domenica 10 giugno 2007

Progettoh2o: L’acqua in bottiglia!!

L’imbottigliamento dell’acqua rappresenta la forma più evidente di privatizzazione del bene demaniale pubblico per eccellenza. Imbottigliare l’acqua e rivenderla 1000 volte il suo prezzo è semplicemente un’operazione speculativa, in cui la rendita è sicura. Le aziende di imbottigliamento (il mercato è controllato dalle multinazionali come Nestlè, Danone e Coca-Cola) pagano la materia prima un’inezia (in alcune regioni versano solo un canone relazionato alla superficie della sorgente e non in base alla quantità di acqua imbottigliata!) e spendono molto di più per le bottiglie di PET, per il trasporto e perla pubblicità. Una volta la gente andava a piedi al pozzo a prendere l’acqua ed era gratis. Oggi si va in auto al supermercato e la si paga 1000 volte più cara di quella che esce dal rubinetto. Altroconsumo ha stimato che gli italiani ne bevono 172 litri a testa, all’anno. Le 250 aziende produttrici hanno un fatturato di 2 miliardi di Euro.”L’acqua del rubinetto è più garantita e controllata, oltre che sicura e salubre. Prezzi alti e canoni bassi. L’acqua minerale è certamente molto più cara dell’acqua potabile: dalle 300 alle 600 e persino 1000 volte più cara. Secondo i dati derivati da un’inchiesta della Federconsumatori il costo medio in Italia di 200 metri cubi di acqua potabile, corrispondente al consumo medio di una famiglia, era pari nel 2000 a 361.269 lire annue, cioè 1.806 al metro cubo (0,93 euro). Un litro di Perrier costa più di 1000 litri di acqua del rubinetto (quella di Forlì, la più cara d’Italia) e quasi 3.0000 volte di più dell’acqua potabile di Milano. Il consumo annuo di acqua minerale Perrier (1,48 euro a bottiglia)da parte di una famiglia media può certamente costare attualmente più di 1000 euro, cioè più di due milioni di vecchie lire.Nei bar di Roma un semplice bicchiere di acqua minerale costa mediamente cinquanta centesimi di euro (mille lire). Secondo Petrella, il successo di mercato dell’acqua minerale è uno scandalo. “Ci troviamo di fronte ad un fenomeno di sfruttamento a fine di lucro di un bene demaniale pubblico che, secondo quanto ha riconfermato la legge sull’acqua del 1994 (la legge Galli) fa parte del patrimonio inalienabile delle regioni. Lo sfruttamento avviene con il beneplacito formale ed esplicito delle autorità pubbliche. Le Regioni hanno ceduto il diritto di gestione delle acque minerali a delle tariffe radicalmente basse: Su 2000 miliardi di lire che rappresenta il business delle acque minerali in Lombardia, la Regione ha visto arrivare nelle sue casse meno di 300 milioni di lire, una miseria rispetto agli incassi delle imprese private. Occorre peraltro sottolineare che le Regioni si devono anche sobbarcare il costo dello smaltimento dei contenitori di plastica (in pet). Più dell’80% delle acque minerali usa infatti bottiglie in plastica. E così le Regioni vanno a spendere più di quanto incassano dai canoni. Soltanto per favorire alcune multinazionali che addossano al potere pubblico il costo del loro inquinamento. Le cifre della pubblicità. Per allargare sempre di più il proprio business, i signori dell’acqua spendono annualmente cifre astronomiche in pubblicità. I produttori di minerale fanno parlare di sé a ogni spot televisivo, invadono le pagine dei giornali, come sottolinea il coraggioso giornalista di “Famiglia Cristiana” Giuseppe Altamore(autore di vari libri sull’argomento tra i quali “I predoni dell’acqua”San Paolo editrice, e “Qualcuno vuol darcela a bere”Fratelli Frilli Ed itori)” rimpinguano gli esausti bilanci delle case editrici che accettano ben volentieri milioni di euro di pubblicità in cambio di un tacito silenzio nel migliore dei casi. E’ difficile infatti trovare sulla stampa articoli non elogiativi sulle miracolose proprietà delle bollicine……Un fiume di milioni di euro sommerge i mass media e spegne, molto spesso, qualsiasi approccio critico all’informazione in questo delicato settore”. Spesso i produttori, nella loro ansia di convincere i consumatori, incappano nelle ire del garante, che pone un freno agli spot giudicandoli pubblicità ingannevole. Ma che importa! Le sanzioni sono talmente lievi che quasi nessuno se ne accorge.



L’entità degli investimenti pubblicitari effettuati da tutta l’industria delle acque minerali ammontava a 296.409.000 di euro per l’anno 2002(fonte Nielsen), a circa 317.157.000 euro per l’anno 2003 ( elab. Ares) ed a circa 342.530.240 euro per l’anno 2004 (elab. Ares),pari a circa 600 miliardi di lire.



Gli investimenti pubblicitari vengono effettuati per il 62% nella televisione, per il 14% sui quotidiani, per l’11% sulle radio, per il 10% sui periodici e per il 3% nelle affissioni



Il mistero dell’acqua da tavola.



Sugli scaffali dei super mercati non trovate soltanto acque minerali, trovate per esempio la cosiddetta acqua di sorgente. Questo prodotto è disciplinato dal D.L. 4 agosto 1999 n. 339 ed è una via di mezzo tra l’acqua potabile e la minerale. Deve avere un’origine rigorosamente sotterranea, non può essere disinfettata ma può essere trattata (con l’ozono?) per rimuovere l’arsenico, il ferro e il manganese.



E , dulcis in fundo, trovate, guarda caso l’acqua potabile imbottigliata. All’apparenza può sembrare acqua minerale, invece è acqua ad uso umano (cioè di rubinetto)” microfiltrata” e ricostituita con l’aggiunta di sali minerali. Insomma si tratta di acqua comune sotto mentite spoglie.



Nel mondo l’azienda leader di quest’acqua è la Coca Cola che vende l’acqua comune in bottiglia nei paesi del terzo mondo privati dell=9 2acqua come bene comune. L’acqua Dasani(Coca-Cola),



imbottigliata e venduta in Gran Bretagna, è stata peraltro ritirata dal mercato perché conteneva una elevata percentuale di bromato, una sostanza che, come si è già detto, può svilupparsi per reazione nelle acque trattate con ozono.



In Italia 25 produttori di filtri per il trattamento dell’acqua potabile sono nel “mirino” di una indagine dei NAS(Nucleo Antisofisticazione dei carabinieri). L’inchiesta ha preso l’avvio da un esposto di “Mineracqua”, in cui si faceva riferimento alla somministrazione da parte di alcuni ristoranti di Roma, delle cosiddette acque in caraffa “spacciate” per acqua minerale. Diversi ristoranti sono stati indagati e condannati per aver somministrato acqua che aveva perduto i requisiti di potabilità.



Il fenomeno dell’acqua potabile imbottigliata meriterebbe un discorso a parte; nel nostro paese imbottigliare l’acqua del rubinetto è perfettamente legittimo, basta sapersi organizzare.



Per ora questa vera e propria truffa legalizzata è limitata, si ritiene infatti che non raggiunga il 4% della produzione totale di acqua minerale. Vale a dire un fatturato prevedibile in circa 200 milioni di euro.



Ma il fenomeno potrebbe crescere data la tendenza generalizzata a privatizzare gli acquedotti pubblici. Contro la gestione privata dell’acqua è stata proposta in Toscana una legge regionale di iniziativa popolare (promotori Social Forum Europeo, Arci e Beati costruttori di pace) che tende appunto a sottrarre le reti idriche toscane alla gestione di privati.

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