martedì 11 maggio 2010

Storie di ordinaria repressione.


Benedetti i telefoni cellulari, Youtube, Facebook. Benedetta la rete. Perché è innegabile che le nuove e pervasive tecnologie, assieme a tutti gli eccessi che si portano dietro, possano anche essere strumento di verità. Stavolta un filmato fatto con una telecamera nascosta e uno fatto col telefono, consegnati alla Rai e poi postati su Youtube, svelano gli ennesimi abusi delle forze dell’ordine contro delle persone inermi. Dopo le immotivate cariche di Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza alla fine della partita di coppa Italia Roma – Inter, mercoledì 5 maggio, la caccia all’uomo nella zona di piazza Mancini ha portato al rastrellamento di almeno sette persone, tutte incarcerate. Ultras, facinorosi, diranno in molti. No. Stavolta no. Premettendo il fatto che gli ultras sono cittadini italiani, con tutti i diritti di ogni connazionale, e quindi un abuso da parte delle forze dell’ordine resta tale anche fuori da uno stadio, mercoledì scorso i tutori dell’ordine hanno, come dire, pescato nel mucchio.
Dovevano per forza fare degli arresti? Era forse arrivato l’ordine di dare un segnale ai frequentatori dell’Olimpico? Chissà, in ogni caso il messaggio non passa per nessun italico hooligan, ma per un gruppo di persone la cui maggior parte è estranea agli ambienti “da stadio”.
Dopo aver causato il fuggi fuggi generale sul ponte tra l’obelisco e piazza Mancini, facendo cadere donne e bambini terrorizzati e in fuga dalle cariche, gli agenti si sono sparsi per la zona del quartiere Flaminio vicina alla caserma della Polizia di via Guido Reni. In quello stesso momento, all’inizio del ponte, un ragazzo che cercava di sfuggire alle manganellate è stato deliberatamente investito da una Fiat Marea della Polizia al fine di fermarlo. La frattura di una vertebra cervicale viene attribuita, nel verbale di arresto, a episodi di resistenza. Per la quarta volta nella sua vita era andato allo stadio e scappava, così ha dichiarato, per non essere massacrato dalla Polizia. Tentativo inutile. Un video trasmesso dal Tg1, fatto da un operatore Rai, anch’egli malmenato dagli agenti, mostra chiaramente l’investimento e gli animi “accesi” dei tutori dell’ordine.
Il secondo video è quello che riprende l’aggressione a Stefano Gugliotta, un ragazzo che non era nemmeno stato allo stadio. Residente in via Pinturicchio, nei pressi di piazza Mancini, è stato arrestato sotto casa mentre aspettava di andare a una festa. Le immagini parlano chiaro, gli agenti, uno in particolare, aggrediscono Stefano mentre sta sul motorino assieme ad un amico, che scappa per sfuggire alle percosse. Rimasto solo in sella al suo mezzo, Stefano riceve un forte colpo alla testa e mentre cerca di sfuggire alle botte viene raggiunto da altri agenti.
Stefano e il ragazzo investito si trovano a Regina Coeli, precisamente nell’infermeria del carcere, viste le percosse che hanno subito. Assieme a loro altre sei persone, tutte prelevate nei dintorni di piazza Mancini e tutte che si protestano innocenti. Oltre ad alcuni tifosi della Roma non appartenenti a gruppi organizzati, con presenza saltuaria allo stadio e con figli, ci sono anche due studenti, ventenni, da soli 4 mesi a Roma, arrestati mentre si stavano recando a prendere l’autobus: simpatizzanti della Juventus e mai andati allo stadio prima di mercoledì.
Un automobilista distratto o negligente che ferisce gravemente o uccide una persona che attraversa sulle strisce pedonali non vede il carcere nemmeno in cartolina. Basta però circolare attorno a uno stadio per essere arrestati, buttati in cella e lì tenuti nel più totale spregio delle garanzie imposte dalla nostra Costituzione, delle quali però fanno strame le leggi speciali per gli stadi.
La rete internet si sta rivelando essere uno strumento di tutela ma con le limitazioni imposte dall’impossibilità di identificare gli agenti coinvolti nei pestaggi e nei ferimenti. Una sigla, sul casco o sulle pettorine, basterebbe a rendere identificabile chi commette gli abusi o, a monte, ad evitarli, vista la possibilità di essere riconosciuti. La resistenza da parte delle forze dell’ordine a questo provvedimento si commenta da sola.
Attenti. Dobbiamo stare tutti molto attenti. La macchia d’olio della privazione dei diritti inviolabili si sta allargando. Parte dagli stadi e arriva a lambire pericolosamente cittadini “normali”, mai venuti in contatto che le curve. E non basterà Youtube a salvarci…

Di Alessia Lai, www.rinascita.eu


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