giovedì 29 marzo 2007

Parlamento di guerra.




Alcuni sostantivi non hanno mai bisogno dell’accompagnamento di un aggettivo ed anzi il solo tentativo di qualificarli di fatto snatura il loro senso.

Qualche esempio? Libertà, sovranità e, naturalmente, pace.

La pace non è solo la fine di una guerra ma una condizione stabile nella quale tutte le parti non si sentono minacciate, sono libere e sovrane e non progettano nuove guerre. Altrimenti si può parlare di tregua nel migliore dei casi, nel peggiore di occupazione e sopraffazione. Insomma per sua natura la pace è anche giusta, altrimenti non può essere pace. In Iraq e in Afghanistan, ma anche in Palestina, non esiste alcuna condizione per poter effettivamente parlare di pace e quindi la missione militare italiana in Afghanistan, appena rifinanziata, è a tutti gli effetti una vera e propria missione di guerra. Chi l’ha votata è quindi complice effettivo di quella aggressione atlantica. I voti con le lacrime agli occhi, come quello della senatrice Franca Rame (almeno lei ha così descritto il suo stato d’animo) non valgono nulla, perché hanno contribuito al proseguimento della guerra come i voti dei più convinti atlantisti guerrafondai

Il centrosinistra, quando era all’opposizione, ha cavalcato le manifestazioni pacifiste, salvo poi prendere il posto del centrodestra nel ruolo di cameriere degli Usa nelle guerre decise da Washington. Il ritiro dall’Iraq è stato solo fumo negli occhi dei più sprovveduti e la prova ulteriore e definitiva è giunta proprio ieri. Prodi, preoccupato dai numeri stretti che la sua maggioranza detiene a Palazzo Madama e conscio che un’altra bocciatura avrebbe avuto il significato di un funerale per il suo esecutivo, alla fine ha accettato l’odg presentato dalla Lega, quello che dispone un incremento dell’armamento per il contingente in Afghanistan; D’Alema aveva chiesto solo piccoli ritocchi, non li ha ottenuti ma il centrosinistra alla fine ha votato lo stesso compatto. In cambio il governo ha ottenuto la non presenza in Aula dei senatori del Carroccio al momento del voto sul provvedimento, con relativo abbassamento del quorum. A questo punto è impossibile parlare ancora di missione umanitaria, non servono finezze per comprendere che questa è ancor di più una missione di guerra. Bertinotti non può sentirsi offeso se viene contestato per quel che è: esponente di un partito schierato a fianco dell’oppressore.

Sia ben chiara infine una cosa. Tutte le incertezze sono state frutto dell’atteggiamento negativo di Forza Italia e Alleanza Nazionale, ma questo non significa che esiste in parlamento uno schieramento contrario a questa guerra: sono state solo manovre tattiche ed elettorali, nulla di più. Questo è il parlamento della guerra da Rifondazione Comunista ad Alleanza Nazionale. Speriamo che sia definitivamente chiaro anche a chi ancora tiene alla finestra quelle inutili bandiere della “pace con mille aggettivi” che, appunto, pace non è.



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