“I volontari di Popoli sono tornati a Rangoon con medici e aiuti. Un veronese tra i villaggi rastrellati dall’esercito”
Quello dell’informazione è un mondo bizzarro, si appassiona a ondate agli argomenti. La Birmania è sparita dai titoli dei tg, nella pagine è diventata notizia breve. Eppure la situazione nel Paese non è migliorata da quando una quindicina di giorni fa, sui video, scorrevano immagini impressionanti.
Lo testimoniano i racconti di Franco Nerozzi, presidente di Popoli onlus, che attualmente è in Birmania. Lo testimoniano i cronisti di Peacereporter che annunciano che sono state accertate 31 violazioni dei diritti umani. Secondo le indagini, nell’ultimo anno la minoranza degli Shan ha perduto 18 villaggi. Sono introvabili dai satelliti sui siti dove erano stati fondati, mentre i rapporti di associazioni umanitarie come Human Rights Watch sulla distruzione di villaggi Karen non ha trovato conferma dalle immagini dall’alto.
ネ stato invece dimostrato come i militari costringano alcuni Karen ad abbandonare i loro abitati per trasferirsi a ridosso di caserme create all’occasione, in modo da poterli tenere sott’occhio con più facilità.
Ed è proprio nel Karen State che si trova Nerozzi, tornato in Birmania proprio per controllare da vicino che cosa stesse accadendo nei villaggi che Popoli aiuta, e renderlo noto.
“Ci siamo spostati da un villaggio all’altro assieme ai medici”, dice Nerozzi, “è così che si chiamano qui dottori e infermieri, zaino di farmaci in spalla, accompagnati dai soldati abbiamo portato gli aiuti nei villaggi dove non vanno medici. Molti di questi villaggi quando siamo arrivati sembravano disabitati, ma è bastato che il monaco richiamasse la popolazione con un piccolo altoparlante perchè arrivassero centinaia di persone”. Villaggi fantasma, perché la gente ha paura dei rastrellamenti dei birmani.
Nerozzi racconta che i militari di Rangoon lanciano messaggi agli avversari: “Non sparateci, forse qualcosa sta cambiando, forse non saremo più costretti a spararci, ma i militari del Knla, l’esercito di liberazione Karen non si fidano. Qui la gente sa che il mondo per alcuni giorni si è interessato alla vicenda birmana, ma avvertono anche che l’interesse è scemato e che per la ferra logica del sistema della comunicazione fino a quando non ci saranno nuove manifestazioni e tante vittime tutto tornerà come prima, avvolto nel silenzio”.
I Karen, minoranza etnica perseguitata da sessant’anni, non si fanno illusioni. Ricordano che la giunta è forte perché ha creato un apparato militare che ha privilegi che nessun cittadino birmano può sognare. “La giunta ha i soldi delle multinazionali occidentali e asiatiche della Chevron, della Total, della Petronas, della Daewoo, fanno affari con Cina, India, Russia, Israele e Singapore. Qualcuno in Itali”, aconclude Nerozzi, “si ostina a chiamare quello birmano un regime comunista, invece ci troviamo di fronte a un comitato d’affari che conduce una partita su più tavoli, all’interno di perfette logiche mondialiste”.A.V.
Articolo de L'arena di Verona, preso da www.noreporter.org
Quello dell’informazione è un mondo bizzarro, si appassiona a ondate agli argomenti. La Birmania è sparita dai titoli dei tg, nella pagine è diventata notizia breve. Eppure la situazione nel Paese non è migliorata da quando una quindicina di giorni fa, sui video, scorrevano immagini impressionanti.
Lo testimoniano i racconti di Franco Nerozzi, presidente di Popoli onlus, che attualmente è in Birmania. Lo testimoniano i cronisti di Peacereporter che annunciano che sono state accertate 31 violazioni dei diritti umani. Secondo le indagini, nell’ultimo anno la minoranza degli Shan ha perduto 18 villaggi. Sono introvabili dai satelliti sui siti dove erano stati fondati, mentre i rapporti di associazioni umanitarie come Human Rights Watch sulla distruzione di villaggi Karen non ha trovato conferma dalle immagini dall’alto.
ネ stato invece dimostrato come i militari costringano alcuni Karen ad abbandonare i loro abitati per trasferirsi a ridosso di caserme create all’occasione, in modo da poterli tenere sott’occhio con più facilità.
Ed è proprio nel Karen State che si trova Nerozzi, tornato in Birmania proprio per controllare da vicino che cosa stesse accadendo nei villaggi che Popoli aiuta, e renderlo noto.
“Ci siamo spostati da un villaggio all’altro assieme ai medici”, dice Nerozzi, “è così che si chiamano qui dottori e infermieri, zaino di farmaci in spalla, accompagnati dai soldati abbiamo portato gli aiuti nei villaggi dove non vanno medici. Molti di questi villaggi quando siamo arrivati sembravano disabitati, ma è bastato che il monaco richiamasse la popolazione con un piccolo altoparlante perchè arrivassero centinaia di persone”. Villaggi fantasma, perché la gente ha paura dei rastrellamenti dei birmani.
Nerozzi racconta che i militari di Rangoon lanciano messaggi agli avversari: “Non sparateci, forse qualcosa sta cambiando, forse non saremo più costretti a spararci, ma i militari del Knla, l’esercito di liberazione Karen non si fidano. Qui la gente sa che il mondo per alcuni giorni si è interessato alla vicenda birmana, ma avvertono anche che l’interesse è scemato e che per la ferra logica del sistema della comunicazione fino a quando non ci saranno nuove manifestazioni e tante vittime tutto tornerà come prima, avvolto nel silenzio”.
I Karen, minoranza etnica perseguitata da sessant’anni, non si fanno illusioni. Ricordano che la giunta è forte perché ha creato un apparato militare che ha privilegi che nessun cittadino birmano può sognare. “La giunta ha i soldi delle multinazionali occidentali e asiatiche della Chevron, della Total, della Petronas, della Daewoo, fanno affari con Cina, India, Russia, Israele e Singapore. Qualcuno in Itali”, aconclude Nerozzi, “si ostina a chiamare quello birmano un regime comunista, invece ci troviamo di fronte a un comitato d’affari che conduce una partita su più tavoli, all’interno di perfette logiche mondialiste”.A.V.
Articolo de L'arena di Verona, preso da www.noreporter.org
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