venerdì 2 aprile 2010

Vogliono uccidere la carta stampata.

Pubblichiamo in altra pagina un comunicato della Fieg, la Federazione degli editori dei giornali alla quale siamo associati, che lancia l’allarme per una manovra che eliminerebbe, ai quotidiani ed ai periodici, le agevolazioni per la spedizione della stampa in abbonamento postale.

Anche se non siamo gli unici in pericolo (anzi: il grosso del beneficio va a grandi giornali di regime, per esempio al Sole 24 ore, con le sue centomila e passa copie da spedire quotidianamente…) il fatto è semplicemente vergognoso.

Fatto salvo il nostro storico sconcerto per una serie di provvidenze che invece di incentivare cultura – politica, economica, sociale, d’arte, per lo più senza fini di lucro -  beneficano, a pioggia, di tutto e di più (dai bollettini parrocchiali (contate quanti sono) a quelli del trotto e galoppo e del cucito) per un valore monetario che supera il 75 per cento del totale dei fondi stanziati per l’editoria, c’è una riflessione assai grave da fare.

La carta stampata soffre un grave momento di crisi. Generale.

Per gli allocchi la vulgata spiega dottamente che si tratta di un effetto della concorrenza radiotelevisiva e internet. Per noi che siamo del mestiere, che ci viviamo dentro, la causa della bancarotta editoriale è invece un’altra, ben più grave: il progressivo depauperamento intellettuale della nostra gente. Una strategia imposta dalle centrali del potere, da una visione del mondo che infila uomini e popoli nell’unico ruolo di “grande mercato”, dei consumi inutili, dell’edonismo e della vita vista attraverso uno specchio, da una caverna, diceva Platone.

 Evidentemente, con queste premessa, i sudditi, gli alienati, gli omologati, i massificati, gli amanti del “Grande Fratello” e dell’ “Isola dei famosi” (e non solo quelli) non hanno bisogno di capire come vadano le cose nel mondo, nella loro nazione, nella loro città. Si accontentano delle apparenze, della cronachetta spicciola, dei flash televisivi prodotti dalle veline di regime. Si accontentano di sopravvivere finché morte non sopraggiunga e basta.

Per noi… gli uomini liberi, gli uomini soli… questo depauperamento del vivere, questa società di gregge è un affronto che grida vendetta.

E quindi è giocoforza stringerci tutti attorno a uno spazio di libertà, di libera discussione, di laboratorio e di analisi su come va, nonostante tutto e tutti, veramente il mondo.

Ci hanno già tolto dei fondi pubblici destinati a sostenere i nostri sforzi. Noi, quelli di Rinascita, ne abbiamo in fondo sofferto di più: i tagli hanno colpito un momento di crescita. Siamo presenti su 12 mila edicole nazionali, circa il 25 per cento dei punti vendita in totale. E’ uno sforzo immane. Volevamo sostenere la nostra penetrazione dal basso, privi come siamo di uno straccio di pubblicità e visibilità nelle rassegne e nelle tribune stampa, nelle quali gli “anfitrioni di regime” invitano esclusivamente gli amici degli amici. Ci vorrebbero anche spiaggiati sulla rena di un qualche isolotto sperduto: così non è stato per tutti quei fogli “politici” che già avevano raggiunto il massimo dei contributi ottenibili, 2 o 3 o 4 volte più dei nostri.

Adesso pensano di tagliare anche qualche misero contributo sui costi di spedizione.

Ma se un cittadino va da qualsiasi fornitore di servizi, di beni e paga, poi pretenderebbe, almeno, di ricevere questi servizi.

Con le Poste non è così. Ogni giorno collezioniamo telefonate e telefonate e scritti di nostri lettori che si lamentano per il disservizio postale. Il quotidiano non arriva in tempo, anzi, spesso sono consegnate tre o quattro copie della settimana in un unico giorno. Non parliamo poi del sabato. E’ stato eletto assoluto giorno di ferie per gli uffici di consegna postali.

E le Poste sono una spa più o meno pubblica. Dovrebbe conciliare, quantomeno, la qualità del servizio con il prezzo che richiede… No, invece chiede di più per non dare nulla o quasi!

E i trasporti aerei postali? Tagliati per economizzare.

E i trasporti ferroviari postali? Inutili per un quotidiano.

E la rete di vendita nelle stazioni delle Fs spa, una volta il metodo migliore per coprire con una pubblicazione la gran parte del territorio nazionale? Parcellizzati e lottizzati alle 170 e più società distributrici private locali che praticano tariffe in regime di monopolio. O attraverso loro o nulla.

E, per concludere, forse i lor signori hanno pensato a qualche provvedimento surrettizio per agevolare la stampa? No.

Un esempio valga per tutti. Le “comunicazioni pubbliche”, quelle del governo, dei vari ministeri, delle varie amministrazioni, sono delle pubblicità pagate da tutti noi, dallo Stato.

Forse che queste “comunicazioni” – alcune stupide, forse è un bene non poterle pubblicare -  le vedete stampate quota parte, proporzionalmente, nei vari organi di stampa?

No. Per queste pubblicità vale il diktat governativo del beneficio “privato” da indirizzare esclusivamente verso la Rai e Mediaset e qualche altra rara eccezione.

E i soldi per le campagne dei vari Ministeri? Stesso indirizzo, stessa ristretta rosa dei beniciari.

E’ una vergogna, uno schifo.



Di Ugo Gaudenzi, www.rinascita.info

Nessun commento:

Posta un commento