domenica 23 marzo 2008

"Bajo los Hielos" Entrevista a Claudio Mutti [traduzione italiana]

Come ha conosciuto l'opera di Julius Evola?



Lessi Rivolta contro il mondo moderno all'età di diciotto anni. A darmi una copia del libro fu un dirigente della sezione italiana di Jeune Europe, l'organizzazione nella quale militavo quell'epoca. Il pragmatismo di Jean Thiriart e la sua concezione machiavelliana della politica non ci soddisfacevano del tutto, sicché in noi, giovani "nazionaleuropei" di quarant'anni fa, rimaneva viva l'esigenza di una visione integrale del mondo e di una autentica consacrazione dell'azione politica. L'opera di Evola rappresentò dunque, per me come per altri, la porta d'accesso a una Weltanschauung spiritualmente fondata.



In che cosa consiste l'importanza di Julius Evola per il mondo occidentale?



Occorre innanzitutto sgombrare il campo dall'equivoco che tale sintagma ("mondo occidentale") inevitabilmente comporta. Se nei secoli passati una "civiltà occidentale" è effettivamente esistita, oggi la stessa denominazione serve a indicare una spengleriana Zivilisation che, oltre ad estendersi su un'area geografica molto più ampia, avente il proprio epicentro e il proprio paradigma negli Stati Uniti d'America, si configura come una vera e propria pseudoreligione idolatrica, i cui dogmi principali sono il Mercato, i Diritti Umani, la Democrazia. In tal modo l'Occidente - questo Occidente che ha acquisito dimensioni quasi planetarie - è la più mostruosa manifestazione di ciò che, evolianamente, possiamo chiamare l'Antitradizione.

Tanto l'Europa quanto l'America Latina possono ricavare dall'opera di Evola, e dal suo richiamo al valore fondamentale della Tradizione, i punti di riferimento essenziali per il loro risveglio e per una lotta coerente contro questa innaturale e antiumana "civiltà occidentale".



Lei ha difeso la controversa lotta svolta dall'autore della Disintegrazione del sistema, Giorgio Freda, che, per il suo radicalismo rivoluzionario, ha scontato una lunga condanna detentiva. Può spiegarci il perché di questa difesa?



Nel 1969, allorché il fenomeno della rivolta studentesca induceva molti a credere che fosse iniziata la mobilitazione per la distruzione del sistema borghese, Freda ritenne doveroso rivolgersi ai giovani nazionalrivoluzionari per riproporre loro i principi del vero Stato. Fino ad allora, nell'Italia del dopoguerra, i sostenitori della dottrina "tradizionale" dello Stato non erano usciti dal verbalismo accademico e nostalgico oppure erano scesi nell'agone politico schierandosi al servizio delle retroguardie borghesi, usando l'evolismo come un rozzo alibi per le loro scelte reazionarie. Con La disintegrazione del sistema, invece, la dottrina tradizionale dello Stato veniva presentata nella sua integrale e irriducibile opposizione al mondo borghese. La stessa organizzazione comunistica dello "Stato popolare" teorizzato da Freda veniva vista come una terapia d'emergenza che si rendeva indispensabile ai fini dell'eliminazione dell'homo oeconomicus: rimedio omeopatico in funzione della "restaurazione dell'umano" in una virile Rangordnung.

La lunga persecuzione alla quale Freda è stato sottoposto, al di là dei pretesti giuridici formali, si spiega proprio con il suo impegno radicale di soldato politico. Ho quindi ritenuto che da parte mia fosse doveroso intraprendere un'azione di solidarietà militante.



L'accostamento fra gli scrittori tradizionalisti puri (Guénon, Lovinescu, Vâlsan ecc.) ed alcune personalità piuttosto politiche o "metapolitiche" (Evola, Codreanu, Wirth) ha costituito una costante nei Suoi lavori. Tuttavia, mentre i primi propongono una lotta interna, cioè il Grande Gihàd, i secondi sembrano perdersi nella contingenza di una battaglia esterna... Qual è la Sua opinione al riguardo?



Nel contesto dell'opera evoliana, una posizione molto importante è occupata dalla dottrina della "grande e piccola guerra santa". Enunciando tale dottrina, che viene designata mediante un'espressione desunta dalla terminologia islamica (al-jihâd al- akbar, al-jihâd al-açghar), Evola riassume la concezione dell'azione che caratterizza ogni visione tradizionale: l'azione è "conforme all'ordine" quando essa è ritualmente consacrata e diventa una via per la realizzazione spirituale. L'accostamento di cui Lei parla corrisponde perciò ad una complementarità: quelli che Lei chiama "scrittori tradizionalisti puri" ci forniscono le indicazioni necessarie per comprendere, mentre le personalità politiche o metapolitiche rappresentano l'azione politica o culturale ad un livello che non è affatto quello della pura contingenza.



Lei dirige le Edizioni all'insegna del Veltro, che hanno pubblicato materiale di grande valore sia dal punto di vista spirituale sia da quello metapolitico. Quali sono le nuove opere che intende pubblicare? Quali sono i Suoi progetti al riguardo?



Le Edizioni all'insegna del Veltro hanno pubblicato, dal 1978 ad oggi, cento libri.

Quest'anno è stata inaugurata una nuova collana editoriale, nella quale troveranno posto opere di geopolitica di autori sia "classici" sia contemporanei. Ai primi due testi, che sono di Haushofer, seguiranno una conferenza di Omar Amin von Leers, un volume collettaneo sulla Turchia, diversi scritti di Jean Thiriart ecc. Nella collana dedicata all'antichità greco-latina dovrebbe poi uscire un altro libro di Béla Hamvas (1897-1968), uno scrittore ungherese che, nonostante sia molto letto e apprezzato nella sua patria, era del tutto sconosciuto in Italia fino a pochissimi anni fa, quando le Edizioni all'insegna del Veltro hanno pubblicato Scientia sacra, una sua opera di sintesi che può degnamente figurare tra i capolavori del "tradizionalismo integrale".



La Sua casa editrice ha pubblicato il libro di Vasile Lovinescu, amico di Guénon e discepolo di Schuon, intitolato La Dacia iperborea. Lei ha anche trattato l'argomento dell'influenza esercitata da Evola sul "fronte dell'Est" (Romania, Ungheria ecc.) e ha scritto un libro sugli autori tradizionalisti romeni (Vâlsan, Lovinescu ecc.). Come mai questo interesse per la Romania?



Questo interesse nacque molti anni fa, quando scoprii la figura meravigliosa di Corneliu Codreanu. Che cosa ha reso possibile un fenomeno come quello legionario nell'Europa del Novecento? Da questo interrogativo presero l'avvio quelle ricerche che mi hanno portato a scoprire la realtà di un paese che, per citare una frase che circola in Romania, è "il più guénoniano del mondo". Vasile Lovinescu, in particolare, rappresenta proprio quella complementarità di contemplazione e di azione della quale cui parlavo poc'anzi: muqaddim di un ordine iniziatico del Sufismo, fu sindaco legionario della sua città.



Da www.claudiomutti.com

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