domenica 29 aprile 2007

Settantesimo anniversario della nascita del Rais.

Il legittimo Capo di Stato iracheno, assassinato da una banda di narcotrafficanti imposta dalla guerra di Bush, nasceva il 28 aprile 1937 e cresceva nel culto di Benito Mussolini.



Saddam è nato il 28 aprile 1937 nel piccolo villaggio di Al Awja, presso Tikrit, da una famiglia molto povera. Educato dallo zio materno Kairallah Tulfah al culto di Mussolini, Saddam partecipò al nascente partito Baa't, nazionale e sociale, prima di divenire il Rais dell'Iraq. Fu impiccato quattro mesi fa dalla giunta di narcotrafficanti imposta in Iraq da americani, iraniani, israeliani e britannici. È stato assassinato, come dice Fulvio Grimaldi “per aver cacciato con due rivoluzioni il dominio britannico, primo gassatore degli iracheni con Churchill nel 1922; per aver costruito una nazione in un paese lasciato dagli inglesi senza ospedali, senza scuole, senza nome; per aver opposto ai vassalli feudali arabi dei dintorni un modello sociale basato sull'equa distribuzione della ricchezza, sull'eguaglianza, sulla dignità senza poveri e senza miliardari; per aver nazionalizzato il petrolio, linfa vitale del suprematismo giudaico-cristiano bianco; per aver sostituito l'euro al dollaro; per aver resistito all'obnubilazione della tirannia religiosa persiana; per aver alfabetizzato un popolo che, sotto gli inglesi, era felice di vivere senza leggere e scrivere; per aver fatto diventare qualsiasi ragazzo lo volesse uno dei migliori medici, ingegneri, chimici, letterati, agricoltori del Terzo Mondo; per aver reso obbligatoria e gratuita l'istruzione fino alla maturità e gratuita fino all'ultimo giorno di università, tanto che l¹ONU proclamò quello iracheno il miglior sistema educativo dei paesi in via di sviluppo; per aver garantito una sanità gratuita di altissimo livello a 25 milioni di iracheni e a tutti gli altri che fossero venuti a goderne; per aver dato alle donne una legge di parità e un ruolo raggiunto nemmeno nei paesi cosiddetti sviluppati; per aver concesso ai curdi , primo tra tutti i paesi che li albergano, l'autonomia, l'autogoverno, una lingua ufficiale che tutti gli iracheni dovevano studiare, alla faccia dei capiclan narcotrafficanti che, istigati e pagati da Israele e gli Usa, come in Kosovo massacravano i rappresentanti dello Stato e gli arabi insediati dalle loro parti (...); per aver utilizzato la ricchezza dell'Iraq industrializzando il paese, lavorando per l'indipendenza alimentare attraverso la riforma e l'industrializzazione agraria; per aver distribuito gratuitamente a tutti i contadini, oltre ai macchinari, frigoriferi e televisori, onde imporgli dittatorialmente di bere acqua potabile e fresca e impedirgli di dormire presto la sera; per non aver intascato una lira dei progetti governativi, per aver proibito ai suoi funzionari di avere conti all'estero; per aver spedito medici, insegnanti e ingegneri iracheni nei paesi arabi per assisterli nello sviluppo e per avere difeso questi paesi dall'espansionismo persiano con il prezzo di centinaia di migliaia di caduti; per aver respinto la richiesta degli Usa (visita di Rumsfeld) di riattivare l'oleodotto Iraq-Israele, di riconoscere lo Stato ebraico e di permettere l'installazione di basi Usa in Iraq; per aver costruito in pochissimi decenni un paese sovrano, equo, benestante, con piena occupazione e servizi sociali senza paragone, polo di riferimento per tutto il fronte progressista e antimperialista arabo e internazionale; per non aver mai rinunciato al destino storico dell'unità araba; per aver appoggiato fino al 9 aprile 2003 la resistenza palestinese attraverso il sostegno finanziario alle famiglie dei martiri; per aver resistito senza mai piegarsi a due aggressioni e a un embargo eurostatunitense genocidi, costato due milioni di morti, di cui 500.000 bambini; per aver dato al mondo, durante le fasi della detenzione sotto tortura e del processo, un esempio di coraggio, di incredibile forza morale, di dignità; per aver fornito la motivazione, i mezzi, la forza ideologica a una resistenza che sta sconfiggendo la più potente e feroce coalizione di criminali di guerra di ogni tempo; per essere stato e continuare a essere il simbolo di un fronte mondiale di popoli e individui in lotta contro le barbarie.” Al suo processo disse che era il Mussolini dell'Iraq e del mondo arabo.



Da: www.noreporter.org

venerdì 27 aprile 2007

Hamas: «Finita la tregua con Israele».

GERUSALEMME - Nel giorno in cui Israele festeggia il 59° anniversario della sua indipendenza, il braccio armato di Hamas ha rivendicato il lancio di razzi Qassam e colpi di mortaio contro il territorio israeliano, affermando esplicitamente di considerare decaduta la tregua concordata alla fine di novembre nella Striscia di Gaza. In un comunicato, le brigate Izzedine al-Qassam hanno detto di aver sparato 40 razzi e 70 colpi di mortaio, in risposta «ai continui crimini dei sionisti contro il nostro popolo in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza».




RESPONSABILITÀ - Il riferimento è ai nove palestinesi uccisi nell’ultimo fine settimana dall’esercito israeliano, gran parte dei quali miliziani di gruppi armati. «Il cessate il fuoco non esiste più, e Israele è responsabile di ciò», ha detto il portavoce delle brigate, Abu Obeida, ai microfoni della radio Voce della Palestina. «I nostri attacchi continueranno e siamo pronti a rapire e uccidere più e più soldati israeliani». Hamas, vincitore nelle elezioni parlamentari palestinesi nel gennaio 2006, aveva aderito al cessate il fuoco raggiunto con Israele alla fine dello scorso novembre, avvertendo che avrebbe in ogni caso risposto alle uccisioni di palestinesi. Negli ultimi mesi i miliziani di Hamas hanno evitato di compiere attacchi contro Israele, specialmente durante i negoziati che hanno portato lo scorso mese alla nascita di un governo di unità nazionale con al Fatah, il partito del presidente palestinese Abu Mazen. Ora sembra invece che il gruppo sia desideroso di riprendere la lotta, vista anche la situazione di impasse in cui versano le trattative per il rilascio dei detenuti palestinesi in cambio della liberazione di Gilad Shalit, il soldato israeliano rapito lo scorso giugno da miliziani vicini ad Hamas.



Da: www.corriere.it

giovedì 26 aprile 2007

La Musica Alternativa.

Iniziamo con una canzone che ha dato il via a tutto questo progetto, che ha dato la spinta giusta per questa avventura, una canzone per noi significativa e nazional-rivoluzionaria: "Rock" di Michele Di Fiò tratta dall'omonimo 45 giri uscito nel 1980. Presente sin dal primo "Campo Hobbit" e fondatore della risvista "La Mosca Bianca", tentativo di creare un circuito alternativo per promuovere la musica alternativa che però non ebbe molto successo dopo un'inizio entusiasmante. Nel 1982 chiude la rivista e con lei anche lui esce di scena. Un piccolo tributo va lui, che con la sue parole, ha dato voce alla musica alternativa.





martedì 24 aprile 2007

24 aprile 1916. Proclamazione della Repubblica d'Irlanda.

Novantuno anni fa, quattro minuti dopo il mezzogiorno del 24 aprile 1916 - lunedì di Pasqua - la proclamazione della Repubblica d'Irlanda veniva letta, di fronte al General Post Office di Dublino, dal poeta Patrick Pearse, alla testa dei nazionalisti Irlandesi.

Al suo fianco, Connolly, Plunkett e Michael Collins, futuro capo del movimento nazionalista Irlandese.



Il popolo libero d'Irlanda insorgeva contro l'imperialismo britannico.








Irlanda Libera! Tiochfaidh àr là!

domenica 22 aprile 2007

Strage di Bologna: dell’innocenza dei “mostri”.

Luca Telese Le prove? Inesistenti. I testimoni? Inattendibili? I riscontri? Inconsistenti. Fa una certa impressione scorrere le conclusioni a cui giunge Storia nera, il libro sulla strage di Bologna, scritto da un uomo di sinistra - Andrea Colombo, a lungo firma del Manifesto oggi portavoce di Rifondazione comunista al Senato - che esce domani in libreria (Cairo, pagg. 380, euro 17). Un libro che stupirà e susciterà polemiche non solo a sinistra, ma anche a destra, costruito intorno ad un’unica tesi forte: quella che Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini (i tre imputati condannat i con sentenza definitiva in due diversi processi per la strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980) siano innocenti. Ma che parte da un lungo lavoro di ricostruzione processuale e politico condotto con i due leader dei Nar non privo di sorprese. Qualcuno si chiederà perchè questo libro esca proprio ora. Ma forse solo adesso, dopo che anche la Cassazione il 12 aprile scorso, confermando la condanna a trent’anni di Luigi Ciavardini, ha detto l’ultima parola sulla strage, si può discutere senza il sospetto della strumentalizzazione. E forse, proprio nel momento in cui si chiude definitivamente la storia giudiziaria di uno dei processi più tormentati del dopoguerra, si può finalmente aprire lo spazio per una nuova riflessione storica. Se non altro perchè tantissimi sono gli enigmi che restano insoluti non solo per i magistrati, ma anche per gli storici e i giornalisti che si sono occupati del caso. E anche perchè quella bomba di Bologna - 95 morti, 200 feriti - è la più gran de carneficina mai realizzata nel nostro paese, è un complicatissimo giallo processuale, è tuttora un enigma politico sull’identità delle destre italiane, è una spy story inquinata da servizi segreti e logge massoniche, depistaggi, condanne clamorose e assoluzioni inspiegabili. In uno scenario di questa portata, qualunque idea si abbia, Storia nera è comunque un libro avvincente. Nella prima parte, perchè prova a dimostrare una tesi inedita e diversa da quella dei magistrati sull’origine dei Nar. Nella seconda perchè il libro è scritto come un thriller che si dedica (con un evidente scrupolo innocentista) alla demolizione progressiva di tutte le tesi dell’accusa. Una scelta di campo netta che ricorda quella di un altro avvincente libro sul caso, Il terrorista sconosciuto di Gianluca Semprini (edizioni Barbarossa), altro giornalista di sinistra, anche lui convinto dell’innocenza del trio. Semprini aveva intrecciato il processo alla biografia di Ciavardini, Colombo con Fioravanti e la Mambro.

La loro storia nera Colombo la legge in totale discontinuità con tutte le altre biografie del neofascismo italiano. Un gruppo di ventenni, mossi da un’idea di contrapposizione totale allo Stato e ai suoi rappresentanti, ma che non avevano nel loro Dna l’idea della strage e la teologia del golpe che aveva sedotto molti militanti della destra negli anni Settanta: «Valerio porta il miraggio di un’anarchia di destra priva di ogni rapporto con il passato, tesa a distruggere l’eredità storica del neofascismo italiano».

Ed è ancora una volta la storia di Fioravanti - già raccontata da Piero Corsini e da Giovanni Bianconi nelle loro biografie - la chiave per capire tutto. Il rapporto egemonico con il fratello, la carriera di enfant prodige del cinema italiano con La famiglia Benvenuti, quella incredibile sliding door che lo riporta in Italia nel 1975, quando si trova in America, ed ha davanti a se una carriera da divo. Senza questo ritorno, Valer io non sarebbe finito in classe con due dei futuri Nar, Franco Anselmi e Massimo Carminati.

E Francesca Mambro? Una singolare «missina rossa», filo-israeliana, ultra popolare, e arrabbiata contro tutto e tutti. «Detestavamo i sanbabilini. Se c’era una sciopero, mentre loro difendevano il padrone, noi difendevamo gli operai». Anche il rapporto di amore-odio con il Msi dove entrambi crescono, Colombo lo legge in chiave psicologico-generazionale. Quando il gruppo dei Nar entra nella lotta armata - racconta Fioravanti a Colombo - «I segretari di sezione non riuscivano a controllarci ma neppure ci denunciavano». Carminati spiega il suo progetto di vita a Fioravanti: «Violare tutti gli articoli del codice penale».

Poi Colombo entra nel merito del processo. I giudici sostengono, per esempio, che l’assalto dei Nar con bombe Srcm alla sezione del Pci Esquilino nel 1979 era una prova generale della strage, un anno prima? Lui prova a dimostrare che si trattava di una rappresaglia per l’o micidio Cecchin e che Valerio era contrario. I giudici sostengono che il testimone-chiave dell’accusa, Massimo Sparti, è attendibile? Colombo ricostruisce il suo identikit di filonazista, ladro e scassinatore che aveva rapinato percosso a sangue una coppia di collezionisti numismatici perché erano ebrei. E ricostruisce i misteri della sua scarcerazione. E l’assassinio del leader del movimento di estrema destra Terza posizione, «Ciccio» Mangiameli, che secondo i giudici era un testimone scomodo? Si tratta di un chiaro caso di faida politica.Un intero capitolo è dedicato ad un altro testimone importante del processo, Angelo Izzo, ex massacratore del Circeo, l’uomo che ha accusato come esecutore materiale Ciavardini. Ma come arriva a questa conclusione Izzo? Lo racconta ai giudici, riferendo una tortuosa vicenda non confermata dall’unico teste ancora in vita, l’ex Nar Massimo Cavallini. Infine, la vicenda più discussa, quella del depistaggio per cui è stato condannato Licio Gelli. Una valigetta carica di esplosivo, armi, biglietti intestati a due cittadini stranieri, che secondo i giudici serviva a scagionare i Nar e a mettere la polizia su una pista internazionale. Colombo ha buon gioco a dimostrare che non aveva senso metterlo in campo nel 1981, per scagionare Fioravanti e Mambro, se all’epoca i due non erano nemmeno inquisiti. Insomma, Storia nera ha tutti i pregi e i difetti del libro «a tesi», anche se è scritto con grande arguzia investigativa, e se produce un’imponente mole di elementi.

Se c’è un capitolo che può apparire meno convincente, per esempio, è quello delle cosidette «piste alternative», in cui Colombo produce anche elementi nuovi per sostenere la tesi del terrorismo arabo che che insanguinava l’Europa in quegli anni. Ma in ogni caso, visto che parliamo di un giallo che è anche processuale, non bisogna mai dimenticare che l’onere della prova non spetta alla difesa, ma all’accusa.



Da: www.ladestra.info

"Il trattato del ribelle" di Ernst Junger.





"Se le grandi masse fossero così trasparenti, così compatte fin nei singoli atomi come sostiene la propaganda dello Stato, basterebbero tanti poliziotti quanti sono i cani che servono ad un pastore per le sue greggi. Ma le cose stanno diversamente, poichè tra il grigio delle pecore si celano i lupi vale a dire quegli esseri che non hanno dimenticato che cos'è la libertà. E non soltanto questi lupi sono forti in se stessi, c'è anche il rischio che, un brutto giorno, essi trasmettano le loro qualità alla massa e che il gregge si trasformi in un branco. E'questo l'incubo dei potenti."

In Polonia invece non esiste la violenza... E "calciopoli" dove la mettiamo?

«Europei calcio persi per violenza in stadi»



ROMA
- «Se l'Italia ha perso la gara per aggiudicarsi i campionati europei di calcio del 2012 è anche perchè si ha una brutta immagine della violenza negli stadi, come si è visto ultimamente anche a Roma, sia che sia stata colpa degli inglesi che degli italiani». Lo ha detto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano rispondendo alle domande di alcuni studenti ricevuti nella tenuta di Castelporziano. «Grande responsabilità è delle società di calcio, che non devono incoraggiare i violenti».


BULLISMO: RESPONSABILITÀ SCUOLA E FAMIGLIE - Poi il capo dello Stato ha parlato anche dei recenti fenomeni di bullismo che hanno coinvolto studenti e adolescenti. «È molto grande la responsabilità della scuola e anche delle famiglie per scoraggiare questi comportamenti», ha affermato Napolitano. «Chi si comporta con prepotenza si deve vergognare, si deve sentire non superiore ma inferiore agli altri. È anche vero che il bullismo non c'è solo quando ti danno le botte, ma anche quando i prepotenti deridono, umiliano, isolano gli altri. Ripeto: ci sono grandi responsabilità anche da parte dei genitori. I ragazzi che fanno i bulli forse a casa non ricevono l'educazione severa di cui avrebbero bisogno e forse non hanno l'attenzione che meriterebbero in famiglia».



Da: www.corriere.it



E intanto, mentre LORO parlano, qualcuno va a firmare...





Art. 31 della cosituzione italiana, libertà di espressione.

Morte poliziotto: a Potenza scritte ultras, Digos indaga.






'Verita' sulla morte dell'ispettore Raciti'. E' una delle frasi scritte su due striscioni comparsi nella notte a Potenza. Sono stati rimossi dagli agenti della Digos che sta provvedendo a cancellare anche un'altra scritta: 'Lo Stato non ci fermera'. Ultras liberi'. Nel capoluogo lucano, il 9 febbraio, a una settimana dalla morte di Raciti, a pochi metri dalla Questura fu tracciata un'altra scritta, che si riferiva alla morte di un tifoso francese.



Da:
www.gazzettadelsud.it

venerdì 20 aprile 2007

Ridiamogli la gloria, Delenda Carthago in concerto!



Controvento... Pub Style!

La “lettera del mullah Omar”.

di Marco Travaglio (letta nel corso della trasmissione “Annozero”)



Chi scrive è il mullah Omar. Ho 44 anni, 4 mogli, vari figli, sono di Kandahar, dunque non sono arabo: sono afghano. Nella mia vita ho fatto un po’ di tutto: il combattente, il politico, la guida spirituale, di nuovo il combattente. Ho conosciuto i più grandi eserciti del mondo: a 20 anni combattevo l’Armata rossa (ci ho rimesso letteralmente un occhio della testa), ora combatto gli Stati Uniti, gli inglesi e i loro alleati della Nato. Solo che, quando combattevo i sovietici, a voi occidentali piacevo tanto: le armi ce le passavate voi. Ora, comprensibilmente, non vi piaccio più. Eppure sono rimasto lo stesso.



Conosco Bin Laden dai tempi dell’invasione sovietica, quando anche lui vi piaceva parecchio. Ma non abbiamo niente in comune: lui è un arabo, un califfo saudita pieno di petrodollari. Ci aiutò contro l’Armata rossa e dopo ci diede un sacco di soldi per costruire strade,ponti, scuole e ospedali. Per questo era molto amato dagli afghani e quando entrai in Kabul, nel 1996, lo lasciai lì. Ma nel `98 fu accusato di aver ordito gli attentati alle ambasciate Usa in Kenya e in Tanzania, e la sua presenza in Afghanistan divenne un problema. Anche perchè Clinton cominciò a bombardare nel mucchio, nella zona di Khost, pensando che lui fosse lì: invece morirono centinaia di civili. Tra il mio governo e Clinton ci fu una trattativa: ma sì, risulta dai documenti del Dipartimento di Stato, anche gli americani trattavano con i talebani. Avevano il mio numero. Mandai il mio braccio destro Wakij Ahmed a Washington, a incontrare due volte Clinton: il 28 novembre e il 18 dicembre `98. Clinton voleva che ammazzassimo Bin Laden, o almeno lo espellessimo. Espellerlo non potevamo: era troppo popolare.Offrimmo di fornire le coordinate del suo nascondiglio, così che gli Usa potessero centrarlo a colpo sicuro. Purchè la smettessero di bombardarci. Clinton, inspiegabilmente, rifiutò.



Poi i nostri rapporti peggiorarono ancora, ma non certo per il burka alle donne o per le tv distrutte o per le statue del Buddha polverizzate: fu perché rifiutai di affidare la costruzione del mega gasdotto dal Turkmenistan al Pakistan all’americana Unocal. Gli americani se la legarono al dito, anche perché nell’Unocal erano impicciati Dick Cheney, Condoleezza Rice e l’attuale presidente afghano Hamid Karzai. Ora fingete di scandalizzarvi tanto per l’oppio: ma nel ‘98 e nel ‘99 proposi più volte all’America e all’Onu di bloccare la coltivazione del papavero in cambio del nostro riconoscimento. Risposero picche. Nel 2000 bloccai unilateralmente la coltivazione del papavero, tra le proteste di centinaia di migliaia di contadini: ma il Corano vieta di produrre e consumare droga, e per me il Corano è una cosa seria. Risultato: il prezzo dell’oppio salì alle stelle. Un danno terribile per le grandi mafie del narcotraffico mondiale. Sarà un caso, ma meno di un anno dopo ci avete attaccati. Ora, nell’Afghanistan “liberato” e “democratico”, si produce più oppio di prima: produciamo l’87% dell’oppio mondiale.



Dopo l’11 settembre gli americani ci han chiesto di nuovo di consegnare Bin Laden. Abbiamo chiesto le prove del suo coinvolgimento. Non ce le han date. Noi non abbiamo dato Bin Laden. E ci hanno attaccati. Anche se non c’era un solo afghano nei commandos delle Torri gemelle, né un solo afghano è stato mai trovato nelle cellule di Al Qaeda: c’erano sauditi, egiziani, giordani, tunisini, algerini, marocchini, yemeniti. Non afghani né iracheni. Eppure avete invaso proprio l’Iraq e l’Afghanistan. Avete mai pensato di bombardare la Sicilia per cinque anni per stanare Provenzano? Eppure quello era latitante da 43 anni, Bin Laden solo da un paio. Noi non siamo un popolo di terroristi. Le prime autobombe sono esplose nel 2006, dopo 5 anni di occupazione. Un po’ perché questi 5 anni hanno sconvolto e imbarbarito le nostre tradizioni. Un po’ perché molti terroristi vengono da fuori. Un po’ perché coi russi, almeno, riuscivamo a fare la guerra: le loro truppe erano sul campo. Con gli americani è impossibile: li vediamo sfrecciare sui loro B52 a 10 mila metri d’altezza. Un anno fa un Predator americano, senza pilota né equipaggio, ha bombardato il piccolo villaggio pachistano di Domadola, al confine con l’Afghanistan, pensando che io e Al Zawahiri fossimo lì. Ha ucciso 18 civili, tra cui 8 donne e 5 bambini. Nessun americano, per il semplice motivo che gli americani non c’erano: il Predator era telecomandato da una base del Nevada, dove il pilota dirigeva le operazioni via satellite. E’ la “guerra asimmetrica”, che è a costo zero, almeno per voi. Non per il nostro popolo.



Badate, non voglio certo fare il santerellino. Io sono un guerriero feroce e fanatico. Ma leale. Finchè ho avuto il controllo della situazione, non abbiamo avuto sequestri di persona: una volta che una giornalista inglese penetrò nel nostro paese travestita da uomo, fu trattata bene e, accertato che non era una spia, rilasciata senza contropartite tre giorni dopo. Che mi dite invece dei vostri agenti che, nella libera Milano, han sequestrato un imam per mandarlo in Egitto e farlo torturare? Dite che teniamo le nostre donne troppo coperte. Può darsi. Ma voi esagerate nell’altro senso: possibile che da voi una donna, per andare in tv, debba mettersi in costume da bagno, magari col crocifisso tra le tette? Non avete un posto più decente per mettere il figlio del vostro Dio?

E’ vero, non riconosco lo Stato laico e la separazione tra religione e politica. Ma proprio voi venite a dare lezioni? Mi risulta che anche da voi molti politici prendano ordini da capi religiosi, tra l’altro residenti in uno Stato straniero.



Ora vi devo salutare. Ma consentitemi di ringraziarvi per il servigio che, involontariamente, avete reso a me e ai taliban: nel 2001, quando ci avete cacciati da Kabul, stavamo sulle palle a gran parte degli afghani.Ora che gli afghani vi hanno conosciuti e han visto all’opera il cosiddetto presidente democratico Karzai, siamo diventati popolarissimi. Tant’è che io continuo a girare in bicicletta e in sidecar. Sulla mia testa c’è una taglia da 50 milioni di dollari, ma nessuno ha mai pensato di tradirmi per intascarla. Vi lascio con un pensiero di un vostro santo, che dovreste conoscere bene, Agostino da Ippona. E’ tratto dal De Civitate Dei: “Una volta fu portato al cospetto di Alessandro Magno un famoso pirata fatto prigioniero. Alessandro gli chiese: `Perché infesti i mari con tanta audacia e libertà?’. Il pirata rispose: `Per lo stesso motivo per cui tu infesti la terra; ma poiché io lo faccio con un piccolo naviglio, sono chiamato pirata; poichè tu lo fai con una grande flotta sei chiamato imperatore’”. Meditate, infedeli, meditate.



Cordiali saluti, il Mullah Omar

...



A 300 Km sulla Città!

Gerardo Dottori nasce a Perugia nel 1884, aderisce al Futurismo nel 1912, avvicinandosi al dinamismo plastico su suggestioni sopratutto di Balla. Elabora progressivamente il suo linguaggio, divenendo il massimo esponente di una tipica invenzione futurista: l'aeropittura. Sottoscrive nel 1929 assieme a Marinetti, Balla, Prampolini, Depero, Fillia, Benedetta, Somenzi, Tato e Rosso il "Manifesto dell'Aeropittura" e nel 1941 scrive il "Manifesto Futurista Umbro dell'Aeropittura". Oltre ad una significativa attività letteraria realizza alcuni interessanti allestimenti (o "ambientazioni") per ambienti pubblici e privati, ed anche progetti di mobili, in cui la componente dinamica e decorativa gioca un ruolo rilevante. Muore a Perugia nel 1977.


 



Esposizione permamente a Perugia, Palazzo Penna.




giovedì 19 aprile 2007

T-red, rapina legalizzata!

Ancora per poco, si spera. Il 18 aprile il Giudice Angelo Iuliano ha emesso la prima sentenza sul T-RED, pronunciandosi a favore del ricorso fatto da un automobilista, ravvisando una violazione da parte del Comune della procedura prevista dagli art.201 Codice della Strada e 385 del regolamento di Esecuzione. Infatti queste norme prevedono una rigorosa procedura ai fini della compilazione e della notifica del verbale che sostanzialmente deve essere svolta esclusivamente dall'amministrazione. Il Comune si è avvalso di un soggetto esterno all'amministrazione, fatto questo che inficia la procedura comportando la nullità del verbale.



La società Citiesse di Como, infatti, oltre ad essere la fornitrice degli impianti, è anche di fatto l'unico garante della corretta funzionalità del famigerato T-RED.



La società Citiesse di Como, si legge nella convenzione stipulata con il Comune di Perugia, incassa 25 euro per ogni contravvenzione (da 151 euro con decurtazione di 6 punti dalla patente) che viene elevata dalle macchinette che lei stessa gestisce.



Ad oggi sono state rilevate dai T-RED più di 20.000 (Ventimila!) infrazioni...



Chi ha orecchie per intendere ha inteso da tempo, ora anche la sentenza del Giudice Iuliano ha stabilito che l'amministrazione non può affidare ad un privato con rilevanti interessi in gioco la funzione di garante, considerandolo “terzo”, poiché tale non è.



Le polemiche divampate in questi mesi in città hanno riguardato anche le modalità di funzionamento e le presunte finalità delle famigerate macchinette. I tempi di permanenza della luce gialla si sono ridotti fino ad arrivare agli attuali quattro secondi prima del rosso (e del verbale...), aumentando così i patemi dell'automobilista che si avvicina all'incrocio, oltre che i tamponamenti...



La sicurezza stradale: fornisca l'assessore alla viabilità i dati delle statistiche, numeri e percentuali, secondo i quali gli incidenti e i feriti sarebbero diminuiti, poiché sul sito del comune non se ne trovano. Li fornisca poiché c'è chi dice che invece siano aumentati, e gli si potrebbe ragionevolmente dare ragione vista la vera e propria “psicosi da multa” con inevitabili pericolose inchiodate, che ormai imperversa tra gli automobilisti.



Dopo l'orgia di rotonde alla francese che si è abbattuta sulla città da qualche anno a questa parte, a Palazzo dei Priori hanno pensato che i semafori era meglio lasciarli dove stavano, che con un po' di ingegno anche quelli potevano servire a svuotare le tasche dei cittadini, e ogni “buco” si sarebbe tappato...



Nonostante ricorsi, sentenze, malcontento generale, le macchinette sono ancora al loro posto, l'aministrazione fa orecchie da mercante e il cittadino continua a pagare. Ancora per poco, si spera...



NON PIEGARTI ALLA RAPINA LEGALIZZATA, NON PAGARE!

mercoledì 18 aprile 2007

Europei 2012? No grazie!

Ore 11.30 italiane, in Galles si riunisce la commissione che deciderà la locazione degli Europei 2012, viene approvato il binomio Polonia/Ucraina per 8 voti a 4 a discapito della "povera" Italia. La "povera" Italia che era con tutte le carte in regola e favorita secondo il Ministro Melandri. Lo stesso Ministro che ha contribuito al nuovo decreto anti-violenza, ovvero il decreto Amato, credendo che megafoni e tamburi o striscioni e bandiere fossero la causa della violenza negli stadi. Lo stesso Ministro che preferisce farsi fotografare durante i festini.. Forse gli si addicono di più! La "povera" Italia che pare gia essersi dimenticata della vicenda calciopoli. La "povera" Italia che pian piano sta dimenticando il calcio giocato, quello fatto con una palla, un'arbitro e undici giocatori per parte. Quello che pare invece non essere stato dimenticato sono ovviamente i soldi sottoforma di sponsor, televisioni, moviole e chi più ne ha più ne metta! Tutto questo speculando su quei pochi appassionati rimasti che poco a poco, spariranno lentamente. Qui entrano in campo gli Europei del 2012, dove in perfetto "stile italiano" credevamo di poter nascondere lo schifo che gira attorno al nostro calcio per poi inevitabilmente farlo uscire allo scoperto quando più potesse essere utile.


Saremo controvento, ma noi siamo contenti così, grazie Uefa!

martedì 17 aprile 2007

Delenda Carthago, botta e risposta!

Qualche domanda agli amici Delenda Carthago che da più di dieci anni fanno parte integrante della Musica Alternativa italiana.


Quando e come avete iniziato ad avvicinarvi alla musica alternativa?


Ormai sono passati 10 anni dalla fondazione del gruppo... Tutto iniziò con una cassetta di musica alternativa consegnataci da Lele (Hobbit)… E' difficile descrivere le emozioni provate nel sentire canzoni che traducevano in musica i nostri ideali,i nostri sacrifici,le nostre speranze. A quella cassetta dobbiamo tutto, forse senza di lei non avremmo avuto lo stimolo giusto per iniziare la nostra avventura..


 


Avete preso ispirazione da qualche gruppo?


Tornando al discorso della cassetta… Possiamo dire che i gruppi che fin dall'inizio hanno segnato il nostro riferimento  musicale sono stati senza dubbio la Compagnia, i 270/Bis, Antica Tradizione, nonché  gruppi di stampo più aggressivo come i Division 250 e Celtica.. E' evidente che anche le canzoni di Massimo hanno avuto una forte risonanza nella nostra musica, soprattutto per quanto concerne la ricerca di quei messaggi, che solo lui era in  grado di comunicarci con i suoi testi.


 


Sono passati dieci anni ormai, tra concerti, manifestazioni, risate e amici. Qualcuno vi ha lasciato, altri si sono aggiunti. Quale episodio sarà impossibile dimenticare in questi dieci anni di attività musicale?


E’ vero… Molti ci hanno lasciato, per i più svariati motivi, ma noi, dopo 10 anni, siamo ancora qui e possiamo dire che ne è valsa la pena! Non vi è una situazione particolare, ma ricordiamo con affetto tutti i momenti passati assieme ai fratelli sui colli incantati del Monte Subasio…


 


Avete dei lavori in cantiere? Idee per il futuro?


Stiamo lavorando su molte iniziative… Innanzitutto i Delenda Carthago, hanno da pochi mesi, una nuova formazione: Federico/voce – Pier/chitarra – Steve/chitarra – Gianluca/batteria – Silvia/tastiere – Giulio/basso! È quasi pronto un cd “Live in The Bunker”, che ha un duplice compito: testare la nuova formazione e salutare il “bunker”, ovvero la nostra vecchia sala prove che lasciamo dopo più di dieci anni di attività! Un cd, interamente registrato in presa diretta… Oltre ai nuovi gadget (felpe e magliette), stiamo finendo il nostro decennale… I suoni sono decisamente più forti delle vecchie canzoni, infatti i Delenda stanno scivolano in una “deriva Metal”…Seguiteci…!!!


 


Spazio ai saluti, qualcuno in particolare?


Saluti in particolare a ControventoPG, che ci ha dato questo spazio, a Luigi Ciavardini e a tutti coloro che ci hanno sempre sostenuto, ricordando che i Delenda Carthago hanno sempre dato il loro contributo all’infuori di stemmi o sigle, da Perugia a Cartagine… Gli altri, TUTTI ALL’INFERNO!


Per date concerti, materiale e informazioni:


www.delendacarthago.it


delendacarthago.splinder.com



lunedì 16 aprile 2007

Cuore Nero!

Karen in difficoltà per le operazioni dell'esercito birmano.


Karen in difficoltà: conquistato dai birmani il quartier generale del 101° battaglione del K.N.L.A.  Nuove truppe si concentrano attorno alla “Terracciano”.





Dopo tre giorni di intensi combattimenti tra Esercito di Liberazione Karen da una parte, e truppe birmane supportate da milizie collaborazioniste dall’altra, i soldati del K.N.L.A. si sono ritirati ieri dal quartier generale del 101° Battaglione. Gli scontri sono avvenuti lungo il confine con la Tailandia, all’altezza della provincia di Tak, non lontano dalla città di Mae Sot. Secondo la Reuters, nella battaglia avrebbero perso la vita 17 persone, mentre molte altre sarebbero rimaste ferite. Come conseguenza degli scontri alcune centinaia di civili hanno abbandonato l’area per riversarsi in Tailandia o in zone nascoste della giungla birmana. Altri civili stanno intanto abbandonando anche i villaggi attorno alla clinica “Carlo Terracciano”(difesi, lo ricordiamo, dal 201° battaglione del K.N.L.A.). I profughi hanno riferito che le milizie del D.K.B.A. (Democratic Karen Buddhist Army, la formazione che collabora con il regime birmano) in questi ultimi tre giorni hanno fatto confluire nella zona nuove truppe. Il timore di un prossimo, massiccio attacco, ha spinto i civili ad ingrossare il numero di profughi che già avevano abbandonato l’area agli inizi di marzo.





Ora più che mai, il vostro cinque per mille a POPOLI, clicca qua per saperne di più.

Solidali a Cuore Nero.

Grande successo milanese della festa di Cuore Nero.


Milano, sabato, festa tra le macerie. Una folla di gente, praticamente incalcolabile per il viavai continuo che si è protratto dal mattino fino a mezzanotte ha rallegrato viale Certosa davanti al luogo dell'attentatocomunista che la notte tra martedì e mercoledì scorso aveva devastato il locale che avrebbe dovuto ospitare il circolo Cuore Nero. Presenti un po' tutte le comunità e anche i partiti; Fiamma Tricolore e Forza Nuova vicini di banchetto. Fotografi, giornalisti, poliziotti, carabinieri e più in là il Torchiera, centro sociale Rosso-Rom, dove si era radunata un po' di gente, rigidamente protetta dalla furia popolare (il quartiere è imbestialito con questi reazionari prepotenti). Ma non ce ne sarebbe stato bisogno perché gli organizzatori della festa, così come avevano preannunciato, non avevano alcuna intenzione di sfogarsi sui loro sprovveduti vicini. La festa, il concerto, il tesseramento, la vendita di materiale, tutto ha avuto successo. In una sola giornata sono stati raccolti diecimila euro (la metà dei danni provocati dall'ordigno dei tentati stragisti ). E questo a prescindere dalla raccolta per postepay. Gli organizzatori hanno anche manifestato la volontà di aprire Cuore Nero al più presto; e, nell'attesa, di dargli un'altra forma di vita e di attività innestando un processo di moltiplicazione di fondi e di cultura politically uncorrect in tutta Italia. Vi terremo informati delle iniziative. E MANI AL PORTAFOGLI! Per rilanciare Cuore Nero e far fronte agli ingenti danni, un progetto è allo studio. Ma intanto, visto che si devon trovare oltre ventimila euro, ecco i dati per la colletta. Ricaricare la postepay numero 4023600440208967 intestata ad Alessandro Todisco. Nello spazio per la Causale, scrivere: Cuore Nero. L'operazione si effettua alle poste, in qualsiasi ufficio postale; è sufficiente dettare i dati. Il costo è di un euro di aggiunta alla cifra versata, qualunque essa sia.


Da: www.noreporter.org

venerdì 13 aprile 2007

Diventiamo cinesi per farci rispettare.

MILANO - E così, anche Milano ha la sua Secondigliano: il quartiere dove le pattuglie che vanno ad arrestare un pregiudicato sono circondate da folle urlanti, che sottraggono il ricercato alla legge e ai suoi tutori con lancio di oggetti dai balconi, violenze varie e magari revolverate.


Solo che la Secondigliano milanese è un quartiere centrale: via Paolo Sarpi e le vie limitrofe,  il cosiddetto quartiere cinese.

Qui sono scoppiati disordini per una multa.

Una donna cinese, multata dai vigili, è stata soccorsa dai cinesi che lì hanno negozi e magazzini, laboratori e clandestini in numero enorme.

Uno scontro violentissimo, con percosse, distruzioni di auto e sventolio di bandiere rosse con la stella comunista di Pechino, che non si è calmato mentre scrivo: vigilantes cinesi non fanno avvicinare i poliziotti.

Zona vietata.

Roba loro.

Chi non è di Milano può non sapere: quella zona è a due passi dal Castello Sforzesco, un quartiere che potrebbe essere di lusso se non l'avessero accaparrato i cinesi con le loro attività essenzialmente illegali e lucrose.

Hanno mandato via gli abitanti, vecchi pensionati milanesi per lo più.

Minacciano e intimidiscono quei pochi che resistono.

Ma hanno pagato case e negozi: in contanti, contanti in grosse valige.

Tutto governato dalle Triadi, una mafia che la nostra mafia, al confronto, è una filodrammatica di paese.

Ultrasegreta, sfruttatrice e spietata.

Sono le Triadi che portano qui i clandestini, e li sfruttano per decenni, taglieggiando i loro guadagni.

Ritirano loro i passaporti.

I passaporti dei morti vengono rivenduti ai taglieggiati vivi, un furto continuo di identità, una totale illegalità totalmente impunita.

Tutto questo è noto da sempre, ma naturalmente le (cosiddette) autorità fanno finta di nulla, perché i cinesi sono «tranquilli».

Salvo che è scoppiata «l'emergenza».

Un'altra emergenza italiota.





I cinesi sono lesti a capire che qui le leggi non valgono, che l'arroganza e la massa hanno sempre la meglio.

Vedono anche loro la TV, capiscono benissimo l'italiano (anche se fanno finta del contrario), ed hanno capito subito che qui l'esempio da seguire è Mastella, Tronchetti Provera, o il senatore a vita Emilio Colombo, che manda le Fiamme Gialle della sua scorta a comprare la coca.

Gli impuniti, l'impunità, la vacuità della legge inapplicata, le mani legate della sedicente forza pubblica, sono fatti che ogni immigrato capisce al volo.

Qui può malfare impunito, per di più con un'assistenza sanitaria gratuita che in Cina non si sogna nemmeno nel delirio dell'oppio, e incredibili agevolazioni per il mutuo-casa negati ai cittadini italiani, e gli assegni familiari.

In più, naturalmente, il pietismo italiota: «Ricordiamoci che anche noi eravamo un popolo di emigranti».

Appunto, ci ricordiamo: i nostri emigranti in USA e nelle miniere del Belgio, mica trovavano le ASL gratuite e le case a prezzo basso sottratte agli abitanti locali.

Dovevano sgobbare, mantenersi sani e dormire in baracche e nei retrobottega.

Naturalmente, la brava gente italiana, tartassata da Visco, ora si allarma.

E dice: visto che quelli sventolano la bandiera della Cina, allora espelliamoli in Cina, è il loro Paese.

Errore: i cinesi hanno quasi tutti la cittadinanza italiana.

L'hanno avuta con facilità, perché noi siamo buoni, e perché ci sono i corrotti nelle amministrazioni, e inoltre la Caritas aiuta e assiste nelle pratiche.

Privare della cittadinanza gli sbandieratori, i neo-patrioti di Pechino, sarebbe una mera giustizia: ma da noi non vige la giustizia, vige il diritto «positivo» e la manica larga.

E loro l'hanno capito benissimo.

A Pechino, sarebbero già tutti passibili di fucilazione per quello che hanno fatto; da noi, lo sanno, si può fare tutto.

Specialmente se si è in tanti e prepotenti.

Ebbene: in questo, sono del tutto italiani.

Perfettamente integrati alla illegalità generale.

E' vero che hanno chiamato in loro aiuto il console cinese (pensate se degli australiani d'origine italiana chiamassero, dopo una rivolta, il console italiano in piazza con loro), ma anche questo è possibile in Italia a cittadini italiani per tornaconto, ma non per volontà.

Anzi solo qui.





Ebbene, vi dirò: hanno ragione loro.

Il Comune di Milano commina multe erosissime; un divieto di sosta costa un decimo di un magro stipendio «normale» a Milano.

Evidentemente i vigili hanno provato ad applicare il taglieggio anche ai cinesi, ed è successo quel che è successo.

Il guaio è che noi italiani nati e vissuti qui, quando siamo multati, non abbiamo la solidarietà armata del vicinato.

Noi siamo soli.

Isolati.

Circondati da un vicinato indifferente, se non ostile.

Che non ha solidarietà per un membro del popolo che viene taglieggiato dalle burocrazie spoliatrici. Che non si sente offeso in massa dall'offesa o dall'ingiustizia fatta ad uno di noi.

Noi, solo noi, non abbiamo attorno una nazione pronta a difenderci, a solidarizzare, a condividere la resistenza contro l'oppressore.

Perciò noi siamo sur-tassati.

Nè abbiamo agevolazioni per la prima casa.

Noi dobbiamo condividere le affollate sale d'aspetto delle ASL e dei pronto-soccorsi con miriadi di emigrati pieni di figli a carico del sistema - un sistema sanitario che noi abbiamo pagato da una vita e continuiamo a pagare, e loro no.

Per noi niente sconti, niente solidarietà per le nostre povertà, nessun aiuto della Caritas e dei «mediatori culturali» per farci avere il posto in ospedale o il sussidio per la badante della mamma con l'Alzheimer.

Quelle cose, prima, agli immigrati; e poi anche a noi, se resta qualcosa.

Non resta mai nulla.

I veri stranieri siamo noi.




Siamo noi gli estranei senza cittadinanza, per i poteri burocratici che ci sgovernano.

Noi cittadini ligi alle norme, e alla buona educazione.

Noi che non saltiamo le file, che non minacciamo, che paghiamo le multe che ci portano via un decimo della pensione e del salario.

Noi ligi veniamo dopo tutti.

Davanti a un magistrato, la nostra parola vale quella del pregiudicato che ci ha truffato o derubato o rapinato; anzi la sua vale di più, perché il giudice già lo conosce e conosce il suo avvocato.

Davanti all'ufficio-tasse, siamo per principio sospetti di evasione.

Noi che ci mettiamo in fila, che non cerchiamo o non abbiamo raccomandazioni, siamo gli ultimi ad essere serviti dal «servizio pubblico».

Prima i pregiudicati, prima i negri, prima gli zingari rumeni.

Prima i cinesi.

Abbiamo sbagliato tutto.

Dovremmo diventare anche noi  cinesi, o almeno camorristi: unirci, far paura, pretendere con arroganza l'impunità.

Solo che non abbiamo una bandiera da sventolare.

E nemmeno un console straniero che scenda in piazza a proteggere la nostra insubordinazione.

Ma quale?

Noi non siamo insubordinati.

Noi obbediamo.

Per questo siamo stranieri in Italia.

Per questo siamo immigrati appena sbarcati nel Paese in cui siamo nati, e che manteniamo con il lavoro e le tasse.



Maurizio Blondet

12/4/2007



da: effedieffe

Ingiustizia è fatta.





La vicenda giudiziaria relativa alla strage di Bologna si conclude con la conferma definitiva della sentenza di condanna a trent’anni di reclusione a Luigi Ciavardini.

Il mostro di Bologna sarebbe stato un ragazzino di diciassettenne anni, cresciuto nel clima violento degli anni di piombo. Nessuno ci crede sul serio, in realtà, ma lapide e commemorazioni ufficiali possono ritenersi salve. La sentenza di condanna nei confronti dei maggiorenni, Mambro e Fioravanti, trova finalmente l’auspicato cordone sanitario.

Tutto ritorna al suo posto, come da copione, se non fosse che questa farsa durata ventisette anni tradisce un’assenza illustre: la Verità.

Nessuno ha spiegato perché e per conto di chi Ciavardini avrebbe compiuto un "atto di guerra non dichiarato" contro il suo popolo. Nessuno ha mai spiegato per quali ragioni il 2 agosto 1980 la stazione ferroviaria di Bologna è saltata in aria. Nessuno ha mai spiegato cosa è accaduto nei cieli di Ustica il 27 giugno dello stesso anno: ancora oggi le intelligenze del paese discutono civilmente se ad abbattere il DC9 fu una bomba o un missile. Per mesi venne raccontato agli italiani che l’aeroplano era caduto da solo.

Forse nessuno avrà mai il coraggio di spiegare cosa accadde realmente in quella maledetta estate del 1980. E soprattutto nessuno prova un minimo di vergogna per questo.

Ma sarà nostra cura ricordare a questo nessuno, sino all’ultimo dei suoi giorni, che né la ragion di stato né tanto meno quella di partito potranno mai soffocare la voce della coscienza, illudendolo che il fine giustifica i mezzi, anche quelli più meschini. Che la persecuzione di un ex terrorista, anche se non c’entra nulla con la strage di Bologna, non deve turbare il sonno delle persone perbene.

Un innocente rimane innocente, anche se da ragazzino imboccò la strada maledetta della lotta armata. Quel gioco al massacro per il quale i cattivi maestri, gli istigatori, gli strateghi del mediterraneo, l’intera classe politica italiana non hanno mai avuto il pudore di assumersi le responsabilità.

La morte civile di Luigi Ciavardini è l’ultimo verdetto dell’ultimo processo sugli anni di piombo. Si può chiudere finalmente la pagina più buia della storia italiana: le consegne sono state rispettate. La grazia ad Ovidio Bompressi è stata concessa, quella per Adriano Sofri aspetta tranquillamente perché la pena rimane sospesa; ovviamente. Ovviamente, Ciavardini rimane murato vivo nel braccio speciale di Poggio Reale. Ovviamente.

Ovviamente la nostra battaglia per la Verità non termina oggi. Ricomincia proprio adesso e saremo più determinati di prima. E ancora più chiari.

Se abbiamo scelto la linea del silenzio, in questi ultimi mesi, è stato solo per evitare che le continue provocazioni indirizzate nei nostri confronti potessero nuocere a Luigi.

Abbiamo provato, sino all’ultimo, a credere nella Giustizia. Oggi non ci crediamo più e vogliamo spiegare a tutti il perché. Nelle scuole, all’università, nelle piazze delle nostre città.


Siamo pronti.





L'Ora della Verità

mercoledì 11 aprile 2007

Giustizia è morta.

Luci e ombre... Benvenuti in Italia.

Discovery fatale.

di Giuseppe Lo Bianco

e Piero Messina


Una camionetta della polizia in retromarcia. Un urto. Poi l'ispettore si accascia. Dal verbale di un agente forse una nuova verità sulla tragedia di Catania.


Il Discovery della polizia si muove in retromarcia per sfuggire all'inferno di pietre, fumo e bombe carta scatenato dagli ultras catanesi. Poi, un botto improvviso sulla vettura. In quel momento l'ispettore Filippo Raciti si porta le mani alla testa e si accascia. Due colleghi lo adagiano nel sedile posteriore del fuoristrada; l'ispettore si lamenta dal dolore e non riesce a respirare. Potrebbe essere in questo racconto, nel verbale redatto il 5 febbraio scorso alla squadra mobile di Catania, la soluzione del 'caso Raciti'', l'ispettore di polizia morto dopo gli scontri con i tifosi durante il derby Catania-Palermo del 2 febbraio.



A raccontare è l'autista del fuoristrada, l'agente scelto S. L., 46 anni. È lui che ricostruisce dettagliatamente quella giornata di follia: dall'arrivo dei pullman con i tifosi del Palermo sino agli ultimi momenti di Raciti. Il passaggio più importante del verbale va collocato intorno alle 20,30. Più di un'ora dopo il presunto contatto con gli ultras di fronte al cancello della curva Nord e a partita appena conclusa, mentre fuori dallo stadio continua la guerriglia. Rivela S. L.: ". In quel frangente sono stati lanciati alcuni fumogeni, uno dei quali è caduto sotto la nostra autovettura sprigionando un fumo denso che in breve tempo ha invaso l'abitacolo. Raciti ci ha invitato a scendere dall'auto per farla areare. Il primo a scendere è stato Raciti. Proprio in quel frangente ho sentito un'esplosione, e sceso anch'io dal mezzo ho chiuso gli sportelli lasciati aperti sia da Balsamo che dallo stesso Raciti ma non mi sono assolutamente avveduto dove loro si trovassero poiché vi era troppo fumo. Quindi, allo scopo di evitare che l'autovettura potesse prendere fuoco, mentre era in corso un fitto lancio di oggetti e si udivano i boati delle esplosioni, chiudevo gli sportelli e, innescata la retromarcia, ho spostato il Discovery di qualche metro. In quel momento ho sentito una botta sull'autovettura e ho visto Raciti che si trovava alla mia sinistra insieme a Balsamo portarsi le mani alla testa. Ho fermato il mezzo e ho visto un paio di colleghi soccorrere Raciti ed evitare che cadesse per terra". Raciti viene adagiato sul sedile e soccorso da un medico della polizia.





L'ispettore muore per la manovra imprudente di un collega alla guida del Discovery? A ipotizzarlo, dopo avere letto il verbale, è adesso la difesa dell'unico indagato, il minorenne Antonio S. arrestato pochi giorni dopo gli scontri, e accusato dell'omicidio. Scrive il medico Giuseppe Caruso, nella consulenza di parte: le fratture delle quattro costole dell'ispettore e le sue lesioni al fegato sono compatibili, "con abbondante verosimiglianza, con il bordo dello sportello di un fuoristrada o dello spigolo posteriore di un identico autoveicolo".



Si potrebbe ribaltare dunque lo scenario proposto dalla polizia e dal pm della Procura presso il Tribunale per i minorenni, Angelo Busacca, che accusano il giovane di avere scagliato, con altri, un pezzo di lamiera contro un gruppo di agenti, tra cui Raciti, che tentavano di proteggere i tifosi del Palermo. Un gesto compiuto, come testimoniano le riprese video, tra le 19,04 e le 19,09. La partita giudiziaria ora si gioca sul terreno medico-legale. A sostegno della nuova richiesta di scarcerazione per mancanza di indizi del minorenne gli avvocati Giuseppe Lipera e Grazia Coco hanno depositato la consulenza di Caruso che demolisce le considerazioni del medico-legale del pm, Giuseppe Ragazzi. "La frattura delle coste, a maggior ragione quando le coste fratturate sono diverse", scrive Caruso, "comporta dolori lancinanti e difficoltà respiratorie immediate e non consentono, a chiunque, lo svolgimento delle normali attività fisiche". Come ha fatto Raciti, dunque, si chiedono i difensori, a fronteggiare gli ultras catanesi, dalle 19,08 sino alle 20,20, con quattro costole fratturate e un'emorragia al fegato senza avvertire dolori? La risposta è affidata a una nuova consulenza medico-legale collegiale, che gli avvocati hanno chiesto al gip Alessandra Chierego, con "esperti di chiara fama, non escludendo l'ipotesi di dovere chiedere la riesumazione del corpo dell'ispettore". Oltretutto Raciti, dopo le 19,08, ha continuato il suo lavoro senza problemi, come testimonia il suo collega Lazzaro: "Mentre eravamo in macchina non ho sentito Raciti lamentare dolori o malessere". Dopo due mesi di indagini della polizia di Catania ora il caso Raciti è affidato ai carabinieri del Ris di Parma: i risultati della nuova perizia si conosceranno entro un paio di mesi.


Da: http://espresso.repubblica.it/dettaglio/Discovery-fatale/1562227&ref=hpstr1

Popoli.

Attendiamo Verità e Giustizia.

La Cassazione tornera' oggi a pronunciarsi sulla strage di Bologna, nella quale, il 2 agosto 1980, persero la vita 85 persone e ne rimasero ferite oltre 200. La seconda sezione penale della Suprema Corte, infatti, decidera' se confermare o meno la condanna a 30 anni di reclusione inflitta dalla Corte d'assise d'appello di Bologna all'ex Nar Luigi Ciavardini, all'epoca dei fatti minorenne, accusato di aver portato la valigia con l'esplosivo alla stazione per l'attentato, per il quale sono gia' stati condannati definitivamente all'ergastolo Valerio Fioravanti e Francesca Mambro.

La Cassazione si era gia' occupata di Ciavardini nel dicembre 2003, annullando con rinvio la prima sentenza d'appello, con cui era stato sempre condannato a 30 anni. In primo grado, invece, il tribunale dei minorenni bolognese aveva assolto l'ex Nar dall'accusa di strage, riconoscendolo responsabile solo di banda armata, reato per cui gli aveva inflitto una pena pari a tre anni e sei mesi di reclusione.

Attualmente, Ciavardini si trova in carcere perche' accusato di aver rapinato una banca nella Capitale nel settembre 2005. Per questa rapina e' stato condannato il 20 febbraio scorso in primo grado con rito abbreviato a 7 anni e 4 mesi.

mercoledì 4 aprile 2007

Spiano, parlano...

LONDRA - La Gran Bretagna sembra sempre più simile all'incubo orwelliano del Gran Fratello: tra pochi giorni chi getterà immondizia per strada verrà aspramente rimproverato da una telecamera parlante. Il ministro degli Interni britannico, John Reid, ha annunciato che una ventina di città britanniche saranno monitorate 24 ore su 24 da questi nuovi marchingegni per combattere meglio il vandalismo. "Le comunità locali ne hanno abbastanza della sporcizia e di persone che danneggiano le loro proprietà. Tutti paghiamo le tasse e quindi alla fine siamo noi che paghiamo se alcuni beni pubblici vengono distrutti", ha affermato il ministro. Gli impiegati municipali potranno così, senza alzarsi dalla sedia del loro ufficio, rimproverare i teppisti che scrivono sui muri o le persone che gettano immondizia per strada. L'anno scorso 12 telecamere parlanti erano già state installate a Middlesbrough (nel nord-est dell'Inghilterra) e, secondo le autorità locali, i risultati del progetto pilota sono stati positivi. "Middlesbrough è migliorata molto dal punto di vista della pulizia da quando queste telecamere parlanti sono state installate", ha commentato Jack Bonnar, responsabile della sicurezza della città.



Reid ha dichiarato che la misura riguarderà due quartieri di Londra, Southwark (sud), Barking and Dagenham (est), e una ventina di città inglesi. Il costo totale dell'iniziativa sarà di 500.000 sterline (740.000 euro). Il ministro ha aggiunto che verrà presto lanciato un concorso nelle scuole elementari per stabilire chi presterà la propria voce per incidere i messaggi registrati utilizzati dalle telecamere. "Questa campagna coglie nel segno. Ogni anno si spende mezzo miliardo di sterline per raccogliere l'immondizia nelle strade", ha commentato Louise Casy, direttrice del programma del governo contro i comportamenti antisociali. Ma com'era facilmente prevedibile, la nuova mossa del governo sta scatenando molte polemiche. Uno studio realizzato dalla Commissione per l'informazione, organismo indipendente che si batte per il rispetto della privacy, ha stimato che il Regno Unito sta per divenire "una società sotto stretta sorveglianza" e che l'uso eccessivo di telecamere sta creando un diffuso clima di sospetto. "Sempre più informazioni vengono raccolte dal governo. Sono gli uomini a dover decidere quale debba essere il loro futuro e non le macchine", ha denunciato Richard Thomas, responsabile della Commissione. Il leader del partito liberal-democratico, Menzies Campbell, ha accusato il governo Blair di "ficcare il naso" in ogni parte della vita delle persone. La Gran Bretagna è uno dei Paesi con il maggior numero di telecamere. Si calcola che ce ne siano circa 4,2 milioni, ovvero una ogni 15 abitanti.



Da: www.ansa.it

Hotel Stella - Justice pour Julien.








Talebani terroristi? No, uomini. A Kabul era meglio il mullah.




È sempre meno sopportabile che i principali talk-show siano in mano, da decenni, alla stessa compagnia di giro: sempre gli stessi i conduttori, i politici, gli esperti, i giornalisti. Sempre le stesse, quindi, le diatribe. Mai un pò di aria fresca, un punto di vista nuovo, diverso. Si vive sull’ ‘a priori’. I Talebani sono terroristi . Perché lo siano nessuno lo spiega, è dato per scontato (per capire un po’ meglio cosa siano i Talebani si legga lo splendido pezzo di Mastrogiacomo che vi ha convissuto per quindici giorni e nelle condizioni peggiori - La Repubblica - 21/3). In mancanza di meglio sono terroristi perchè han sgozzato l’autista-spia. Ma se durante la seconda guerra mondiale un inglese fosse stato scoperto a fare la spia per i tedeschi sarebbe stato fucilato sul posto. Qual è la differenza? Ah già, i nostri stomaci sono diventati molto delicati e non sopportano la vista del sangue, del corpo a corpo, della violenza fisica. Ma settimane fa due guerriglieri afgani assaltarono una base americana a colpi di fucile. Ripiegando si rifugiarono in un vicino villaggio. Se gli americani volevano prenderli potevano mandar fuori le truppe. Invece hanno sganciato due bombe da 900 chili uccidendo cinque donne, tre bambini e un vecchio, senza prendere i guerriglieri. Chi è il terrorista? Ma siccome la faccenda è stata sbrigata con l’asetticità della tecnologia ci sentiamo la coscienza a posto. Quello di Karzai, si dice nei talk-show, è il governo legittimo dell’Afghanistan. Il governo legittimo dell’Afghanistan era quello del mullah Omar e dei suoi Talebani che avevano conquistato il potere dopo due anni di durissime battaglie con i ’signori della guerra’. Dice: ma sono arrivati al potere con la forza. Certo, perchè in Afghanistan il potere si conquista con la valentia guerriera e il coraggio, fisico e morale, non con le schede, le urne, le diatribe dialettiche che da quelle parti non hanno alcun senso. Ma per conquistarlo e mantenerlo ci vuole comunque l’appoggio della maggioranza della popolazione, come era stato per i Talebani . Il mullah Omar era infinitamente più rappresentativo della sua gente di Hamid Karzai che è alle dirette dipendenze dell’Amministrazione americana, come tutti sanno e come ha ammesso lui stesso in un’intervista al The New Yorker del luglio del 2005. Con il pretesto di prendere un uomo che non abbiamo preso abbiamo occupato l’Afghanistan al suono di ‘bombe blu’ e all’uranio impoverito che avranno conseguenze devastanti per decenni. Ma la disgregazione più devastante per quel popolo deriva proprio dalla nostra presenza, anche quella pacifica. A Kabul sono finalmente arrivati - suprema espressione della democrazia - i bordelli. E sul Corriere di qualche tempo fa si poteva leggere: “Vegliano fino a notte alta migliaia di afgani, giovani e meno giovani, davanti alla Tv satellitare che grazie alle enormi paraboliche trasmette i clip indiani con seducenti cantanti carezzate da veli trasparenti. Passano ore al telefonino a scambiarsi immagini spinte e ad ascoltare suonerie al ritmo di lambada e macarena. Comprano per pochi dollari cd e dvd con i film occidentali porno. Si raccontano i desideri e le pene d’amore a radio Arman. Fanno le ore piccole negli ‘Internet Cafè’, cresciuti come funghi a Kabul. E si lustrano gli occhi: finalmente possono avere una visione integrale di quell’essere femminile che sotto i Talebani non poteva mostrare in pubblico le caviglie”. Insomma stiamo cercando di occidentalizzare a forza la popolazione afgana e, in attesa di corrompere anche le loro donne, in nome naturalmente della dignità femminile, di trasmettere a quegli uomini così belli, così affascinanti, così fieri, così audaci, così coraggiosi, così dignitosi, anche antropologicamente, così virili, feroci e crudeli anche, certo, ma uomini, le nostre nevrosi, le nostre ossessioni, il nostro vuoto esistenziale e spirituale, la nostra impotenza sessuale, la nostra sozzura.



Era meglio il mullah.


Da: www.massimofini.it

martedì 3 aprile 2007

Fai sentire la tua voce!

Attacchi dei Birmani nel nord est del Paese. Altri mille Karen in fuga.

L’esercito birmano ha attaccato alcuni villaggi nel distretto di Papun, che si trova a nord delle aree interessate dalla attività delle cliniche di Popoli. Dopo aver incontrato la resistenza dell’Esercito di Liberazione Nazionale Karen (resistenza volta soltanto a rallentare l’avanzata dei Birmani e permettere agli abitanti dei villaggi di abbandonare le loro abitazioni per nascondersi nella giungla), la fanteria di Rangoon ha fatto uso di mortai sugli insediamenti civili. Non si registrano vittime. Un migliaio di persone ha cercato rifugio ad alcuni chilometri dalla zona colpita dagli attacchi. Attorno alla clinica “Carlo Terracciano” intanto la situazione è di stallo. I civili Karen che avevano dovuto abbandonare l’area a causa dei violenti bombardamenti di marzo non hanno ancora potuto far ritorno ai loro villaggi, tutt’ora occupati dalle truppe birmane. I reparti di autodifesa Karen sono sempre in condizione di massima allerta per l’atteso assalto alle loro posizioni di Kler Law Seh e Wally Khee. Dal comando del 201° battaglione Karen e dai responsabili medici della clinica “Terracciano” ci sono giunti i ringraziamenti per il continuo sostegno che Popoli sta cercando di fornire ai profughi interni.

La casa di Orwell spiata dal Grande Fratello.

Decine di telecamere a circuito chiuso posizionate nel quartiere di Londra dove viveva il celebre romanziere.



LONDRA – «Il Grande Fratello vi guarda» scriveva George Orwell nel 1948, immaginando una società governata da un unico partito guidato – appunto – dal Big Brother, capo supremo in grado di monitorare e spiare costantemente la vita di ogni singolo cittadino. E oggi, a circa 60 anni di distanza dalla pubblicazione del romanzo 1984, l'incubo del romanziere inglese è diventato realtà, perché proprio il suo vecchio quartiere londinese è finito nel mirino di alcune delle numerose telecamere a circuito chiuso (cctv) che sono state posizionate sul territorio britannico in nome della sicurezza nazionale.



QUARTIERE SOTTO CONTROLLO - È di sicuro sotto controllo il civico numero 27B, dove lo scrittore ha vissuto fino al giorno della sua morte, poiché a pochissimi metri da lì sono state installate ben 32 cctv, pronte a registrare anche il più piccolo movimento di tutto ciò che si trova nel loro campo visivo. A non perdere mai di vista il giardino e la facciata dell'abitazione ci pensano due telecamere di sorveglianza posizionate sui semafori lungo la strada antistante, attive 24 ore su 24. Il retro della casa è anch'esso tenuto sott'occhio da due dispositivi di sicurezza, installati all'esterno di un centro conferenze. Decine di dispositivi di controllo sorvegliano anche le vicinanze: non c'è privacy per gli avventori del pub preferito da Orwell, il Compton Arms, perennemente osservato dalla telecamera dell'autosalone dirimpettaio, e nemmeno per i clienti di negozi e botteghe, dove sono presenti i sistemi di sicurezza anti rapina. Insomma, gli occhi meccanici osservano e registrano tutto, proprio come avviene nella visione dell'autore di 1984.



SUPER MONITORAGGIO – Una recente ricerca della Royal Academy of Engineering (Rae) rivela che sarebbero addirittura 4,2 milioni le telecamere disseminate sul territorio, il che corrisponderebbe circa a una ogni 14 abitanti, come è spiegato sulle pagine di This is London. Lo stesso report stima inoltre che ogni persona possa essere ripresa da uno di questi dispositivi in media 300 volte al giorno. Uno degli autori del documento, il professor Nigel Gilbert, ha dichiarato che le cctv attualmente in uso in Gran Bretagna sono talmente tante da rendere necessario il blocco di future installazioni, che dovrebbero eventualmente essere autorizzate dalle autorità.



Da: www.corriere.it

lunedì 2 aprile 2007

Nell' Iraq "libero" 2.

BAGHDAD - La pubblica accusa ha chiesto oggi la pena di morte per crimini contro l'umanità per Ali il chimico, cugino di Saddam Hussein, e per altri quattro imputati nel processo per il massacro dei curdi negli ani '80.



Ali Hassan al Majid e' sotto processo insieme ad altri cinque coimputati ex alti dirigenti del Baath, il partito unico al potere sotto il regime di Saddam Hussein. Le accuse a loro carico riguardano la campagna contro i curdi del 1988 chiamata Anfal. ''Abbiamo chiesto la pena di morte per tutti gli imputati tranne che per Taher al Ani, del quale abbiamo chiesto il rilascio per insufficienza di prove'', ha detto alla Reuters il procuratore capo Munkith al Farun. Al Ani era il capo del Comitato per gli affari del Nord e governatore della provincia di Mossul.



Tutti i sei imputati erano accusati di crimini di guerra. Su Majid, che deve il suo soprannome all'impiego di armi chimiche contro i villaggi curdi, pendeva anche l'accusa di genocidio. Durante il processo ha ammesso di aver ordinato alle truppe di uccidere tutti i curdi che non obbedivano agli ordini di lasciare i loro villaggi, aggiungendo poi di non avere nulla di cui scusarsi.



Da: www.ansa.it

Progetto H2O.

domenica 1 aprile 2007

INTERESSE ZERO.

Vi sarete accorti che gran parte della pubblicità batte sull’acquisto di generi commerciali vari in offerta: “a interesse zero”... Vi sarà capitato di sentirvi consigliare da un rivenditore questa formula di acquisto, anziché quella del pagamento in contanti... Vi sarà anche capitato - immagino - di chiedervi dov’è il trucco... Sono sicuro che la risposta ve la siete trovata da soli... Così, a me, non resta che metterla in chiaro...



Mettiamo che io sia un onesto lavoratore da 1.200 euro al mese e che almeno 400 (euro) se ne vadano per il canone di affitto della casa che abito o per il mutuo che ho acceso per il suo acquisto. Mettiamo, poi, che la mia vecchia, scassatissima automobile richieda un’improcrastinabile messa a riposo e che - sempre io - non abbia il contante necessario per la sua sostituzione... Toh? mi dico, scorrendo le pagine del mio quotidiano: con una mini rata di 200 euro x tot mesi, senza anticipo e senza maxi rata finale, mi posso permettere un’utilitaria nuova per, che so?: recarmi sul posto di lavoro; o per accompagnare Gigino a scuola; o per la gita domenicale fuori porta... per muovermi insomma... Ma sì - mi dico - siamo ancora dentro le spese: fumerò un po’ di meno, non comprerò il Corriere dello Sport tutti i giorni, rinuncerò ad una pizza e ad un cinema alla settimana: ce la posso fare - mi dico - e la compro.



Rifaccio i conti: 1200 euro, meno 400 (mutuo/affitto), meno 200 (auto) = 600 euro. 600 euro, più 50 di risparmio su generi di non prima necessità (sigarette, cinema, pizza), fanno 650 euro netti mensili per le spese correnti (vitto, canoni telefonia, elettricità, riscaldamento, etc... etc...). Sì: ce la faccio ancora...



Cazzo, mi si rompe anche la televisione... Oddio: era vecchia, non aveva neanche lo schermo piatto e nemmeno il televideo. Era un po’ che pensavo di comprarmi un 28 pollici Lcd o, addirittura, al plasma...



Guardo la pubblicità ed ecco, in occasione irrinunciabile di offerta, a “zero interesse”, l’ultimo modello della nota casa costruttrice di elettrodomestici (così continua ad essere catalogato quell’arnese che chiamiamo TV...). E, al costo di acquisto, diluito per dodici rate, manco un centesimo di euro di aggiunta... Acquisto...



Non sto a rifarvi tutti i conti ma, è chiaro che, a questo punto, il residuo delle mie riserve mensili per le spese correnti diventa oggetto di attenta osservazione anche sui minimi: comincio a passare dalla bistecca alla fettina, dall’olio extravergine a quello vergine, dal chianti al tavernello, dal pesce fresco a quello surgelato, etc...



Ciononostante, non ce la faccio ad arrivare alla fine del mese...



Miseraccia boia, dov’è il problema? Da quando ho fatto il primo acquisto ad “interesse zero”, la mia cassetta delle lettere ha cominciato a riempirsi di inviti a contrarre prestiti, concessioni di quinto dello stipendio, di finanziamenti a tassi super agevolati... Basta accogliere uno qualsiasi di questi generosissimi inviti e... oplà: il mio dissesto di contabilità corrente è sistemato... Ecco qua - mi dico - prendo un bel prestito di 10.000 euro, anche se questa volta, però, NON è a “interesse zero”, e i conti tornano addirittura in attivo...



Sì, ma per quanto?



In meno di un anno, le rate “a interesse zero”, la rata del "mutuo agevolato" e il disavanzo mensile fra stipendio e spese reali, mi mangiano il piccolo attivo che mi ero procurato con il vantaggiosissimo prestito finale: e sono di nuovo in rosso...



Finale?



Oddio, che ho detto? Quale finale? A questo punto non mi resta che il rinnovo della “fideizzazione” e, da questo momento in poi, a meno che io non faccia il vecchio “13” al totocalcio o i nuovi bingo ad una qualsiasi lotteria nazionale, non ne uscirò più: resterò debitore per il resto dei miei giorni...



“L’interesse zero”, insomma, è solo lo specchietto delle allodole: una volta attratti dal suo luccichio, una bella fucilata alla schiena dai vecchi rapinatori di sempre – banche ed affini – non ce la toglierà nessuno...



Ma la tecnica dei procuratori del debito, recentemente, ha pure ed ulteriormente affinato le sue armi... Meno di due mesi fa, ho deciso di disfarmi del mio vecchio letto, sul quale ormai dormivo veramente male per la presenza di fantasmi dai quali da molto tempo avevo deciso di liberarmi...



Non lo dico per vantare chissà quali possibilità economiche che non possiedo ma, insomma, scelta la marca, il modello e il negozio d’acquisto, avrei potuto tranquillamente pagare in contanti...



Sennonché, al momento della contrattazione mi sono sentito offrire la favolosa formula dell’ “interesse zero”... Siccome, sono abbastanza accorto sul meccanismo che vi ho appena illustrato, mi sono detto: “Vabbeh... che rischio? non diventerò mai (più) un tossicodipendente del debito a spirale infinita...”: e accolgo l’offerta...



Pochi giorni dopo aver sottoscritto il contratto di acquisto, insieme alle congratulazioni della nota ditta finanziaria per aver raccolto la loro “vantaggiosissima offerta”, mi sono visto recapitare una brillantissima carta di credito con un deposito a mio favore di 1500 euro... Spese? 12 euro al primo utilizzo e altri 12 euro all’anno per la loro generosissima disponibilità a farmi un credito addirittura preventivo... Più, è ovvio, gli interessi su ciascun pagamento eseguito a credito (a debito...).



Come a volermi dire: “Ci sei cascato di nuovo: o prima o poi avrai ancora bisogno di noi... E noi, eccoci qua, a sollevarti persino dalla possibilità di doverti industriare per reperire una nuova fonte di credito: ti alleghiamo le nuove catene debitrici, confidando sulla tua solvibilità... E benvenuto (di nuovo) nel club dei nostri fans...”.



Fans? Avete detto “fan”? Sì? Ma andatevene a fan... per altri luoghi: qui, abbiamo già dato...



Dal blog di: www.mirorenzaglia.com

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