Dal 1972, quasi ogni santo giorno di quaranta calendari, due ragazzi diventati anziani si trovano in isolamento totale nella prigione di Angola, il penitenziario statale della Louisiana, negli Usa. Sottraendo un’ora al giorno (in cui, alternativamente, possono fare un giro in una gabbia nel cortile, passeggiare nei corridoi interni, lavarsi), visite dei parenti e altri brevi periodi in cui l’isolamento è stato interrotto, Herman Wallace e Albert Woodfox hanno trascorso, grosso modo, 800.000 ore di solitudine. Senza lavorare né studiare e con limitato accesso ai libri e alla televisione.
Dal 1972 al 2001, ha fatto loro compagnia, ma in un’altra cella d’isolamento della stessa prigione, Robert King (nel video). Ed ecco raggiunti, e ampiamente sorpassati, i cent’anni di solitudine. Herman Wallace ha ora 69 anni, Albert Woodfox 64. Secondo Amnesty International, che ha diffuso oggi un rapporto sulla loro allucinante vicenda, negli Usa non si conoscono altri casi di durata così lunga di una condizione tanto crudele, disumana e degradante. Non solo. Nel corso di questi quattro decenni non c’è stato alcun riesame sostanziale dello status dei due detenuti. Secondo la commissione interna alla prigione di Angola, che esamina i dossier dei detenuti, Wallace e Woodfox non sono pericolosi né c’è il rischio che evadano. Non meraviglia, dato che sono anziani e ormai in cattive condizioni di salute. Eppure, a ogni ricorso per porre fine all’isolamento, la risposta ha fatto riferimento alla “natura della decisione originaria”. Nel 1996 i regolamenti delle prigioni della Louisiana sono stati emendati per rimuovere “la natura della decisione originaria” tra i motivi da prendere in considerazione per giudicare se tenere o meno un detenuto in isolamento. Questa modifica, tuttavia, non è stata applicata nei confronti di Wallace e Woodfox. Quale sarebbe allora la “natura della decisione originaria”? Dove e perché iniziano i cent’anni di solitudine? La vicenda “originaria” è, dal punto di vista giudiziario, l’uccisione della guardia penitenziaria Brent Miller, avvenuta appunto nel 1972. Wallace e Woodfox sono accusati dell’omicidio. King arriva ad Angola poco dopo, viene posto a sua volta in isolamento per aver preso le difese di Wallace e Woodfox e nel 1973 viene condannato per l’omicidio di un altro detenuto: nel 2001 verrà scagionato da quest’ accusa e rimesso in libertà. Torniamo a Wallace e Woodfox. Come si legge nel rapporto di Amnesty International, non è mai emersa alcuna prova materiale che legasse i due uomini all’omicidio della guardia penitenziaria; campioni di Dna che avrebbero potuto scagionarli sono stati persi e la condanna si è basata sulla discutibile testimonianza di altri detenuti che, come è emerso successivamente, erano stati pagati dalla direzione del carcere per incolpate Wallace e Woodfox. La falsa testimonianza di un secondo detenuto e la ritrattazione di un terzo sono state tenute nascoste.
C’è dell’altro che può far interpretare meglio “la natura della decisione originaria”? Forse sì. King, Wallace e Woodfox erano i responsabili della sezione di Angola, Louisiana, del Partito delle Pantere Nere. Siamo nella prima metà degli anni ’70. Gli stessi anni nei quali a Philadelphia, Pennsylvania, inizia il suo cammino di attivista politico un altro, più noto, esponente delle Pantere Nere: Wesley Cook, meglio noto come Mumia Abu Jamal. La persecuzione giudiziaria nei confronti delle Pantere Nere a Philadelphia è stata raccontata in uno straordinario documentario del regista inglese Marc Evans, “In prison my whole life”. Mumia Abu Jamal è stato condannato a morte nel 1982 per l’omicidio dell’agente di polizia Daniel Faulkner. Sta per entrare nel trentesimo anno nel braccio della morte. Ad aprile, una corte d’appello federale ha stabilito che la condanna a morte di Mumia Abu Jamal era stata viziata da irregolarità procedurali tali da renderne necessario l’ annullamento. Wallace e Woodfox, a loro volta, aspettano una sentenza favorevole. Nel 2007 un giudice federale ha affermato che il loro trattamento costituisce una violazione dell’VIII emendamento della Costituzione Usa, che vieta le pene crudeli e inusuali. Tra vari ricorsi, l’appello è attualmente all’esame presso le corti federali. Dopo il clamore di questa denuncia, è auspicabile che le autorità della Louisiana non aspettino la chiusura dell’iter giudiziario e pongano immediatamente fine all’isolamento di Wallace e Woodfox.
Tratto da: noreporter.org
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