Le trattative che dovrebbero portare a un cessate il fuoco duraturo tra Hamas e Tel Aviv sono tutt’altro che vicine alla conclusione. E l’incertezza dovuta alla mancata elezione di un governo di maggioranza in Israele non fa che complicare la situazione. Come se questo non bastasse, ieri le autorità israeliane hanno annunciato l’acquisizione di 17 ettari di terreno in prossimità di Gerusalemme, nell’area a nord dell’insediamento di Efrat. Una zona dichiarata patrimonio pubblico dall’amministrazione civile locale, composta da coloni israeliani, nonostante i numerosi ricorsi presentati da cittadini e istituzioni palestinesi. Un’acquisizione che rappresenta il primo passo verso la creazione di un nuovo insediamento sionista. Sebbene le nuove norme lo rendano più laborioso e complicato, infatti, sarebbe comunque possibile procedere alla lottizzazione dell’area, una volta ottenute tre autorizzazioni: quella del primo ministro, quella del dicastero della Difesa e quella del dipartimento dell’Edilizia. È necessario ricordare, inoltre, che Efrat rappresenta già oggi, con 9000 abitanti circa, l’insediamento di coloni ebrei più grande nell’area di Gush Etzion.
Un’azione sfrontata, quella delle autorità israeliane, che ha “costretto” a intervenire persino il presidente dell’Autorità nazionale palestinese, Mahmoud Abbas, che era invece rimasto in silenzio durante l’offensiva militare nella Striscia di Gaza. Il blocco della colonizzazione rappresenta, infatti, non solo un punto fermo per la stabilità del territorio, ma anche una clausola imprescindibile per il proseguimento dei negoziati tra Tel Aviv e tutte le forze politiche della Palestina. “Tornare al punto di partenza è fuori questione - ha detto Abbas ai giornalisti al termine dell’incontro con il ministro russo, Sergei Lavrov, avvenuto ieri a Ramallah - tutti i dialoghi futuri tra noi e Israele dovranno essere preceduti dal totale blocco della colonizzazione, dalla revoca completa dei posti di blocco e dal ritiro delle truppe israeliane alle posizioni che occupavano prima del 28 settembre 2000. Se le attività connesse alle colonizzazioni non verranno fermate, tutti i negoziati saranno futili e senza senso”.
Intanto proseguono le trattative per il rilascio del caporale israeliano Shalit. Una delegazione del movimento islamico che detiene il potere nella Striscia ha fatto sapere al mediatore e capo dei servizi segreti egiziani, Omar Suleiman, di voler trattare la liberazione del militare solo in cambio altri prigionieri palestinesi. Ipotesi che Israele sarebbe pronto a valutare solo nel caso in cui i leader politici liberati andassero in esilio in Siria o in Libano. Secondo quanto riportato dalla tv satellitare al Jazeera, infine, l’entità sionista avrebbe chiesto all’Egitto un ritardo di qualche giorno per fornire una risposta definitiva sulla proposta di tregua. Risposta che si avrà solo dopo le consultazioni per la formazione del nuovo governo che, secondo quanto annunciato dal presidente israeliano Shimon Peres, avranno inizio mercoledì prossimo dopo la pubblicazione dei risultati ufficiali delle elezioni dello scorso 10 febbraio.
Articolo di Matteo Bernabei, tratto da www.rinascita.info
Un’azione sfrontata, quella delle autorità israeliane, che ha “costretto” a intervenire persino il presidente dell’Autorità nazionale palestinese, Mahmoud Abbas, che era invece rimasto in silenzio durante l’offensiva militare nella Striscia di Gaza. Il blocco della colonizzazione rappresenta, infatti, non solo un punto fermo per la stabilità del territorio, ma anche una clausola imprescindibile per il proseguimento dei negoziati tra Tel Aviv e tutte le forze politiche della Palestina. “Tornare al punto di partenza è fuori questione - ha detto Abbas ai giornalisti al termine dell’incontro con il ministro russo, Sergei Lavrov, avvenuto ieri a Ramallah - tutti i dialoghi futuri tra noi e Israele dovranno essere preceduti dal totale blocco della colonizzazione, dalla revoca completa dei posti di blocco e dal ritiro delle truppe israeliane alle posizioni che occupavano prima del 28 settembre 2000. Se le attività connesse alle colonizzazioni non verranno fermate, tutti i negoziati saranno futili e senza senso”.
Intanto proseguono le trattative per il rilascio del caporale israeliano Shalit. Una delegazione del movimento islamico che detiene il potere nella Striscia ha fatto sapere al mediatore e capo dei servizi segreti egiziani, Omar Suleiman, di voler trattare la liberazione del militare solo in cambio altri prigionieri palestinesi. Ipotesi che Israele sarebbe pronto a valutare solo nel caso in cui i leader politici liberati andassero in esilio in Siria o in Libano. Secondo quanto riportato dalla tv satellitare al Jazeera, infine, l’entità sionista avrebbe chiesto all’Egitto un ritardo di qualche giorno per fornire una risposta definitiva sulla proposta di tregua. Risposta che si avrà solo dopo le consultazioni per la formazione del nuovo governo che, secondo quanto annunciato dal presidente israeliano Shimon Peres, avranno inizio mercoledì prossimo dopo la pubblicazione dei risultati ufficiali delle elezioni dello scorso 10 febbraio.
Articolo di Matteo Bernabei, tratto da www.rinascita.info
Nessun commento:
Posta un commento