domenica 10 luglio 2011

Flotilla. La Grecia ferma anche la “Dignité-al Kanama”.


Dopo poco più di un giorno di navigazione anche la “Dignité-al Kanama”, l’unica imbarcazione della Freedom Flotillla 2 che martedì era riuscita a salpare per Gaza eludendo il blocco imposto dal governo di Atene, è stata intercettata dalla guardia costiera greca. Le autorità navali elleniche hanno individuato ieri la nave francese in un piccolo porto dell’isola di Creta, dove si era fermata per fare rifornimento, e l’hanno quindi rimorchiata fino al più grande scalo di Sitia, situato sempre sulla stessa isola. “Le autorità vietano al battello di prendere il largo con diversi pretesti amministrativi” ha spiegato Claude Leostic, fra i portavoce della Flottiglia francese, all’agenzia France Press. Tuttavia i membri dell’equipaggio, che comprende Olivier Besancenot del Nuovo partito anticapitalista transalpino e Nicole Kiil-Nielsen, eurodeputata della formazione ecologista Eelv, si sono detti fiduciosi che presto la “Dignité-al Kanama” possa riprendere il viaggio.

Nel frattempo ha preso il via in Israele la nuova forma di protesta annunciata nei giorni scorsi dagli attivisti filo-palestinesi della Freedom Flotilla, e non, definita “fly in”. In sostanza, non potendo raggiungere la Striscia di Gaza via mare, i sostenitori della causa palestinese intendono affluire in massa l’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv per poi recarsi in Cisgiordania, dove sabato prenderanno parte a numerose iniziative di protesta pacifica. Ieri sono stati cinque gli attivisti giunti in Israele da Belgio e Francia tutti prontamente rispediti indietro dalle autorità aeroportuali.

In relazione a questa nuova iniziativa il portavoce del ministero degli Esteri di Tel Aviv, Yigal Palmor, ha riferito che a chi vuole seguire eventi culturali sarà permesso di passare, chi intende invece partecipare a manifestazioni anti-israeliane verrà rispedito indietro sul primo aereo. In sostanza “sì” ai turisti, “no” a chi intende chiedere al governo israeliano il riconoscimento dei diritti della popolazione palestinese. Già dalla serata di ieri centinaia di agenti con la stella di Davide sono stati schierati all’aeroporto Ben Gurion “per evitare provocazioni o azioni di disturbo” dovute al massiccio arrivo di attivisti previsto per oggi. In un comunicato gli organizzatori della campagna ribattezzata “Welcome to Palestine” affermano, infatti, che circa 600 fra donne, uomini e bambini di diverse nazionalità, divisi in circa cinquanta voli differenti, sono attesi nello scalo di Tel Aviv per la giornata odierna “per partecipare ad una settimana di attività totalmente pacifiche”. Attività che comprenderanno, fra le altre cose, anche azioni non violente contro l’occupazione israeliana, sulla quale la comunità internazionale chiude gli occhi da troppo tempo. Proprio come le Nazioni Unite intendono chiudere gli occhi di fronte il massacro compiuto dai commando di Tel Aviv lo scorso anno sulla Mavi Marmara. Secondo quanto contenuto nel rapporto stilato sulla questione dal segretario generale dell’Onu Ban Ki Moon, e anticipato ieri dal New York Times, infatti, il blocco della Striscia di Gaza da parte di Israele sarebbe legale, quanto accaduto l’anno scorso rappresenterebbe in effetti un “uso eccessivo della forza”, ma che in ogni caso la Turchia non avrebbe fatto “abbastanza” per fermare la Flottiglia 2010. La massima carica del Palazzo di Vetro ha quindi in un sol colpo appoggiato il principio dell’azione dei commando con la stella di Davide facendo però ricadere partr della colpa di quanto accaduto sul governo di Ankara. Una posizione talmente assurda che ha suscitato l’immediata reazione del relatore speciale delle Nazioni Unite per il diritto all’alimentazione, Olivier de Schutter, che ha invece sottolineato come “il blocco e l’intervento di Israele violano chiaramente il diritto internazionale ed i diritti umani sull’alimentazione”. L’ennesima dimostrazione di come l’Onu e il suo segretario generale non siano altro che entità gestite dagli Stati Uniti, i quali continuano a portare avanti la politica dei “due pesi e due misure”. Mentre da un lato puntano il dito contro la Siria per presunti crimini a conferma dei quali non hanno alcuna prova e si prodigano nel sostenere gli sforzi dei dissidenti per l’instaurazione della democrazia, dall’altro continuano a spalleggiare l’operato di un’entità che fa della censura e della violazione della libertà di espressione e dei diritti umani la propria bandiera.

La Turchia ha fatto sapere di essere ancora in attesa che il governo di Tel Aviv faccia le proprie scuse alle famiglie dei nove attivisti uccisi. Scuse che invece Israele si rifiuta di porgere, perché secondo il ministro degli Esteri Avigdor Lieberman (foto) sarebbe come “umiliare i propri militari”.



Di Matteo Bernabei, www.rinascita.eu


Nessun commento:

Posta un commento