lunedì 18 ottobre 2010

Sangue contro oro: il Popolo Karen insegna.






BIRMANIA - Una delle tante guerre sconosciute è quella che il Popolo Karen porta avanti da oltre sessanta anni contro la giunta militare birmana per ottenere quello che gli era stato promesso alla fine del secondo conflitto mondiale: una forma di autonomia e il rispetto delle proprie identità e tradizioni. Ho conosciuto la storia di questo Popolo fiero circa tre anni fa grazie alla Comunità Solidarista Popoli (www.comunitapopoli.org) che sin dal 2001 porta aiuto concreto ai Karen con strutture mediche e didattiche. La storia e la tenacia di questo Popolo mi ha subito affascinato e così, dopo varie attività informative portate avanti a Perugia dall'Associazione Culturale Tyr (www.controventopg.splinder.com) , ho deciso di partire per il Myanmar (ex-Birmania) e partecipare ad una delle missioni che più volte all’anno la Comunità Solidarista Popoli organizza. Prima della partenza sono letteralmente elettrizzato, quasi incredulo al fatto che a breve avrò l’onore di conoscere il Popolo Karen. Il mio viaggio inizia da Roma, dopo un volo di undici ore sono a Bangkok, la capitale thailandese. Dalla capitale ci trasferiamo a Mae Sot, una cittadina al confine con la Birmania. Giusto il tempo di comprare le cose necessarie per noi e per gli abitanti del villaggio “Little Verona” dove la Comunità Solidarista Popoli mantiene una clinica medica e una scuola e, con il Colonnello dell’ Esercito Nazionale di Liberazione Karen (K.N.L.A.), Nerdah Mya, siamo pronti a partire. Il viaggio dura qualche ora e dopo aver percorso una parte della “strada della morte” attraversiamo il confine giungendo in territorio Karen. Qui ci aspettano diversi combattenti che ci scorteranno fino al villaggio, utilizzando piccoli trattori e percorrendo tratti a piedi per via del fango dovuto alle piogge che in questo periodo sono frequenti nel sud-est asiatico. Arrivati al villaggio, le mie attese non vengono tradite, si riconosce subito l’umiltà e la forza di volontà dei Karen. E’ sera e dopo la cena, con l’arrivo del buio è ora di andare a letto. Prima però veniamo deliziati dalla canzone della rivoluzione scritta e cantata da John, giovane volontario dell’Esercito di Liberazione Karen. Il giorno seguente distribuiamo gli aiuti portati e, il Dottor Turano, volontario di “Popoli”, visita tutti i bambini e gli abitanti dando vitamine e medicine quando necessario. I giorni scorrono e la vita dei Karen prosegue sempre con il pensiero che i militari del governo di Rangoon possano attaccare e bruciare il villaggio. La stessa “Little Verona” è stata distrutta e ricostruita ben due volte. Attraverso il terrore, gli stupri e la schiavitù i militari birmani intendono destabilizzare la cultura e le tradizioni del Popolo Karen e cercano di dirigere più gente possibile nei campi profughi che si trovano in territorio thailandese. Altre organizzazioni “umanitarie” pensano, invece, di risolvere il problema inviando i profughi  in altri paesi con permessi di immigrazione garantiti e un biglietto aereo di sola andata, mandandoli incontro a vari problemi dovuti alla poca conoscenza della lingua, alla lontananza dalle proprie famiglie e alla completa differenza di usanze. La Comunità Solidarista Popoli d’accordo con il Karen National Union (K.N.U.), al contrario, sostiene che i Karen devono rimanere nei loro territori e lottare per vivere nella loro terra da Uomini liberi. Mentre tutto questo accade, il mondo rimane a guardare e il governo birmano si arricchisce grazie agli ottimi rapporti con le lobby economiche internazionali come l’Oviesse italiana, la Wolkswagen tedesca o la Toyota giapponese e grazie al supporto militare di Israele, Cina ed India. E’ ora di tornare a casa e tra i sorrisi e saluti dei combattenti e dei civili Karen lasciamo il villaggio. La Comunità Solidarista Popoli continuerà a svolgere la sua missione per contribuire alla protezione di un magico angolo del mondo in cui i sani valori sono ancora una cosa attuale e, anche io, dopo questa esperienza, non vedo l’ora di poter tornare al loro fianco.



Di Fabio Polese, Free Press Perugia - Ottobre 2010


 







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