venerdì 9 novembre 2007

L'immigrazione? Un business.

Chiusi a forbice tra opposte demenze, in ostaggio di profittatori internazionali e nazionali, non sappiamo che pesci prendere sull'immigrazione. Eppure...



Il caso Reggiani induce a riflettere. Il fenomeno dall'immigrazione è gestito come peggio non si potrebbe ed ha effetti catastrofici. Tanto per cominciare ha innescato una guerra tra poveri che rischia di non finire mai. Questa guerra è incoraggiata quotidianamente da una serie di ingiustizie, sperequazioni e favoritismi che avvantaggiano gli stranieri sugli italiani, gli stranieri irregolari sui regolari, e infine, tra gli irregolari, quelli più pericolosi socialmente.

I costi economici, sociali, culturali dell'immigrazione sono altissimi. L'immigrazione incide non poco anche sull'ordine pubblico e sulla sicurezza.


Non esiste una politica credibile – né l'ipotesi di una politica credibile – sull'immigrazione.





Trinariciuti e agghiaccianti





Le voci che si levano in proposito sono quasi sempre assurde, espressioni di logiche trinariciute, a volte agghiaccianti.


I profeti del paradiso cosmopolita ripetono incessantemente un'interminabile serie di assurdità ideologico-moralistiche facendosi così agenti patogeni di una vera e propria epidemia. Nella veste di censori morali criminalizzano la reazione normale della gente e pretendono anche manu militari che essa eviti di ribellarsi al non senso.


E' pur vero però che dal canto suo la gente ama il sensazionalismo ed è semplicistica nelle sue emozioni. E così, presa oggi da romenofobia, oltre a dimenticare che esistono non pochi immigrati laboriosi e onesti, non si accorge in questi giorni di altri reati non commessi da immigrati, come a Guidonia ieri (che sarebbe successo se a sparare a diciassette passanti fosse stato un rom?) o di altri omicidi tutti italiani. Mai un po' di misura... La gente oscilla pericolosamente tra un buonismo neo-rousseauiano e un'intolleranza ottusa.


Se si continua così, con demonizzazioni e angelizzazioni alterne, non si farà che far marcire irrimediabilmente tutto, senza che alcuna misura intelligente venga mai presa nemmeno in considerazione.





L'immigrazione? Un business





Ma qualcuno vuole prendere misure serie? Francamente ne dubito.


E' vero infatti che l'immigrazione è l'effetto di un colonialismo anomalo e intrecciato che tanto giova alle multinazionali e tanto danneggia i popoli. E' certo che un'ideologia perniciosa di cui sono imbevute le intellighenzie occidentali non fa che alimentare il meccanismo multinazionale.


E' vero, tremendamente vero, che ci sono troppe associazioni che vivono dell'immigrazione, foraggiate da fondi europei, nazionali, locali, da tasse dirette e indirette. L'immigrazione è diventata un business per associazioni clericali e marxiste, prima tra tutte Migrantes della Caritas.


Di sicuro fino a quando saranno versati migliaia di miliardi di lire a chi si occupa di frizioni sociali dovute all'immigrazione costoro si adopereranno affinché l'immigrazione resti un fenomeno socialmente devastante anziché cercare di trovare soluzioni. (E parte di questi miliardi si spreca nella manutenzione degli inutili e indegni Cpt, contrappeso uguale e contrario dell'assistenzialismo). Quella che si è venuta a creare è una ricchissima, vergognosa e pericolosa forma di tangente; una porcheria che ha un peso notevole nella gestione migratoria. E tutte le misure previste non vanno minimamente a risanare le problematiche sull'immigrazione bensì a rimpinguare ulteriormente le casse degli sfruttatori dell'immigrazione; lo si scopre chiaramente con la legge Amato-Ferrero.





Dobbiamo alzare le braccia?





Non c'è via di uscita? Dobbiamo gettare miliardi per finanziare i profittatori e rassegnarci così a un futuro letteralmente invivibile? E dobbiamo, nel frattempo, essere costantemente ingiusti verso tutto e tutti? Dobbiamo continuare a confondere l'immigrazione (che è un fenomeno) con la figura emblematica dell'immigrato?


E che dobbiamo pensare di questo fantomatico “immigrato”? Che è un criminale, un selvaggio, offendendo così decine e decine di migliaia di persone per bene e la nostra stessa dignità? O dobbiamo pensare che questo inesistente “immigrato” sia un buono, una vittima onesta da proteggere e con cui costruire un melting pot americano? E così alimenteremo ingiustizie, sperequazioni, guerre tra poveri e lasceremo crescere anche le ampie sacche criminogene, rendendoci complici, quando non vittime, di violenze e omicidi.


Dobbiamo rassegnarci a un'impotenza imbecille chiusi a tenaglia tra affermazioni ideologiche e prive di proposte? Sembrerebbe che tutti, dall'estrema sinistra all'estrema destra con esternazioni irreali e sloganistiche siano d'accordo per fare in modo che nulla si muova e che tutto contribuisca allo sviluppo incontrastato dello status quo, così come pretende – giustamente per le sue finanze – il cardinal Bertone.





Molto si può





E' certo che non si può risolvere il problema dell'immigrazione in una condizione di sovranità limitata e sottostando ai diktat del Wto e delle organizzazioni internazionali. Ma questo non significa che, pure nell'attuale limitato margine d'azione, alcune decisioni di buon senso non possano rivelarsi salutari.


Innanzitutto s'impone la chiusura totale dei rubinetti per le associazioni che incoraggiano il disagio migratorio.


Quindi si può uscire dai vincoli di Schenghen, ché non è un obbligo restarci invischiati, e regolarizzare così meglio i flussi.


Quindi è possibile passare una serie di accordi internazionali – in controtendenza rispetto al sistema multinazionale - per finanziare i Paesi colonizzati che oggi vivono in buona parte delle rimesse finanziarie degli emigrati e che, fronte a un'ipotesi più ghiotta, si adopererebbero a cambiare e far cambiare rotta.


Si dovrebbe poi smetterla di offrire la cittadinanza o la nazionalità (a me non è mai venuto in mente di chiedere quella francese benché abbia vissuto per quindici anni a Parigi e stimi a ragion veduta molto più quello Stato del nostro); si parli di permessi di soggiorno che, sia ben chiaro, offrono le medesime garanzie legali e assistenziali quando non addirittura maggiori.


Si dovrebbe infine avviare una serie di programmi di qualificazione professionale con integrazioni lavorative temporanee i cui proventi siano versati obbligatoriamente in parte  nel loro Paese in fondi destinati all'acquisto di casa e terra (ad esempio potrebbe trattarsi dei contributi che andrebbero vincolati a questo scopo).


Si agisca, insomma, per ribaltare la logica di questa dinamica.


Si può fare; si può fare in concordia e in collaborazione internazionale, si può fare rispettando la nostra cultura, la nostra intelligenza, le nostre tradizioni, i popoli e gli individui delle altre nazioni.


Ma la domanda che va posta è: si vuole fare? Perché a me non pare proprio. Nessuno, davvero nessuno, mi sembra volerlo; tutti, gli imbelli, i parassiti e gli oppositori che alzano la voce, si agitano e inseguono voti nel malcontento, sembrano soddisfattissimi della situazione com'è. Oppure sono soltanto superficiali e pressapochisti, il che di fatto non cambia. E allora ammettiamolo: abbiamo esattamente quello che ci meritiamo e andremo sempre peggio. Ma prendiamocela con noi stessi invece di ululare alla luna. Che noi siamo iene, cani, sciacalli o lupi mannari fa lo stesso: è solo una perdita di tempo.


Gabriele Adinolfi


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