HELIODROMOS
Contributi per il Fronte della Tradizione
N. 19 - 21 Aprile 2008
€7,50
Editoriale:
Democrazia e violenza
“Un […] errore, dovuto alla confusione dei concetti di essere umano e individuo, è l’eguaglianza democratica.
Questo dogma si spezza oggi sotto i colpi dell’esperienza dei popoli ed è quindi inutile dimostrarne la falsità, ma ci si deve meravigliare del suo lungo successo.
Come mai l’umanità ha potuto credervi così a lungo? Questo dogma non tiene conto della costituzione del corpo e della coscienza, né si adatta ad un fatto concreto come l’individuo. Certamente gli esseri umani sono uguali, ma tali non sono gli individui e l’uguaglianza dei loro diritti è pura illusione. Il debole di mente e l’uomo di genio non debbono essere considerati uguali di fronte alla legge; l’essere stupido, incapace di attenzione, abulico,
non ha diritto ad una educazione superiore ed è assurdo dargli, ad esempio, lo stesso potere elettorale che all’individuo completamente sviluppato. I sessi non sono uguali. È molto dannoso non riconoscere queste disuguaglianze.
Il principio democratico ha contribuito all’indebolimento della civiltà, impedendo lo sviluppo dei migliori, mentre è evidente che le disuguaglianze individuali debbono essere rispettate. Vi sono, nella società moderna, funzioni appropriate ai grandi, ai piccoli, ai medi e agli inferiori; ma non bisogna attendersi di formare individui superiori cogli stessi procedimenti validi per i deboli. La standardizzazione delle creature umane da parte
dell’ideale democratico ha assicurato il predominio dei mediocri. Costoro sono ovunque preferiti ai forti: sono aiutati, protetti, spesso ammirati: come se non si sapesse quanto gli ammalati, i criminali e i pazzi attirano la simpatia del grosso pubblico.” […] “Siccome era
impossibile innalzare gli inferiori, il solo mezzo di produrre l’uguaglianza fra gli uomini era di portarli tutti al livello più basso: in tal modo scompare la forza della personalità.”
Così, anche in conseguenza di un tale processo degenerativo, si è potuto accettare nella società il predominio dell’economia e di una industrializzazione che, oltre ad imporre forme di lavoro stupidi e ripetitivi, ha frantumato le naturali comunità umane per risucchiarli nelle vastità urbane. Tanto che: […] “nella immensità delle città moderne, l’uomo è isolato e sperduto, è una astrazione economica, un capo di bestiame e perde le sue qualità di individuo, perché non ha né responsabilità né dignità. In mezzo alla folla
emergono i ricchi, i politici potenti, i banditi in grande stile: gli altri sono polvere anonima.”
Queste sono considerazioni che il premio Nobel per la medicina, Alexis Carrel, poneva ne L’uomo, questo sconosciuto già nel 1935. Da allora, pur avendo avuto questo suo libro molte edizioni in tutto il mondo, solo in Italia sono state una trentina, dell’accorato richiamo, sull’azione corrosiva del principio democratico nella civiltà, di uno scienziato dal livello scientifico e umano così elevato, non è rimasta nessuna risonanza nella decadente cultura europea del dopoguerra. (…)
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