Paura e sgomento. Sangue a terra, vetri in frantumi e sirene della polizia. Non siamo sulla scena di un film hollywoodiano ma nel centro storico di Perugia in quella che doveva essere una tranquilla serata di martedì. Giovani e meno giovani stavano in giro per corso Vannucci o nelle vicinanze dei bar dell’acropoli quando, all’improvviso, un gruppo di nordafricani e albanesi, si sono scontrati con bottiglie e coltelli.
Da quanto ho capito, dopo che gli albanesi sono riusciti a fuggire, la situazione è degenerata ancora di più: il gruppo di magrebini ha attaccato le forze dell’ordine intervenute e si è scagliato anche contro gli esercizi commerciali del corso. La polizia, per far tornare la tranquillità, avrebbe pure sparato alcuni colpi di pistola in aria. I giornali locali, nei grandi titoli di apertura, hanno descritto la serata come un vero e proprio “far west” e la risposta dei politici non si è certo fatta attendere. Dai comunicati e dalle conferenze stampa fatte, sembrerebbe che tutti abbiano la soluzione a portata di mano. Sarebbe bello.
Da una parte abbiamo chi grida alla militarizzazione di Perugia e dall’altra chi, pur condannando e invocando repressione per fatti del genere, chiede anche prevenzione con investimenti garantendo a tutti il pieno esercizio del diritto di cittadinanza.
Non mi è mai piaciuta la militarizzazione né la repressione e non mi è nemmeno mai piaciuto il finto buonismo che riecheggia nell’aria di Perugia da ormai troppo tempo. La società del “volemose bene” non solo è fallita da un pezzo ma ha anche distrutto quel poco di identità che era rimasta nelle rovine della modernità.
La situazione nella nostra città è ormai (tristemente) all’occhio di tutti, nessuno escluso. Perugia, una volta conosciuta esclusivamente per le bellezze della sua storia ed architettura e per l’università, è ormai ricordata per l’uccisione della studentessa inglese Meredith Kercher e per il guinness dello spaccio di sostanze stupefacenti. Di certo, questo cambiamento, non è avvenuto dall’oggi al domani.
Ma è anche (troppo) facile indicare i colpevoli solo ed esclusivamente quando succedono questi atti di criminalità. Dobbiamo incominciare a rivivere i nostri quartieri, i nostri parchi e, soprattutto le zone del centro che una volta erano il ritrovo fisso per i giovani e le famiglie perugine. Solo così non ci sarà più spazio per chi delinque e si vuole appropriare di una città che non è propria. Perché, sia ben chiaro, Perugia, per prima cosa, deve essere dei perugini e dei suoi figli. Poi di tutte le persone che vengono qua e seguono un determinato modo di vivere. Ora possiamo dare la colpa a chi ci governa da tanti anni e non si è mai posto il problema. Possiamo dare la colpa a chi ha permesso che il centro storico, che dovrebbe essere il fulcro della nostra città, sia diventato off-limits per via delle chiusure serali al traffico, dei “brucomela” imposti e delle poche attività ormai aperte costrette a chiudere per far spazio ai centri commerciali del nuovo millennio. Possiamo anche dare la colpa a chi, seduto nelle poltrone dell’opposizione, non l’ha mai fatta realmente. Ma a cosa servirebbe puntare il dito contro questo o quello? Qui c’è una comunità che deve risorgere, che deve chiudere con il passato e guardare al futuro per sè e per i propri figli.
Mi fa sorridere il sindaco Boccali quando ci ricorda che se c’è la droga è perché c’è richiesta. Questo è ovvio, ma non è una giustificazione tollerabile. Ripeto: incominciamo ad uscire e a non rinchiuderci dentro i centri commerciali o, ancora peggio, dentro le vite non reali di facebook. E le istituzioni, incomincino a creare una prospettiva di futuro attraverso spazi sociali e culturali, manifestazioni di ampio livello e soprattutto alla portata di tutti. I concerti da cento euro e passa, pochi se li possono più permettere. E un controllo alla “1984” di George Orwell, non serve a nessuno se non a chi, con la scusa di controllare chi delinque, controlla e manipola la vita di tutti. (Fabio Polese)
Nessun commento:
Posta un commento