Privacy: il grande fratello sempre più invadente.
Di Fabrizio Di Ernesto.
Tempo d’estate e di conseguenza tempo di relazioni annuali. Ieri è stato il turno di Francesco Pizzetti, presidente dell’Autorità garante per la privacy che, facendo il punto della situazione, ha lanciato un vero e proprio grido d’allarme parlando di emergenza per quanto riguarda la protezione dei dati personali, paragonando la situazione a quella ambientale, delle infrastrutture o dell’energetica, paragoni che forse sono un po’ troppo esagerati.
Tra i motivi che hanno spinto l’ex consigliere costituzionale dei presidenti del Consiglio Giovanni Goria prima e Romano Prodi poi a parlare di emergenza il fenomeno, esploso in tutta la sua gravità, della penetrabilità delle grandi banche dati “da parte di chi agisce illegalmente, senza incontrare barriere adeguate”, aspetto questo aggravato dal fatto che nel contempo sono letteralmente cresciute a dismisura le “forme indebite di ricorso all’uso di videocamere, videofonini e, in generale, a tecniche ingannevoli per acquisire e trattare dati anche delicatissimi”.
L’ex direttore della Scuola Superiore della Pubblica amministrazione ha poi sottolineato come l’acquisizione illegittima di determinati dati “rende meno giusta la giustizia, meno libera la democrazia, meno competitiva l’attività economica e finanziaria, meno credibile tutta la società”, ribadendo che il compito dell’organismo da lui presieduto resta quello di tutelare i cittadini ed i loro diritti.
Stoccata poi contro i giornalisti che diffondono dati privati perché pur riconoscendo che“la libertà di informazione è sacrosanta e irrinunciabile in una democrazia” questa non può certo essere invocata per giustificare l’illecita condotta di coloro che entrano in possesso di determinate informazioni “illegalmente e con artifici inaccettabili”, chiaro riferimento agli ultimi, e numerosi, scandali all’italiana, su tutti quello relativo alla presunta realizzazione dei dossier illegali da parte di settori deviati del Sismi ed il caso Vallettopoli.
L’ex consigliere giuridico del ministro della Funzione pubblica, ai tempi di Franco Bassanini, ha poi allargato la visuale uscendo dai confini nazionali e lanciando un monito a livello continentale, affinché si eviti lo svilupparsi di una “sindrome bulimica per la raccolta e l’archiviazione dei dati personali, che trasformi anche l’Unione europea in un universo di controllati e di spiati”.
Il numero uno dell’Autority, forse per tranquillizzare gli animi, ha quindi anticipato che sarà compito della sua struttura quello di vigilare attentamente affinché si possa avviare quanto prima un’attività collaborativa e di vigilanza nei confronti dei Servizi, anche se poi ci sarebbe la paradossale situazione di un Paese in cui l’intelligence deve rendere conto non al presidente del Consiglio ma ad un semplice organo di garanzia.
Altri interventi sono previsti, almeno nelle intenzioni di Pizzetti, sugli istituti finanziari e di credito e sui soggetti esercenti servizi di massa, ovvero verso quelle società che si occupano di energia elettrica, acqua e gas.
Esaurito il capitolo relativo alle buone intenzioni per il futuro, l’ex vice sindaco di Torino ha poi reso noti i risultati sugli accertamenti sul Ced - la banca dati che fornisce il supporto informatico per l’attività operativa e investigativa delle Forze di Polizia ndr – che, dopo un certosino lavoro durato mesi, ha condotto a tre risultati: in primis la riduzione del numero dei soggetti abilitati alla consultazione ed all’inserimento dei dati trattati, l’introduzione di procedure di autenticazione per l’accesso, ed infine l’introduzione di speciali ed elaborati sistemi di sicurezza capaci di segnalare a chi di competenze eventuali anomalie.
Per quanto riguarda invece l’attività di controllo nel settore delle Telecomunicazioni, cartello dei lavori in corso ancora ben in vista, almeno fino al prossimo autunno, quando dovrebbe esserci “l’adozione definitiva del provvedimento generale sulle regole e i tempi per la conservazione dei dati di traffico”.
Tutto in alto mare poi per quanto attiene alla delicata e spinosa questione relativa alla conservazione dei campioni biologici e dei codici identificativi del Dna
“Se il Codice della privacy - ha precisato Pizzetti - prevede una specifica autorizzazione per la raccolta dati a fini scientifici e di ricerca, nel settore della giustizia manca invece una normativa che disciplini la materia”.
Il Garante ha poi concluso la sua relazione annuale tornando a chiedere al ministero della Giustizia ed a quello dell’Interno l’emanazione di appositi decreti che indichino le banche dati attualmente esistenti che operano per fini di giustizia e sicurezza.
Che la situazione relativa alla tutela dei dati sensibili in Italia non sia delle migliori è fuor di dubbio, anche se forse Pizzetti ha disegnato un quadro a tinte fin troppo fosche.
Il prossimo appuntamento è ora fissato tra un anno esatto con la speranza che la situazione migliori sensibilmente.
Da: www.rinascita.info
Di Fabrizio Di Ernesto.
Tempo d’estate e di conseguenza tempo di relazioni annuali. Ieri è stato il turno di Francesco Pizzetti, presidente dell’Autorità garante per la privacy che, facendo il punto della situazione, ha lanciato un vero e proprio grido d’allarme parlando di emergenza per quanto riguarda la protezione dei dati personali, paragonando la situazione a quella ambientale, delle infrastrutture o dell’energetica, paragoni che forse sono un po’ troppo esagerati.
Tra i motivi che hanno spinto l’ex consigliere costituzionale dei presidenti del Consiglio Giovanni Goria prima e Romano Prodi poi a parlare di emergenza il fenomeno, esploso in tutta la sua gravità, della penetrabilità delle grandi banche dati “da parte di chi agisce illegalmente, senza incontrare barriere adeguate”, aspetto questo aggravato dal fatto che nel contempo sono letteralmente cresciute a dismisura le “forme indebite di ricorso all’uso di videocamere, videofonini e, in generale, a tecniche ingannevoli per acquisire e trattare dati anche delicatissimi”.
L’ex direttore della Scuola Superiore della Pubblica amministrazione ha poi sottolineato come l’acquisizione illegittima di determinati dati “rende meno giusta la giustizia, meno libera la democrazia, meno competitiva l’attività economica e finanziaria, meno credibile tutta la società”, ribadendo che il compito dell’organismo da lui presieduto resta quello di tutelare i cittadini ed i loro diritti.
Stoccata poi contro i giornalisti che diffondono dati privati perché pur riconoscendo che“la libertà di informazione è sacrosanta e irrinunciabile in una democrazia” questa non può certo essere invocata per giustificare l’illecita condotta di coloro che entrano in possesso di determinate informazioni “illegalmente e con artifici inaccettabili”, chiaro riferimento agli ultimi, e numerosi, scandali all’italiana, su tutti quello relativo alla presunta realizzazione dei dossier illegali da parte di settori deviati del Sismi ed il caso Vallettopoli.
L’ex consigliere giuridico del ministro della Funzione pubblica, ai tempi di Franco Bassanini, ha poi allargato la visuale uscendo dai confini nazionali e lanciando un monito a livello continentale, affinché si eviti lo svilupparsi di una “sindrome bulimica per la raccolta e l’archiviazione dei dati personali, che trasformi anche l’Unione europea in un universo di controllati e di spiati”.
Il numero uno dell’Autority, forse per tranquillizzare gli animi, ha quindi anticipato che sarà compito della sua struttura quello di vigilare attentamente affinché si possa avviare quanto prima un’attività collaborativa e di vigilanza nei confronti dei Servizi, anche se poi ci sarebbe la paradossale situazione di un Paese in cui l’intelligence deve rendere conto non al presidente del Consiglio ma ad un semplice organo di garanzia.
Altri interventi sono previsti, almeno nelle intenzioni di Pizzetti, sugli istituti finanziari e di credito e sui soggetti esercenti servizi di massa, ovvero verso quelle società che si occupano di energia elettrica, acqua e gas.
Esaurito il capitolo relativo alle buone intenzioni per il futuro, l’ex vice sindaco di Torino ha poi reso noti i risultati sugli accertamenti sul Ced - la banca dati che fornisce il supporto informatico per l’attività operativa e investigativa delle Forze di Polizia ndr – che, dopo un certosino lavoro durato mesi, ha condotto a tre risultati: in primis la riduzione del numero dei soggetti abilitati alla consultazione ed all’inserimento dei dati trattati, l’introduzione di procedure di autenticazione per l’accesso, ed infine l’introduzione di speciali ed elaborati sistemi di sicurezza capaci di segnalare a chi di competenze eventuali anomalie.
Per quanto riguarda invece l’attività di controllo nel settore delle Telecomunicazioni, cartello dei lavori in corso ancora ben in vista, almeno fino al prossimo autunno, quando dovrebbe esserci “l’adozione definitiva del provvedimento generale sulle regole e i tempi per la conservazione dei dati di traffico”.
Tutto in alto mare poi per quanto attiene alla delicata e spinosa questione relativa alla conservazione dei campioni biologici e dei codici identificativi del Dna
“Se il Codice della privacy - ha precisato Pizzetti - prevede una specifica autorizzazione per la raccolta dati a fini scientifici e di ricerca, nel settore della giustizia manca invece una normativa che disciplini la materia”.
Il Garante ha poi concluso la sua relazione annuale tornando a chiedere al ministero della Giustizia ed a quello dell’Interno l’emanazione di appositi decreti che indichino le banche dati attualmente esistenti che operano per fini di giustizia e sicurezza.
Che la situazione relativa alla tutela dei dati sensibili in Italia non sia delle migliori è fuor di dubbio, anche se forse Pizzetti ha disegnato un quadro a tinte fin troppo fosche.
Il prossimo appuntamento è ora fissato tra un anno esatto con la speranza che la situazione migliori sensibilmente.
Da: www.rinascita.info
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