domenica 29 luglio 2007

Islam nel mirino: poche prove, parole tante.. dei politici.

L’ennesimo esempio di extraordinary rendition. Questo è ciò che è avvenuto a Perugia, sabato scorso quando la polizia ha effettuato un blitz nella moschea di Ponte Felcino, e nell’abitazione della “guida spirituale” Mohamed El Absi, arrestando l’iman Mostapha el Korch e due collaboratori maghrebini - un altro sarebbe ricercato - ed indagando su altre 16 persone. L’accusa ipotizzata è di addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale e quindi i reati sarebbero quelli previsti dagli articoli 270 bis e 270-quinquies del codice penale.

Dopo i fatti dell’11 settembre quindi nulla è cambiato: l’Italia, sotto la spinta degli Stati Uniti, prosegue un’affannosa ricerca ai fantomatici capri espiatori e a tutti i possibili “adepti” alla causa, continuando una guerra senza esclusione di colpi, una sorta di crociata in cui islam corrisponde a terrorismo e quindi a nemico.

Questi i fatti, secondo un’ottica più che realista.

Ma l’altra realtà, quella secondo cui i quattro sarebbero legati ad al Qaida e avrebbero impartito “lezioni di terrore” anche ai bambini, è stata quella che ha riscosso l’attenzione dei media e quella da cui si è sollevata l’ennesima e sterile diatriba politica.

Poco importa poi che, come reso noto ieri dalla procura della Repubblica, dall’indagine antiterrorismo a Perugia non sia emersa la sussistenza di potenziali azioni a danno di acquedotti, aeroporti o altre strutture, come dato per certo nei giorni scorsi. E quindi all’indomani dai fatti, gli attori della “res pubblica” italiana hanno alzato il sipario sul nuovo teatrino “anti terrorismo”. I primi a prendere la parola sono stati gli esponenti della Cdl, che in maniera unanime hanno invocato la repressione.

In particolare quelli della Lega tra cui Borghezio e Calderoli che, novelli crociati, hanno richiesto al governo di ritirare le legge sulla libertà religiosa e di chiudere le moschee e “buttare via la chiave”.

Vagamente più miti le parole dei deputati di An e dell’Udc che hanno fatto notare come la Bossi-Fini sia “ancora troppo morbida” e hanno richiesto un maggior rigore nei confronti degli immigrati islamici.

Pugno duro invece da parte di Forza Italia, i cui portabandiera hanno reclamato la sospensione della costruzione delle moschee o, al limite, l’approvazione della legge in cui si chiede “l’obbligo della certificazione antiterrorista per tutti gli imam e per tutti coloro che richiedono le autorizzazioni necessarie alla costruzione di una moschea”, presentata già un anno fa a Montecitorio, ma senza successo, da Osvaldo Napoli, membro del direttivo di Forza Italia alla Camera. Silenzio più o meno compatto invece da parte della sinistra, in cui, oltre al ministro dell’Interno Giuliano Amato che si è congratulato con le forze dell’ordine e a quello della Difesa Arturo Parisi che ha reiterato l’annuncio su quanto sia alto l’allarme terrorismo anche nel BelPaese, le uniche voci discordanti sono state quelle del radicale Daniele Capezzone, attualmente presidente della Commissione attività produttive alla Camera, che ha tirato le orecchie al governo, accusandolo per la “mancanza di una cultura e di una consapevolezza del rischio incombente”, riferendosi al presunto terrorismo e soprattutto ai fatti di Perugia.

Si scaglia invece contro il centrodestra l’europarlamentare del Pdci, Marco Rizzo, che ha definito “l’odio, l’intolleranza e il razzismo di certa destra” come “il brodo di cultura principale del terrorismo”.

E così mentre le indagini in quel di Perugia proseguono a 360 gradi, nella speranza di trovare un qualsiasi possibile collegamento per evitare di aver alzato un polverone a vuoto e per ingraziarsi il favore dell’Oltreoceano, gli esponenti politici si accusano a vicenda, tenendo ben fermo però, in maniera bipartisan, il nemico da sconfiggere: l’Islam.



Tratto dal quotidiano "Rinascita", articolo di Tatiana Genovese.

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