venerdì 27 febbraio 2009

Da una lettera di risposta (a domande molto frequenti).

“Gentile Signore,





il disinteresse del dottor Freda per i giornalisti e i curiosi non è il frutto di cattive esperienze del passato – anche se le sopraccitate categorie presentano a volte tipi umani ributtanti -, ma della sua intenzione di concentrarsi intorno alla propria attività culturale e politica (in senso maiuscolo: platonico!), senza dissiparsi in pettegolezzi e fole. Il “fatale quinquennio 1969-1974”, infatti, non è per lui più che un surplus di romanzesco nella sua avventura miliziana (o monacale – come preferisce), che cominciò almeno nel ’63, e prosegue ora, più nitida e più intonata di prima, più puntuale e più sintetica, e, insieme, più profonda. Il significato dell’equazione individuale del dottor Freda? Aver ‘testimoniato’ (tradotto, tramandato) con incomune tenacia e audace intelligenza il senso aristocratico del mondo. La prego: non sorrida – come si è tentati di fare – di fronte a questo aggettivo, pensando magari all’esse blesa del principino savoiardo o alle altre caricature della risma nobiliare. Con il termine aristocratico intendo designare quel modo nietzscheano di affrontare l’esistenza senza i condizionamenti e i pretesti della morale, quindi con la libera (essa sì: fatale) certezza delle differenze tra gli individui e del necessario primato dei ben riusciti, dei valorosi, dei leali, dei frutti più sapienti (nell’accezione letterale del termine…) del genio della specie.





Tutte le conseguenze che possono trarsi da questa premessa le lascio indovinare a Lei. Alcune conoscono la deduzione in vocaboli, altre in opere, altre in quasi impervie “idee senza parole”. Tali “idee senza parole” si comunicano, condensate in simboli o in azioni esemplari, di secolo in secolo, sul piano della storia; e di affine in affine, nel dominio metastorico del cuore umano. Similia cum similibus: nel mistero della conoscenza.





Ho tentato così di compendiare, assai approssimativamente, ciò che ha indotto il dottor Freda a stampare centinaia di testi che vi insistessero intorno – e non ha esaurito la sua ricerca. Sempre una nuova parola resterà da osare, o una nuova azione, per parafrasare l’idea dell’eccellenza, del privilegio, della differenza. E’ la nostra libertà: la libertà degli assolutisti (degli estremisti). […]”





Tratto da: www.cultrura.net - Rubrica delle Edizioni Ar

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