Ecco cosa esce fuori 6 anni dopo i fatti di Genova. Alla scuola Diaz gli abusi di potere e la repressione contro i contestatori del g8 non furono “del tutto regolari”. Si parla di manganellate in testa agli inermi e di atti inequivocabilmente offensivi, dopo aver letteralmente aperto una testa. Risponde, ovviamente il questore, pronto come sempre a smentire. E a soffocare sotto la sabbia quello che molti sapevano e nessuno diceva. Quello che spesso, in altre sedi, è già successo e che chi prova a portare alla luce viene tacciato di antidemocraticità.
La voce del questore Vincenzo Canterini arriva da Bucarest. Il Viminale ce lo ha spedito due anni fa a occuparsi di traffico di organi ed esseri umani presso una struttura Interpol, mettendo il mare tra lui e il Reparto celere di Roma, tra lui e la scuola “Diaz” di Genova, dove, la notte del 21 luglio del 2001, agli uomini che allora comandava venne ordinato di fare irruzione.
Sessantatrè feriti. Una “macelleria messicana”, per usare le parole del vicequestore Michelangelo Fournier, che di Canterini era il vice. “Io un macellaio non lo sono mai stato”, dice lui. Insiste: “Capito? Chi parla non è mai stato un macellaio. E’ un signore che è in polizia da 41 anni, fa sindacato con il “Consap” e vive in Romania, dove l’Amministrazione gli ha chiesto di andare. Detto questo, sapete quando Fournier ha parlato di “macelleria messicana”? Dieci giorni dopo quella notte. E sapete con chi? Con il Procuratore di Genova dove si era presentato spontaneamente per riferire quel che aveva visto. E sapete chi lo aveva accompagnato dal procuratore? Vincenzo Canterini. Dunque, sono un macellaio io?”.
Dunque, la macelleria c’è stata
“Il termine è folcloristico. Ma non c’è dubbio che è stata una notte cruenta”.
Il sangue lo ha visto anche lei?
“Certo che l’ho visto. Ne ho visto tanto e dappertutto”.
Ha visto poliziotti picchiare donne e uomini inermi?
“No”.
E Fournier, allora? Ha ammesso di aver visto e interrotto il pestaggio di una ragazza a terra. Si è scusato per aver taciuto sei anni questa circostanza. Lui ha visto e lei no?
“Premesso che Fournier è come un figliolo per me, io e lui diciamo in fondo la stessa cosa”.
“In fondo”, lei ha appena detto di non aver visto nessun pestaggio.
“Come ho ripetuto per tredici ore al processo di Genova, come spiegai nell’immediatezza dei fatti alla Commissione di inchiesta e appunto al procuratore di Genova dove andai insieme a Fournier, quando entrai nella “Diaz” era tutto finito. Cominciai a salire le scale della scuola e mi fermai al primo piano, proprio quando sentii le urla di Fournier”.
Cosa vide?
“Fournier era vicino a una ragazza ridotta malissimo. E mi diedi da fare per far soccorrere lei come gli altri feriti che erano nella scuola”.
Qualcuno la testa l’aveva rotta a quella ragazza.
“Non gli uomini del mio reparto. Non a caso, Fournier dice di essersi dovuto togliere il casco e di aver gridato “Basta!” a chi la stava picchiando. Se fossero stati i nostri ragazzi, Fournier non avrebbe avuto necessità di togliersi il casco, perché il nostro intero reparto era connesso da interfono. Avrebbe usato quello”.
Dunque, lei arriva a cose fatte e né quella notte, né successivamente, riesce a venire a capo di chi si è comportato da macellaio. È così?
“Quella notte, dentro la Diaz, c’era una macedonia di polizia”.
Una “macedonia”?
“Come si vede dai filmati, nella scuola entrarono almeno in 300. I miei uomini erano solo 70. Poi c’erano colleghi di altri reparti celeri, identici a noi per abbigliamento se si eccettua il cinturone bianco. C’erano agenti con l’Atlantica (camicia a maniche corte ndr.), agenti delle squadre mobili con pettorina e casco, poliziotti dell’Anticrimine. Di tutto, insomma”.
Insisto. La notte della “Diaz” le ha cambiato la vita. Da due anni vive a Bucarest, e in tutto questo non è riuscito a venire a capo di chi si abbandonò alle violenze.
“Che vuole che le dica? È così. Che devo fare? Appena rientrai a Roma, chiesi tutte le relazioni di servizio di chi era stato nella scuola quella notte. Ma non seppi allora e non so oggi chi si è reso responsabile delle violenze”.
Nella “Diaz” i suoi uomini rimasero a braccia conserte?
“Ma no. Non dico questo. È ovvio che qualche manganellata l’avranno data. Ma so per certo che nessuno dei miei uomini ha mai picchiato una donna o un uomo a terra. Né ha mai ricevuto ordini di questo genere. E non lo dico solo io”.
Chi altro lo dice?
“Evidentemente non lo sa nessuno, ma soltanto su 2 dei 78 tonfa (i manganelli ndr.) in uso al mio reparto quella notte, le perizie del Ris dei carabinieri hanno trovato tracce di sangue. E quei due tonfa erano in dotazione a due agenti rimasti feriti, Ivo e Parisi. Dunque, è molto probabile che il sangue sia il loro. Dico di più. A Genova, Vincenzo Canterini è imputato di un solo presunto reato. Non violenze, non pestaggi. Ma di aver stilato una relazioncina di servizio al questore di 15 righe sui fatti di quella notte che non sarebbe stata veritiera”.
Tacere la verità non è un vanto per un funzionario di polizia.
“Io non ho taciuto un bel niente. Io riferii al Questore quello che avevo visto. Avevo visto la pettorina e il giubbotto di uno dei miei squarciato da una coltellata e la perizia del tribunale, al contrario di quel che affermò inizialmente il Ris dei carabinieri, ha stabilito che quella coltellata fu inferta. Ho visto venire giù di tutto dai piani alti della scuola e infatti tredici dei miei sono finiti in ospedale. Quali bugie ho detto?”.
A distanza di sei anni ci sarà qualcosa che si rimprovera di quella notte. O no?
“Mi rimprovero di non essere riuscito a imporre una soluzione diversa da quella che poi fu adottata. Ma è anche vero che non ne ebbi modo”.
Quale soluzione diversa?
“Suggerii a chi comandava in quel momento di tirare all’interno della scuola qualcuno dei potenti lacrimogeni di cui avevamo dotazione. E di aspettare che chi era dentro uscisse. Ma non ci fu verso”.
A chi lo suggerì?
“All’allora vicecapo della polizia e capo dell’Antiterrorismo Arnaldo La Barbera”.
Arnaldo La Barbera è morto. Non può né confermare, né smentire.
“E infatti faccio a fatica e mi dispiace doverne parlare. Ma queste cose le ho dette già sei anni fa, quando il povero Arnaldo, un amico, era ancora vivo. Io non so con chi si consultò a sua volta La Barbera. So cosa venne deciso e so che quando l’irruzione cominciò io rimasi fuori dalla scuola e il mio reparto passò sotto il comando di due funzionari della Digos di Genova”.
ROMA - Il capo della Polizia, Gianni De Gennaro, è stato iscritto nel registro degli indagati dalla Procura di Genova nell'ambito dell'inchiesta sul G8. A quanto si é appreso da fonti ufficiose ma autorevoli, l'iscrizione, alcuni giorni fa, sarebbe stata fatta per l'ipotesi di reato di istigazione alla falsa testimonianza. Non si e' appresa la data esatta dell'iscrizione nel registro degli indagati del prefetto De Gennaro, che sarebbe pero' di poco precedente o immediatamente successiva alla deposizione del numero due del reparto mobile di Roma, Fournier, sulla ''macelleria messicana'' alla scuola Diaz. La decisione della magistratura genovese, comunicata con avviso di garanzia al capo della Polizia, sarebbe stata motivo dell' accelerazione della volonta' politica di procedere a quell'avvicendamento alla guida del Dipartimento di pubblica sicurezza che era stato ipotizzato da tempo.
RispondiEliminaG8: CAPO POLIZIA INDAGATO, GLI SVILUPPI DEL PROCESSO DIAZ
GENOVA - La svolta nel processo per la sanguinosa irruzione nella scuola Diaz, durante il G8, che procedeva sonnacchioso e senza colpi di scena, si e' avuta il 13 giugno con le dichiarazioni del vicequestore romano, Michelangelo Fournier, uno dei 29 poliziotti imputati. Fournier, all'epoca del G8, era il vice di Vincenzo Canterini, comandante del Settimo Nucleo antisommossa del primo Reparto mobile di Roma, a sua volta imputato di lesioni a carico dei manifestanti insieme a otto capi squadra dello stesso reparto. ''Fu un intervento alla cieca - racconto' Fournier - e quello che vidi sembrava una macelleria messicana''. E per la prima volta, dopo sei anni, Fournier confesso' davanti ai giudici del tribunale di aver visto ''agenti di polizia, non pero' del mio reparto, che picchiavano manifestanti inermi''. Le dichiarazioni di Fournier contro i ''picchiatori della polizia'', e prima ancora di Francesco Colucci, all'epoca questore di Genova il quale disse come teste di essersi sentito un ''convitato di pietra'' dopo l'arrivo a Genova del prefetto Arnaldo La Barbera, inviato dal capo della polizia De Gennaro, avrebbero determinato nella pubblica accusa la decisione di scrivere nel registro degli indagati anche il capo della polizia per istigazione alla falsa testimonianza. Dalla sinistra piu' radicale, dopo queste dichiarazioni, vennero nuovamente avanzate le richieste di dimissioni per De Gennaro e la costituzione di una commissione d'inchiesta. Intanto in procura si discuteva se iscrivere o meno De Gennaro nel registro degli indagati.
G8: CAPO POLIZIA INDAGATO, LE DICHIARAZIONI DI COLUCCI TESTE
GENOVA - L'ex questore di Genova, Francesco Colucci, dopo le dichiarazioni rese come teste il 3 maggio scorso nel corso del processo per la sanguinosa irruzione della polizia nella scuola Diaz, venne indagato dalla Procura per falsa testimonianza. La novita' che Colucci racconto' in tribunale fu che a coordinare l'irruzione dei poliziotti nella scuola, era stato Lorenzo Murgolo, all'epoca del G8 vicequestore vicario di Bologna. Murgolo, secondo Colucci, venne indicato dallo stesso Ansoino Andreassi, vicecapo della polizia, quale coordinatore e responsabile dell'ordine pubblico, con funzioni anche di polizia giudiziaria. Andreassi era il dirigente di polizia con il grado piu' alto in quei giorni a Genova, con il prefetto Arnaldo La Barbera. Alla luce di questa rivelazione, venuta a distanza di sei anni dai fatti, i difensori commentarono che il processo era acefalo, in quanto a rispondere di quei fatti erano funzionari dirigenti che non avevano la responsabilita' dell'irruzione.
da: www.ansa.it