mercoledì 1 febbraio 2012

Chávez, più vivo che mai, un ribelle a tutela del popolo venezuelano.


Lo vorrebbero vedere morto, si sa. Da Washington ai suoi alleati occidentali, sono in tanti quelli che sperano che il tumore del presidente Hugo Chávez ponga fine alla sua rivoluzione socialista e bolivariana. Ma il presidente li mette tutti a tacere: “Mi sento più vivo che mai” ha affermato pochi giorni fa a proposito del suo stato di salute in risposta alle indiscrezioni diffuse dal quotidiano spagnolo Abc secondo cui gli resterebbe poco tempo da vivere.
Hugo Chávez, che il prossimo 2 febbraio festeggerà il suo 13esimo anno al potere, non solo punta alla rielezione alle prossime presidenziali di ottobre ma lavorerà per rimanere alla guida del Venezuela fino al 2031. “Questo dipenderà dalla volontà del popolo del Venezuela”, ha affermato il mandatario respingendo le solite accuse di avere instaurato un regime totalitario. Anzi, il mandatario ha voluto sottolineare che mai nei suoi 200 anni di storia il Venezuela ha goduto di un processo democratico come quello che assicura il suo governo, ispirato ai principi socialisti: “Mi chiamano tiranno, golpista, ma sono loro - ha detto riferendosi all’opposizione - i golpisti, io sono un ribelle”. L’opposizione venezuelana è sempre la stessa - per stile e ideologia – del 2002, quella che tentò un colpo di Stato per destituire Chávez. Oggi si prepara a scegliere il suo candidato con delle elezioni primarie, che si terranno il 12 febbraio. Tra i sei candidati in lizza il governatore dello stato di Miranda, Henrique Capriles e la deputata Corina Machado. Personaggi che possono godere del supporto dei media privati e di grandi quantità di denaro, senza le cui campagne diffamatorie il governo di Caracas – ha sostenuto il presidente venezuelano - godrebbe di un appoggio popolare del 90 per cento. “Dopo 13 anni, il nostro appoggio è al 64 per cento, secondo i sondaggi realizzati da istituzioni non governative. Se avessimo una strategia di comunicazione tutti i giorni, se non fosse per la campagna avversaria, della quale non mi lamento, credo che l’appoggio al governo starebbe intorno al 90 per cento”, ha infatti affermato Chávez. Il presidente, intanto, continua il suo lavoro a tutela del popolo venezuelano. Nei giorni scorsi si è rivolto ai padroni delle principali banche private del Paese - Banesco, Provincial e Mercantil – che non hanno rispettato la legge nazionale concedendo prestiti solo ai grandi coltivatori e trascurando i soggetti piccoli e medi, avvertendoli che “se non possono (gestire il portafoglio di finanziamenti all’agricoltura) ditemi quanto costa la vostra banca e la nazionalizziamo”. Chávez ha dato quindi ordine al nuovo ministro competente, il vicepresidente Elias Jaua, di convocare i rappresentanti di tre istituti per informarli della costituzione di un fondo governativo, il “fondo Ezequiel Zamora di finanziamento dei progetti agricoli”, nel quale le banche private dovranno trasferire il danaro mai concesso ai piccoli agricoltori e che secondo legge dovrebbero essere riservati alla categoria. “Noi lo distribuiremo come Mision agrovenezuela”, ha affermato il mandatario durante la trasmissione domenicale “Alò presidente”, precisando che ai piccoli e medi coltivatori sono stati sottratti poco più di otto miliardi di dollari ai quali avevano diritto. Lunedì, invece, è rientrato a Caracas l’ultimo carico di riserve auree venezuelane: 14 tonnellate, per un valore totale di 70 milioni di dollari, sono state portate nei caveau della Banca centrale dopo essere arrivate nel Paese provenienti da Svizzera e Gran Bretagna. Il 59 per cento delle riserve auree venezuelane furono inviate all’estero tra il 1986 e il 1992 come garanzia per ottenere prestiti da organismi internazionali come la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale. Il provvedimento fa seguito alla legge, voluta da Hugo Chávez nello scorso agosto, che nazionalizza l’estrazione e l’export dell’oro del Paese. Il Venezuela aveva 211,35 tonnellate d’oro depositate nei forzieri delle banche europee, per un valore totale di 11 miliardi di dollari. Oltre l’80% di questo stock era conservato principalmente nei sotterranei della Banca d’Inghilterra. “È stato un atto di prudenza finanziaria e di sovranità per conservare l’oro qui in Venezuela”, al riparo dalla crisi finanziaria che sta investendo Europa e Stati Uniti, ha commentato lunedì il presidente del parlamento venezuelano Diosdado Cabello. 


di Alessia Lai, www.rinascita.eu

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