Sperperi di denaro pubblico per ingrassare gli ingranaggi dei colossi farmaceutici.Di Fabio Polese, Rinascita 25 Febbraio 2010
Sperperi di denaro pubblico per ingrassare gli ingranaggi dei colossi farmaceutici.
Abbiamo richiesto al Prof. On. Claudio Pioli, esperto di finanza e macroeconomia, di delineare gli scenari secondo lui più verosimili per l’Italia.
La sua risposta è stata efficace quanto inquietante:
In effetti è l’Italia il vero pericolo per la zona EURO, nel senso di dare credibilità ad un gruppo di stati non omogenei fra di loro per politica economica, sociale, fiscale e tributaria, uniti, in effetti, soltanto da un’unica moneta.
Che cosa potrebbe succedere (mi permetta pur sempre il condizionale, visto che non sono io a prendere delle decisioni, ma cerco soltanto di pensare a quello che potrebbe accadere di fronte ad un default del debito pubblico italiano, che sta diventando il pericolo pubblico italiano numero uno).
Occorre fare delle premesse e ricordare innanzitutto i patti di Maastricht, che impongono dei tetti al deficit ed all’indebitamento complessivo della Pubblica Amministrazione (60% del PIL, per quanto riguarda l’indebitamento complessivo. L’Italia era entrata nella zona EURO «in deroga», in quanto Ciampi, il solito, aveva previsto un aumento del PIL italiano, che avrebbe permesso di rientrare nei parametri entro una decina d’anni, ormai trascorsi…., e 2,5% o giù di li’ per il deficit annuo dei paesi aderenti).
La crisi ha fatto si’ che la Commissione Europea abbia concesso alcuni anni di respiro: gli stati aderenti ne hanno approfittato per finanziare i rispettivi sistemi bancari.
Ma la Commissione, in occasione dell’esplosione della crisi greca, ha sottolineato che non ci saranno aiuti «europei», anche perché nessuno stato da solo o insieme ad altri potrebbe permetterselo in questi momenti.
In tal caso, se entro il 2012 gli stati non daranno segni palesi di buona volontà e di gestione budgetaria, saranno richieste delle garanzie(versamento di penalità alla BCE).
Ma esistono anche altre «voci», che vorrebbero alcuni paesi messi «al di fuori» della zona EURO: se «costituzionalmente» pare impossibile (chi è entrato non può’ più uscire, in quanto non è prevista la procedura), è pur vero che la BCE potrebbe prendere delle decisioni contemporanee a quelle della UE, o, è meglio dire, di concerto con….
I risparmiatori sono stati remunerati di meno del dovuto (il tasso di remunerazione dovrebbe essere sempre maggiore di quello inflazionistico: in caso contrario si invoglia il risparmiatore a cercare altre destinazioni delle sue scorte monetarie, quali i «beni rifugio» ed il risparmiatore farebbe ancora la sua parte, come ben affermava Luigi Einaudi, in quanto il risparmio è insito nel carattere umano, ma in misura minore. Keynes sosteneva praticamente le stesse cose, più con concetti macroeconomici e con modelli econometrici che di comportamento sociale e psicologico) ed il montante: * capitale + interesse * delle loro economie è stato notevolmente ridotto, favorendo, invece, il sistema bancario, che notoriamente gioca sul differenziale tra interessi attivi ed interessi passivi.
Non solo il risparmiatore ci ha perso, ma ne ha risentito anche il contribuente italiano, che non riesce ad evadere e che è chiamato a sorreggere soggetti finanziari ed economici astronomicamente più forti di lui: ne risentirà ancora in futuro, tenendo conto del fatto che il debito pubblico si riconverte, prima o poi, in una maggior pressione contributivo – fiscale.
La Corte dei Conti ha ricordato che l’indebitamento della Pubblica Amministrazione, gestito con forme e procedure di ingegneria finanziaria, lascerà uno strascico sul debito pubblico per oltre vent’anni.
Che i tassi d’interesse debbano aumentare nei prossimi anni non c’è dubbio: Mundell fa capire che il problema «Italia» è ben notevole, perché l’Italia potrebbe non essere in grado di veder rinnovati i titoli del debito pubblico (aumentando il tasso d’interesse, il «costo del servizio del debito pubblico» aumenterebbe paurosamente).
Ed il debito pubblico italiano, nei confronti di quello greco, è come un elefante rispetto al topolino.
Le azioni che potrebbero essere decise dalla Commissione Europea e dalla BCE, riguardano pertanto la creazione di «base monetaria in senso ampio», definita tecnicamente M3 dalla BCE, come ricorderemo ancora nel nostro discorso.
Le soluzioni, che non possono essere benefiche e senza effetti negativi nei confronti di tutti i soggetti, pubblici o privati che siano, potrebbero essere diverse.
Ma sia chiaro che i fallimenti ed i concordati puniscono sempre i creditori.
Bisognerà vedere in quale misura reagiranno la domanda e l’offerta di euro, in concomitanza dei rinnovi e delle nuove emissioni di titoli :
Il consolidamento di parte del debito pubblico (BOT) o l’attribuzione di cedole a tasso d’interesse «politico», inferiore al tasso d’inflazione, probabilmente non spendibili subito.
Le decisioni sul debito pubblico esistente potrebbero, comunque, scaturire da un mix di soluzioni riguardanti il tasso d’interesse, il capitale o l’allungamento, che piaccia o no, della durata dei titoli.
Decisioni di questo genere vennero prese in Italia negli anni Settanta, quando si stabili’ di limitare gli effetti dell’inflazione pagando una parte dei salari in BOT pluriennali.
In effetti la base monetaria allargata (M3, nella definizione della BCE), comprende anche i titoli di stato a breve, e cioè con scadenza sino a due anni, come i BOT italiani.
Se si vuol agire nei confronti della massa effettiva e potenziale della moneta in circolazione occorre pertanto agire, sulla base dei patti di Maastricht, sulla dinamica e sullo stock del debito pubblico, facendo rispettare i parametri di Maastricht senza deroghe di alcun tipo.
Sarà l’Italia (ed altri del gruppetto dei P.I.G.S.), a prendere le decisioni politiche (taglio drastico della spesa pubblica, liberalizzazioni, aumento delle imposte) per eseguire «gli ordini superiori» della UE.
Le conseguenze sociali si tradurranno inevitabilmente in gravi tensioni di ordine pubblico.
La Commissione Europea potrebbe chiedere un controllo ferreo sulla circolazione monetaria italiana (M0, secondo la definizione della BCE), facente parte della base monetaria, ben sapendo che questa componente costituisce, più dei depositi bancari, una bomba «a miccia corta»,fermo restando la costituzione di una garanzia in denaro da costituirsi presso la BCE.
E’ facile pensare ad una misura propria di una «politica monetaria restrittiva», anche tenendo conto del fatto che l’Italia vanta un’elevatissima economia parallela (la velocità di circolazione della moneta corrente, proveniente dall’economia sommersa, è notoriamente ben superiore a quella dell’economia legale di un paese).
La Commissione Europea, di concerto con la BCE, potrebbe decidere di sovrastampare la moneta «uscente dai paesi in défaut», come successe in Germania ai tempi della Repubblica di Weimar.
Questa decisione corrisponderebbe, di fatto, alla coesistenza di due monete: una più forte per i paesi del nord ed una debole per quelli del sud Europa.
Come vede parlo anche degli altri paesi in crisi, poichè ormai si è capito che, l’omogeneizzazione monetaria, non preceduta dall’omogeneizzazione delle politiche sociali, industriali, fiscali eccetera, ha semplicemente permesso di far provare alle popolazioni sud-europee un fenomeno già visto in Argentina, quando volle ancorare la propria moneta al dollaro(economie deboli con moneta forte).
La domanda che ci si pone: che cosa avverrà dei depositi, nei casi estremi di sovrastampa della moneta o di decisioni analoghe?
E’ ovvio che verrebbero svalutati proporzionalmente alla diminuzione di potere d’acquisto della «nuova moneta», salvo, forse, per quelli detenuti da non residenti, per i quali si potrebbero stabilire delle moratorie e delle sostituzioni.
La mossa dello scudo fiscale, che non ha dato i risultati sperati (85 miliardi contro i 110 sperati da Tremonti e compagni, ma, nel passato, si è parlato di 1000 miliardi di Euro portati all’estero), è stata fatta forse, tra l’altro, anche per non far entrare più tardi, dopo un eventuale default del debito pubblico, una valanga di denaro spendibile ed un numero maggiore di contenziosi con gli stati e le banche estere (tipo bond argentini, messicani eccetera di qualche anno fa).
Intervista di Marco Della Luna al Prof. Claudio Pioli, da nuke.lia-online.org
In Val di Susa dall’inizio dell’anno si dorme poco, spesso si mangia in piedi e ancor più spesso si vive all’aria aperta, anche la notte quando nevica. Il motivo di uno stile di vita tanto bizzarro, al quale ormai stanno facendo l’abitudine molti cittadini valsusini è costituito dai sondaggi truffa fortemente voluti da Mario Virano e lautamente pagati da tutti i contribuenti italiani.
Aveva annunciato di essere già in marcia. Molti l’avevano presa per una semplice dichiarazione propagandistica, indirizzata alla stampa e destinata più che altro ad infondere coraggio alle truppe dell’Esercito di Liberazione Nazionale Karen, reduci da un periodo molto difficile. Ma dopo dieci giorni dall’annuncio dato in occasione delle celebrazioni per il 61° anniversario della Rivoluzione Karen, Nerdah Mya ha rioccupato i villaggi che gli scorsi anni erano caduti nelle mani delle truppe governative birmane e dei loro alleati, i partigiani del DKBA. Partito con pochi uomini dalle colline di No La Kyo, a ridosso del confine tailandese, ha percorso 40 chilometri di giungla, riunendo ai suoi corpi franchi lungo il cammino diverse unità che si erano sparpagliate nella fitta foresta del distretto di Dooplaya. Da diverso tempo non si vedevano così tanti soldati Karen insieme per una operazione. Giovani reclute fresche di addestramento alternate a veterani della guerra, una lunga colonna che silenziosamente e faticosamente ha scalato colline e guadato fiumi per arrivare a ridosso del nemico.
Aiutare gli altri per aiutare noi stessi, questo, in parole povere riassume l'intento del "Gruppo Idee", essere utili per non sentirsi inutili. Con simili presupposti, dalla ricerca continua di Luigi, sulla soluzione del problema riguardante il recupero ed il reinserimento dei detenuti e con l'aiuto di Augusto e Giovanni, un pomeriggio di un autunno piovoso, nel reparto G 8 della Casa Circondariale Rebibbia N.C., nasce, il Gruppo Idee. La consapevolezza e la voglia di costruire un futuro diverso e migliore, rispetto alla precedente esistenza vissuta oltrepassando i limiti imposti dalla legge umana e a volte anche da quella divina, imponeva un cambiamento di rotta, qualcosa che ci rendesse fieri ed orgogliosi di essere uomini. Il progetto consiste nella ricerca di alternative ad una vita impostata sulla negazione dei diritti e dei doveri nei confronti degli altri, dove il mancato rispetto delle leggi, non è un'eccezione ma una regola, quindi, aiutare chi, dopo un reato commesso e di conseguenza una pena espiata, ha voglia di rimettersi in gioco, cercando di recuperare un suo ruolo all'interno della società civile. Questo può accadere solo con l'aiuto e il supporto di persone che credono possibile il reinserimento di chi ha pagato il suo debito con la collettività.Il Gruppo Idee crede che tutto ciò sia possibile e si sta adoperando perché questo sogno si avveri, sia con la ricerca continua di lavoro per chi ha avuto problemi precedentemente indicati (diverse persone, ex ristretti, già lavorano con noi), sia con interventi all'interno del carcere, organizzando eventi sportivi ( lo sport, con le sue regole che parlano di lealtà, voglia di migliorarsi, accettazione della sconfitta, obiettivi da raggiungere, gioco di squadra ecc, può essere una scuola di vita che riavvicina tutti, al concetto del rispetto delle norme) concorsi artistici e letterari, convegni, con temi strettamente di attualità come quello che si terrà presumibilmente nel mese di Novembre, sulla lotta ad una piaga sociale come il bullismo, sulle orme del nostro progetto "Il Bullismo lo Cancello" già presentato in una serata di Blob (RAI 3) andata in onda il 26 Luglio 2009, per ultimo, citerei quello che è stato il nostro primo progetto, che nasce quasi un anno fa e continua a crescere di giorno in giorno :"Dietro il Cancello" il giornale, scritto, diretto e stampato, all'interno della C.C. Rebibbia N.C. e che, con una nuova veste grafica, un nuovo formato e nuovi e bravi collaboratori, sta cercando di varcare quel fatidico cancello e spiccare il volo verso un sempre più vasto pubblico , tentando di far conoscere a tutti, una realtà volutamente tenute nascosta.
Negli ultimi tempi continuano ad affiorare, grazie soprattutto all’ausilio delle nuove tecnologie, quelle notizie e quei temi solitamente oscurati, censurati o manipolati dai media convenzionali. Tra quelli piu’ accuratamente evitati dai soliti canali di informazione vi e’ senza dubbio il cosiddetto “signoraggio bancario”.
Per signoraggio bancario si intende una vera e propria forma di usura legalizzata praticata dalle banche il cui successo, finora, si e’ fondato di massima su tre fattori: la sua relativa semplicita’, la complicita’ delle classi politiche che la tollerano, l’ignoranza in cui sono tenute le popolazioni circa tutto questo.
Persino su Wikipedia, il portale enciclopedico della Rete, si fa’ pero’ menzione del termine ‘signoraggio’ e viene riportata le seguente approssimativa definizione: “Il signoraggio e’ l’insieme dei redditi derivante dall’emissione di moneta. Gli economisti intendono per signoraggio i redditi che una banca centrale ed uno stato ottengono grazie alla possibilita’ di creare base monetaria in condizione di monopolio. Negli stati moderni, solitamente, una banca centrale stampa le banconote mentre lo stato conia le monete, ed entrambi hanno un reddito da signoraggio.”
Con una differenza, pero’, e di non poco conto: mentre gli Stati, oggi, prelevano il loro irrisorio signoraggio dal conio di monete di scarso valore (fino a due euro, nell’UE), la Banca Centrale Europea, ente privato che emette i nostri soldi, stampando carta moneta a un costo tipografico risibile (trenta centesimi per una banconota di cento euro), e imprestandola poi agli Stati, ottiene da questi il pagamento non delle spese tipografiche sostenute dalla BCE, come sarebbe logico, bensi’ il rimborso del valore nominale della banconota impresso sulla facciata!
Ora, il 92% di questo reddito creato dal nulla (una media di 150 milioni di euro al giorno!) va a Bankitalia, che e’ un ente parimenti privato che ripartisce gli utili tra i propri azionisti, i quali sono costituiti per il 95% da banche e assicurazioni.
Uno degli esiti nefasti di questo perverso meccanismo e’ il debito pubblico, ossia il debito che lo Stato contrae con le banche per coprire i costi - truccati- dell’emissione della moneta e che noi paghiamo con le tasse: il debito pubblico e’ un debito per sua natura inestinguibile e aumenta ogni anno: cosi’ che i popoli saranno costretti a lavorare come schiavi senza ottenere in cambio nulla.
Ma e’ anche vero che il debito pubbico e’ un inaccettabile minaccia alla sovranita’ di qualsiasi Paese, dato che ogni governo nazionale potra’ essere minacciato dall’oligarchia bancaria se non dovessere rispettare i cosiddetti parametri e non tagliasse ulteriormente la spesa sociale.
Aveva ragione Ezra Pound, il piu’ grande poeta americano del XX secolo, ad inveire con profetica determinazione contro l’usurocrazia bancaria e con lui, in tempi piu’ recenti, Giacinto Auriti, docente di Teoria generale del diritto ed eminente studioso del tema monetario. In questo scorcio di inizio del nuovo millennio dominato dall’ oscurita’, ma percorso da fremiti inequivocabili di tensioni sane, occorre dare luogo a profondi cambiamenti nell’interiorita’ degli uomini che giungano a ridimensionare il ruolo della avidita’ mercantile che prende corpo nella speculazione finanziaria, secondo una visione della vita che ponga la dimensione spirituale e intellettuale dell’uomo come primaria e inalienabile.
Di cosa sia il signoraggio bancario e dei modi per abolirlo se ne parlera’ a Perugia Venerdi 12 Febbraio alle ore 17. 30 presso la sala della Partecipazione della Provincia di Perugia. Ad intervenire, invitati dalla neonata Associazione Triskelion, saranno una battagliera giornalista, Nicoletta Forcheri, acuta analista di vicende italiane, e il brillante saggista e ricercatore Marco Saba, autore di Bankenstein e di O la banca o la vita.

Il 4 febbraio è stato un giorno speciale per l'Esercito di Liberazione Nazionale Karen. Si è celebrato il 61° Giorno della Rivoluzione, la data che ricorda la prima sollevazione di questo popolo contro l'aggressivo regime birmano.
E’ la cronaca attuale a dimostrarci come l’odio inglese nei confronti dell’Italia venga proferito a mezzo stampa. Di recente, le campagne mediatiche contro Berlusconi ed il suo governo sono spesso partite da Londra e Washington e, laddove partite da altrove, a Londra e Washington hanno trovato il loro acutizzarsi, utilizzate come pretesti – al più delle volte, di volgare tono - per attaccare l’uomo e, di riflesso, la sua linea politica. Le potenze occidentali sono al corrente del ruolo strategico che può svolgere l’Italia in chiave geopolitica, dato il suo storico prestigio e la sua posizione geografica, ed hanno un particolare interesse affinchè la nostra sovranità resti sempre subordinata alle imposizioni anglo-americane. E’ stato già ampiamente dimostrato come le nostre velleità di autonomia nazionale siano state oggetto di preoccupazione oltreoceano. E’ d’uopo ricordare in tal senso le dichiarazioni di uomini del Dipartimento di Stato americano (riportate nel nostro numero di settembre) nelle quali gli stessi esprimevano perplessità e stizza circa la partecipazione italiana alla costruzione del gasdotto russo South Stream. Davvero velenose le accuse rivolte al presidente del consiglio italiano da parte della stampa inglese. Qualche rapido esempio dei mesi scorsi? L’Observer si auspicava venisse fatta ai danni del Cavaliere una “iniezione di bromuro” finalizzata a farlo fuori; il Sunday Times titolava invece elegantemente “Nonno Silvio è impotente!”; “Buffone”, così veniva apostrofato sul The Guardian; il The Economist lo definiva “inadatto a governare”, suffragando questa tesi indicandolo come un mafioso; l’Indipendent ne aveva anche per gli Italiani, sostenendo che un “paese pornografico” ha il premier che si merita (chiaro riferimento al gossip legato a Palazzo Grazioli). Una vera e propria crociata condotta col diabolico mezzo della diffamazione. Non a caso da più fonti si è negli ultimi tempi tentato un accostamento tra la figura di Berlusconi e quella del leader socialista Craxi, di cui ricorrevano il mese scorso i dieci anni dalla scomparsa. I due, oltre ad esser stati legati da un rapporto di amicizia e di stima, condividono probabilmente l’onere di esser stati i due Presidenti del Consiglio più impegnati a doversi difendere da innumerevoli e pesanti accuse provenienti da diversi settori: magistratura, giornalismo, finanza. Soltanto oggi inizia, seppur timidamente, a farsi largo in alcuni ambiti mediatici la teoria secondo cui nei confronti di Craxi fu ordito un vero e proprio complotto di matrice anglo-americana. A Craxi non furono perdonate le coraggiose scelte in politica estera: la schietta solidarietà verso il popolo palestinese, l’amicizia sincera e concreta con Arafat ed i rapporti distesi con altri leader arabi invisi in occidente, la vicenda di Sigonella sono verosimilmente i tre pilastri dai quali maturò il livore di determinate ed influenti lobby. Servitasi di strumenti italiani: la magistratura che avviò Mani Pulite, il giornalismo - soprattutto quello legato all’Alta Finanza (Corriere della Sera e Repubblica) - che istigò una campagna diffamatoria; la longa manus d’oltreconfine riuscì nel subdolo intento di destituire Craxi e tutta una classe politica evidentemente scomoda. Dopo il repulisti seguito a quella stagione di giustizialismo dilagante, l’intervento ed il successo politico di Berlusconi suscitarono insofferenza poiché furono interpretati come un riuscito passaggio di testimone del leader socialista ad un suo fidato erede. Un rigurgito nazionale, avverso a privatizzazioni selvagge e perdita di sovranità. Ecco spiegata, in estrema sintesi, l’attuale avversione della stampa occidentale (anche di quella compatriota, ammaliata dal cosiddetto “modello americano” o soltanto connivente con gli interessi finanziari di matrice capitalista) verso l’Italia: a causarla è il timore di un’Italia di nuovo sovrana, spina nel fianco dell’imperialismo liberista di Washington e Londra. Talmente è profondo ed atavico il rancore antiberlusconiano di buona parte degli italiani, che ogni serena valutazione dei fatti attenenti esclusivamente all’operato politico sembra ormai perdere d’importanza rispetto alle vicende personali che coinvolgono Berlusconi: ai processi che lo vedono come imputato, alle sue vere o presunte avventure sessuali, al conflitto d’interessi etc. E’ così che i mezzi di comunicazione di massa hanno saputo adempiere perfettamente al loro ruolo propagandistico, riuscendo ad influenzare la coscienza dei cittadini e così creando i presupposti sociali per un vero e proprio golpe antiberlusconiano. In questa prospettiva è da interpretare l’avvento anche in Italia della moda tutta mondialista di “colorare le rivoluzioni”: il viola del “No-B day”. Ciò ricalca, anche se momentaneamente solo in piccola parte, quanto avvenne negli anni ’90, quando le campagne mediatiche contro i politici furono i mandanti morali di quel linciaggio da frustrati di cui si resero protagoniste orde di urlatori sotto l’Hotel Raphael a Roma in attesa che uscisse Craxi; poche ore prima condannato per Mani Pulite. Per meglio comprendere gli eventi del presente è sovente necessario far ricorso ad un tuffo nel passato, al fine di rinfrescar la memoria circa i rapporti di forza e le sfere d’influenza geopolitiche che si cristallizzano nella storia. Le preoccupazioni della perfida Albione e del suo sodale Zio Sam hanno spesso invaso i nostri confini nazionali, fin dai tempi precedenti all’unità d’Italia. Limitando il nostro interesse agli avvenimenti del secolo scorso, possiamo certamente rammentare l’ostracismo britannico verso ogni sussulto di sovranità nazionale italiano. Inutile dilungarci sulle campagne d’odio che scorrevano sui fiumi d’inchiostro, tanto a Londra e ad altri centri dell’Alta Finanza in Europa quanto a Washington e New York, ed indirizzate verso il Fascismo, a ragion veduta considerato una minaccia ai piani mondialisti. Ma è possibile recuperare fulgidi esempi di campagne mediatiche condite d’odio britannico ed americano verso l’Italia anche andando ancor più a ritroso nel tempo. Partiamo da un elemento di essenziale peso: il Mar Mediterraneo. Quello che per noi è un mare verso cui siamo naturalmente protesi data la nostra caratteristica geografica, è sempre stato per la Gran Bretagna un importante canale sul quale estendere i suoi tentacoli imperialistici che ovunque nel pianeta si sono mossi, causando guerre e schiavismo. Il fatto che l’Italia potesse dunque ampliare la sua sfera di interesse sulle coste mediterranee anche per mezzo di colonie è stato, giocoforza, un motivo di preoccupazione da parte britannica. Albione partecipò con coinvolto sentimento alla disputa italo-turca per accaparrarsi le terre libiche negli anni 1911-12. L’Italia era una seria minaccia ai suoi propositi sul Mediterraneo, la Turchia era da pochi anni divenuto uno stato laico, governato da quei Giovani Turchi che, appartenendo a logge massoniche, godevano senz’altro di simpatia ed amicizia a Londra. Dunque spalleggiati, come al solito, dai loro colleghi statunitensi, i giornalisti inglesi si prodigarono in una vera e propria campagna denigratoria e mistificatrice ai danni dell’esercito italiano impegnato al fronte nordafricano. In quegli anni destarono sconcerto e condanna unanime i racconti, accompagnati da rudimentali contraffazioni fotografiche, delle atrocità compiute dai soldati italiani ai danni degli Arabi. Campagna mediatica anti-italiana condotta dagli Inglesi in nome della “politica della pace” e dei “sacrosanti principi del diritto internazionale”. Ebbene, non possono che sonar stonate queste parole impregnate di buoni propositi agli orecchi di chi abbia una conoscenza anche minima dei metodi che contraddistinguono storicamente i messi si Sua Maestà nel portare in terre straniere l’ambasciata britannica (schiavismo, sradicamento, violenze, deportazioni). In pochi allora osarono sollevarsi contro la mistificazione orchestrata dalla Gran Bretagna, dato il pericolo di venir coscritti che tale gesto avrebbe provocato loro. Ne seppe qualcosa lo scrittore inglese cattolico Hilarie Belloc che, colpevole di aver documentato le falsificazioni su cui si fondavano le accuse anti-italiane della stampa, perse il proprio seggio nel parlamento britannico. Conferme, circa una campagna internazionale di stampa contro l’Italia, sono documentate anche nel memoriale dell’allora primo ministro Giolitti e nelle parole del corrispondente di guerra in Libia per il New York Herald, l’inglese Sherwood Spencer. Quest’ultimo elencò in un libro (Democracy or Shylocracy) una serie di false speculazioni giornalistiche su presunti crimini di guerra italiani e svelò gli intrighi di interesse finanziario che li fomentavano. Macchinazioni mediatiche che, allora come oggi, nonostante le spesso grossolane e poco credibili tesi su cui si reggevano, suscitarono costernazione nell’opinione pubblica anche nostrana. L’ampio fronte anti-interventista italiano, sebbene composto da tante persone in buona fede e mosso da motivi anti-bellici più che comprensibili, fu alimentato sino a bruciare un’atmosfera da guerra civile dall’opera menzognera partita da oltremanica. A causa del forte coinvolgimento emotivo del periodo storico movimentato, quasi nessuno si preoccupò di indagare sulla reale attendibilità di certe vicende dal fronte, narrate dalla stampa anglo-sassone e sventolate nelle nostre città come bandiere anti-interventiste. Così come quasi nessuno s’è preoccupato oggi di denunciare i toni ingiuriosi, sprezzanti e volgari della stampa inglese, al fine di attaccare il solo Berlusconi, verso tutto il nostro paese. Da parte nostra, che dire… Assolutamente nessuna apologia verso l’attuale governo, al massimo un lucido ed oggettivo riscontro di quanto di buono perseguito soprattutto in politica estera, in termini di autonomia. Ma un invito ci preme rivolgerlo; un invito alla serenità d’opinione, a diffidare da certi subdoli impianti giornalistici che sanno rivolgersi in modo ficcante alla più persuasiva zona della nostra psiche, facendoci perdere ogni riferimento alla ragione. Possiamo smascherare certe macchinazioni e, dietro la maschera, scoprire i reali interessi che le provocano. Gli strumenti per farlo non ci mancano: basta avere fiuto e mantenere allenata la vivifica elasticità mentale.
Non capendo granché delle dinamiche della politica attuale, e delle sue strane alchimie , mi accingo a recensire più’ semplicemente questo studio corposo e dettagliato (circa 450 pag) , su una delle tante micro-esperienze, legate a micro-eventi, in micro-ambienti. Insomma una di quelle storie che, come ci insegnò tempo fa il giornalista Angelo Mellone, in un suo intervento di infuocata dialettica sul magazine Il Fondo [leggi qui], non contano niente, non hanno mai contato niente, e non interessano a nessuno.