Louis-Ferdinand Céline, Bagattelle per un massacro, Ristampa anastatica dell'edizione Corbaccio del 1938 a cura delle edizioni di Ar, Padova, 2008
"Se avessi dovuto fare il mercante di schiavi, non avrei scritto Une saison en enfer; avrei scritto direttamente Bagattelle per un massacro": nell' 'autografia di un ritratto' che ne introduce l'Opera omnia, Carmelo Bene suggerisce quasi un'affinità 'destinale', più che semplicemente letteraria, tra Rimbaud e Louis-Ferdinand Destouches, in arte Céline. Una recente biografia del nobile medico e scrittore francese, curata da Marina Alberghini, ne dà forse ragione: " In effetti Céline -viscerale, magmatico, assetato di martirio- bastian contrario sempre controcorrente, era un capro espiatorio ideale: per quanti s'erano compromessi con Vichy e per quanti avevano aderito acriticamente al comunismo sovietico. Lo stesso Sartre, che dopo la guerra accusò ingiustamente Céline d'essere stato pagato dai nazisti (quasi mettendolo a rischio della sua stessa vita, Nda) durante l'occupazione era legato ad una rivista collaborazionista. Ha buone ragioni la Alberghini nel sostenere che Céline, "comunista d'animo", come si autodefiniva, pagava anche la colpa di avere denunciato lo stalinismo già dal 1936: "Tutto è polizia, burocrazia e caos infetto". In Bagattelle per un massacro, libro empio e fatale al suo stesso autore, la fosforescenza luciferina del genio céliniano deflora senza pietà non tanto le strutture grammaticali quanto le categorie mentali e il lessico morale che saturano il vero protagonista dell'epopea moderna: l'individuo borghese, còlto qui sotto le spoglie tartufesche e disarmanti dell'adulatore provetto del vitello d'oro israelitico. Céline marchiato e dileggiato come un cataro sprovveduto dagli scheràni del cartesianesimo ideologico -come Drieu, come Brasillach, come Hamsun, come tutti gli 'agenti doppi' del secolo dove Dio è morto: creature non tanto 'inattuali', col rischio di essere compresi da un volgo postumo, quanto mai in atto nella Storia; Céline, cataro d'animo, celebra l'essiccamento di ogni focolaio infettivo contratto dalla carne sotto specie di 'ideale' o di fisima umana: in quest' opus purgationis, l'ultima fibrillazione dell' Occidente.
Pierre Drieu La Rochelle, L'agente doppio, Ar, Padova, 2002
"Il protagonista del racconto è una spia russa. Non tradisce per denaro, per paura, per scambio di favori. Ma per vocazione: per una sorta di inusitata vocazione. Nessun idealismo condiziona la scelta dell'agente russo, nessuna bandiera di colore opposto, ma il fastidio verso ogni tipo di 'colore', tinto come esso è da una fantasia per ceto medio, sintomo del suo sciatto negligente vizio di esigere, sopra tutto, la classificazione". Il senso ed il 'valore' non risiedono nelle giustificazioni che l'uomo di volta in volta fornisce alle proprie azioni; piuttosto, si tratta del balenare, presso la banalità del quotidiano conflitto per la sopravvivenza, di forme assolute, di uno stile impersonale, "che non può essere misurato secondo schemi generici di utilità, ossia verificando la riuscita di un progetto, deducendone così l'efficacia. Sta un passo oltre il tempo, fuori per sempre dalle angustie di causa ed effetto." Sempre nelle parole di Anna K. Valerio: "Ne stiamo parlando qui perchè è l'Onore ciò che salda i due lembi, che congiunge i due labbri dell'anima divaricata della spia. E trasforma infine in rivolta -in creazione, in vita che si rinnova e vince sulla sua avversaria- la congestione novecentesca della negazione."
Antonio Venier, Il disastro di una nazione - saccheggio dell'Italia e globalizzazione, Ar, Padova, 2000, con una Presentazione di Bettino Craxi
Il testo costituisce un' inquadratura tuttora valida per la comprensione delle trasformazioni e delle dinamiche che, imposte al nostro Paese da entità parassitarie apòlidi, sono oggi veicolo di tremenda propagazione di una 'crisi' che esorbita le dimensioni dell' economico per proiettare le ombre di una decadenza spirituale inarrestabile. Gli anni dal 1992 al 1998, quelli, per intenderci, di "Mani Pulite", "vanno compresi nella considerazione del perverso disegno globale del mondialismo, del mercato totale senza limiti nè scopi". Il Trattato di Maastricht, le grandi "privatizzazioni", la demolizione dei servizi pubblici, infine l'attacco allo Stato sociale: per potere realizzare senza indugi tali progetti occorreva liquidare una classe dirigente non unilateralmente prona agli interessi finanziari antinazionali. Ecco allora delineata la genesi del calvario mediatico giudiziario che oggi è l'arma prediletta dai poteri sovranazionali anche per dirimere e dissovere 'resistenze' dei poteri locali in campo internazionale. L'oscura figura del magistrato forcaiolo molisano campeggia in tutta la miseria che lo porterà al delirio populistico e alla arroganza demagogica in un Paese oramai costernato.
Selene Calloni, Il mito del superuomo da Nietzsche ad Aurobindo, Magnannelli, Torino 2004
"L'Autrice invita all'esperienza della libertà dalla paura seguendo un cammino nel tempo e nello spazio che ritrova in Nietzsche e in Aurobindo, nelle demonesse tantriche e nell'alchimia greco-egiziana, in Occidente e in Oriente, il piacere di pensare per la vita e di fare del pensiero il mezzo della libertà dal conosciuto. Questo libro segna decisamente l'esperienza dell'autrice come un cammino tra Oriente e Occidente, che è ben diverso da un semplice confrontare o accostare visioni e tradizioni, ma il cui valore si rivela nell'ipotesi secondo la quale, per trovare una rinascitadecadenza, allo spirare di un ciclo, sia necessario passare non solo più attraverso la Grecia, com'è stato nel Rinascimento trascorso, ma anche attraverso l'Oriente."
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