“Gli Stati Uniti hanno ricevuto da parte dell’attuale governo italiano l’avallo scritto che autorizza il progetto per la base militare Dal Molin: ora inizia la parte attuativa del progetto”. Questo il preoccupante annuncio fatto ieri da Donald Spoglio, rappresentante diplomatico a stelle e strisce nella colonia Italia. Alla luce di ciò, quindi, appare sempre più lampante che il suolo vicentino è ufficialmente stato consegnato ai militari statunitensi che, giunti in Italia oltre sessanta anni fa, ancora non riescono a ritrovare la strada di casa. Nella nota diffusa dall’ambasciatore, il rappresentante della democrazia statunitense ha voluto ribadire, probabilmente a scanso di equivoci, che l’approvazione del governo al progetto è stata ribadita sia lo scorso gennaio sia lo scorso mese da Prodi, e che proprio sabato George W. Bush ha ricevuto la definitiva conferma dell’assenso italiano al progetto. Presto quindi a Vicenza inizieranno i lavori per edificare 21 depositi per materiali nucleari, biologici e chimici a poco più di un chilometro dal centro della città. Parallelamente intanto, anziché tutelare Vicenza, il Professore annunciava di aver nominato l’ex ministro dei Lavori pubblici Paolo Costa rappresentante di Palazzo Chigi sulla Dal Molin. La sinistra radicale però continuava, incoerentemente dal momento che insiste nel sostenere l’esecutivo filo atlantico, ad alzare la voce contro l’evolversi della vicenda. Il gruppo di Rifondazione al Senato è infatti tornato a definire inaccettabile il fatto che il governo comunichi all’ambasciatore statunitense il via libera alla costruzione della seconda basa a Vicenza “senza però comunicarlo al Parlamento”; sempre i compagni criticano poi il fatto che la base di Vicenza sia stata tra gli argomenti trattati durante la visita di Bush a Roma, senza che però Prodi ne abbia dato notizia, sintomo questo, appare di capire, della scarsa considerazione del Primo ministro nei confronti dei suoi alleati. Per non lasciarsi scavalcare dai cugini di Rifondazione anche il Pdci torna a fare facile populismo su Vicenza. Dopo mesi che il destino della città veneta appare irrimediabilmente segnato infatti Severino Galante (nella foto), deputato degli italici comunisti, chiosa: “È necessario discutere di tutte le basi militari straniere in Italia, convocando quanto prima una conferenza sulle servitù militari, di rilievo nazionale ed europeo, che si potrebbe anche tenere a Vicenza”. A dare forza alla convinzione del compagno il fatto che tale conferenza “è prevista nel programma dell’Unione”, programma però fin’ora del tutto disatteso dai compagni. Bisogna comunque riconoscere che una volta tanto centrodestra e centrosinistra sono riusciti a trovare una grande sintonia bipartisan. A promettere il suolo vicentino ai libertiferi soldati a stelle e strisce era infatti stato Silvio Berlusconi durante la scorsa legislatura, ma a dare il definitivo consenso, come si è visto, è stato l’attuale pacifinto esecutivo che con la mano sinistra sventola la bandiera della pace e con la destra saluta l’uomo che ha unilateralmente deciso le invasioni di Afghanistan e Iraq per scopi tutt’altro che umanitari. La cittadinanza, non solo quella vicentina, si è opposta in tutti i modi a questa nuova base ma la politica non ne ha tenuto minimamente conto; d’altronde non è un mistero che in Italia sia più importante ciò che vuole Washington rispetto ai desideri degli italiani.
Da: www.rinascita.net
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