venerdì 10 febbraio 2012

Gli speculatori finanziari interessati alle zone controllate dai Karen.

Mentre il governo del Myanmar ottiene consensi da parte della comunità internazionale per le sue caute riforme, il suo esercito continua ad attaccare i villaggi e costringe i civili a fuggire.
Il dato che ci viene segnalato dal sito karennews.org è allarmante: nella Birmania orientale ci sono più di 440.000 sfollati. I Free Burma Rangers (FBR), un’organizzazione umanitaria che porta aiuto ai rifugiati interni della Birmania, indipendentemente dall’appartenenza etnica o religiosa, ha recentemente stilato un rapporto dove viene sottolineato che le operazioni militari birmane, contro le diverse etnie, continuano. Nello Stato Kachin, nonostante ci siano trattative in corso, seguitano i combattimenti e l’esercito del Myanmar ha portato sul posto più di cento battaglioni di fanteria. Anche nello Stato Karen i movimenti delle truppe birmane e il rifornimento degli avamposti proseguono.


Nel rapporto dei FBR si legge che le operazioni militari non si fermano neanche nello Stato Arakan, nella parte occidentale del Paese. Da quando è riesploso il conflitto fra esercito birmano e l’etnia Kachin, nel giugno del 2011, circa 60.000 persone sono state costrette a lasciare le loro abitazioni. Diverse organizzazioni umanitarie hanno espresso forti preoccupazioni per le condizioni di salute e igienico-sanitarie dei profughi. In una nota, la Comunità Solidarista Popoli, Onlus italiana attiva in queste zone di guerra dal 2001 e che ha ufficialmente ricevuto l’incarico dall’Unione Nazionale Karen (KNU) per rappresentarla diplomaticamente presso le istituzioni italiane ed europee, si legge: “l’Esercito di Liberazione Karen sta impegnando i reparti birmani con azioni di guerriglia volte a limitare i movimenti delle truppe di Rangoon”.
I distretti più “caldi” sono quelli di Mutraw e di Dooplaya, dove Popoli ha costruito e finanzia cliniche e scuole. “Pur auspicando naturalmente il raggiungimento di un accordo di pace - si legge nella nota della Onlus - riteniamo che soltanto la resistenza armata possa dare al Popolo Karen maggiori opportunità di ottenere la liberazione della Terra dei Padri. In questo momento di annunciati negoziati, di sbandierati (dal regime) “cessate il fuoco”, i Karen devono continuare a colpire il nemico, quando questo cerca di approfittare della situazione per rafforzare subdolamente le sue posizioni. Ancora una volta – conclude la Comunità Solidarista - i Karen non ci deludono: nonostante le offerte di denaro e le promesse di investimenti economici ricevute dal regime e dai suoi amici miliardari, questo Popolo dimostra di avere ben chiaro lo scopo della lunga lotta iniziata nel 1949. Che non è l’asservimento al modello mondialista, ma semplicemente la difesa della propria cultura, della propria tradizione e della propria terra dall’assalto dei nemici dell’armonia”.
Proprio dopo gli annunci delle (presunte) riforme democratiche del Myanmar fatti dai massimi esponenti della politica estera statunitense, George Soros nei giorni scorsi si è recato a Mae Sot, una cittadina thailandese al confine con la Birmania dove si è informato sulle attività delle organizzazioni umanitarie che aiutano i Karen dentro e fuori il territorio birmano. La notizia di un possibile cessate il fuoco tra la resistenza Karen e il governo del Myanmar ha subito allettato gli speculatori finanziari interessati, molto probabilmente, alle zone di confine controllate dai Karen.


di Fabio Polese, www.rinascita.eu

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