venerdì 20 febbraio 2009

100 anni di Futurismo.

È certo: Marinetti non sopporterebbe un nuovo Futurismo.





Le celebrazioni appena iniziate sanno un po’ di “riparazione”, danno l’idea di una compensazione che cerca di riequilibrare un lungo e greve ostracismo. «Le commemorazioni in atto - commenta Giordano Bruno Guerri, autore del volume Filippo Tommaso Marinetti. Invenzioni, avventure e passioni di un rivoluzionario, in uscita per Mondadori la prossima settimana - costituiscono un riconoscimento tardivo verso un movimento che ha cambiato per sempre il modo d’intendere l’arte. Il futurismo è da tempo apprezzato senza riserve in tutto il mondo. Dopo una sorta di damnatio memoriae, nel nostro Paese si è optato per un risarcimento che rischia di scadere in manifestazioni apologetiche. È un comportamento paradossale, così come è paradossale che si rievochi il futurismo senza, purtroppo, riconoscere il giusto ruolo di Marinetti. Il fondatore del movimento viene ancora emarginato in modo assurdo: si fa finta che non sia mai esistito. Ma il futurismo senza Marinetti è come il cristianesimo senza Cristo o, se si preferisce, come il fascismo senza Mussolini. Senza il suo fondatore la prima avanguardia del Novecento non sarebbe mai esistita. Il futurismo è stato un movimento globale con un inventore unico, con un unico teorico».



Avanguardia delle avanguardie, il futurismo non esaltò solo lo schiaffo, il pugno, il pericolo, la “violenza travolgente e incendiaria”. Anzi. In spregio alla fissità, alla immobilità, alla tradizione stantia e al moralismo, il movimento marinettiano celebrò il progresso, l’innovazione, la tecnologia. In una visione ottimistica protesa verso il riscatto del genere umano contro ogni tipo di vassallaggio, il futurismo alimentò il culto della dinamicità e la fede nell’avvenire. Ed è proprio nella vitalità, nella speranza e nella forza d’urto dell’elemento visivo che risiede l’attualità del messaggio futurista.



Nonostante la sua modernità, il futurismo rimane confinato all’epoca storica in cui sorse e si sviluppò. Non potrà rivivere. «Lo stesso futurismo - spiega Guerri - aborrirebbe un nuovo futurismo. Cionondimeno il movimento marinettiano ha generato tutte le avanguardie del Novecento, sarà il “nonno” di tutte le avanguardie che verranno».



Le celebrazioni del centenario futurista tendono dunque a una rievocazione che continua a lasciare ai margini il fondatore del movimento. Ma i distinguo, a ben vedere, non interessano solo Marinetti.



Alcuni futuristi, come Enrico Prampolini, Gerardo Dottori e Francesco Cangiullo sono ancora poco noti. L’attenzione si concentra prevalentemente sui vari Carrà, Balla e Boccioni. Marinetti, secondo Guerri, rimane inviso anche perché «fu un uomo felice e felice di vivere. E questo suo volto gaudente cozza con l’immagine che l’Italia predilige: quella dell’intellettuale tragico e tormentato. Marinetti si godette la vita. E anche questo non piace. Eppure di Marinetti ce ne vorrebbero. Dieci, cento, mille».



Articolo di Leonardo Varasano uscito sul Secolo d'Italia il 25.01.09

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