venerdì 5 novembre 2010

Onore a Tereq Aziz.


Ad una settimana di distanza dalla sentenza di condanna a morte per Tareq Aziz, scemato già l'interesse mediatico occidentale per la notizia e per la condizione di un paese devastato a causa dell'invasione americana ed oggi costretto a convivere quotidianamente con stragi e attentati, le associazioni culturali Zenit di Roma e Tyr di Perugia intendono esprimere un umile attestato di solidarietà all'ennesima vittima della vendicativa giustizia dei vincitori.



“Ho ripetuto al santo padre che non abbiamo le armi di distruzione di massa, ci faranno disarmare del poco che abbiamo e poi ci attaccheranno per distruggerci”. Con queste parole Tareq Aziz, vicepremier dell’Iraq governato da Saddam Hussein, si congedò dai cronisti che gli chiedevano il contenuto delle conversazioni che aveva appena avuto modo di scambiare con Giovanni Paolo II nel febbraio 2003, ad un mese di distanza dall’inizio dell’invasione statunitense del suo paese, nel vano tentativo di scongiurare la guerra confidando nell’intercessione del pontefice. Oggi, a distanza di sette anni trascorsi lungo una scia di sangue che sembra interminabile, quelle parole riecheggiano nelle nostre orecchie assumendo un suono tragicamente profetico. Centinaia di migliaia di vittime sono il risultato della “missione democratica” intrapresa dagli USA in Iraq allo scopo di rovesciare il regime di Saddam Hussein, accusato di dispotismo e - apportando prove da mostrare all’opinione pubblica occidentale dimostratesi palesemente false - di possedere armi di distruzione di massa. Ci è sufficiente digitare su un qualsiasi motore di ricerca di internet la parola “Iraq” per renderci conto di come la pace sia un concetto lungi da quella terra, laddove affiora uno scontro religioso dagli effetti devastanti: sono di questi ultimissimi giorni le notizie dei violenti attacchi a Chiese ed altri luoghi di preghiera a Baghdad e dintorni, causa di un numero esorbitante di vittime e di profughi. E’ di questi giorni anche la notizia della condanna a morte definitiva di Tareq Aziz comminata da un tribunale iniquo che, sull’esempio dei loro padroni americani, si basa su prove indimostrabili ed inappellabili pur di adempiere alla barbara pratica di epurare i vinti. Dunque, dopo anni di persecuzioni giudiziarie perpetrate prima dagli USA e poi dai loro fantocci che oggi popolano i tribunali di Baghdad, la definitiva sentenza che pone fine alla tribolazione terrena del cristiano caldeo Tareq Aziz sembra fare il paio con un esacerbarsi delle violenze a fini anti-cristiani che stanno insanguinando il paese. Verrà eliminato l’esempio vivente della tolleranza e della libertà di culto che vigevano nell’Iraq baathista, predicatore di un panarabismo scevro da divisioni confessionali. Bisognerà far presto, perché al suo posto si sta già innalzando quel gigante di terrore che cagiona disordine e alimenta odio, mefitico propulsore di quella spirale “made in USA” continuamente impegnata a nutrirsi di sangue altrui per procurarsi linfa vitale. Dal nostro piccolo esprimiamo solidarietà ad uno degli ultimi testimoni di un mondo che sembra estinguersi sotto i colpi della furia livellatrice dell’imperialismo, di un mondo in cui udire il ruggito di un capo che si leva contro l’ingerenza usuraia e che raccoglie a sé il sostegno del suo popolo non rappresenta uno scenario onirico.

 

Associazione Culturale Zenit -
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Associazione Culturale Tyr -
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