giovedì 30 aprile 2009

L'ultima recluta di Salò nel ricordo di Ugo Gaudenzi.


“Ricordi? Mi definivano filo-israeliano... pro-americano... Ma non era certo la mia posizione. E poi tu lo sai: quante volte ne abbiamo discusso”...

Già. Da Ruschena, sotto casa tua. E immersi tra i libri, nel tuo studio sul Lungotevere...

“E dire che la mia vita, tutta, ha guardato, ha desiderato la rinascita della nostra Europa, contro tutti coloro che la occupavano e straziavano... anche quando mi schieravo per l’onore contro la miseria delle masse... Contro corrente.

Come avevo fatto, per la prima volta a 16 anni, arruolandomi nella Marina della Repubblica sociale italiana.

Come quando sostenevo l’Oas.

Come a Nuova Repubblica, cullando il sogno di una “riconciliazione nazionale” tra antifascisti e fascisti nel nome dell’amor di patria.

Come quando, nel ‘68-’69 sostenevo voi, gli studenti del “movimento” contro le “forze sane”, i “reazionari”, le guardie bianche della democrazia cristiana e del pci”.

Eri l’unico a comprenderci. Il tuo essere “fascista di sinistra” - mentre il mondo aveva stracciato a brandelli la memoria del tuo tempo - ci aveva aperto strade impervie: eccezionali e ancora senza fine. Ci facesti conoscere Proudhon e Sorel. E Niekisch e Strasser. E Berto Ricci, e poi Pini, Massi, Ruinas. E Niccolai.

“E anche, e tu lo sai, Bettino Craxi, quando demmo vita, al Raphael, ai socialisti senza tessera, ai socialisti tricolori.

Resto un socialista tricolore, come sempre... La parentesi del “Secolo” fu un errore: ho creduto a spazi inesistenti una volta cacciato Fini. Ma non è ancora troppo tardi, non siamo vinti... E Rinascita lo dimostra. Dobbiamo riprendere il filo. Andare avanti. Sono pronto... Contate su di me”...

Due ore di fitti discorsi sul nostro essere, sul tanto ancora da fare. E si badi bene: nessuna parola sulla ridicola fine (già da decenni scritta) del Msi o di An.

Era il 10 novembre del 2008. Poi la stretta di mano, l’accordo per un incontro con l’amico e sodale comune, Giorgio Vitangeli, e un arrivederci...



Arrivederci, Giano.

Certo non addio.

Ugo Gaudenzi

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