Di Fabio Polese, Rinascita 25 Febbraio 2010
giovedì 25 febbraio 2010
A/h1n1 - Dov’è finita l’emergenza pandemia?
Di Fabio Polese, Rinascita 25 Febbraio 2010
mercoledì 24 febbraio 2010
EVENTO VERITA´ A PERUGIA.
"11 Novembre 2007 l'uccisione di Gabriele Sandri, una giornata buia della repubblica"
controventopg@libero.it
martedì 23 febbraio 2010
Le conseguenze sociali si tradurranno inevitabilmente in gravi tensioni di ordine pubblico.
Abbiamo richiesto al Prof. On. Claudio Pioli, esperto di finanza e macroeconomia, di delineare gli scenari secondo lui più verosimili per l’Italia.
La sua risposta è stata efficace quanto inquietante:
In effetti è l’Italia il vero pericolo per la zona EURO, nel senso di dare credibilità ad un gruppo di stati non omogenei fra di loro per politica economica, sociale, fiscale e tributaria, uniti, in effetti, soltanto da un’unica moneta.
Che cosa potrebbe succedere (mi permetta pur sempre il condizionale, visto che non sono io a prendere delle decisioni, ma cerco soltanto di pensare a quello che potrebbe accadere di fronte ad un default del debito pubblico italiano, che sta diventando il pericolo pubblico italiano numero uno).
Occorre fare delle premesse e ricordare innanzitutto i patti di Maastricht, che impongono dei tetti al deficit ed all’indebitamento complessivo della Pubblica Amministrazione (60% del PIL, per quanto riguarda l’indebitamento complessivo. L’Italia era entrata nella zona EURO «in deroga», in quanto Ciampi, il solito, aveva previsto un aumento del PIL italiano, che avrebbe permesso di rientrare nei parametri entro una decina d’anni, ormai trascorsi…., e 2,5% o giù di li’ per il deficit annuo dei paesi aderenti).
La crisi ha fatto si’ che la Commissione Europea abbia concesso alcuni anni di respiro: gli stati aderenti ne hanno approfittato per finanziare i rispettivi sistemi bancari.
Ma la Commissione, in occasione dell’esplosione della crisi greca, ha sottolineato che non ci saranno aiuti «europei», anche perché nessuno stato da solo o insieme ad altri potrebbe permetterselo in questi momenti.
In tal caso, se entro il 2012 gli stati non daranno segni palesi di buona volontà e di gestione budgetaria, saranno richieste delle garanzie(versamento di penalità alla BCE).
Ma esistono anche altre «voci», che vorrebbero alcuni paesi messi «al di fuori» della zona EURO: se «costituzionalmente» pare impossibile (chi è entrato non può’ più uscire, in quanto non è prevista la procedura), è pur vero che la BCE potrebbe prendere delle decisioni contemporanee a quelle della UE, o, è meglio dire, di concerto con….
I risparmiatori sono stati remunerati di meno del dovuto (il tasso di remunerazione dovrebbe essere sempre maggiore di quello inflazionistico: in caso contrario si invoglia il risparmiatore a cercare altre destinazioni delle sue scorte monetarie, quali i «beni rifugio» ed il risparmiatore farebbe ancora la sua parte, come ben affermava Luigi Einaudi, in quanto il risparmio è insito nel carattere umano, ma in misura minore. Keynes sosteneva praticamente le stesse cose, più con concetti macroeconomici e con modelli econometrici che di comportamento sociale e psicologico) ed il montante: * capitale + interesse * delle loro economie è stato notevolmente ridotto, favorendo, invece, il sistema bancario, che notoriamente gioca sul differenziale tra interessi attivi ed interessi passivi.
Non solo il risparmiatore ci ha perso, ma ne ha risentito anche il contribuente italiano, che non riesce ad evadere e che è chiamato a sorreggere soggetti finanziari ed economici astronomicamente più forti di lui: ne risentirà ancora in futuro, tenendo conto del fatto che il debito pubblico si riconverte, prima o poi, in una maggior pressione contributivo – fiscale.
La Corte dei Conti ha ricordato che l’indebitamento della Pubblica Amministrazione, gestito con forme e procedure di ingegneria finanziaria, lascerà uno strascico sul debito pubblico per oltre vent’anni.
Che i tassi d’interesse debbano aumentare nei prossimi anni non c’è dubbio: Mundell fa capire che il problema «Italia» è ben notevole, perché l’Italia potrebbe non essere in grado di veder rinnovati i titoli del debito pubblico (aumentando il tasso d’interesse, il «costo del servizio del debito pubblico» aumenterebbe paurosamente).
Ed il debito pubblico italiano, nei confronti di quello greco, è come un elefante rispetto al topolino.
Le azioni che potrebbero essere decise dalla Commissione Europea e dalla BCE, riguardano pertanto la creazione di «base monetaria in senso ampio», definita tecnicamente M3 dalla BCE, come ricorderemo ancora nel nostro discorso.
Le soluzioni, che non possono essere benefiche e senza effetti negativi nei confronti di tutti i soggetti, pubblici o privati che siano, potrebbero essere diverse.
Ma sia chiaro che i fallimenti ed i concordati puniscono sempre i creditori.
Bisognerà vedere in quale misura reagiranno la domanda e l’offerta di euro, in concomitanza dei rinnovi e delle nuove emissioni di titoli :
Il consolidamento di parte del debito pubblico (BOT) o l’attribuzione di cedole a tasso d’interesse «politico», inferiore al tasso d’inflazione, probabilmente non spendibili subito.
Le decisioni sul debito pubblico esistente potrebbero, comunque, scaturire da un mix di soluzioni riguardanti il tasso d’interesse, il capitale o l’allungamento, che piaccia o no, della durata dei titoli.
Decisioni di questo genere vennero prese in Italia negli anni Settanta, quando si stabili’ di limitare gli effetti dell’inflazione pagando una parte dei salari in BOT pluriennali.
In effetti la base monetaria allargata (M3, nella definizione della BCE), comprende anche i titoli di stato a breve, e cioè con scadenza sino a due anni, come i BOT italiani.
Se si vuol agire nei confronti della massa effettiva e potenziale della moneta in circolazione occorre pertanto agire, sulla base dei patti di Maastricht, sulla dinamica e sullo stock del debito pubblico, facendo rispettare i parametri di Maastricht senza deroghe di alcun tipo.
Sarà l’Italia (ed altri del gruppetto dei P.I.G.S.), a prendere le decisioni politiche (taglio drastico della spesa pubblica, liberalizzazioni, aumento delle imposte) per eseguire «gli ordini superiori» della UE.
Le conseguenze sociali si tradurranno inevitabilmente in gravi tensioni di ordine pubblico.
La Commissione Europea potrebbe chiedere un controllo ferreo sulla circolazione monetaria italiana (M0, secondo la definizione della BCE), facente parte della base monetaria, ben sapendo che questa componente costituisce, più dei depositi bancari, una bomba «a miccia corta»,fermo restando la costituzione di una garanzia in denaro da costituirsi presso la BCE.
E’ facile pensare ad una misura propria di una «politica monetaria restrittiva», anche tenendo conto del fatto che l’Italia vanta un’elevatissima economia parallela (la velocità di circolazione della moneta corrente, proveniente dall’economia sommersa, è notoriamente ben superiore a quella dell’economia legale di un paese).
La Commissione Europea, di concerto con la BCE, potrebbe decidere di sovrastampare la moneta «uscente dai paesi in défaut», come successe in Germania ai tempi della Repubblica di Weimar.
Questa decisione corrisponderebbe, di fatto, alla coesistenza di due monete: una più forte per i paesi del nord ed una debole per quelli del sud Europa.
Come vede parlo anche degli altri paesi in crisi, poichè ormai si è capito che, l’omogeneizzazione monetaria, non preceduta dall’omogeneizzazione delle politiche sociali, industriali, fiscali eccetera, ha semplicemente permesso di far provare alle popolazioni sud-europee un fenomeno già visto in Argentina, quando volle ancorare la propria moneta al dollaro(economie deboli con moneta forte).
La domanda che ci si pone: che cosa avverrà dei depositi, nei casi estremi di sovrastampa della moneta o di decisioni analoghe?
E’ ovvio che verrebbero svalutati proporzionalmente alla diminuzione di potere d’acquisto della «nuova moneta», salvo, forse, per quelli detenuti da non residenti, per i quali si potrebbero stabilire delle moratorie e delle sostituzioni.
La mossa dello scudo fiscale, che non ha dato i risultati sperati (85 miliardi contro i 110 sperati da Tremonti e compagni, ma, nel passato, si è parlato di 1000 miliardi di Euro portati all’estero), è stata fatta forse, tra l’altro, anche per non far entrare più tardi, dopo un eventuale default del debito pubblico, una valanga di denaro spendibile ed un numero maggiore di contenziosi con gli stati e le banche estere (tipo bond argentini, messicani eccetera di qualche anno fa).
Intervista di Marco Della Luna al Prof. Claudio Pioli, da nuke.lia-online.org
venerdì 19 febbraio 2010
TRIVELLE FALSE, BOTTE VERE.
Dall’inizio dell’anno quasi ogni notte, con il favore delle tenebre, una trivella si mette in moto, con il suo corollario di centinaia di poliziotti in tenuta antisommossa che militarizzano il territorio. La trivella viene sistematicamente posizionata in un sito adiacente all’autostrada A32, quasi sempre accanto al pilone di un viadotto, laddove la natura del terreno non presenta alcun segreto, dal momento che è stata già studiata in profondità quando negli anni 90 autostrada e viadotti furono costruiti. Il sondaggio farsa prosegue per alcune ore e generalmente prima che scenda nuovamente la notte il cantiere viene smantellato in gran fretta insieme all’occupazione militare, destinata a riproporsi molto presto, magari già la notte successiva, accanto ad un altro pilone della stessa autostrada.
I cittadini della Valle contrari all'alta velocità quasi ogni notte si tirano giù dal letto (sempre che abbiano fatto in tempo a coricarsi) e accorrono in massa sul luogo del sondaggio truffa, dove trascorrono la notte contestando il TAV, la militarizzazione e la truffa ordita da Mario Virano che attingendo al denaro dei contribuenti italiani procede a far trivellare i terreni adiacenti ai viadotti dell’autostrada. Contestazione sempre molto pacata, basata sostanzialmente sulla presenza fisica. Qualche coro, un po’ di fracasso, qualche lancio di palle di neve quando il cielo dispensa i bianchi fiocchi, molta ironia ma anche molta rabbia da parte di chi da ormai troppo tempo è costretto a sopportare sulle proprie spalle il peso dell’occupazione militare, condita dalla disinformazione mediatica e dai veleni della cattiva politica, prona agli interessi della mafia del cemento e del tondino. Contestazione che continua a dare molto (forse troppo) fastidio a Mario Virano ed ai giornalisti prezzolati che hanno a lungo tentato di dipingere l’immagine di una Val di Susa pacificata e condiscendente nei confronti dell’alta velocità, fallendo miseramente nei loro propositi, smentiti dall’evidenza dei fatti e dalle 40.000 persone che hanno sfilato a Susa il 23 Gennaio, ribadendo il fermo e condiviso NO del territorio nei confronti del TAV.
Sconfitti sotto ogni punto di vista e con le spalle al muro, Virano e la congrega mafiosa di cui la politica cura gli interessi, sembrano ora strizzare l’occhio alla violenza, unico elemento utile per sparigliare le carte, stante l’assoluta mancanza di quel dialogo e di quella condivisione da loro impropriamente venduti in Italia e in Europa.
Violenza praticata, sempre con il favore delle tenebre, nelle scorse settimane attraverso gli incendi dolosi che hanno distrutto i presidi NO TAV di Borgone e Bruzolo e divenuta “istituzionale” nella giornata di ieri, quando le forze dell’ordine (al comando di un individuo che in un paese civile albergherebbe nelle patrie galere in virtù dei massacri già compiuti a Genova durante il G8 del 2001) hanno pensato bene di bastonare a sangue i manifestanti scomodi, infierendo in modo particolare sulle donne e su chi era caduto a terra. Con il risultato di mandare all’ospedale parecchie persone, di ridurre quasi in fin di vita un ragazzo di 25 anni, ricoverato in terapia intensiva per emorragia cerebrale e devastare il volto di una donna di 45 anni che ha subito la frattura del setto nasale e tumefazioni di ogni tipo. Perseguitando poi vigliaccamente anche i feriti all’interno delle strutture ospedaliere, nel tentativo di sottrarli alle cure per sottoporli ad improbabili interrogatori.
Scene già viste, a Genova durante il G8 del 2001 ed a Venaus nel dicembre 2005, oltre che in molte altre occasioni, in questo paese disgraziato nel quale sistematicamente chi vuole esprimere il proprio dissenso nei confronti delle scelte della politica è costretto a rischiare la propria incolumità fisica, quando non addirittura la vita. Scene da “macelleria messicana” portate avanti da una classe politica asservita alla mafia e giustificate dal circo di un’informazione in grado di esperire solo una vergognosa mistificazione dei fatti.
Proprio i grandi giornali e le TV in questa occasione sono infatti riusciti a dare il peggio di sé. Tante e tali sono le menzogne che oggi allignano all’interno dei mezzi di disinformazione mediatica. Giornalisti prezzolati e pennivendoli di ogni risma, nessuno dei quali presente allo svolgersi degli eventi, dal momento che è Febbraio e fa freddo, hanno tentato con ogni mezzo di costruire una storia di fantasia, basata sulle veline imposte dalla questura e finalizzata a stravolgere completamente la dinamica dei fatti ad uso e consumo della congrega di farabutti che foraggia i loro lauti stipendi.
I Valsusini che dormono poco e sono costretti a vivere all’aria aperta si sono trasformati in “pericolosi antagonisti” le palle di neve in “pietre”, la contestazione civile in “aggressione”, i pestaggi selvaggi sulle persone a terra in “cariche di alleggerimento” i poliziotti autori dei pestaggi (protetti da caschi, scudi e abbigliamento modello carro armato) in tanti poveri feriti, mentre avrebbero potuto esserlo solo nell’orgoglio per avere massacrato delle donne inermi.
Tutto ciò nonostante esista abbondante quantità di filmati che mostra l’evidenza di manifestanti tanto decisi quanto pacifici, palle di neve, cori di scherno e nulla più. Manifestanti che pennivendoli e teleimbonitori non hanno neppure visto, dal momento che si trovavano comodamente seduti nel caldo delle loro redazioni.
Nonostante la violenza dispensata a piene mani dalla polizia ed il tentativo di trasferirne le responsabilità sui tanti cittadini che da sempre si battono civilmente contro il TAV, Mario Virano e la mafia legata all’alta velocità continuano a manifestare la propria sconfitta ogni giorno di più.
La maggioranza dei valsusini non vuole l’opera, non ha paura, a prescindere dal fatto che la violenza arrivi da parte di chi porta una divisa o da chi si nasconde nella notte e continueranno a dormire poco, mangiare in piedi e presidiare il territorio, in attesa della prossima trivella e del prossimo sondaggio truffa, accanto ad un altro pilone dell’autostrada.
Di Marco Cedolin, ilcorrosivo.blogspot.com
mercoledì 17 febbraio 2010
I corpi franchi di Nerdah Mya tornano nel distretto di Dooplaya.
Continua su: www.comunitapopoli.org/uploads/marcia.pdf
Gruppo Idee.
Questo è il Gruppo Idee.
www.gruppoidee.eu
domenica 14 febbraio 2010
Pio Filippani Ronconi: il conte guerriero.
L'esperienza nelle SS fu sempre ricordata in modo mesto da Ronconi, senza nostalgia o fanatismo. In occasione di un'intervista spiegò che la sua era stata una scelta quasi obbligata, per lui, patrizio romano, era l'unico modo per rispondere al tradimento dell'armistizio e alla fuga del capo delle forze armate – il re Vittorio Emanuele III – tra le braccia di americani ed inglesi. Eppure la sua decisione, dettata da un senso dell'onore profondamente radicato, costò cara a Ronconi. Il suo passato divenne ad esempio motivo per sospendere sine die la sua collaborazione con la terza pagina del Corriere della sera. Via Solferino non poteva permettersi di ospitare un “nazista” nelle pagine della cultura, anche grazie ad un duro comunicato del Comitato di redazione il professore fu cacciato senza appello. I soliti benpensanti pronti a difendere la libertà di espressione e i valori della democrazia in tutte le loro declinazioni riuscirono ad impedire ad un accademico settantenne di spiegare le usanze dei samurai giapponesi o i riti per celebrare il capodanno lunare nella Cina imperiale. Eppure il suo curriculum avrebbe dovuto impedire che qualcuno potesse solo accennare la minima polemica. L'ex militare fu infatti professore ordinario di Religioni e Filosofie dell’India, professore incaricato di Lingua e Letteratura Sanscrita, già professore straordinario di Dialettologia Iranica, e precedentemente incaricato di Filosofie dell’Estremo Oriente all’Istituto Orientale di Napoli. Fu anche dottore honoris causa di Teologia e Scienze dell’Islam presso l’Università di Teheran (unico occidentale insignito di tale riconoscimento); dottore sempre honoris causa in Filosofia della Storia grazie al riconoscimento dell’Università di Trieste.
Quale docente e storico delle religioni, ha sviluppato ricerche sulle sette gnostiche in India e Tibet e sui movimenti mistici ed eterodossi nell’Islam orientale, specialmente in Persia. Ha indirizzato i propri interessi verso la fenomenologia religiosa, dello Yoga e dello Sciamanesimo, argomenti sui quali ha pubblicato vari scritti. Fra le sue attività, si ricorda la sua partecipazione alla spedizione in Marocco, promossa dalla Fondazione Ludwig Keimer, che portò alla scoperta dell’antica città di Sigilmassa. Nel corso della sua esistenza ci pensò anche la magistratura a mettergli i bastoni tra le ruote. Suo malgrado fu coinvolto nell'inchiesta sulla strage di piazza Fontana per via del suo intervento pronunciato durante il convegno all'hotel Parco dei principi del 1965. Le successive indagini esclusero però qualsiasi forma di coinvolgimento nella pianificazione della cosiddetta “strategia della tensione”. I suoi approfonditi studi sui culti tradizionali lo portarono sicuramente a non temere la morte. Ci piace quindi ricordarlo con un suo motto che testimonia quanto fosse vivido l'ardimento nel suo animo: Viva la muerte!
Matteo Mascia, www.rinascita.info
giovedì 11 febbraio 2010
Caso Raciti: un verdetto che allontana la verità.
Di Michele Mendolicchio, www.rinascita.info
EURO-LACCI E MONETA SOVRANA.
Negli ultimi tempi continuano ad affiorare, grazie soprattutto all’ausilio delle nuove tecnologie, quelle notizie e quei temi solitamente oscurati, censurati o manipolati dai media convenzionali. Tra quelli piu’ accuratamente evitati dai soliti canali di informazione vi e’ senza dubbio il cosiddetto “signoraggio bancario”.
Per signoraggio bancario si intende una vera e propria forma di usura legalizzata praticata dalle banche il cui successo, finora, si e’ fondato di massima su tre fattori: la sua relativa semplicita’, la complicita’ delle classi politiche che la tollerano, l’ignoranza in cui sono tenute le popolazioni circa tutto questo.
Persino su Wikipedia, il portale enciclopedico della Rete, si fa’ pero’ menzione del termine ‘signoraggio’ e viene riportata le seguente approssimativa definizione: “Il signoraggio e’ l’insieme dei redditi derivante dall’emissione di moneta. Gli economisti intendono per signoraggio i redditi che una banca centrale ed uno stato ottengono grazie alla possibilita’ di creare base monetaria in condizione di monopolio. Negli stati moderni, solitamente, una banca centrale stampa le banconote mentre lo stato conia le monete, ed entrambi hanno un reddito da signoraggio.”
Con una differenza, pero’, e di non poco conto: mentre gli Stati, oggi, prelevano il loro irrisorio signoraggio dal conio di monete di scarso valore (fino a due euro, nell’UE), la Banca Centrale Europea, ente privato che emette i nostri soldi, stampando carta moneta a un costo tipografico risibile (trenta centesimi per una banconota di cento euro), e imprestandola poi agli Stati, ottiene da questi il pagamento non delle spese tipografiche sostenute dalla BCE, come sarebbe logico, bensi’ il rimborso del valore nominale della banconota impresso sulla facciata!
Ora, il 92% di questo reddito creato dal nulla (una media di 150 milioni di euro al giorno!) va a Bankitalia, che e’ un ente parimenti privato che ripartisce gli utili tra i propri azionisti, i quali sono costituiti per il 95% da banche e assicurazioni.
Uno degli esiti nefasti di questo perverso meccanismo e’ il debito pubblico, ossia il debito che lo Stato contrae con le banche per coprire i costi - truccati- dell’emissione della moneta e che noi paghiamo con le tasse: il debito pubblico e’ un debito per sua natura inestinguibile e aumenta ogni anno: cosi’ che i popoli saranno costretti a lavorare come schiavi senza ottenere in cambio nulla.
Ma e’ anche vero che il debito pubbico e’ un inaccettabile minaccia alla sovranita’ di qualsiasi Paese, dato che ogni governo nazionale potra’ essere minacciato dall’oligarchia bancaria se non dovessere rispettare i cosiddetti parametri e non tagliasse ulteriormente la spesa sociale.
Aveva ragione Ezra Pound, il piu’ grande poeta americano del XX secolo, ad inveire con profetica determinazione contro l’usurocrazia bancaria e con lui, in tempi piu’ recenti, Giacinto Auriti, docente di Teoria generale del diritto ed eminente studioso del tema monetario. In questo scorcio di inizio del nuovo millennio dominato dall’ oscurita’, ma percorso da fremiti inequivocabili di tensioni sane, occorre dare luogo a profondi cambiamenti nell’interiorita’ degli uomini che giungano a ridimensionare il ruolo della avidita’ mercantile che prende corpo nella speculazione finanziaria, secondo una visione della vita che ponga la dimensione spirituale e intellettuale dell’uomo come primaria e inalienabile.
Di cosa sia il signoraggio bancario e dei modi per abolirlo se ne parlera’ a Perugia Venerdi 12 Febbraio alle ore 17. 30 presso la sala della Partecipazione della Provincia di Perugia. Ad intervenire, invitati dalla neonata Associazione Triskelion, saranno una battagliera giornalista, Nicoletta Forcheri, acuta analista di vicende italiane, e il brillante saggista e ricercatore Marco Saba, autore di Bankenstein e di O la banca o la vita.
mercoledì 10 febbraio 2010
Noi non scordiamo.
Il 10 febbraio si celebra in Italia il "Giorno del ricordo", solennità civile istituita con una legge del 2004, con la quale si intende celebrare la memoria delle vittime delle Foibe e dell'esodo Giuliano-Dalmata. Sono stati sicché necessari quasi sessant'anni per giungere ad un riconoscimento ufficiale, da parte della Repubblica Italiana, della tragedia dei nostri connazionali travolti dalle vicende del confine orientale, alla fine della seconda guerra mondiale e nel periodo successivo. Le Foibe, cavità naturali presenti in Istria e sul Carso, sono diventate il simbolo delle sofferenze patite dagli Italiani di quelle martoriatre terre; all'interno di esse venivano infatti gettati i nostri connazionali, nell'attuazione della politica genocida messa in atto dai partigiani di Tito volta a sradicare ogni identità Italiana dalle terre che sarebbero dovute diventare parte della nascente Federazione Jugoslava. All'indomani dell'8 settembre 1943 iniziò a prender corpo infatti, con strategia pianificata e meticolosamente attuata, l'attività volta a colpire i simboli dell'Italianità, con stragi e omicidi di personaggi che venivano ritenuti rappresentativi del regime Fascista, ma non solo, anche semplici funzionari pubblici e i loro familiari, quando non anche semplici cittadini, colpevoli solo di essere italiani. Attività genocida quindi, messa in atto in maniera indiscriminata contro gli italiani in quanto tali, spesso anche con l'avallo, se non anche in alcuni casi la collaborazione fattiva, di altri italiani appartenenti a formazioni partigiane; per quanto anche appartenenti al Comitato di Liberazione Nazionale rimasero vittima delle epurazioni. Stragi, omicidi e deportazioni proseguirono impunite fino al trattato di pace del 10 febbraio 1947, nell'ambito del quale fu stabilito il nuovo assetto del confine orientale, con la cessione di gran parte delle provincie di Trieste e Gorizia, Istria, Fiume e Dalmazia alla Jugoslavia. Da qui l'inizio del drammatico esodo di centinaglia di migliaia di nostri connazionali. Intere famiglie di gente comune, radicata da sempre in quelle terre che consideravano Italia, dovettero scegliere di abbandonare le proprie case per sfuggire alla ferocia del regime Titino che ben avevano conosciuto nei mesi precedenti. Iniziò quindi il loro peregrinare da una città all'altra, da un campo profughi all'altro, spesso trattati, nella difficile situazione dell'Italia del dopoguerra, come stranieri in casa propria. Per quasi sessant'anni, in Italia, si è scelto deliberatamente da più parti di ignorare la potrata di tale tragedia, quando per mero e basso opportunismo politico e quando per scelta "ideologica". Ancora oggi, seppur sempre con minor efficacia, si verificano tentativi volti a sminuire la gravità di questi avvenimenti. L'oblio in cui sono colpevolmente stati fatti cadere gli orrori patiti dai nostri connazionali delle terre orientali grida ancora giustizia, e non crediamo che un solo "Giorno del ricordo", istituito a decenni di distanza da quei fatti, possa cancellare le responsabilità di chi ha contribuito al tentativo di affossare la memoria della tragedia giuliano-dalmata; è altresì doveroso, in questo giorno, onorare i nostri fratelli vittime dell'odio anti italiano e la memoria delle loro sofferenze.
Ass. Cult. Tyr Perugia
lunedì 8 febbraio 2010
Karen: sessantuno anni di lotta.
Un piccolo avamposto, forse una trentina di soldati. E duecento civili a cantare l'inno nazionale Karen mentre su un grosso bambù viene issata la bandiera rossa, bianca e blu con gli emblemi del sol levante e del tamburo tradizionale. Sembrerebbe il set di un film da pochi soldi, una di quelle produzioni che non si possono permettere troppe comparse.
Nerdah Mya è tra i suoi. Tiene un lungo discorso che ancora una volta tocca uno dei temi critici dell'intera questione Karen. "Se non abbiamo ancora raggiunto il nostro obiettivo - dice ai soldati - è per la mancanza di unità che ci contraddistingue". Il Colonnello si riferisce al tradimento e al cambio di campo da parte di un gruppo armato Karen che nel 1995 ha preso il nome di Esercito Democratico Buddista, e che ancora oggi collabora attivamente con le truppe birmane nel tentativo di controllare l'intera regione.
"Il giorno peggiore della mia vita - prosegue il colonnello - è stato quando i nostri fratelli ci hanno venduti al nemico. Da quel giorno ho dovuto iniziare a pensare che non mi sarei potuto fidare più di nessuno"..
Ai giornalisti che lo intervistano al termine della spartana ma solenne cerimonia in ricordo dei caduti, Nerdah Mya annuncia che per il suo popolo il 2010 sarà un anno molto diverso dal precedente.
"Abbiamo formato delle unità speciali, che non dipendono da alcun battaglione. Sono corpi franchi che hanno lo scopo di colpire il nemico dove è più vulnerabile. Ora siamo pronti a riprenderci il territorio perduto lo scorso anno. I nostri volontari si sono addestrati con scrupolo, nella certezza di cacciare il nemico dai villaggi Karen. La popolazione attende solo di vederci arrivare per liberarla dalle violenze e dalle angherie che sta subendo. Alla nostra gente diciamo: siamo già in marcia".
Indiscrezioni arrivate da Rangoon parlano di una richiesta per un prestito di duecento milioni di dollari che il regime birmano avrebbe avanzato al governo di Pechino per finanziare una offensiva su larga scala contro la resistenza. Una cifra che fa paura,
specialmente se vista da questo accampamento di teli di plastica e di bambù. Dalla risposta cinese dipenderà la sorte non soltanto dei Karen, ma anche di altri gruppi etnici che rifiutano di sottomettersi al controllo di Rangoon.
Intanto a Mae Sot, cittadina tailandese sul confine con la Birmania, è scattato l'allarme per i dirigenti dell'Unione Nazionale Karen, l'ala politica della resistenza. Dei sicari avrebbero il compito di colpire almeno uno dei leader del gruppo, per cercare di convincere il movimento a scendere a patti con il regime. David Thackarbaw, il Vice Presidente della KNU che lo scorso ottobre aveva compiuto una visita in Italia ed era stato ricevuto dal Sottosegretario agli Esteri Stefania Craxi, esce dal suo rifugio "solo se strettamente necessario". Fa uno strappo alla regola per invitarci a pranzo in un locale sulle colline che sovrastano il corso del fiume Moei. "Negoziare con i Birmani? - chiede di fronte alle insistenti pressioni che giungono dalle diplomazie - Voi negoziereste con chi violenta le vostre donne, uccide i vostri figli e brucia il vostro raccolto? Crediamo che la prima
condizione per un vero negoziato sia l'immediata cessazione di ogni attività dell'esercito birmano e dei suoi alleati nel territorio Karen".
Inchiostro velenoso.
E’ la cronaca attuale a dimostrarci come l’odio inglese nei confronti dell’Italia venga proferito a mezzo stampa. Di recente, le campagne mediatiche contro Berlusconi ed il suo governo sono spesso partite da Londra e Washington e, laddove partite da altrove, a Londra e Washington hanno trovato il loro acutizzarsi, utilizzate come pretesti – al più delle volte, di volgare tono - per attaccare l’uomo e, di riflesso, la sua linea politica. Le potenze occidentali sono al corrente del ruolo strategico che può svolgere l’Italia in chiave geopolitica, dato il suo storico prestigio e la sua posizione geografica, ed hanno un particolare interesse affinchè la nostra sovranità resti sempre subordinata alle imposizioni anglo-americane. E’ stato già ampiamente dimostrato come le nostre velleità di autonomia nazionale siano state oggetto di preoccupazione oltreoceano. E’ d’uopo ricordare in tal senso le dichiarazioni di uomini del Dipartimento di Stato americano (riportate nel nostro numero di settembre) nelle quali gli stessi esprimevano perplessità e stizza circa la partecipazione italiana alla costruzione del gasdotto russo South Stream. Davvero velenose le accuse rivolte al presidente del consiglio italiano da parte della stampa inglese. Qualche rapido esempio dei mesi scorsi? L’Observer si auspicava venisse fatta ai danni del Cavaliere una “iniezione di bromuro” finalizzata a farlo fuori; il Sunday Times titolava invece elegantemente “Nonno Silvio è impotente!”; “Buffone”, così veniva apostrofato sul The Guardian; il The Economist lo definiva “inadatto a governare”, suffragando questa tesi indicandolo come un mafioso; l’Indipendent ne aveva anche per gli Italiani, sostenendo che un “paese pornografico” ha il premier che si merita (chiaro riferimento al gossip legato a Palazzo Grazioli). Una vera e propria crociata condotta col diabolico mezzo della diffamazione. Non a caso da più fonti si è negli ultimi tempi tentato un accostamento tra la figura di Berlusconi e quella del leader socialista Craxi, di cui ricorrevano il mese scorso i dieci anni dalla scomparsa. I due, oltre ad esser stati legati da un rapporto di amicizia e di stima, condividono probabilmente l’onere di esser stati i due Presidenti del Consiglio più impegnati a doversi difendere da innumerevoli e pesanti accuse provenienti da diversi settori: magistratura, giornalismo, finanza. Soltanto oggi inizia, seppur timidamente, a farsi largo in alcuni ambiti mediatici la teoria secondo cui nei confronti di Craxi fu ordito un vero e proprio complotto di matrice anglo-americana. A Craxi non furono perdonate le coraggiose scelte in politica estera: la schietta solidarietà verso il popolo palestinese, l’amicizia sincera e concreta con Arafat ed i rapporti distesi con altri leader arabi invisi in occidente, la vicenda di Sigonella sono verosimilmente i tre pilastri dai quali maturò il livore di determinate ed influenti lobby. Servitasi di strumenti italiani: la magistratura che avviò Mani Pulite, il giornalismo - soprattutto quello legato all’Alta Finanza (Corriere della Sera e Repubblica) - che istigò una campagna diffamatoria; la longa manus d’oltreconfine riuscì nel subdolo intento di destituire Craxi e tutta una classe politica evidentemente scomoda. Dopo il repulisti seguito a quella stagione di giustizialismo dilagante, l’intervento ed il successo politico di Berlusconi suscitarono insofferenza poiché furono interpretati come un riuscito passaggio di testimone del leader socialista ad un suo fidato erede. Un rigurgito nazionale, avverso a privatizzazioni selvagge e perdita di sovranità. Ecco spiegata, in estrema sintesi, l’attuale avversione della stampa occidentale (anche di quella compatriota, ammaliata dal cosiddetto “modello americano” o soltanto connivente con gli interessi finanziari di matrice capitalista) verso l’Italia: a causarla è il timore di un’Italia di nuovo sovrana, spina nel fianco dell’imperialismo liberista di Washington e Londra. Talmente è profondo ed atavico il rancore antiberlusconiano di buona parte degli italiani, che ogni serena valutazione dei fatti attenenti esclusivamente all’operato politico sembra ormai perdere d’importanza rispetto alle vicende personali che coinvolgono Berlusconi: ai processi che lo vedono come imputato, alle sue vere o presunte avventure sessuali, al conflitto d’interessi etc. E’ così che i mezzi di comunicazione di massa hanno saputo adempiere perfettamente al loro ruolo propagandistico, riuscendo ad influenzare la coscienza dei cittadini e così creando i presupposti sociali per un vero e proprio golpe antiberlusconiano. In questa prospettiva è da interpretare l’avvento anche in Italia della moda tutta mondialista di “colorare le rivoluzioni”: il viola del “No-B day”. Ciò ricalca, anche se momentaneamente solo in piccola parte, quanto avvenne negli anni ’90, quando le campagne mediatiche contro i politici furono i mandanti morali di quel linciaggio da frustrati di cui si resero protagoniste orde di urlatori sotto l’Hotel Raphael a Roma in attesa che uscisse Craxi; poche ore prima condannato per Mani Pulite. Per meglio comprendere gli eventi del presente è sovente necessario far ricorso ad un tuffo nel passato, al fine di rinfrescar la memoria circa i rapporti di forza e le sfere d’influenza geopolitiche che si cristallizzano nella storia. Le preoccupazioni della perfida Albione e del suo sodale Zio Sam hanno spesso invaso i nostri confini nazionali, fin dai tempi precedenti all’unità d’Italia. Limitando il nostro interesse agli avvenimenti del secolo scorso, possiamo certamente rammentare l’ostracismo britannico verso ogni sussulto di sovranità nazionale italiano. Inutile dilungarci sulle campagne d’odio che scorrevano sui fiumi d’inchiostro, tanto a Londra e ad altri centri dell’Alta Finanza in Europa quanto a Washington e New York, ed indirizzate verso il Fascismo, a ragion veduta considerato una minaccia ai piani mondialisti. Ma è possibile recuperare fulgidi esempi di campagne mediatiche condite d’odio britannico ed americano verso l’Italia anche andando ancor più a ritroso nel tempo. Partiamo da un elemento di essenziale peso: il Mar Mediterraneo. Quello che per noi è un mare verso cui siamo naturalmente protesi data la nostra caratteristica geografica, è sempre stato per la Gran Bretagna un importante canale sul quale estendere i suoi tentacoli imperialistici che ovunque nel pianeta si sono mossi, causando guerre e schiavismo. Il fatto che l’Italia potesse dunque ampliare la sua sfera di interesse sulle coste mediterranee anche per mezzo di colonie è stato, giocoforza, un motivo di preoccupazione da parte britannica. Albione partecipò con coinvolto sentimento alla disputa italo-turca per accaparrarsi le terre libiche negli anni 1911-12. L’Italia era una seria minaccia ai suoi propositi sul Mediterraneo, la Turchia era da pochi anni divenuto uno stato laico, governato da quei Giovani Turchi che, appartenendo a logge massoniche, godevano senz’altro di simpatia ed amicizia a Londra. Dunque spalleggiati, come al solito, dai loro colleghi statunitensi, i giornalisti inglesi si prodigarono in una vera e propria campagna denigratoria e mistificatrice ai danni dell’esercito italiano impegnato al fronte nordafricano. In quegli anni destarono sconcerto e condanna unanime i racconti, accompagnati da rudimentali contraffazioni fotografiche, delle atrocità compiute dai soldati italiani ai danni degli Arabi. Campagna mediatica anti-italiana condotta dagli Inglesi in nome della “politica della pace” e dei “sacrosanti principi del diritto internazionale”. Ebbene, non possono che sonar stonate queste parole impregnate di buoni propositi agli orecchi di chi abbia una conoscenza anche minima dei metodi che contraddistinguono storicamente i messi si Sua Maestà nel portare in terre straniere l’ambasciata britannica (schiavismo, sradicamento, violenze, deportazioni). In pochi allora osarono sollevarsi contro la mistificazione orchestrata dalla Gran Bretagna, dato il pericolo di venir coscritti che tale gesto avrebbe provocato loro. Ne seppe qualcosa lo scrittore inglese cattolico Hilarie Belloc che, colpevole di aver documentato le falsificazioni su cui si fondavano le accuse anti-italiane della stampa, perse il proprio seggio nel parlamento britannico. Conferme, circa una campagna internazionale di stampa contro l’Italia, sono documentate anche nel memoriale dell’allora primo ministro Giolitti e nelle parole del corrispondente di guerra in Libia per il New York Herald, l’inglese Sherwood Spencer. Quest’ultimo elencò in un libro (Democracy or Shylocracy) una serie di false speculazioni giornalistiche su presunti crimini di guerra italiani e svelò gli intrighi di interesse finanziario che li fomentavano. Macchinazioni mediatiche che, allora come oggi, nonostante le spesso grossolane e poco credibili tesi su cui si reggevano, suscitarono costernazione nell’opinione pubblica anche nostrana. L’ampio fronte anti-interventista italiano, sebbene composto da tante persone in buona fede e mosso da motivi anti-bellici più che comprensibili, fu alimentato sino a bruciare un’atmosfera da guerra civile dall’opera menzognera partita da oltremanica. A causa del forte coinvolgimento emotivo del periodo storico movimentato, quasi nessuno si preoccupò di indagare sulla reale attendibilità di certe vicende dal fronte, narrate dalla stampa anglo-sassone e sventolate nelle nostre città come bandiere anti-interventiste. Così come quasi nessuno s’è preoccupato oggi di denunciare i toni ingiuriosi, sprezzanti e volgari della stampa inglese, al fine di attaccare il solo Berlusconi, verso tutto il nostro paese. Da parte nostra, che dire… Assolutamente nessuna apologia verso l’attuale governo, al massimo un lucido ed oggettivo riscontro di quanto di buono perseguito soprattutto in politica estera, in termini di autonomia. Ma un invito ci preme rivolgerlo; un invito alla serenità d’opinione, a diffidare da certi subdoli impianti giornalistici che sanno rivolgersi in modo ficcante alla più persuasiva zona della nostra psiche, facendoci perdere ogni riferimento alla ragione. Possiamo smascherare certe macchinazioni e, dietro la maschera, scoprire i reali interessi che le provocano. Gli strumenti per farlo non ci mancano: basta avere fiuto e mantenere allenata la vivifica elasticità mentale.
Nel nome della runa del lupo.
Ultimo uscito della collana "Sangue ed Inchiostro" delle edizioni Settimo Sigillo, edito e distribuito dall’ottimo Enzo Cipriano, nasce il primo lavoro organico sulla storia di una delle maggiori organizzazione giovanili nazional-rivoluzionaria degli anni 80’, organizzazione nata e sopravvissuta negli anni bui del riflusso e sciolta d’autorità dal Ministero degli Interni nel 1993 : il Movimento Politico Occidentale (per abbreviazione da ora MP) . Autore del libro è Davide Sabatini, stimato storico ed autore già conosciuto per altri due studi di spessore e di interesse , nonché protagonista e testimone puntuale, del sodalizio di MP in tutte le sue successive fasi organizzative e trasformazioni (1).
Possiamo cominciare con il dire che il lavoro di Davide è utile da un lato, a proporre una storiografia ragionata, una focus sulla cronaca ravvicinata e/o breve termine, soprattutto quando si tratta delle esperienze legate al neo-fascismo, delle quali si perde in fretta la memoria e si altera la verità dei fatti. (2)
Dall’altro, serve a marcare il terreno e lasciare documenti e testimonianza scritta, quindi non superabile, da chi non "dell’ambiente", lo indaga dall’esterno, e spesso non capisce e/o male interpreta i fenomeni intrinseci , e tralascia spesso di verificarne, le profonde contraddizioni interne e la complessità, creando scenari di semplificazione abnorme.
Il Movimento Politico Occidentale (MP) transita sulla scena politica nazionale dal 1983 al 1993. Nato nella zona dei castelli romani , si concentra soprattutto sulla piazza di Roma (ma non solo); si inserisce a pieno titolo come il principale protagonista della cosi detta "Base Autonoma"; un modello militante radicale che cerca il superamento del neo-fascismo verticistico e gerarchico tipico degli anni 70, e capitalizza le esperienze movimentiste e spontaneiste di Terza Posizione, del Fuan-Nar , del Movimento Romano, del MSI Lotta Popolare, ricercando da subito il superamento definitivo della logica degli opposti estremismi che aveva esasperato la lotta politica degli anni 70; ma senza tuttavia mai recedere di un metro, nè ideologicamente né tantomeno militarmente. Una organizzazione creata dal basso, ed estremamente egemone a livello giovanile (ma non egemonizzabile da nessuno); egemone, e soprattutto non eterodiretta da altri ed alti "fini".
Questo modello, nasce da quella sana frattura generazionale e culturale innescata già da metà degli anni 70, che ha coinvolto decine e decine di gruppi, esperienze autonome, comunità militanti, anche nella piena stagione del riflusso e che dal nord al sud Italia hanno lasciato il segno nella costruzioni di intere classi dirigenti (3) ; queste espressioni della destra radicale e del neo-fascismo, hanno recuperato terreno, spessore, analisi e credibilità, rispetto ai modelli dei “ concorrenti antagonisti “ della sinistra radicale. In alcune tematiche si è generato ( a mio avviso ) addirittura un sorpasso netto (soprattutto in tema di mondialismo e globalizzazione dei mercati , e soprattutto, sulle tematiche legate alla crisi epocale che ha investito tutte le generazioni post - sessattontine).
Erano i lontani giorni, in cui lo stesso istituzionale Fronte della Gioventù rautiano , influenzato e quasi plasmato, da quadri politici e immaginari del movimentismo anni 70 , si muoveva su scenari "border line" ed atipici , lontani mille miglia dalla destra conformista da cortile che anche oggi conosciamo (quella che da un lato esaltava la doppia pena di morte e dall’altro plaude ai pruriti di false riforme istituzionali).
Il Movimento Politico, con questo saggio di Davide Sabatini, entra a far parte della storiografia dissidente, a pieno titolo, con altre formazioni del neo-fascismo "non allineato" (e/o di quelle in cripto-ostaggio della destra atlantica americana ) ; un avamposto generoso dei nuovi proscritti "non collaboranti" con le dinamiche adulterate di fine millennio. Emerge dal racconto di Davide, un manipolo di giovanissimi ribelli, pronti a tutto, che irrompono sulla scena metropolitana romana, imponendo la propria presenza ed originalità di azione.
E questo manipolo di giovanissimi ribelli (Maurizio Boccacci , Alberto Devito Francesco, Roberto Valacchi i dirigenti storici), cominciano a rompere le uova nel paniere proprio nell’apparato missino dal quale hanno spiccato il volo , denunciando ben presto l’incapacità congenita e la malafede dei vertici, i limiti di azione, e soprattutto l’ingerenza nefasta di quell’ arrivismo tardo-istituzionale dell’apparato, che si annidava da sempre nelle file del partito, ben prima delle svolte ipocrite e zelanti del 1994.
L’obiettivo perseguito dalla dirigenza di MP era quello di strappare, metro per metro, l’egemonia culturale e sociale "di sinistra" alla sinistra , e/o meglio, come riappropriarsi di quella mentalità di radicamento che la sinistra aveva ereditato guarda guarda , proprio dal modello di egemonia gramsciana del partito-stato per eccellenza: il partito nazionale fascista. Strappare quindi il territorio, la comunicazione diretta sui temi caldi dell’ ecologia, dell’ autodeterminazione dei popoli, della giustizia giusta per i detenuti politici , della solidarietà con i più deboli; radicamento e contro-potere territoriale, difesa del lavoro, scuola , marketing avanzato , comunitarismo militante. Il tutto condito da dosi di sana, trasgressiva e maschia giovinezza , idealismo, e tanto tanto tanto entusiasmo.
L’autore mette in chiara evidenza le varie fasi alterne del gruppo: dal MSI dei Castelli 1985-1987 alla nascita delle due sezioni di Piazza Bambocci e Frascati e di Via Domodossola all’Appio Latino, le battaglie contro la droga; per la liberazione di Paolo Signorelli e Gianfranco Ferro; i contatti con il partito radicale e i tentativi falliti di azzerare lo scontro con l’estrema sinistra. Concerti , musica, campagne di autofinanziamento con lavori stagionali agricoli nella maremma viterbese. Volantinaggi e manifestazioni presso la centrale di Montalto, contro il nucleare, ma sempre a difesa assoluta del lavoro operaio; infine gli immancabili solstizi e feste comunitarie (Ritorno a Camelot) con le altre formazioni consorelle.
Davide si sofferma anche sulla sofferta fase della scissione all’interno della dirigenza romana, per influenza esercitata dal nascente Movimento Tradizionale Romano, organizzazione che puntava alla formazione interiore ed evoliana dei quadri militanti, piuttosto che alla piazza ed alla mobilitazione sociale. Dinamica di rottura, che vide una situazione critica gemella scaturire nell’ambito del auto-disciolto Meridiano Zero, qualche anno dopo, con la nascita del gruppo e dell’omonima rivista "Mos Maiorum".
L’incontro fecondo con il laboratorio Dart di Roma , nato ad opera dei militanti meta-politici piu’ spregiudicati della sede Colle Oppina del FdG segnano la seconda fase; l’avvento degli skineheads sulla scena romana, nazionale ed europea, riposiziona in breve l’immaginario e le scelte strategiche del Movimento Politico e ne gonfia le fila in numero di militanti . L’analisi del libro si sofferma puntualmente sulla nascita della moda giovanile nata dalla working class inglese, che in piena crisi economica e di identità sociale e politica , incontra quasi per caso le istanze destro-radicali anglofone.
Il Movimento Politico ha accettato questa sfida difficile, cioè di dare "una forma compiuta" a questa nuova forza giovane e pre-ideologica , che stava irrompendo, come protagonista nello scenario dell’immaginario giovanile metropolitano; in particolare creando un coordinamento speciale con le maggiori organizzazioni nazionali (Il Veneto Fronte Skinheads e Azione Skinheads di Milano). Il rischio che i militanti ed i quadri di MP avvertivano, era il rischio di far scivolare il tutto, verso uno schema troppo stereotipato, già peraltro previsto ampiamente dal sistema.
La difficoltà di gestire l’aggregazione da "stadio" ed egemonizzare la curve come contenitore militante di riserva, lo scontro fisico con la sinistra radicale , e le soliti tristi dinamiche di supremazia con gli altri gruppi sul territorio romano, hanno reso difficile la vita del Movimento Politico per anni. D’altra parte la questione nevralgica dell’immigrazione stava esplodendo in tutte le sue pesanti contraddizioni , e la scelta di privilegiare il tema del revisionismo storico, hanno facilitato in breve, la criminalizzazione del Movimento ad opera degli organi inquirenti e della stampa di regime (4).
La parabola discendente di MP, innescata prima da una serie interminabili di perquisizioni, arresti e attività repressiva , poi dall’ assalto armato con tanto di pistole alla mano di giovani membri della comunità ebraica romana presso la sede di Via Domodossola, culmina con l’operazione Runa del 4 maggio 1993 , e l’attuazione del decreto di scioglimento del Movimento (in base alla famigerata Legge Mancino) che peraltro, avrebbe dovuto colpire contemporaneamente anche l’altra organizzazione presente sul territorio romano: Meridiano Zero (5).
D’altra parte, per chi ha la capacità di contestualizzare gli eventi, ci trovavamo nel bel mezzo degli anni ruggenti di tangentopoli , gli anni in cui si doveva avviare in gran fretta la cosidetta "seconda repubblica", de-fascistizzare l’MSI ( il disegno previsto dalla P2 di Licio Gelli) , impostare la dittatura mediatica delle Tv commerciali, insomma la fase che avrebbe visto definitivamente anti-fascisti ed anticomunisti doc, ed ex sessantottini rampanti, compiacersi e dondolarsi del post-ideologismo coatto e levantino, ed andare tutti quanti felicemente a dama , grazie alla ristrutturazione del sistema partitocratico, ammucchiato da tempo in discesa.
E come avviene nella buona tradizione italica, ad ogni stretta liberticida e repressiva, ad ogni ristrutturazione , corrisponde una equivalente “macelleria�? di giovani vite, ed esperienze stritolate ed annichilite della “ meglio gioventù ’�?, di quella vera, di quella da sempre non allineata , di quella non-collaborante, di quella che al cinema non si vede mai. Tuttavia c’è chi ha lasciato tracce e perfino modelli di una certa rilevanza , c’è chi ha lasciato esperienze e ricordi , insomma memoria . Forse dobbiamo anche ad MP, quanto successivamente è stato capitalizzato ed evoluto ad esempio da CasaPound da un lato, o Forza Nuova dall’altro (e non solo).
C’è stato chi addirittura chi alla fine di questa microstoria , sulla pelle di pochi giovani ribelli, si ritrova perfino satollo ed arricchito, per essere salito sul treno giusto al momento giusto, rinnegando ed abiurando il proprio passato. Sarebbe interessante fare un ricerca, per vedere personaggi e figure di primo piano della scena militante antagonista degli anni 70- 80 (perfino tra coloro che hanno gravitato nel Movimento Politico o ne sono stati vicini collaterali) e che oggi lavorano , nelle varie aree manageriali dell’apparato, ben stipendiati, in nome non più del "dente di lupo" e della rivoluzione, ma dell’azienda di famiglia PdL-Mediaset .
Non è certo il caso di questi magnifici ragazzi dei castelli romani, i proscritti degli anni 80, tra cui primeggiano gli storici fondatori di MP: Alberto Devito Francesco (Albertone per gli amici), Maurizio Boccacci e Roberto Valacchi (detto: Pasticcino) che saranno come al solito considerati, dalle solite voci dell’apparato istituzionale , come puerili testimoni di una inutile e sterile stagione, quella fuori tempo massimo; gli ultimi donchisciotte di fine millennio, attori protagonisti di una giovanile ingenuità, spesso maldestra e pericolosa, strascinata ed ostentata tra spontaneismo ed istinto di umana sopravvivenza ; ma i pre-giudizi dei cultori omologati "della plebaglia di destra" li conosciamo bene .
Di certo , mai ( e ribadisco il mai) si potranno tacciare questi giovani ribelli degli anni 80 ("I Guardiani della RUNA DEL LUPO") di vigliaccheria congenita, di trasformismo codino né, tantomeno, di malattia post-ideologica; quella tipica dei gattopardi paraculi e dei ruffiani di ogni tempo, (che conosciamo bene anche loro per nome e cognome); la malattia tipica che ha colpito molti, ma per fortuna non tutti.
________________
1) Davide Sabatini è laureato in Storia Moderna e Storia delle Dottrine Politiche. Cofondatore del Centro Studi Tusculum, ha pubblicato per suddette edizioni L’Internazionale di Mussolini: La diffusione del fascismo in Europa nel progetto politico di Asvero Gravelli; Resistenza. Al di là del mito: La Ciociara e le altre. Il corpo di spedizione francese in Italia 1943-44.
2) L’esempio del cronista – protagonista la troviamo ad es. già in una dei maggiori testimoni del così detto �? risorgimento tradito�? : quel di G.C.Abba , cronista e protagonista di un pezzo della storia del nostro Risorgimento; e anche grazie alle Sue testimonianze dirette, scopriamo come vennero rese innocue e deviate le istanze piu’ sane ed originali dell’insurrezionalismo risorgimentale, e di come venne annegata la prospettiva rivoluzionaria originaria piegandola agli scopi dall’apparato della piemontesizzazione forzata .
3) Tanto per citarne alcuni dei sodalizi più’ importanti, coetanei del Movimento Politico e più volte citati nel libro: Orion, la comunità di Ideogramma al Nord; Heliodromos, L’aratro di Battipaglia ed Fronte Europeo al Sud, il Centro Studi Tradizionali, Meridiano Zero al Centro.
4) Il testo tratteggia l’episodio del mancato convegno di Roma con lo storico Inglese David Irving e la trappola mediatica organizzata da Ferrara con la complicità della destra perbenista di Fini.
5) Meridiano Zero si auto-sciolse con conferenza stampa e comunicati ufficiali una settimana prima, ben fiutando la scelta repressiva degli organi dello stato anti-fascista, contro i movimenti antagonisti metropolitani dei primi anni 90.
Di Francesco Mancinelli, tratto da: www.mirorenzaglia.org
mercoledì 3 febbraio 2010
Privatizzazione del sistema di difesa nazionale.
Nonostante la società all’apparenza rimane ancora sotto il controllo dello Stato, poiché avrà un consiglio di amministrazione composto da otto membri scelti dal ministro della difesa, le manovre di azione indipendente saranno molteplici, soprattutto in materia finanziaria.
L’azienda infatti, libererà lo Stato Maggiore e la Corte dei Conti, di conseguenza anche lo Stato Italiano, di tutte le spese relative alla gestione delle aree militari presenti nel territorio italiano che dipenderanno unicamente dalla Difesa spa, senza che le amministrazioni locali pubbliche possano aver alcuna influenza. Inoltre potrà comperare diverse forniture per le forze armate, che potrebbero persino comprendere elicotteri, camion, radar e sistemi elettronici. Per fare ciò la Difesa Spa gestirà un budget pubblico che varia fra i tre e i cinque miliardi di euro.
Ma le entrate che dovrebbero risollevare le sorti traballanti delle forze militari proverrebbero in realtà da altre fonti, quali : sponsorizzazioni, sule quali ancora non esiste un regolamento, e le dimissioni immobiliari. Si tratta di un giro d’affari cospicuo, che comprende caserme nei centri storici e alloggi non più utilizzati. Ad affiancare questo gustoso business, secondo i piani del governo, vi saranno anche società di gestione del risparmio, che dovranno valorizzare il patrimonio della Difesa creando dei fondi di investimento e vendendone i titoli, per poi rimborsare all'erario il valore di partenza degli impianti venduti e versare alla Difesa le plusvalenze. Un piano perfetto, peccato che si stanno però confondendo il segreto militare con l’interesse economico!
Articolo di Rita Dietric, www.rinascita.info