(ASI) All’alba del 19 maggio del 1987, Almerigo Grilz – in Mozambico al seguito dei guerriglieri della Renamo che si opponevano ai filosovietici della Frelimo – muore colpito da una pallottola alla testa mentre stava filmando un attacco nella città di Caia. Fu il primo inviato di guerra italiano a morire sul campo dopo la seconda guerra mondiale.
Almerigo Grilz si trovava in Mozambico come corrispondente della Albatross Press Agency fondata nel 1983 insieme a Fausto Biloslavo e Gian Micalessin. La sua telecamera fu recuperata: nel video viene documentata tutta la battaglia dell’ex zuccherificio della città di Caia, fino a che, un colpo, non lo raggiunge alla nuca. I guerriglieri della resistenza nazionale, guidati da Afonso Dhlakama, dopo un giorno e mezzo di cammino, lo seppellirono vicino ad un grande albero, dove, a tutt’oggi, come aveva deciso anche sua madre, riposa.
Grilz, dalla fine degli anni Settanta, è un inviato di guerra indipendente nei territori più “caldi”. Nel 1982 documenta l’invasione israeliana in Libano. In Cambogia, nel 1984, filma il conflitto tra la guerriglia e le truppe governative. Nel confine thailandese-birmano infiammato dai combattimenti tra la l’etnia Karen e l’esercito di Rangoon, c’è ancora lui. Nel 1985 racconta la guerra tra Iran e Iraq. E poi in Afghanistan, nelle Filippine, in Angola e Etiopia. I suoi scritti, le sue foto e i suoi filmati, vengono visti in tutto il mondo. In Italia scrive per Panorama, Avvenire, Rivista italiana difesa ed altre importanti testate. In Francia i suoi articoli sono pubblicati dal settimanale L’Express e in Gran Bretagna dal Sunday Time. Collabora con emittenti televisive di tutto il mondo, dalla televisione di stato tedesca Ndl alla Nbc statunitense.
Alla notizia della sua morte, molti giornali internazionali, dedicarono a Grilz ampi spazi. Al contrario, in Italia, la sua fine fu (vigliaccamente) ignorata dalla stampa a causa della sua passata militanza politica. Quest’anno, dopo ben venticinque anni dalla sua scomparsa sembrava che la città natale di Grilz, Trieste, si fosse decisa a ricordarlo. Gli amici Fausto Biloslavo e Gian Micalessin, avevano proposto al Comune un’iniziativa importante: cedere gratuitamente al museo De Enriquez di Trieste la mostra “Gli occhi della guerra”. Una mostra fotografica composta da un centinaio di scatti, fatti dal 1980 ad oggi, dei principali conflitti del mondo. Tra gli scatti, ci sono anche delle foto fatte dallo stesso Almerigo Grilz. “L’intento dell’iniziativa – si legge nella lettera di Biloslavo e Micalessin – era quello di ricordare Almerigo Grilz, tutti i giornalisti triestini caduti in guerra in tempo di pace e gli altri giornalisti italiani uccisi dopo il secondo conflitto mondiale. La consegna simbolica doveva avvenire, nelle mani del Sindaco, sabato 19 maggio in Comune. All’ultimo momento la segreteria di Cosolini ci ha informato «con rammarico che il Sindaco ha dato disposizione di rinviare la conferenza stampa che dunque non avrà luogo sabato 19 maggio ma in data da destinarsi. Il Sindaco è molto dispiaciuto di non poter cogliere la concomitanza con l’anniversario della scomparsa di Almerigo Grilz, conferma il suo interesse all’accettazione del comodato d’uso da Voi gentilmente offerto ma ha necessità di avere ancora un po’ di tempo a disposizione per alcune azioni amministrative indispensabili»”. Sembrerebbe che, ancora una volta, qualcosa sia andato storto e che quell’assordante silenzio, sia ancora in atto.
Nel 2002 i suoi colleghi ed amici Giancarlo Coccia, Gian Micalessin e Franco Nerozzi andarono in Mozambico per scoprire dove era sepolto Grilz. Ci riuscirono e realizzarono “L’albero di Almerigo”, un documentario che, ancora oggi, mette i brividi. A distanza di venticinque anni, Almerigo Grilz, grazie ai suoi scritti, ai suoi filmati e alle sue foto, continua a raccontarci le guerre del mondo. Da inviato in prima linea.
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