martedì 10 maggio 2011

Trent’anni dalla morte di Bobby Sands. Racconto dal nord Irlanda.


Articolo di Federico Cenci e Fabio Polese

 




(ASI) BELFAST – Il percorso che avrebbe portato il ventisettenne irlandese Bobby Sands a morire di stenti iniziò il 1° marzo 1981, quando il giovane Comandante dell’IRA cominciò uno sciopero della fame – il secondo dopo quello del dicembre 1980 – nel carcere di Long Kesh, nel Nord Irlanda. L’obiettivo del suo gesto, seguito presto da altri detenuti dell’IRA, era quello di richiedere ai suoi carcerieri, ossia ad un riluttante governo britannico, alcuni diritti che avrebbero consentito agli esponenti dell’IRA di ottenere lo status di prigionieri politici. L’impassibilità del governo britannico sembrò all’improvviso, durante i primi giorni d’aprile, essere scalzata da un evento apparentemente propedeutico. Delle elezioni suppletive, a seguito della morte inaspettata di un membro del parlamento britannico per la circoscrizione di Fermanagh-South Tyrone, consentirono, infatti, alla comunità cattolica di cogliere l’opportunità di candidare il detenuto repubblicano Bobby Sands. Dopo una campagna elettorale infuocata i risultati premiarono la sagacia politica: il 9 aprile 1981 Bobby Sands, grazie ad una preminente mobilitazione alle urne da parte della comunità cattolica del nord Irlanda, divenne membro del parlamento britannico, così innescando un meccanismo di pressione internazionale nei confronti del governo di sua maestà affinché si aprisse ad un dialogo con i repubblicani in sciopero della fame. Ciononostante, la premier inglese Margaret Thatcher non venne scalfita e ribadì fermamente, con chiaro riferimento ai detenuti dell’IRA: “Criminal, not politicals”. In questo modo, ella si faceva interprete di una rigidità a lungo andare inconveniente per il governo britannico – nell’ottobre 1981 si vedrà costretto a cedere a gran parte delle richieste dei detenuti – e decretò, di fatto, la condanna a morte per Bobby Sands. All’alba del 5 maggio 1981, dopo 66 giorni di sciopero della fame, il corpo di Sands cedette al lancinante sacrificio cui era stato sottoposto e consegnò di diritto questo giovane cattolico della borgata di Abbots Cross, a North Belfast, nel nutrito novero dei martiri della lotta irlandese. Mentre fuori dalle grigie mura di Long Kesh la notizia della morte scatenò furiosi incidenti tra repubblicani ed esercito britannico, Sands veniva deposto nella bara con una grande croce d’oro tra le mani, giuntagli direttamente da Papa Giovanni Paolo II poche settimane prima. Le esequie si celebrarono in un clima di grande e partecipata solennità. Era plumbeo il cielo d’Irlanda quel 7 maggio del 1981, quasi incombeva su uno sciame di 100.000 persone che, in rigoroso silenzio, parteciparono ai funerali nel cimitero di Milltown.



A trent’anni di distanza, il cielo sopra quel conteso territorio a Nord dell’isola smeraldo, come amano definire l’Irlanda le agenzie di viaggio per via dei suoi meravigliosi paesaggi, non sembra volersi dipanare. Le ultime tre decadi raccontano sì di svolte importanti in termini strettamente geopolitici, tuttavia la recrudescenza di divisioni che spesso si traducono in violenza è un fenomeno mai sopito in questa terra, come le cronache attuali attestano. Passeggiare per gli anfratti di città come Belfast o Derry, in quei focolari d’appartenenza caratterizzati da filo spinato, muri colorati e bandiere al vento che parlano di un passato che incalza la quotidianità, rende l’idea di come le divisioni tra le comunità cattolica e protestante siano ancora profonde, al di là dei tentativi di riconciliazione avvenuti nel corso degli anni da parte di esponenti della politica istituzionale nordirlandese. Da queste parti il tempo è scandito da commemorazioni e ricorrenze, eventi che vivificano l’idea e rafforzano il concetto di identità: ovunque – sui muri, sulle vetrine dei fast food, dentro ai pub – è possibile notare piccole locandine affisse che convocano la comunità a partecipare ad un presidio piuttosto che ad un corteo per commemorare qualche topico evento della propria storia o qualche martire della propria causa. Sono le 17.00





del 5 maggio 2011 e a Falls Road iniziano a mobilitarsi una cinquantina di nazionalisti repubblicani. Silenziosamente si posizionano al centro della via tra le due carreggiate e, mentre le macchine suonano i clacson per unirsi alla commemorazione, vengono srotolati i manifestini con l’immagine di Bobby Sands. A distanza di qualche metro l’uno dall’altro, la fila di uomini e donne irlandesi arriva fino al cimitero dove sono sepolti diversi combattenti. Il cielo è cupo, ma il sole sembra volersi aprire per commemorare anche lui un uomo che ha sacrificato la vita per la libertà del proprio popolo. La situazione comunque è abbastanza tesa, i giornali locali parlano di possibili tensioni dovute al fatto che alcuni gruppi di protestanti potrebbero arrivare da Shankill Road – il quartiere più britannico di Belfast -. Mentre camminiamo per Falls Road tra i famosi murales che rafforzano la voglia di libertà e il sentimento ancestrale per la propria terra, troviamo uno striscione dell’Erigi dato alle fiamme. Nei muri sono affisse bandiere nere in segno di lutto. Gruppi di appartenenti ai vari schieramenti repubblicani sono impegnati per la campagna elettorale; troviamo infatti diversi banchetti: dallo Sinn Fèin all’Erigi. Ci fermiamo a parlare con alcuni di loro, tutti molto cordiali ci invitano alle commemorazioni di questi giorni. Arrivati al cimitero, dove la mattina si era svolta un’altra commemorazione, le emozioni si fanno forti. Ci sono diverse corone di fiori con i colori dell’Irlanda che formano arpe e croci celtiche deposte dai militanti nazionalisti in ricordo di tutti gli Hunger Strike. “In proud and loving memory of our son and brother killed in action” è il testo di una delle tante targhe in memoriam che mettono i brividi.



 





Dopo le ultime dichiarazioni della Real Ira avvenute durante la commemorazione di Pasqua organizzata dal 32 County Sovereignty Movement a Derry, dove veniva lanciato un monito agli appartenenti alle forze della PNSI – Police Service of Northern Ireland –, la guardia è altissima. Proprio ieri a Derry una bomba a mano è stata tirata contro la polizia che solo “per fortuna” – ha dichiarato il Sovraintendente Capo della PSNI Stephen Martin – nessuno è rimasto ucciso. Per i nazionalisti di Belfast e di tutti i cattolici del nord Irlanda quello di Bobby Sands, a trent’anni dalla sua morte, non è un mero ricordo, bensì un impegno di lotta da ereditare affinché l’isola verde possa un giorno autodeterminarsi nella sua interezza.



http://www.agenziastampaitalia.it/index.php?option=com_content&view=article&id=3467:bobby-sands-trentanni-dalla-morte-racconto-dal-nosrd-irlanda-&catid=3:politica-estera&Itemid=35


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