La sezione penale di Cassazione “ha confermato che l’uccisione di mio fratello è stato un atto volontario, seppure con la responsabilità del dolo eventuale e questo verdetto rispecchia il diritto e la realtà dei fatti”. Così Cristiano Sandri, fratello di Gabriele, ha commentato la sentenza e ha aggiunto: “non è il discorso dell’anno in più o in meno di carcere, l’importante è che il principio di diritto sull’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge sia stato rispettato”.
Il sostituto procuratore generale Francesco Iacoviello aveva chiesto la conferma della condanna dell’appello, pari a nove anni e quattro mesi di reclusione. Per Iacoviello si trattò di omicidio volontario e non colposo come invece avevano ritenuto i giudici di primo grado. Con la volontarietà dell’atto, finalmente, Gabriele Sandri ha avuto giustizia. Una giustizia che il “popolo di Gabbo” chiedeva a gran voce nonostante i muri di gomma e gli inventori di menzogne che si erano creati intorno alla vicenda.
Il padre di Gabriele, Giorgio Sandri, con la compostezza che lo ha sempre contraddistinto ha commentato: “ho sempre avuto fiducia nella giustizia e voglio dire grazie a tutta la gente che c’è stata vicino fino a questo momento. Ho avuto un solo momento di scoraggiamento quando è stata emessa la sentenza di primo grado che era raccapricciante. Ma ora le cose sono andate come dovevano andare – e ha proseguito - questo verdetto ha dimostrato che la legge è uguale per tutti. Personalmente non ho alcun desiderio di vendetta ma la verità ha avuto difficoltà ad emergere. In questi anni il sostegno dei cittadini e del “popolo di Gabriele” mi ha aiutato ad andare avanti. Da domani desidero continuare a dedicarmi alla famiglia e alla Fondazione Sandri”.
Riccardo Noury, portavoce della Sezione Italiana di Amnesty International ha affermato: “la sentenza odierna della Corte di cassazione sull'omicidio di Gabriele Sandri è la conferma definitiva sul piano giudiziario di un grave episodio che chiama in causa le responsabilità delle forze di polizia italiane circa l’uso delle armi da fuoco e della forza. Questa sentenza, come altre precedenti, deve interrogare le autorità italiane in merito alla formazione e al comportamento degli agenti di polizia e alla loro responsabilità circa la protezione delle persone – e ha aggiunto - le autorità italiane devono dare attuazione alle raccomandazioni degli organismi internazionali per prevenire ulteriori tragici casi del genere”.
Con la sentenza di oggi, è stata fatta giustizia. Una giustizia che molti italiani aspettavano da tempo. Per Gabbo e per tutte le vittime degli abusi di potere.
di Fabio Polese,
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