La guerra civile, d’altronde, in questo Paese mosaico di confessioni religiose, è uno spettro che non attenua mai la sua costante minaccia, nemmeno in periodi di apparente tranquillità. Figurarsi ora, che dalla vicina Siria giungono sirene che agitano alcuni tasselli di questo mosaico.
La popolazione libanese attendeva con trepidazione le parole di Hassan Nasrallah, leader di Hezbollah, il quale ha parlato in video-conferenza all’annuale evento organizzato il 25 maggio, e tenutosi, in quest’occasione, nella città meridionale di Bint Gbeil, a poche decine di chilometri dal “sempre caldo” confine con Israele. Decine di migliaia di cittadini festanti, orgogliosi di brandire vessilli giallo-verdi di quella che chiamano con emozione “la Resistenza”, ovvero Hezbollah, si sono radunati per partecipare a questa giornata di giubilo e appartenenza. Una distesa di bandiere – tra le quali non mancavano quelle di Amal, l’altro grande partito sciita, oltre che iraniane, palestinesi e, chiaro segnale di appoggio al presidente Bashir al-Assad, neanche quelle siriane – era lo scenario straordinario che si è aperto ai nostri occhi. I massicci cori e le preghiere recitate all’unisono hanno reso ancora più intensa l’atmosfera. Le parole di uno dei leader della “Resistenza”, presente all’evento, hanno introdotto dapprima una breve esibizione di forza e fedeltà di una delegazione dei combattenti. Successivamente, il palco è stato abbandonato dai militari e, dai due schermi allestiti, è apparso il volto di Nasrallah, accolto dall’euforia collettiva.
“Vittoria di un Paese, nascita di una nazione”. La frase adottata come motto della manifestazione ha fatto da incipit e impronta del lungo discorso pronunciato dal leader di Hezbollah. Egli ha anzitutto tenuto a ribadire la natura interconfessionale del Libano, puntualizzando che ciò costituisce un valore da tutelare. “Alimentare l’odio tra le diverse comunità che compongono il Paese significa farsi sfuggire di mano la situazione”, ha avvertito Nasrallah, con chiaro riferimento alle potenze che in passato hanno fomentato le divisioni interne per creare disordine e neutralizzare ogni aspirazione di sovranità. Un tragico copione che oggi si sta ripetendo nella vicina Siria. E che i libanesi, coscienti di cosa comporti una guerra civile, vorrebbero evitare. La maturità politica del partito Hezbollah presuppone, d’altronde, che “l’interesse della nazione prevalga su quello delle singole comunità”. Parole che sono un avvertimento verso coloro i quali, nei giorni scorsi, in Siria, avevano sequestrato dodici pellegrini libanesi sciiti di ritorno dall’Iran. Nasrallah ha ringraziato i Paesi che sono intervenuti per il rilascio (Turchia e, appunto, Siria), avvenuto poche ore prima del suo discorso.
Il 25 maggio del 2000, l’esercito israeliano, che occupava stabilmente il Libano del sud dall’estate del 1982, lasciò la Terra dei Cedri. Episodio che scrisse la parola fine a quella che Tsahal (l’esercito israeliano) aveva chiamato con nome in codice “operazione Litani”. La Resistenza, grazie alla determinazione dei suoi soldati, riuscì a segnare un passaggio chiave della storia del Medio Oriente. Per la prima volta le televisioni di tutto il mondo trasmisero le immagini dei soldati israeliani costretti a dare le spalle ai loro avversari arabi. Questo primato assoluto conferì a Hezbollah popolarità e consensi presso il popolo.
“Noi esistiamo solo per difendere la nostra terra” ha continuato Nasrallah, fiero del successo ottenuto dal suo movimento. “Dal 1948 ad oggi, Israele ha invaso il Libano diverse volte ma Hezbollah ha dato vita ad una nuova epoca mettendo fine all’impero sionista”. Il numero uno di Hezbollah, per la prima volta in quest’occasione, ha definito quello sionista come un impero. Il discorso di Nasrallah, accompagnato talvolta da applausi e grida e talvolta da rigoroso silenzio, si è concluso con una eloquente frase sul ridimensionamento della potenza sionista: “Israele ha cambiato politica. Un tempo usciva dai propri confini per invadere altre terre, oggi edifica muri per proteggersi all’interno della ‘tana dello scorpione’”. Una celebrazione di ottimismo che, in un periodo in cui il clima è oltremodo teso, ha rassicurato le moltitudini di sostenitori del “Partito di Dio”.
Federico Cenci / Fabio Polese inviati in Libano per Agenzia Stampa Italia
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