Qualche giorno fa ci domandavamo come mai la brusca riduzione della bolla valutaria imposta dal governo alle banche fosse avvenuta nel più assoluto silenzio. Mentre la “discrezione” di ministri e politici di maggioranza continua ad essere permeata da un fitto mistero, l’omertà delle banche e dei media da esse controllati, non promette nulla di buono. Meno se ne parla oggi, dicevamo, più facile sarà domani rimettere le cose a posto e riportare tutto com’era prima. Col passare dei giorni, dal tipo di azioni messe in atto dal sistema creditizio, sembra proprio che quel “domani” sia sempre più vicino. Le spese bancarie aumentano a vista d’occhio e si moltiplicano. Dopo aver clonato e fatto lievitare la commissione di massimo scoperto (cambiandole però il nome…) e quindi continuando a succhiare i soldi ai correntisti che sconfinano, si è inventata un’ulteriore gabella per taglieggiare chi dispone di un fido, applicata a prescindere che lo si usi o meno. Un po’ come quel re che aveva inventato la tassa sulle finestre aperte e, il giorno dopo, constatata la chiusura di tutte le persiane, impose anche una tassa sulle finestre chiuse. Oggi, nel mare dei balzelli bancari si è aggiunta una “imposta sul contante”. Una vera e propria estorsione che punisce chi si ostina a non utilizzare bancomat e carte di credito. Si tratta, per lo più, di quelle parecchie migliaia di anziani che utilizzano il conto corrente solo come un ponte tra l’accredito della pensione e i prelievi, generalmente settimanali, per la spesa e i piccoli acquisti. Insomma, si colpiscono i clienti più indifesi. Far pagare queste operazioni è un atto illecito – perché il denaro che si ritira non è della banca, ma del correntista – ma anche odioso, meschino e degno della peggiore usura. E la riscossa delle banche non si manifesta solo con l’incremento delle “commissioni” e con le estorsioni sugli indifesi; si profilano anche altri scenari. Da una parte le banche cercano di bypassare la richiesta di accrescimento del capitale aumentando il valore delle quote di proprietà della Banca d’Italia che, illegalmente (vedi legge 262 del 2005), ancora detengono (siamo proprio al banchetto di “carta vince, carta perde”!). Poi, si vocifera che i maggiori istituti bancari, seguiti a ruota da tutti gli altri, stiano decidendo una vera e propria serrata del credito. Stop ai mutui e ai nuovi finanziamenti. Se queste voci saranno confermate vorrà dire che, proprio nel momento in cui la crisi ha messo all’angolo una moltitudine di aziende e di famiglie, si rischia di strozzare anche quel residuo rivolo di liquidità necessario alla sopravvivenza. Che senso potrebbe avere, dunque, questa serrata? Non ci può essere una spiegazione seguendo la logica del commercio o quella della speculazione. Le banche infatti vendono denaro; è come se un salumiere decidesse, di punto in bianco, di non vendere più formaggi e prosciutti. Allora rimane solo il significato che generalmente contraddistingue le serrate: quello del ricatto. Ovverosia, si vuol solo far capire, senza equivoci, chi tiene il coltello dalla parte del manico. Mentre l’economia reale – cioè la ricchezza nazionale, i cittadini, il popolo – pagherebbe pesantemente lo scotto dell’operazione, il messaggio sarebbe in effetti rivolto al ministro dell’Economia, all’Esecutivo e a tutti coloro che, in qualche modo, hanno dimostrato di voler porre dei limiti allo strapotere delle banche e della speculazione finanziaria. E il governo come risponderà? Continuerà ad operare in clandestinità, si preparerà a capitolare, o finalmente comprenderà che certe battaglie o le si fanno alla luce del sole, dalla parte dei cittadini e con i cittadini, o sono perdute in partenza. Tremonti, se ci sei, è l’ora di battere un colpo.
Di Mario Consoli, www.rinascita.eu
venerdì 4 marzo 2011
Usurai alla riscossa.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento