sabato 30 gennaio 2010

QUELLA DOMENICA DI SANGUE A DERRY.

Per non dimenticare i caduti per la libertà.



Siamo nel cuore dell’Europa, quella democratizzata, in una fredda domenica del 30 gennaio del 1972 a Derry, Irlanda del Nord, quando, nel pomeriggio, era indetta dalla Nothern Ireland Civil Rights Association la manifestazione per protestare contro la sostanziale mancanza dei diritti civili causate dalle nuove norme di polizia che autorizzavano la reclusione preventiva per un tempo indefinito per chiunque fosse solamente sospettato di essere un militante repubblicano. La situazione era drammatica, centinaia di irlandesi repubblicani, erano detenuti in carcere con poca possibilità di essere rinviati a giudizio o di essere rilasciati. Tale prassi, che veniva chiamata internment, era stata varata non da molto dal governo di Londra. Questa marcia, completamente pacifica, era sorvegliata dal primo battaglione del reggimento dei paracadutisti britannico armato di fucili ad alta velocità, calibro 7,62, che sparavano pallottole capaci addirittura di bucare lastre di ferro. Paura, terrore, urla e pianti sono le scene che fanno da protagonista a questa giornata, oltre che, alla furia con la quale i soldati di sua maestà iniziarono ad aprire il fuoco contro civili inermi. Paddy Doherty, 15 anni venne colpito ai glutei nel fuggi fuggi generale e fu soccorso, mentre agitava un fazzoletto bianco in segno di pace, da Barney McGuigan che ha sua volta fu colpito, alla schiena, a morte. A Derry, quel 30 gennaio di trentotto anni fà, persero la vita tredici persone e molti furono i feriti - uno dei quali perse la vita quattro mesi dopo-. Cinque dei tredici repubblicani furono colpiti alle spalle. Il Bloody Sunday, ancora oggi, non ha colpevoli ufficiali perché si preferì premiare la tesi secondo la quale i paracadutisti britannici – mai usati fino a questa data per manifestazioni del genere – risposero al fuoco dei dimostranti. Nella prima inchiesta del Widgery Tribunal, i militari e l’autorità, vennero largamente prosciolti da ogni colpa compreso l’ex capo di gabinetto di Tony Blair, Jonathan Powell. Testimonianze di persone comuni, giornalisti e fotoreporter presenti, invece, affermarono più volte che i manifestanti erano tutti disarmati. Questa triste data, segnò anche una svolta nella tragica storia del conflitto nord-irlandese, costrinse infatti molti giovani patrioti repubblicani ad una scelta tanto drammatica quanto inevitabile: rispondere con la violenza a chi, con le armi da fuoco, negava loro la libertà e voleva lo sradicamento dell’identità del loro popolo. E’ così che nascono storie tanto tristi quanto straordinarie come quella di Bobby Sands e di tanti altri militanti dell’esercito repubblicano irlandese che, pur di far sentire la propria voce all’opinione pubblica mondiale, hanno preferito lasciarsi morire. Dal 31 luglio del 2007 è stato formalizzato il ritiro delle truppe militari britanniche nelle sei contee dell’Irlanda del Nord ingiustamente occupate e a seguito delle elezioni dell’8 marzo 2007 a Belfast si è istaurato un nuovo governo di coalizione, composto da repubblicani e unionisti. Tutti gli anni, la data del 30 gennaio, viene ricordata con una manifestazione di commemorazione a Derry, dove, oltre a migliaia di irlandesi, partecipano rappresentanze di varie nazione europee e di tutto il mondo a significato che, nonostante una pacificazione di facciata all’orizzonte, ancora oggi, c’è chi ricorda e lotta per la propria terra e per le proprie tradizioni. Lunga vita, dunque, al popolo irlandese, quello vero, quello puro, che ancora combatte e non si scorda dei propri caduti. Tiochfaidh àr là!



Fabio Polese, Il Fondo Magazine

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