ci sono i Karen che, ostili ai progetti mondialisti, non intendono smettere ne vendere la propria lotta per la libertà. E mentre l’interesse dei telegiornali nostrani sembra scemato, nonostante le poche armi a disposizione ma guidati da una forza ancestrale che non è destinata ai più, i guerriglieri Karen, stanno continuando a lottare. Nelle ultime ore, ci sono stati intensi combattimenti nella zona di Phaluu, a circa quaranta chilometri dalla cittadina di confine thailandese di Mae Sot. Le fonti parlano di numerose perdite da parte dell’esercito regolare e di qualche combattente Karen catturato e poi giustiziato a sangue freddo. Il vice-presidente della K.N.U., David Thackarbaw, ha anche intimato al regime birmano di ritirare immediatamente  le sue truppe, “altrimenti - ha detto - i vostri soldati, continueranno a morire”. Il gruppo etnico dei Karen, che conta circa sei milioni di persone, è in lotta dal lontano 1949 quando, dopo il periodo coloniale britannico, secondo gli accordi fatti alla fine del secondo conflitto mondiale, le diverse etnie che formano il mosaico birmano, avrebbero dovuto ottenere l’autonomia. Questi accordi non furono mai rispettati perché il generale Aung San, primo capo del governo post coloniale, venne ucciso ad opera di generali golpisti. E così, mentre ogni giorno, da oltre sessant’anni, l’esercito della giunta militare di Rangoon attacca i civili, l’Esercito di Liberazione Karen, contrattacca deciso. E’ dunque possibile stare dalla parte dei giusti, contro il mondialismo, tralasciando Aung San Suu Kyi e molti altri Premi Nobel per la pace. Ora e sempre.




http://www.agenziastampaitalia.it/index.php?option=com_content&view=article&id=1256:unanalisi-sulla-situazione-in-birmania&catid=3:politica-estera&Itemid=35

I BIRMANI NON FERMANO LA GUERRA.


Si intensificano gli scontri. Emergenza umanitaria. Il sonno dell'Europa.







http://www.comunitapopoli.org/uploads/combattimenti_karen_birmani.pdf


 



Domani la Comunità Solidarista Popoli sarà presente al mercato di Pian di Massiano (Perugia) con un banchetto informativo sulle attività che porta avanti in Birmania a fianco dl popolo Karen e per i bambini palestinesi nella striscia di Gaza. Potrete acquistare anche il calendario 2011 della Comunità Solidarista Popoli così da aiutare concretamente le azioni umanitarie.

P
er info: controventopg@libero.it


mercoledì 8 dicembre 2010

Il tè made in USA: disgustoso.


Nel mese scorso sono avvenute negli Stati Uniti le cosiddette elezioni di metà mandato: tornata tesa a rinnovare le due camere (il Congresso) e ad eleggere nuovi governatori in alcuni stati. Il risultato di queste elezioni assume solitamente un carattere importante, in quanto rappresenta un indice di consenso nei riguardi del partito di governo per i due anni di mandato appena conclusi. Gli analisti che avevano previsto un risultato affatto sorridente al partito democratico di Obama possono vantare, ad elezioni concluse, di essere stati buoni profeti. Essi avevano evidentemente saputo cogliere nella società americana un serpeggiante malumore dovuto alla recessione economica la cui incisività sui portafogli viene accresciuta da una pressione fiscale giudicata eccessiva. Del resto non era poi così difficile prevedere un tale fallimento da parte dei democratici, stando a quanto massicce fossero le adesioni ad un certo tipo di comizi di piazza che hanno molto catturato, dato il successo conseguito, le attenzioni dell’opinione pubblica in campagna elettorale. Ciò a cui facciamo riferimento è quel fenomeno di aggregazione di massa che ha ingrossato le file del partito repubblicano e che risponde al nome di Tea Party, prendendo spunto dall’atto di protesta indetto dai coloni americani contro le tassazioni del governo britannico che si manifestò al porto di Boston nel 1773 con la distruzione di molte confezioni di tè. Quell’evento storico è oggi considerato la scintilla che diede inizio alla guerra di emancipazione degli Stati Uniti dalla Gran Bretagna: la Guerra d’Indipendenza o Rivoluzione Americana. Oggi, a più di due secoli di distanza, una battagliera corrente di politici americani fa allusione al tè quale mantra dagli effetti taumaturgici sugli animi di una popolazione insoddisfatta dall’operato del governo sollecitandola ad un nuovo storico, rivoluzionario up patriots to arms. Il nuovo impulso fa leva però su antiche reminescenze che sono il fondamento ideologico/religioso degli Stati Uniti e, seppur inconfessate, mai hanno abbandonato la coscienza atavica del popolo americano: l’individualismo esasperato e la teoria calvinista della predestinazione. Tutto ciò si evince forte e chiaro dai proclami enunciati a gran voce e colmi di triviale retorica tipicamente americana da parte dei due agitatori politici che più hanno contribuito al successo di questo fenomeno: Sarah Palin, ex governatrice dell’Alaska e candidata vice-premier di McCain alle scorse elezioni presidenziali, piccante giornalista che ha la passione per la caccia agli orsi e che non è mai uscita dai confini degli USA (fatto assai singolare per un candidato vice-premier di un paese così influente a livello internazionale) e Glenn Beck, conduttore TV di Fox News ed icona dei conservatori e dei fondamentalisti evangelici. Gli slogan scanditi corrispondono a precisi riferimenti escatologici, «Oggi l’America comincia a tornare a Dio», e ultraliberisti, «No ai sussidi di disoccupazione», «No alla riforma sanitaria»; assistenzialismo che è il nemico giurato di questi burattinai poichè permetterebbe anche agli ultimi, agli indigenti, ai poveracci, insomma ai tanti vituperati failed che campano di espedienti in quei sobborghi in cui il sogno americano è una chimera, di accedere all’assistenza medica grazie ai contributi di probi lavoratori che hanno saputo conquistarsi, a differenza di questi parassiti reietti, la propria onorabile posizione sociale. Fa effetto in tal senso la proposta del candidato a sindaco di New York Carl Paladino di usare gli edifici delle prigioni abbandonate per alloggiare i meno abbienti per rieducarli al lavoro e all’igiene, trovando con questo espediente - molto poco osservante della dignità umana ma che tanto ricorda la proposta di Calvino di relegare le torme di mendicanti cenciosi e ladri che assediavano nel '500 le strade delle città impaurendo i buoni borghesi in prestabiliti luoghi di raccolta - una bizzarra alternativa agli assegni sociali. Il successo di questo baraccone populista sta poi nell’individuare nell’avversario politico l’incarnazione di quanto corrisponde, nell’immaginario collettivo, alla negazione assoluta dei valori di cui il Tea Party si fa alfiere. Ecco dunque che Obama diventa un fondamentalista islamico (sic!) e uno sfrenato socialista con derive comuniste (doppio sic!), un nero nemico dei White Anglo-Saxon Protestant (WASP) che sono i maggiori sostenitori del Tea Party e un patrocinatore dell’immigrazione selvaggia da parte degli ispanici (sporchi e cattolici) dal Messico. Contro di lui si è levata una potenza di fuoco mediatico - da parte soprattutto di quelle reti televisive che fanno capo al magnate ebreo Murdoch e di cui proprio Glenn Beck è un conduttore seguitissimo da ignoranti e fideistici ascoltatori - che non lascia adito a dubbi circa le entità che giostrano dietro a questa protesta e circa le loro due intenzioni: contrastare la riforma sanitaria di Obama che ha penalizzato le iene di Wall Street, le multinazionali farmaceutiche e le compagnie d’assicurazione, rinfocolare quello spirito guerrafondaio insito nello spirito degli americani - intriso di religiosità secolarizzata che si tramuta in interpretazione violenta dei passi della Bibbia - per muoverlo verso nuovi e più impegnativi obiettivi bellici. A conferma di questo secondo punto ci basta sapere che uno degli oratori saliti su un palco allestito dal Tea Party e più apprezzati dalla platea è tal John Hagee, sedicente reverendo che fa il telepredicatore insultando cattolici e mussulmani e difendendo con parole feroci le ragioni di Israele e la missione spirituale del sionismo, egli deve a questa sua fine attività dialettica le sue enormi ricchezze (lui sì che è un probo lavoratore, un “vero americano” predestinato e degno dei suoi averi che il buon Dio gli ha concesso!).



L’inquietante scenario che emerge dal successo elettorale del Tea Party non deve assolutamente stupire, visto che le sue radici affondano, come prima accennato, negli albori della storia americana e sono la causa delle politiche capitaliste ed imperialiste, minacce per i popoli del pianeta e da sempre prerogative a stelle e strisce. Nessun “buon americano” infatti, si sognerebbe mai di metter mano alle spese militari o ai finanziamenti ad Israele al fine di contrastare la pressione fiscale, piuttosto meglio dar libero sfogo al proprio individualismo che diventa odio per il prossimo laddove quest’ultimo “grava” sulle casse dello stato; e dunque vai con i tagli allo stato sociale. Una filosofia che tende a mercificare tutto, compresa la salute, e rifiuta la solidarietà. L’unica solidarietà che l’americano riconosce è un surrogato, è l’elemosina che fa del ricco, oltre che un presunto benefattore che può fregiarsi di questo titolo, anche un vanitoso che sfoggia il proprio benessere al cospetto del mendicante per dimostrare le proprie capacità di affermazione, la propria grazia di Dio. Una filosofia che è per giunta timorosa del Dio iracondo e guerrafondaio che la distorta interpretazione della Bibbia ha creato, giustificazione messianica alle politiche belliche degli USA e dell’alleato israeliano interpretate come missioni divine. Ebbene, nulla di nuovo sotto il sole, in tempi di crisi le potenze occulte che manovrano la politica statunitense cavalcano il malcontento per assecondare i propri scopi (ultraliberismo entro i confini e campagne di guerra al di fuori), rinfrancando quell’atavico lift up America dai connotati pseudo-confessionali che fa tanto presa negli animi del popolino yankee. Un tè disgustoso, non c’è che dire.



Associazione Culturale Zenit

http://assculturalezenit.spaces.live.com


martedì 7 dicembre 2010

REGALA ALTRI LIBRI! SOSTIENI LE ATTIVITA' DELL'ASSOCIAZIONE CULTURALE TYR PERUGIA



ORDINA I TUOI REGALI ENTRO IL 13 DICEMBRE, LA SPEDIZIONE E' GRATUITA DOPO TRE TESTI



E’ nata La Casa del Soldato, un’ulteriore ed importante iniziativa a cura dell’Associazione Culturale Tyr Perugia.



 



La Casa del Soldato è una importante iniziativa con la quale intendiamo ribadire il valore che attribuiamo alla formazione culturale, ideologica ed esistenziale dell' uomo differenziato. L'opera di selezione e di diffusione libraria è finalizzata alla coltura delle "idee senza parole", affinché possano essere contemplate le qualità dell'uomo di vetta pure nell'oscurarsi dei cieli”.



 



CONTATTI:



lacasadelsoldato@libero.it

controventopg@libero.it

Facebook: La Casa Del Soldato



 



SPEDIZIONE:



I libri vengono spediti, normalmente, in 5 giorni lavorativi. Se vengono ordinati più di tre testi, la spedizione è gratuita.



 



EDIZIONI DISTRIBUITE:



SETTIMO SIGILLO, EUROPA, ALL'INSEGNA DEL VELTRO, AR, ARADIA, ARKTOS, ARYA, ATANOR, BARBAROSSA-SEB, CHIARAMONTE, CHIARAVALLE, CIARRAPICO, CONTROCORRENTE, EDITORIALE LUPO, EDIZIONI TRECENTO, EFFEDIEFFE, EFFEPI, EILES, GHENOS, HERRENHAUS, I LIBRI DEL GRAL, IL CORALLO, IL FALCO, ITALIA (Associazione Culturale), L'ARCO E LA CORTE, AKROPOLIS, LA FENICE,

LE LIBRETTE DI CONTRORA, LO SCARABEO, MA.RO., NOVANTICO, NOVECENTO, PROFONDO ROSSO, RA.RA., RITTER, SEAR, SETTE COLORI, SILENTES, LOQUIMUR, SODALITIUM, SOLFANELLI, STORIA RIBELLE, SVEVA, TABULA FATI, TERZIARIA, THULE ITALIA, UOMO LIBERO (Trento),  UOMO LIBERO (Milano), VICTRIX, VITANOVA,VOLPE, VOX POPOLI, ARIANNA EDITRICE, MACRO EDIZIONI.



lunedì 6 dicembre 2010

Calendari della Comunità Popoli 2011. Banchetti informativi e benefit a Perugia.






L'Associazione Culturale Tyr Perugia allestirà, in questi giorni, dei banchetti informativi sull'attività della Comunità Solidarista Popoli e sarà possibile acquistare il calendario del 2011 per aiutare gli interventi a sostegno del popolo Karen in Birmania e della popolazione di Gaza in Palestina.



Il costo del calendario della Comunità Popoli è di € 5,00



Per info:
controventopg@libero.it


domenica 5 dicembre 2010

Gli infermieri di Popoli al seguito della resistenza. Si ricostruisce la clinica di Boe Way Hta.


Il vicepresidente dell'Unione Nazionale Karen, David Thackarbaw ha intimato al regime  birmano di ritirare le sue truppe, entrate nelle aree tradizionalmente controllate  dall'Esercito di Liberazione Nazionale Karen.  “Altrimenti - ha detto il vicepresidente - i nostri volontari riprenderanno ad attaccare le unità presenti nel distretto di Dooplaya. I vostri soldati continueranno a morire”.

L'attesa offensiva birmana ha preso il via alcuni giorni fa, dopo che i guerriglieri del KNLA  e quelli del DKBA avevano bloccato le vie di accesso per i rifornimenti birmani destinati  alle truppe di stanza a Wha Lay, cittadina contesa da due settimane dalle diverse fazioni impegnate nella guerra.

Il 2 dicembre, intensi combattimenti si sono verificati a Phaluu, villaggio a circa 40 km a sud di Maesot. Numerose le perdite tra i birmani, anche se per il momento non è stato possibile  verificarne l'esatta entità. Sei combattenti Karen sono stati catturati dai soldati governativi. La notizia è stata confermata da fonti della guerriglia nazionale.

L'offensiva birmana e i conseguenti scontri tra i guerriglieri e le truppe di Rangoon hanno  provocato la fuga di oltre 20.000 civili dalle zone dei combattimenti. E' il più massiccio esodo di profughi avvenuto lungo il confine bimano/tailandese negli ultimi 21 anni.

Reparti delle Special Black Forces, agli ordini del Colonnello Nerdah Mya, hanno preso  posizione in diversi villaggi a ridosso delle unità nemiche. Con loro gli infermieri Karen  della Comunità Solidarista Popoli, che seguono le unità sia per portare soccorso ai feriti in caso di scontri a fuoco, sia per fornire ordinaria assistenza sanitaria ai civili nei villaggi in cui si sono piazzati i volontari di Nerdah Mya.

L'Unione Nazionale Karen ha lanciato un chiaro messaggio al regime: “tenete i soldati nelle vostre caserme, rientrate a Myawaddy, lasciate in pace i nostri villaggi”.

La giunta non sembra molto disposta a negoziare, nonostante le prese di posizione a favore dell'avvio di un processo di riconciliazione nazionale da parte della dissidenza birmana e degli organismi internazionali.

Intanto, nei villaggi che nelle prossime ore potrebbero essere investiti dall'offensiva (il governo ha inviato 1.500 soldati con il compito di piegare la resistenza a Dooplaya) la vita scorre con apparente normalità.

I contadini continuano a lavorare i campi sotto la protezione dei guerriglieri del KNLA e i bambini aiutano i genitori nella raccolta e nella pulizia delle arachidi, una delle principali fonti di sostentamento di questo distretto.

“Stiamo facendo tutto il possibile per resistere - dice Nerdah Mya in una pausa tra una riunione con i suoi ufficiali e una visita ai capi villaggio. - Se riusciremo a tenere i Birmani fuori dal distretto, per la nostra gente il 2011 sarà un anno felice”.

A Dooplaya sono arrivate negli ultimi giorni numerose famiglie di combattenti della 5a Brigata del DKBA, che dal 9 novembre ha voltato le spalle al regime e si è schierata con la resistenza patriottica. I Birmani hanno bombardato e bruciato le loro abitazioni per punire il tradimento, così, mentre gli uomini sono al fronte nel tentativo di bloccare l'avanzata dell'esercito nemico, donne e bambini hanno trovato rifugio nei villaggi controllati dall'Unione Nazionale Karen. E' impressionante vedere con quale naturale cordialità la gente di qui accoglie le famiglie di quelli che fino a pochi giorni fa erano considerati nemici.

“La cosa più importante è la riunificazione di tutti i Karen sotto la bandiera di una causa comune - osserva Nerdah Mya che è stato un ostinato e infaticabile fautore del ritorno di alcuni reparti del DKBA tra le fila della guerriglia - Questo per tutti noi è un momento di festa, nonostante la grave minaccia che incombe su tutta la regione. Abbiamo  riabbracciato i nostri fratelli”.

La missione di Popoli di questi giorni (la quarta nel corso del 2010) ha lo scopo di  coordinare il lavoro degli infermieri Karen, di rifornirli di farmaci e di materiale di primo soccorso, e di acquistare e distribuire cibo e generi di conforto per i profughi che arrivano  dalle zone degli scontri.

La Comunità sta inoltre ampliando la storica clinica di Boe Way Hta, nella roccaforte  Karen tornata sotto il controllo dei patrioti, costruendo nuovi edifici che ospiteranno l'ostello delle infermiere, la cucina, l'infermeria.


Vi aggiorneremo nei prossimi giorni sulla situazione.




www.comunitapopoli.org