Undici novembre 2007.
Questa data di un anno fa ha generato una tragedia che, pur consumatasi in quel giorno, ancora oggi lungi dall'essere conclusa (giudiziariamente e umanamente). Nessuno, all'alba di quella maledetta domenica, si sarebbe aspettato che la giornata fosse così come si è evoluta.
I tifosi laziali quella mattina stanno andando a Milano per assistere a Inter-Lazio, partita certamente non a rischio data la storica amicizia tra le due tifoserie, cosicchè è difficile pensare a laziali in assetto da guerra (se non sciocco). Fatto sta che un gruppo di loro si troverà a fare i conti con un nemico imprevedibile e invincibile: il destino. Tutti ricordiamo la cronaca di quella giornata: una macchina di laziali si ferma ad un autogrill nei pressi di Arezzo, dove avviene qualcosa con una di juventini anch’essi in viaggio per seguire la loro squadra. La dinamica dei fatti non è chiara, ma sicuramente non accade nulla di grave. Poi, gli spari dello "sceriffo" da 70 metri "a ristabilire l'ordine", la tragedia, i programmi televisivi strappalacrime (il gossip sulla vita privata della vittima per distogliere l'attenzione dal fatto in se), centinaia di giovani rabbiosi per le strade, gli scontri, il lasciar fare del sistema, la campagna mediatica giustizialista, la repressione. In un mondo razionalista in cui ogni spinta emotiva non controllata daimedia è vista negativamente, questo non può che essere "sovversione politica"! Poi ancora, gli arresti, l'udienza preliminare di Spaccarotella (il poliziotto “sceriffo”) che salta per un vizio procedurale, ed infine venti ragazzi rinviati a giudizio dopo OTTO mesi (OTTO!) di carcerazione preventiva. In questi casi il sistema esce allo scoperto mostrando come l'uguaglianza giuridica sia solamente formale e nella sostanza essa non sia: Chi uccide (causa-elemento sistema) non si fa neanche un minuto di carcere, chi invece è solo l'effetto di quella morte, pur non provocando gravi conseguenze, ha già scontato otto mesi nelle patrie galere, senza tra l’altro passare per le aule di tribunale.Proprio recentemente la tattica del sistema ce la ha illustrata da "buon democristiano" Cossiga in un’intervista che, in un paese di gente lucida e non di automi, avrebbe destato accesissima indignazione: subdola acquiescenza ed anche sostegno concreto verso chi manifesta attivamente il proprio dissenso, passare dunque dalla parte delle vittime conquistando così l’appoggio dell’opinione pubblica ed il tacito consenso a reprimere, ad atteggiarsi a paladini dell'ordine ripristinato (questo in sintesi, il "picconatore" è stato molto più esaustivo e dettagliato). Senza fare della retorica, vogliamo ricordare Gabriele e la sua vicenda, non per raccontare dello splendido ragazzo che era (cosa che è nel cuore di chiunque lo conoscesse e soltanto lì può essere custodita come un bene prezioso e non come gossip), ma solamente in quanto ragazzo privato della propria esistenza da chi, prendendo forse ispirazione da un film western, pensava di ergersi a giustiziere sparando nel mucchio. Noi l'avremmo ricordato anche se fosse stato un bandito, perchè Spaccarotella non sapeva chi aveva di fronte, poteva esserci un gruppo di criminali in azione o la banda dello zecchino d'oro, lui avrebbe sparato a prescindere, istigato da un movimento che aveva giudicato sospetto e dunque - nella sua psicologia folle, omicida – tale da spingerlo a premere il grilletto deliberatamente verso quella direzione. Il sistema deve (anche se l'imperativo di questo verbo modale esso non lo conosce) prendersi le sue responsabilità, poichè ogni suo servo ne è l'emanazione.
Da mesi, dalle aule di tribunale, dalla stampa e dalle TV asservite al regime, la giustizia sembra invece latitante. I latini dicevano Iudex damnatur ubi nocens absolvitur = Quando il colpevole è assolto, è condannato il giudice. Ebbene, se il sistema lo difende in modo così sfacciatamente sciagurato, dà prova di esserne il mandante. Il mandante dell’assassinio di un innocente.
Onore a Gabriele.
Solidarietà alle altre vittime di questo sopruso: la famiglia di Gabriele, i ragazzi detenuti e le loro famiglie.
Ai servi non auguriamo niente, ci auguriamo solo di non divenire mai come loro!
Nessun commento:
Posta un commento