mercoledì 31 marzo 2010

L’esercito israeliano uccide un quindicenne a Gaza.

Di: Matteo Bernabei, www.rinascita.info



Sale la tensione in Palestina. Un ragazzo di 15 anni è stato ucciso ieri durante le manifestazioni organizzate a Gaza per il “Giorno della terra”, la commemorazione nella quale da ormai 34 anni la popolazione della Striscia ricorda le sei persone massacrate dalle forze armate israeliane nel 1976 mentre protestavano ad al Jalil contro il furto delle loro terre. Il giovane è stato ucciso da alcuni colpi d’arma da fuoco esplosi dai militari di Tel Aviv mentre, alla testa di un corteo pacifico, si avvicinava alla barriera che separa il territorio dell’enclave palestinese da quello dell’entità sionista nei pressi del valico di Rafah. Le autorità israeliane non si sono ancora pronunciate ufficialmente sulla vicenda ma, come spesso accade in questi casi, è probabile che la scelta di non confermare quanto accaduto sia voluta e finalizzata a non alimentare la tensione fra i manifestanti. Tuttavia episodi simili si sono registrati anche ad est di Khan Younis e nel campo profughi di al Maghazi situato nel sud di Gaza, sarà quindi molto difficile per la censura di Tel Aviv mettere a tacere tutto. “Mi trovavo con un gruppo di manifestanti - ha spiegato ieri Vittorio Arrigoni, attivista dell’International Solidarity Movement, all’agenzia Infopal - quando i soldati israeliani hanno preso a spararci contro. Ora stiamo andando all’ospedale Europeo di Rafah per accertarci delle condizioni in cui si trovano i feriti. In questi giorni, è in corso un’escalation israeliana contro la Striscia di Gaza: sono aumentati gli attacchi israeliani contro i cittadini e i contadini, e gli scontri contro i resistenti che giustamente si difendono”. A tutto questo si aggiunge la decisione del governo israeliano di chiudere per tutta la durate delle festività della pasqua ebraica i valichi con la Cisgiordania e quelli con la Striscia di Gaza. La municipalità di Gerusalemme, inoltre, seguendo le indicazioni dell’esecutivo di Netanyahu, ha invece limitato per lo stesso periodo l’accesso alla spianata delle moschee ai soli arabi con più di 50 anni e alle donne. Una prassi che Tel Aviv attua ormai da quando nel 2003 è stata ultimata la costruzione del muro che soffoca la Cisgiordania. Tuttavia la polizia della Città Santa non è stata in grado domenica scorsa di impedire ad un gruppo di ebrei estremisti di fare irruzione nel luogo sacro per i musulmani, dove hanno causato alcuni danni agli edifici e provocato qualche piccolo scontro con i presenti. Tel Aviv si ostina a coprire dietro la definizione di “motivi di sicurezza” quella che di fatto è una violazione delle libertà fondamentali del popolo palestinese. Violazione che, purtroppo, è tollerata e giustificata dalla maggior parte dei Paesi occidentali.

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