Solamente per chi nutra una qualche ambizione masochista e abbia voglia di farsi del male, proponiamo due perle estrapolate dal circo equestre dei media mainstream. La prima è costituita dalle esternazioni di Attilio Befera, avvoltoio a capo della più grande organizzazione a delinquere presente nostro paese, meglio conosciuta col nome di Equitalia. La seconda da una riflessione esperita da Antonio Polito , capofila fra le teste di legno ed i cervelli all’ammasso che quotidianamente maramaldeggiano insultando la lingua italiana e l’intelligenza dei lettori.
Befera, nel corso di un'audizione in commissione Finanze della Camera, durante la quale ha presentato il nuovo redditometro (fiore all’occhiello nella santabarbara del terrorismo fiscale) ha pensato bene di emulare lacrima Fornero piagnucolando come un bambino capriccioso, per le minacce e le proteste (a suo dire oltre 250) di cui Equitalia sarebbe stata oggetto nel corso dell’ultimo anno, con conseguente demotivazione e paura che inizia a serpeggiare fra i dipendenti del gruppo. Quando il proprio mestiere consiste nel gettare le famiglie sul lastrico, praticando la peggiore usura ed agendo in maniera delinquenziale (anche se con il supporto di leggi criminali varate a hoc), vivere nella paura dovrebbe essere la condizione naturale in cui ci si dibatte, sempre che si sia privi di qualsiasi etica e qualsiasi coscienza che impedirebbero un’occupazione di questo genere. Purtroppo dietro il querulo e lagnoso lamentio dell’usuraio Befera, la realtà è ben differente da come egli la dipinge. Sono i cittadini perbene ad avere sempre più paura di un mostro insaziabile come Equitalia e non Equitalia a temere le sue vittime, magari disposte a suicidarsi, ma non a sporcarsi le mani con chi fa il carnefice al servizio dell’usura. E veniamo a Polito, che sente il bisogno di profondersi in una filippica contro i genitori italiani, che a suo avviso si comporterebbero come i sindacalisti della propria prole, sempre pronti a battersi perché venga loro spianata la strada verso il nulla. Nell’enfasi con cui tenta disperatamente di dimostrare la bontà della propria tesi tanto scellerata quanto incomprensibile, il “buon” Polito mette a cottura una sorta di minestrone dove trovano spazio gli immarcescibili “bamboccioni” i novelli “sfigati” il chiacchierato art 18, l’adorazione per il modello americano, la “serietà” della laurea nel nostro paese, i cervelli in fuga e quelli che ammuffiscono (o come il suo lo sono da tempo), i manifestanti che occupano qualcosa, il paternalismo protettivo degli italiani retrogradi che hanno tutto da imparare dalla cultura USA ispirata alla competitività esasperata e alle tendopoli per miserabili non competitivi che in America fioriscono come funghi, senza che Polito neppure se ne sia accorto. Fra il pianto dell’usuraio, preoccupato dal fatto che il cane bastonato possa rivoltarsi contro la mano che brandisce il randello e la retorica del mentore di quella “grandezza” statunitense che alligna solamente nel suo immaginario, comprendo come la scelta risulti mestiere assai problematico. Con tutta probabilità sarebbe stato preferibile fermarsi al titolo, ma farsi del male qualche volta potrebbe anche essere utile, la sofferenza sublima l’animo e lo induce a cercare una qualche forma di dignità.
di Marco Cedolin, http://ilcorrosivo.blogspot.com/2012/01/miserie-umane.html
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