Fino ad oggi da molti è stato considerato un “paradiso artificiale”, quasi un luogo di fantasia collocato a metà fra le “città del futuro” tanto care alla letteratura fantascientifica degli anni 70 ed i fumetti di Walt Disney che ci accompagnavano da bambini. Sicuramente la storia recente di Dubai lo ha reso il paradiso delle grandi opere, dell’edilizia avveniristica e dei mega investimenti immobiliari, tanto da farlo somigliare ad un immenso cantiere a cielo aperto, dove oltre ai grattacieli ed ai centri commerciali si costruiscono anche arcipelaghi di isole artificiali, piste da sci nel bel mezzo del deserto, città costiere adagiate sopra a piattaforme galleggianti. Una sorta di grande “capriccio” dove la favola s’intreccia con la perdita del senso del limite, ma non tutte le favole hanno un lieto fine.E’ di ieri la notizia in virtù della quale “Dubai World”, la holding statale che ha coniato lo slogan “su Dubai il sole non tramonta mai” e controlla tutti i maggiori investimenti immobiliari del paese, oltre al mercato della logistica, della finanza e dell’energia, sembrerebbe essere sull’orlo del crac finanziario a causa di un debito di 59 miliardi di dollari, pari al 70% dell’intero debito statale. In grandissima difficoltà finanziaria a causa della crisi del mercato immobiliare, con i prezzi delle case precipitati del 47% nell’ultimo anno, Dubai World si è dichiarata intenzionata a chiedere a tutti i creditori una moratoria sul debito almeno fino al 30 di maggio e sta tentando di rinegoziare le proprie posizioni. Per tentare di porre rimedio alla drammatica situazione il governo dello sceicco Moahmmed bin Rashid Al Maktoum sta valutando la possibilità di avviare un vasto programma di emissioni obbligazionarie per una cifra di circa 20 miliardi di dollari che potrebbe prendere l’avvio già all’inizio del prossimo anno.
La difficile situazione in cui versa la holding dell’Emirato arabo, famosa per avere realizzato fra le altre cose le isole artificiali a forma di palma, con relative ville da sogno vendute a peso d’oro a facoltosi clienti vip di ogni parte del mondo, ha creato grande allarme all’interno del sistema bancario europeo che complessivamente risulta essere esposto nei confronti di Dubai World per una cifra di circa 40 miliardi di dollari. Tutte le borse europee hanno già ieri registrato indici pesantemente negativi, nell’ordine Londra -2,83%, Parigi -3,25%, Francoforte -2,91%, Madrid -2,47%, Milano -3,42%, Amsterdam -3,60%, Stoccolma -3,02%, Zurigo -2,42%. Mentre si attende la reazione di Wall Street che oggi era chiusa per il giorno del ringraziamento.
L’intreccio fra un’economia malata, una finanza in stato degenerativo e il gigantismo infrastrutturale fine a sé stesso, anziché una fiaba sta rischiando insomma di partorire un vero e proprio romanzo dell’orrore da aggiungere nella libreria del crollo di questo sistema economico ormai in stadio terminale.
Marco Cedolin, marcocedolin.blogspot.com
A fronte delle numerose richieste da parte di utenti e pazienti sull'effettiva gravità di questa influenza, riporto in sintesi alcune mie considerazioni che ritengo opportuno ognuno debba valutare prima di decidere come comportarsi sul vaccinarsi (o spaventarsi) o meno.
Molti considerano Yukio Mishima un fine letterato, un artista geniale che ha saputo elevare la trasgressione a valore di vita, costoro soffermano la propria attenzione solamente sulla sua vasta produzione letteraria e su alcuni aspetti secondari della sua vita personale. Questa visione riduttiva, in realtà, nuoce alla figura del pensatore giapponese, perché è giusto annoverare Yukio Mishima tra gli scrittori che in questo secolo hanno saputo interpretare e risvegliare la forza dello Spirito.
Furfante fu la mano nera di Thierry Henry che, accompagnando il pallone altrimenti diretto oltre la linea di fondo, ha consentito all’attaccante della nazionale francese di effettuare l’assist per il decisivo gol in chiave qualificazione ai mondiali della squadra d’oltralpe. Ovviamente vibrate in campo, data la prestigiosa posta in palio, le proteste degli avversari, gli irlandesi; furiosi con l’arbitro, reo di non aver visto la palese irregolarità che ha viziato il gol francese, e dunque responsabile del furto perpetrato ai loro danni. Come sempre avviene nello sport, il campo da gioco assume i connotati di uno spettacolare teatro in cui ad esibirsi, sotto forma di gesti atletici, sono i vizi e le virtù di noi umani. Avviene di conseguenza che, a seconda del modo di giudicare gli episodi sportivi, può evincersi una chiave di lettura utile a comprendere una personalità. E’ dalle discordanze nel giudizio di quanto avviene sul campo che emergono le linee di demarcazione tra diverse nature. Su tutte, le più congenite a scontrarsi sono due: quella di chi antepone il successo ad ogni altra cosa, concedendosi anche il più disonorevole mezzo al fine di conquistarlo, e quella di chi è pronto ad offrire se stesso all’ingrata morsa dell’insuccesso pur di far trionfare ciò che di più prezioso possiede, i propri valori. Quest’ultima si chiama dignità ed onore dei vinti. Quell’altra si chiama disonestà. Tanti vincitori le debbono le loro fortune e non ne provano alcun accenno di vergogna. Del resto, una volta posatisi sopra le proprie teste gli allori, diventano anche immuni da ogni obiezione, avendo attirato intorno a sé pletore di zerbini ammaliati dal luccichio magniloquente che accompagna il loro trionfo e pronti a cantarne le gesta, sebbene ingrate. Così stando le cose, la mano nera di Henry non è soltanto l’abusiva parte del corpo che ha permesso furbescamente alla sua squadra di strappare il biglietto per i mondiali che si giocheranno a giugno in Sud Africa, ma è anche lo specchio delle miserie umane, dell’ipocrisia di quanti dei propositi di correttezza sanno solo sciacquarsene le bocche. Ma la mano nera di Henry è ancora altro; essa, nel momento in cui viene colpevolmente considerata invisibile dagli sguardi complici dell’arbitro e dei suoi assistenti, rappresenta la crudele spinta a quella vecchia, pura, romantica maniera di concepire il calcio. Spinta che ne comporta la caduta rovinosa a terra, a beneficio del calcio industria, del profitto a tutti i costi che ha finito per insozzare anche questo antico avamposto di romanticismo che ruotava intorno ad un pallone di cuoio. Profitto che, per definizione, misconosce valori ed identità, ritenendoli ostinate ed obsolete sovrastrutture che ostacolano il suo caotico processo di fagocitazione. L’industria ha il solo obiettivo di vendere un prodotto e, per farlo, deve condirlo nel modo che sia più appetibile al consumatore. Il campionato mondiale è sicuramente il prodotto che maggiormente attira a sé le attenzioni degli appassionati, immenso bacino di pubblicità e fucina di danari. Per esser tale è però necessario, appunto, che non manchi di attrazione. Che la lista delle partecipanti non manchi di tutte le maggiori rappresentative del globo. E, quando si parla di maggiori rappresentative, si fa riferimento non ai meriti sportivi, bensì alla fama e, conseguentemente, alle sponsorizzazioni, alla capacità che esse hanno di rendere proficua la più importante manifestazione calcistica. Ora, non per consumarci dietro a quella che può esser ritenuta l’ennesima ode celebrativa all’isola d’Irlanda, vorremmo fare un’osservazione: il fatto che il torto sia avvenuto ai danni della nazionale irlandese è il motivo per cui esso ha avuto una risonanza mediatica altrimenti impensabile. Le proteste irlandesi non si sono limitate a farsi vibranti sul rettangolo di gioco, ma sono seguite in modo altrettanto veemente anche in altri ambiti. La federcalcio, addirittura il governo irlandesi non hanno lesinato critiche e provocatorie richieste di ripetizione della partita, in nome della sportività tanto decantata, che hanno messo alla berlina l’ipocrisia di FIFA e calcio francese. Il capitano della nazionale gaelica Robbie Keane è andato coraggiosamente oltre, ricercando i motivi dell’accaduto nelle logiche del mondialismo che vedono le multinazionali protagoniste: "L'Adidas sponsorizza il mondiale, la Francia ha come sponsor l'Adidas, quindi era tutto già deciso, dovevano andarci loro in Sudafrica". Questa netta e caparbia presa di posizione da parte irlandese ha permesso che i riflettori mediatici si posassero su quella mano nera, marchiando la presenza francese al mondiale con la spiacevole etichetta che si dà ai ladri. Del resto, lo scontro tra le nazionali calcistiche di Francia ed Irlanda rappresenta proprio il conflitto tra due realtà opposte. L’Irlanda pervicace, composta da tanti onesti portatori d’acqua e da un paio di ottime individualità, trova la propria forza - che le consente di competere con formazioni più attrezzate - nel coraggio, nell’orgoglio e soprattutto in quell’attaccamento ai colori della propria terra che fa sì che la maglia verde e la pelle di chi la indossa diano vita ad una magica commistione. La Francia meticcia, piena di sponsor ma priva d’identità, sbiaditissimo ricordo di quel che fu il suo europeo blasone secolare, è composta da tanti celebrati campioni che hanno riscattato le infanzie da relegati a vivere nelle banlieues appropriandosi del maggior palcoscenico sportivo nazionale; ad unirli, nessuna appartenenza, nessuna magia, ma soltanto le ricchezze concesse loro dal calcio moderno. Lo sport, nel senso più nobile del termine, nel senso olimpico, non può che trovar conforto nel poetico incantesimo dell’Irlanda. La vera vincitrice di Saint Denis. Malgrado una mano nera, la colpevole omissione degli arbitri ed il processo incessante che domani, quando cesseranno le fastidiose proteste irlandesi, avrà già dimenticato tutto, proponendoci un altro capitolo di questa farsa.
Mario Placanica è accusato di aver abusato più di una volta di una ragazzina di 11 anni. La piccola è stata ascoltata ieri.
GABRIELE SANDRI ASPETTA GIUSTIZIA
Aveva la montagna nel Dna tanto che a soli 14 era sfuggito al padre e aveva scalato da solo, in arrampicata libera, le Cinque Torri a Cortina d'Ampezzo. Lino Lacedelli, nato proprio a Cortina il 4 dicembre 1925, è stato uno dei più grandi scalatori di tutti i tempi. La sua specialità era la roccia, terreno in cui era imbattibile. Proprio per questa sua caratteristica fu scelto nel 1953 da Ardito Desio per la spedizione dell'anno successivo al K2, la seconda montagna della Terra. "Celibe, 29 anni, di Cortina d'Ampezzo. Alto 1.78 m; professione idraulico, guida alpina e maestro di sci" lo descrisse Desio nella sua relazione sulla spedizione in Karakorum. Fu autore di numerose imprese alpinistiche, tracciando vie di arrampicata originali e di elevata difficoltà sulle Dolomiti ed effettuando impegnative ripetizioni sul Monte Bianco. Questo curriculum eccezionale gli valse l'ingresso nel gruppo degli Scoiattoli di Cortina. La celebrità arrivò poi con la spedizione al K2. Lui e Compagnoni formavano una coppia ben assortita: uno forte sul ghiaccio e l'altro sulla roccia. Anche per questo Desio li scelse per l'attacco finale alla vetta. Lacedelli raccontò poi di essere arrivato in cima distrutto dalla stanchezza, spossato, senza più energie. Nell'occasione si procurò numerosi congelamenti alle dita delle mani, che gli causarono l'amputazione di un pollice. La sua carriera alpinistica proseguì con altre imprese anche dopo l'exploit K2. A Cortina aveva aperto un negozio di articoli sportivi - battezzato K2 sport - meta degli appassionati di alpinismo diretti sulle Dolomiti. Anche la casa dove abitava a Cortina era legata all'impresa del 1954: era stata infatti ribattezzata 'Villa K2'. Dal 2005 era anche cittadino onorario di Montebelluna. Negli ultimi anni di carriera si dedicò anche al Soccorso alpino, portando a termine quasi 200 interventi in condizioni di difficoltà estrema.
Sono rientrati in Thailandia David Thackarbaw e Nerdah Mya dopo il soggiorno italiano che ha visto il vice presidente dell'Unione Nazionale Karen e l'ufficiale dell'Esercito di Liberazione impegnati in numerosi incontri con le istituzione e con i sostenitori della nostra comunità. Il bilancio è decisamente positivo. A dirlo sono proprio loro, che ci pregano di ringraziare tutti quelli che li hanno accolti, ospitati ed ascoltati facendoli sentire in un ambiente amico. Il "tour" è iniziato martedì 27 ottobre, con l'arrivo a Roma della delegazione e l'incontro in Farnesina con il Sottosegretario agli Esteri Stefania Craxi. Un'ora di colloquio approfondito sulla situazione del popolo Karen e sulle difficili condizioni in cui opera il movimento di resistenza alla dittatura birmana. David Thackarbaw ha spiegato perché l'Unione Nazionale Karen non accetta di partecipare alle elezioni indette dal regime per il 2010, elezioni farsa basate su di una carta costituzionale disegnata per garantire ai militari il controllo della vita politica qualsiasi sarà l'esito delle votazioni. "Abbiamo parlato con una persona amica" - hanno dichiarato Thackarbaw e Nerdah Mya dopo il colloquio con la Craxi - "il Sottosegretario era ben informato e ha mostrato un reale interessamento alla nostra vicenda. Si è già attivata per dei passi diplomatici difondamentale importanza per il miglioramento delle nostre condizioni. Siamo rimasti colpiti dalla sua carica umana. Le siamo molto grati." Mercoledì 28 ottobre la delegazione è stata accolta nella sala conferenze di Casa Pound, per un incontro con la stampa e per salutare i giovani che da diversi anni sostengono il popolo Karen attraverso iniziative di raccolta fondi e diffondendo notizie da "Kawthoolei", la Terra dei Fiori, come i Karen chiamano la loro patria. "Un legame sancito anche dalla partecipazione alle missioni umanitarie di "Popoli" di alcuni giovani di Casa Pound" ha sottolineato Nerdah Mya. Nel pomeriggio, dopo un incontro con il Presidente della Delegazione Italiana all'Assembea Parlamentare dell'O.S.C.E., Riccardo Migliori, è stata la volta del Campidoglio, dove i rappresentanti Karen hanno ringraziato il Comune di Roma e l'associazione "Navigare Necesse Est" per aver partecipato al finanziamento della costruzione di un villaggio agricolo che accoglie 48 famiglie di profughi interni e che consente a queste di produrre cibo sufficiente al loro fabbisogno. Il Comune si è
