domenica 2 novembre 2008

Guarda dove vai.

L'ottobrata romana c'impone un rapido bilancio e qualche riflessione telegrafica.





Piazza Navona 2008 ha riscattato la Sapienza 1968: stavolta in piazza a difendere i ragazzi del movimento c'erano i giovani di quella che impropriamente viene definita destra radicale, ad attaccarli i funzionari adulti o attempati di ben altro partito rispetto a quarant'anni fa: Rifondazione Comunista. Traslatio reactionis: il codinismo ritorna alle origini, capovolto il Sessantotto. O meglio capovolto quel sovvertimento che dopo Valle Giulia s'impose al movimento generazionale.







Come mai la sinistra ha perso il controllo giovanile? Perché è indietro di due secoli e perché il movimento studentesco odia gli schieramenti e gli inscatolamenti. La trasversalità è più consona alle avanguardie dr non solo perché il loro modello è molto più moderno e attuale dei dogmi altrui ma perché il fascismo è, per sua vocazione e natura, unitario e plurale nella sintesi mentre il comunismo (inteso come Marx + Lynch + Savonarola) è prevaricatore e anziché rappresentare il mondo vuole riprogrammarlo. In modo uniforme, monocorde e acritico. Non lo sostengo io ma la dottrina comunista.







Perché la sinistra estrema ha reagito con tanta violenza? Perché le centrali ideologiche della sinistra paleolitica (che non sono rappresentative di tutta la sinistra e neppure di tutta la sinistra radicale) costruiscono artificialmente un mondo freddamente schematico e quando la verifica mostra inequivocabilmente, come faceva lo specchio alla matrigna di Biancaneve, che le cose non tornano, allora danno letteralmente i numeri. Chi si frappone tra la realtà reale e quella ideologicamente e teologicamente costruita diventa il male da abbattere, non ha ragione di esistere e bisogna odiarlo e ucciderlo. Tutto è concesso in nome di quella guerra santa: l'uccisione dell'infedele, i processi con rogo, le false prove, le torture, le menzogne. Perché l'infedele, il satanico, la strega non hanno dignità umana. Sono fascisti!







Perché le cose stavolta non sono andate come i Marxl/ynchisti speravano? Perché non hanno tenuto conto della tecnica moderna e dei nuovi rapporti di forza. Grazie alle immagini che fanno il giro della rete in tempo reale, le costruzioni menzognere apprese metodicamente alla scuola degli agit-prop sono facilmente messe a nudo. Chi abbia assistito alle interviste a quelli che parlavano in nome dei delinquenti aggressori di Piazza Navona, e abbia ascoltato le loro grossolane menzogne si è reso immediatamente conto che non erano documentabili e non appena si sono poi viste le documentazioni esaustive le bugie sono state palesi. Sicché, malgrado la persitente malafede di migliaia di professionisti dell'ufficio collocamento comunista, nessuno ha potuto confutare la verità che si mostrava chiarissima. Fino a qualche decennio fa il tam-tam della disinformazione era invincibile, ora le cose cambiano. E questa è un'ulteriore prova del ritardo storico di chi vorrebbe, quasi per discendenza dinastica, essere egemone delle piazze ma non ci riesce.







Il Governo ha detto la verità. Ciò, almeno in Italia, è sorprendente e rasenta il Guinness dei primati. Lo ha fatto non solo in quanto la documentazione era inoppugnabile e poiché migliaia di persone solidali con gli orgogliosi aggrediti del Blocco Studentesco hanno impiegato due giorni a far circolare le immagini ovunque ma anche perché qualcosa sta cambiando. Non si tratta solo di destra e sinistra ma del fatto che è in atto una tendenza di semplificazione del sistema e di concentrazione dell'autorità; a questa tendenza oppone attrito l'insieme consolidato di lottizzazioni e di privilegi antichi. C'è conflitto e il nuovo che avanza e che domina dall'alto, rappresentato da Berlusconi, non è disposto a concedere né contentini né pause ai detentori di parcelle di un potere consociativo e inerte, obbligaatoriamente refrattari al neocesarismo. Ecco la ragione principale per la quale l'apparato comunista stenta e sbanda. Ritengo che sia materia di riflessione. Per quanto mi riguarda ho ripetuto più volte che questa tendenza, almeno nella fase di assestamento, è positiva e che paradossalmente consente più spazi di libertà e possibilità di confronto che non la reazione democratica. Sembra che i fatti mi diano ragione ogni giorno di più e che s'imponga una nuova logica di confronto politico, logica che il Blocco, nella purezza dell'istinto giovanile, pare abbia già fatto sua spontaneamente.







Cos'è questo movimento? La realtà giovanile e quella del Blocco sono molto più dinamiche e al tempo stesso meno inquadrabili di quello che si pensi, non solo a sinistra ma anche a destra. La guida morale e organizzativa del Blocco di una protesta multicolore - che non solo rompeva gli argini delle rivalità organizzative (ho saputo che anche tre coraggiosi ragazzi di Lotta Studentesca erano con il Blocco a Piazza Navona) ma abbatteva addirittura quelli delle classificazioni ideologiche - significa anche che la gioventù negava, e a mio avviso giustamente, alcuni dei punti essenziali della Gelmini e soprattutto della finanziaria ma che non lo faceva né prigioniera di un antagonismo schematico (prova ne è la serie di proposte consegnata dal Blocco ai senatori, tra cui Di Pietro che solo il giorno dopo – nomen omen? - ha fatto finta di non conoscerli), né strumentalizzabile da sinistra. E su questo più di un rappresentante del governo o di associazioni giovanili governative si è mostrato miope se non sciocco.







L'importanza di quello che è accaduto e che i trogloditi di certe fazioni rosse hanno provato a soffocare nel sangue a Piazza Navona consiste nella scintilla del Blocco. Nell'essere riusciti, questi giovani, a compiere un'alchimia di attaulità, qualcosa che agli avversari sfugge sempre di più, un'opera colma d'inventiva e caratterizzata dalla vocazione ardita al futuro. Ascoltano, recepiscono, mettono in forma e creano. Essi, insomma, ci sono, i loro aggressori arrancano, sono fuori e non hanno prospettive.



In un mondo che, nel bene e nel male, sarà sempre più post/partitico il rapporto dialettico Istituzioni-Movimenti sarà infatti sempre più diretto e meno mediato e sarà perciò necessario che ambo i poli (istituzionali e sociali) siano trasversali e protesi a sintesi. Il Blocco a Roma è andato in anticipo sui tempi e ha prodotto, o se vogliamo ha interpretato autorevolmente, un sentimento di interscambio tra parti e colori. Questo deve proseguire. Nessuno deve cadere nel tranello dei Marx-lynchisti e far di tutt'erba una falcemartello. Altro sono i delinquenti eredi di una mitologia della menzogna, dell'aggressione alle spalle, del linciaggio e dell'invidia bavosa, altro sono tutti coloro che sognano da sinistra. Non si cada nella specularità e non si faccia il gioco dei fans di Bentivegna.







C'è un pericolo e grosso. Grillo e Di Pietro, tanto per fare dei nomi di pericolosi irresponsabili che si sono messi in luce come ripetitori acritici della disinformazione di Piazza Navona, lo impersonano perfettamente. L'omertà di parte, quella legge non scritta che obbliga a giustificare gli aguzzini che ti son contigui per demonizzare le loro vittime, la disonestà morale che per ragioni politiche giunge a negare ogni evidenza, fino a coprire le Foibe e a pretendere complotti per tutto, persino per la disgraziata e ingloriosa morte di Pasolini, in passato ha fatto danni enormi. Oggi tutti ripetono in modo banale e superficiale e spesso anche ingiusto la loro condanna alla lotta armata. Ma nessuno vuol ricordare gli artisti, i letterati, gli intellettuali che invitarono alla lotta armata, i giornalisti, a centinaia, che come Vigorelli sputarono veleno e costruirono panzane incredibili che inducevano all'odio. Si condanna, come eccessivo o pazzo, chiunque premette un grilletto ma si dimentica che fu armato, coperto, incoraggiato da altri; dai veri e principali assassini di decine e decine di giovani, gente che dopo aver gettato l'ananas ha nascosto la mano e poi si è messa a pontificare di pace e di maturità.







C'è un pericolo e grosso. I trogloditi Marx-lynchisti non hanno più un futuro, non sono attrezzati né moralmente, né intellettualmente, né culturalmente, né attitudinalmente per avere un ruolo nella realtà. Ergo s'incattiviscono sempre più. Se si permetterà che per calcoli politici gente come Di Pietro o Grillo ieri e chissà chi domani continui a favorire un clima fazioso e imbevuto di odio e menzogna, se l'intera classe giornalistica non prenderà chiaramente e definitivamente le distanze da chiunque continuerà a farsi eco e amplificatore di illazioni, di sospetti, di pregiudizi, di carichi d'odio, presto gli assassini torneranno ad uccidere. Abbiamo i filmati e i sonori. Basta riascoltare le loro esaltate parole davanti alla Minerva per rendersi conto che sono già moralmente preparati; basta fissare quegli sguardi che trasudano bile, basta soffermarsi sui loro toni gonfi d'odio per non avere dubbi: perché per loro qualcuno che non ha diritto di vivere c'è. Come trent'anni fa. Uccidere non è un reato! Basta solo che qualcuno, magari uno di quelli che poi nasconderà la mano, dia loro il via. Rancore, impotenza e razzismo ideologico sono una miscela perfetta e pronta a esplodere, prontissima. Ora sta a chi ne ha il potere scegliere se lasciar accendere il cerino o invece provare a far seccare ed evaporare l'insana miscela prima che divampi.







Allora, facciamo tesoro di tutti gli insegnamenti di questa ottobrata romana e, soprattutto, chiediamo a tutti i politici e a tutti i rappresentanti della comunicazione di fare almeno lo sforzo per imporsi l'obiettività. Chiediamo a tutti di diventare vigilanti per prevenire ciò che sarebbe tragico lasciar accadere. Ma lo si deve fare ora, se non è già troppo tardi. Perché, si badi bene, ognuno è responsabile di quel grilletto che sarà premuto se nulla avrà fatto prima per impedirlo. I precedenti sono tutti là: nessuno potrà dire “non lo sapevo”. Siete disposti ancora, come trent'anni fa, ad ammazzare i vostri figli per pensare ai vostri affari privati?


Di Gabriele Adinolfi, www.noreporter.org

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