venerdì 16 luglio 2010

A CHE COSA SERVE LA TESSERA DEL TIFOSO? AL MARKETING.


Intervista a Maurizio Martucci uscita il 16-05-2010 sul Secolo d'Italia pag. 12 con presentazione di Miro Renzaglia.

Le tifoserie sono già scese sul piede di guerra contro la cosiddetta “Tessera del Tifoso”. E dopo aver manifestato pubblicamente a Roma con un corteo nei mesi scorsi, hanno cominciato il boicottaggio agli abbonamenti. Sbandierata come strumento di fidelizzazione fra club calcistico e supporter, la “tessera del tifoso” ha tutte le caratteristiche, invece, di una operazione sublimata fra interessi bancari, marketing e controllo sicuritario delle organizzazioni del tifo. Fra i più attenti ad interessarsene e ad illustrare di cosa veramente si tratta sono stati Fabio Polese, giovane dirigente dell’Associazione culturale “Tyr” di Perugia e lo scrittore Maurizio Martucci (Cuori Tifosi. Quando il calcio uccide, i morti dimenticati degli stadi italiani, Milano, Sperling & Kupfer, 2010). E’ lui a rispondere alle nostre domande.

Che differenza c’è tra la Tessera del Tifoso italiana e quelle già in uso nelle altre nazioni europee?

All’estero il modello è esattamente il contrario di quello voluto dal Ministro Maroni e dall’Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive. In Germania, Portogallo, Spagna e Inghilterra la tessera del tifoso non è obbligatoria ma facoltativa. Viene vissuta come un privilegio, non come un’imposizione calata dall’alto. E non è necessaria per abbonarsi allo stadio. Non è una carta di credito e nemmeno una carta ricaricabile. E’ una fidelizzazione attiva del fan alla vita del club: più stadio vivi, più trasferte fai, prima degli altri puoi prenotare il tuo posto per andare in trasferta. Ad esempio Chelsea e Liverpool offrono ogni anno delle vere e proprie ‘Priority Card’, per avere il diritto di prelazione all’acquisto dei biglietti prima di altri tifosi: più stadio vivi, più trasferte fai e, prima degli altri, puoi prenotare il tuo posto per andare in trasferta a Birmingham o Manchester. Nei paesi iberici, addirittura, la tessera del tifoso ti da diritto ad entrare davvero nel cuore del club: i tifosi di Barça, Benfica, Sporting e Real Madrid con queste carte ci eleggono pure il presidente. Ti dicono: preferisci Florentino Perez o Laporta per la presidenza? Una tessera, un voto. E non c’entrano niente i gadget né le banche. Non è una fidelizzazione commerciale come in Italia, dove si parla di sconti per stazioni di servizio dell’Autogrill o di merchandising. E poi, deve ancora essere presentato un ventaglio di servizi e prodotti. Pensate: stanno vendendo queste carte senza nemmeno informare il consumatore su quali offerte potrà contare. Ti dicono: “Tu intanto prenditela, poi ti diremo cosa farci!”

Chi potrà usufruirne e chi, no?

Pensata come strumento di contrasto al fenomeno della violenza nel calcio, stiamo assistendo al più classico scarica barile. Provate a chiedere ad un direttore di marketing di Serie A, B o Lega Pro se al momento della vendita della sua tessera del tifoso riuscirà a garantirvi l’incolumità fisica dentro e fuori lo stadio, in casa o in trasferta. Ti diranno: “Non dipende da noi”. Ah! no? E da chi deve dipendere? Eppure il contratto lo stipulate voi! Eppure negli stadi la sicurezza la garantiscono gli steward, che sono loro personale interno! La discriminante è la legge: non c’è una legge dietro il programma tessera del tifoso, e ogni società adotta arbitrariamente le sue soluzioni. Siamo alla deregulation. Alcune società la negano a chi ha dei carichi pendenti. Altre hanno rispolverato una legge del 1956 che parla di diffida del Questore per dediti all’ozio, vagabondaggio, spaccio di droga, sfruttamento alla prostituzione. E che c’entra un foglio di via per questi reati col calcio? Tutti i club la vietano ai destinatari di DASPO e ai condannati per reati da stadio anche in primo grado. Ecco il punto: e se uno viene assolto in appello o in cassazione? Dov’è il garantismo e il presupposto di non colpevolezza fino al terzo grado di giudizio? Capitolo DASPO: chi c’è l’ha già, lo scorso anno non poteva comprare i biglietti nominativi e non entrava allo stadio. Dov’è la novità della tessera del tifoso? Siamo all’isterismo normativo.

Ma non doveva servire solo per garantire di seguire la propria squadra nelle trasferte?

Sì, ma guardiamo il precedente dell’ultimo Genoa-Milan: da Milano, 371 tifosi avevano comprato i biglietti. Inutilmente: la trasferta è stata vietata e la partita giocata a porte chiuse! A mio avviso la situazione potrebbe anche peggiorare. Perché per le prossime trasferte molti potrebbero evitare il settore ospiti, mischiandosi nelle tribune o nelle curve confinanti. Si tornerebbe ad una condizione tipica degli anni ’80, quando i tifosi avversari erano a contatto con quelli di casa. E intorno c’era il cordone della Polizia a sorvegliarli. E’ già successo all’ultimo Siena-Roma.

Come mai una semplice tessera ha bisogno di un codice IBAN?

Non potendo imporre l’apertura di milioni di conti correnti bancari ex novo ai tifosi di calcio italiani, si sono limitati a realizzare carte ricaricabili, tipo bancomat al possessore, cioè: spendi moneta elettronica finché ci ficchi dentro moneta vera. E’ il paradiso delle banche: liquidità in cambio di virtualità! Statistiche alla mano, è un mercato potenziale di circa di circa 4 milioni di nuove carte ricaricabili da attivare dall’oggi al domani. Ogni operazione, tipo una ricarica o una movimentazione standard, costa in media 1 euro. Ogni carta, cioè ogni tessera del tifoso venduta, in media costa 10 euro. Moltiplicate per 4 milioni di clienti… e il conto totale è presto fatto.

E la privacy? E il micro-chip a tecnologia Radio Frequency Identification?

E’ un micro-chip che memorizza dati, localizzandoli anche geograficamente, canalizzandoli dentro un data base a disposizione di Club, società emettitrici delle carte (ad esempio la Lazio ha la carta con Poste Italiane) e società convenzionate agli sconti (gli Autogrill, per esempio). Un data base su cui fare marketing 365 giorni l’anno! Entri in quel circuito ed è fatta! Ti arrivano sms, newsletter, promozioni, opuscoli pubblicitari. Già nel 2005 il Garante della Privacy metteva in guardia sulle criticità di questo RFID. Tranne pochissime eccezioni, tutti gli altri contratti dei club che ho potuto esaminare, nemmeno riportano la sigla della tecnologia a radio frequenza e neanche le disposizioni di privacy che invece il Garante dice di richiamare in modo scrupoloso.

Secondo lei, entrerà in vigore puntuale con l’inizio del campionato 2010/2011?

Già abbiamo assistito a 2 precedenti slittamenti. Non c’è 2 senza 3! Scherzi a parte, sono sicuro di una cosa: sin dalla prima di campionato ci saranno grosse anomalie e molte disparità in Italia. In questi giorni il Ministro Maroni ha mandato un segnale preciso ai club inadempienti: “Chi è senza tessera del tifoso, ne pagherà le conseguenze!” Beh, guardiamo proprio alle conseguenze, cioè alle spese: la gran parte degli stadi sono comunali. Molti Comuni hanno le casse prosciugate e i conti in rosso. Non sanno come far fronte alle spese per comprare tornelli, i lettori contactless per vagliare i micro-chip a RFID e nemmeno sono stati costruiti i tanto sbandierati varchi di accesso privilegiati. Su 132 società tra A, B e Lega Pro, ad oggi almeno il 75-80% non ha ancora la tessera del tifoso. E molti stadi non sono a norma. Quindi, a meno di un clamoroso miracolo all’italiana nei mesi feriali di luglio e agosto, immagino ad esempio i tifosi di Milan e Varese che avranno le loro tessere del tifoso e quelli di Bari e Rimini che saranno senza…


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