I marines statunitensi e le truppe britanniche che si sono insediate nel distretto di Nad Alì e nella città di Marjah dopo l’imponente offensiva di febbraio – la più grande dall’invasione dell’Afghanistan nel 2001 – non contrasteranno la produzione di oppio e, anzi, impediranno alle autorità di Kabul di distruggere le piantagioni di papaveri nella regione appena conquistata. Dopo diverse indiscrezioni in proposito, la conferma è giunta dai reportage da Marjah del New York Times e del Miami Herald. “Noi non siamo venuti qui per sradicare i papaveri”, ha dichiarato il maggiore dei marines David Fennell al Miami Herald. Mentre il comandante Jeffrey Eggers, membro del gruppo di consulenza strategica del generale McChrystal, ha confermato al New York Times che “Marjah è un caso speciale. Noi non calpestiamo i mezzi di sostentamento di coloro che stiamo cercando di battere”.
La controversa decisione del comando Usa di non distruggere le piantagioni di papaveri dell’Helmand appena conquistata (l’Onu stima che la provincia da sola produca quasi il 60% dell’oppio afgano) non è piaciuta ad alcuni ufficiali afgani, che vorrebbero dare un segnale forte agli agricoltori che sostengono il narcotraffico. “Sono i talibani a trarre profitto dall’oppio – ha dichiarato Zulmai Afzali, portavoce del ministero Antinarcotici di Kabul – in questo modo finanziamo il nostro nemico”. Era stato lo stesso Afzali, pochi giorni prima, ad assicurare alla stampa che le autorità afgane avrebbero “distrutto le piantagioni di papavero di Marjah e Nadalì, perché la produzione di oppio è illegale”.
Tuttavia, già allora, era arrivata una prima smentita attraverso un esponente anonimo del governo di Kabul. La fonte aveva dichiarato a Irin News, l’agenzia giornalistica dell’Onu, che, al di là delle dichiarazioni ufficiali, “il governo ha garantito (agli agricoltori ndr) che nessuna distruzione di piantagioni verrà effettuata a Marjah e Nadalì, almeno per quest’anno”.
Secondo quanto riportato dall’agenzia Reuters, che cita la testimonianza di un coltivatore, l’obiettivo sarebbe di attendere l’imminente raccolto per comprare l’oppio direttamente dai coltivatori e distruggerlo. In questo modo si priverebbero i talebani della principale fonte di finanziamento senza mettere in difficoltà gli agricoltori ai quali verrebbero poi offerte colture alternative.
Tuttavia, oltre al dichiarato tentativo di conquistare “i cuori e le menti” della popolazione locale – il Nyt scrive che oltre il 60% dei contadini della regione vive grazie all’oppio – in molti in Afghanistan sospettano che il vero scopo dell’operazione Mushtarak (e di quella in corso nella vicina provincia di Kandahar) sia stato proprio quello di permettere alle corrotte forze di sicurezza afgane di avere il controllo delle piantagioni di oppio in tempo per il raccolto.
“L’unico vero scopo dell’operazione Mushtarak – ha dichiarato a Peacereporter il giornalista locale Safatullah Zahidi – era mettere le mani sulle piantagioni di papavero da oppio. E quelle di Marjah e del suo distretto, Nadalì, sono le più grandi e produttive di tutto l’Afghanistan. Grazie all’operazione Mushtarak sono tornate sotto controllo del governo e degli americani giusto in tempo per il raccolto di marzo. E ora faranno lo stesso con le piantagioni della seconda principale zona di produzione di oppio, quella di Kandahar”.
Un’interpretazione condivisa anche dall’ex parlamentare Malalai Joya, che spiega: “L’obiettivo di queste operazioni militari non è quello di sconfiggere i talibani, che vengono regolarmente avvertiti prima in modo da poter fuggire altrove. I talibani e i terroristi servono agli americani per mantenere il mio Paese nell’insicurezza, così da avere un pretesto per rimanere in Afghanistan assicurandosi il controllo di questa regione strategica, vicina all’Iran, alla Cina e ai Paesi dell’Asia centrale ricchi di gas e petrolio, ma anche per continuare a fare affari con lo sporco business dell’oppio. Oppio che, trasformato in eroina, frutta enormi guadagni sia al governo afgano che alle forze americane, che portano la droga fuori dall’Afghanistan con i voli militari che decollano dalle basi aeree di Kandahar e di Bagram”.
“Quest’ultima offensiva in Helmand, che tra l’altro – sottolinea la Joya – ha causato molte più vittime civili di quelle pubblicamente dichiarate, è l’ennesima conferma di ciò: l’obiettivo non era colpire i talibani, che hanno avuto tutto il tempo di scappare, ma semplicemente riprendere il controllo della principale zona di produzione di oppio di tutto il Paese”.
Di Ferdinando Calda, www.rinascita.info
La controversa decisione del comando Usa di non distruggere le piantagioni di papaveri dell’Helmand appena conquistata (l’Onu stima che la provincia da sola produca quasi il 60% dell’oppio afgano) non è piaciuta ad alcuni ufficiali afgani, che vorrebbero dare un segnale forte agli agricoltori che sostengono il narcotraffico. “Sono i talibani a trarre profitto dall’oppio – ha dichiarato Zulmai Afzali, portavoce del ministero Antinarcotici di Kabul – in questo modo finanziamo il nostro nemico”. Era stato lo stesso Afzali, pochi giorni prima, ad assicurare alla stampa che le autorità afgane avrebbero “distrutto le piantagioni di papavero di Marjah e Nadalì, perché la produzione di oppio è illegale”.
Tuttavia, già allora, era arrivata una prima smentita attraverso un esponente anonimo del governo di Kabul. La fonte aveva dichiarato a Irin News, l’agenzia giornalistica dell’Onu, che, al di là delle dichiarazioni ufficiali, “il governo ha garantito (agli agricoltori ndr) che nessuna distruzione di piantagioni verrà effettuata a Marjah e Nadalì, almeno per quest’anno”.
Secondo quanto riportato dall’agenzia Reuters, che cita la testimonianza di un coltivatore, l’obiettivo sarebbe di attendere l’imminente raccolto per comprare l’oppio direttamente dai coltivatori e distruggerlo. In questo modo si priverebbero i talebani della principale fonte di finanziamento senza mettere in difficoltà gli agricoltori ai quali verrebbero poi offerte colture alternative.
Tuttavia, oltre al dichiarato tentativo di conquistare “i cuori e le menti” della popolazione locale – il Nyt scrive che oltre il 60% dei contadini della regione vive grazie all’oppio – in molti in Afghanistan sospettano che il vero scopo dell’operazione Mushtarak (e di quella in corso nella vicina provincia di Kandahar) sia stato proprio quello di permettere alle corrotte forze di sicurezza afgane di avere il controllo delle piantagioni di oppio in tempo per il raccolto.
“L’unico vero scopo dell’operazione Mushtarak – ha dichiarato a Peacereporter il giornalista locale Safatullah Zahidi – era mettere le mani sulle piantagioni di papavero da oppio. E quelle di Marjah e del suo distretto, Nadalì, sono le più grandi e produttive di tutto l’Afghanistan. Grazie all’operazione Mushtarak sono tornate sotto controllo del governo e degli americani giusto in tempo per il raccolto di marzo. E ora faranno lo stesso con le piantagioni della seconda principale zona di produzione di oppio, quella di Kandahar”.
Un’interpretazione condivisa anche dall’ex parlamentare Malalai Joya, che spiega: “L’obiettivo di queste operazioni militari non è quello di sconfiggere i talibani, che vengono regolarmente avvertiti prima in modo da poter fuggire altrove. I talibani e i terroristi servono agli americani per mantenere il mio Paese nell’insicurezza, così da avere un pretesto per rimanere in Afghanistan assicurandosi il controllo di questa regione strategica, vicina all’Iran, alla Cina e ai Paesi dell’Asia centrale ricchi di gas e petrolio, ma anche per continuare a fare affari con lo sporco business dell’oppio. Oppio che, trasformato in eroina, frutta enormi guadagni sia al governo afgano che alle forze americane, che portano la droga fuori dall’Afghanistan con i voli militari che decollano dalle basi aeree di Kandahar e di Bagram”.
“Quest’ultima offensiva in Helmand, che tra l’altro – sottolinea la Joya – ha causato molte più vittime civili di quelle pubblicamente dichiarate, è l’ennesima conferma di ciò: l’obiettivo non era colpire i talibani, che hanno avuto tutto il tempo di scappare, ma semplicemente riprendere il controllo della principale zona di produzione di oppio di tutto il Paese”.
Di Ferdinando Calda, www.rinascita.info
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