giovedì 18 settembre 2008

Draghi e la crisi.

Come si sa, Mario Draghi è il governatore di quella merchant bank privata che qualche sprovveduto ancora chiama Banca d’Italia. Fino a qualche giorno fa, questo signore, tra una querela e l’altra a giornali fastidiosi come il nostro, elargiva urbi et orbi i suoi pareri al cloroformio sulla crisi finanziaria in atto. Dichiarando “nient’affatto coinvolte” le banche italiane. Poi, d’un tratto, nelle ultime ore, tra un invito in un salotto di gnomi a Nizza ed uno a Berlino, ha però cambiato rotta e dichiarata “severa” la crisi che galoppa da Wall Street. E ha cominciato a ipotizzare “misure concertate” di banche e governi per frenare il crack in atto. Certo. La situazione sta sfuggendo di mano. E le notizie sui rimbalzi italiani della bancarotta Lehman si fanno più precise. Non solo alcune tra le maggiori banche italiane - Unicredit, Intesa, Bnl, Popolare di Milano - ma anche alcuni enti locali come il Comune di Milano e lo stesso Tesoro italiano (esposto per un miliardo di euro!) hanno sottoscritto derivati, obbligazioni, Lehman Brothers... ed ora i risparmiatori irretiti da tali “consulenti finanziari” stanno cominciando a ricevere cortesissime comunicazioni su mancate rendite e... scomparsa del capitale investito. Grazie alla omessa vigilanza di Banca d’Italia sui rischi di tali speculazioni. D’altra parte come si fa a pretendere che i controllanti siano controllati? Che gli azionisti di Banca d’Italia - le banche private - siano soggetti a controlli da parte della Banca di loro proprietà? Ma non tutto il male viene per nuocere. Intanto, anche se qualche Soros rimarrà in piedi, le rovine saranno tante, perché questa tempesta finanziaria può scuotere alle radici il sistema di potere fondato sul profitto e sull’usura fin qui padrone del mondo. E poi l’esplosione della bolla monetaria che strangola uomini e popoli, si sa, era attesa.

E’ giunta ed è benvenuta.



Articolo di Ugo Gaudenzi, www.rinascita.info

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