Il pm sta indagando per omicidio preterintenzionale. Ma se la famiglia non avesse denunciato i fatti probabilmente tutto sarebbe messo a tacere. Proviamo a ricostruire l’accaduto. Il giovane viene fermato intorno alle 23.30 del 15 ottobre dai carabinieri che gli contestano il possesso di una piccola dose di stupefacenti. All’1.30 della mattina il ragazzo, scortato in casa dai militari, assiste a una perquisizione della sua camera, che non da frutti, per poi essere condotto in galera. La mattina dopo parteciperà al processo per direttissima con il volto evidentemente tumefatto. I medici dell’ambulatorio del Palazzo di Giustizia stileranno un referto medico che rileva “lesioni ecchimotiche in regione palpebrale inferiore, bilateralmente” inoltre “lesioni agli arti inferiori e alla regione sacrale”. Durante il processo Stefano lamenta il fatto che gli sia stato affidato un legale d’ufficio piuttosto che il suo avvocato di fiducia. Dal carcere di Regina Coeli, viste le sue precarie condizioni di salute, Stefano viene condotto all’ospedale Fatebenefratelli. Dove una radiografia evidenzierà ” la frattura corpo vertebrale L3 dell’emisona sinistra e la frattura della vertebra coccigea”. Quindi rispedito in carcere. La mattina seguente, visto l’aggravarsi della sua situazione, il detenuto verrà portato presso il padiglione detenuti dell’Ospedale Pertini. La domenica verso le 21:00 la famiglia avvertita del trasferimento del giovane si reca in ospedale. Dove un piantone, rassicuradoli per le condizioni di salute del figlio, gli impedisce il colloquio. La visita dei familiari viene impedita sino al martedì successivo. Il mercoledì il padre di Stefano ottiene un permesso del giudice del tribunale di sorveglianza per avere un colloquio con il figlio detenuto. Mancante però del visto, dunque tutto slitta ancora di un giorno. Alle ore 6.20 della mattina seguente il giovane Stefano Cucchi muore. Il referto medico dell’autopsia riferisce che il decesso sia avvenuto “per cause naturali”.
La Polizia penitenziaria e l’arma dei Carabinieri tessono vicendevolmente alibi tesi a scagionarsi. Del resto, come affermano “era debilitato”, “le nostre camere di sicurezza, che sono quelle regolamentari, non sono certo alberghi a cinque stelle”. Senza dubbio, spiegazioni poco plausibili. Che lasciano seri dubbi sullo svolgersi della vicenda dal tragico esito. La famiglia sconvolta ha, volontariamente, diffuso le drammatiche e, per certi versi, raccapriccianti immagini della salma di Stefano. Segnato da evidenti segni di percosse sul volto, tumefazioni, un occhio rientrato nell’orbita, la mascella spaccata. Immagini orribili che riportano la situazione oltre le divagazioni del caso. Oltre le dichiarazioni scandalizzate e bipartisan dei parlamentari che vogliono luce su questa vicenda. Oltre chi, con cattivo gusto e pessima scelta dei tempi, difende l’Arma. I termini medici servono a ben poco. In quel volto si legge l’orrore di una rabbia cieca e immotivata. Si legge l’innocenza di chi è con le spalle al muro. Di chi non può difendersi e cede. La tristezza di chi abbandona la vita senza il commiato della famiglia.
Questo voi lo chiamate Stato di Diritto? Dov’è la tanto vantata “risposta delle istituzioni”? Questo non è Stato ma, bisognerebbe piuttosto chiedersi, chi è “Stato”? Chi ha ridotto così la patria del diritto romano, fondamento del diritto continentale? Perché chi dovrebbe difenderci, chi è addetto a far rispettare le leggi si riduce a barbaro e bruto? Ci lamentiamo della violenza gratuita, con aria da moralisti e benpensanti, e poi la dispensiamo come fosse un giocattolo? Condanniamola, emarginiamola, agiamo in modo che non si verifichi più che uno Stato si faccia carnefice e poi si mimetizzi vittima. Chi sbaglia deve pagare. Sia questo carabiniere, civile o poliziotto. Lo stato deve agire severamente nei confronti di chi commette reati di tale efferatezza.
Nicola Piras
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MILANO - Soffocata con del nastro adesivo e abbandonata in un fosso: questa la tragica fine della diciassettenne Ashleigh Hall, che mancava dalla sua casa di Darlington, nella contea di Durham, da domenica sera, quando aveva detto alla madre Andrea che avrebbe passato la notte da un amico. Stando, invece, ai compagni del corso di babysitter del Darlington College che Ashleigh seguiva, la giovane doveva incontrarsi con un misterioso ragazzo conosciuto su Facebook e che le aveva detto di avere 16 anni. Ma a quanto sta emergendo dalle indagini, l’appuntamento sarebbe stato, invece, con un uomo di 32, fermato dalla polizia per un banale controllo alla macchina (la sua auto era senza assicurazione) nel tardo pomeriggio di lunedì vicino a Sedgefield e che, una volta portato alla centrale, avrebbe poi confessato agli attoniti agenti «di aver ucciso una ragazza». L’uomo, che ha dei precedenti per reati sessuali su adulti (non su minori), è stato quindi arrestato con l’accusa di rapimento ed omicidio. Sarebbe stato lui stesso a portare gli investigatori nel luogo in cui giaceva il corpo senza vita e completamente vestito della povera Ashleigh, un fossato deserto sul retro di un ristorante (il Little Chef), a pochi metri di distanza dal posto di blocco della polizia e spesso meta di coppiette in cerca di intimità. A quanto scrive il
Il discusso vaccino distribuito per cercare di ostacolare il diffondersi dell’influenza H1N1 ha presumibilmente prodotto le prime morti (voce modificata a seguito della confusione generata dall’uso del termine “morti accertate” utilizzato poichè allo stato attuale la vaccinazione è l’unica causa del decesso che viene valutata), sono quattro donne svedesi che, in quanto infermiere, rientravano nelle categorie a rischio indicate dai governi e si sono sottoposte a vaccinazione usando il farmaco Pandemrix della GlaxoSmithKline, un preparato contenente mercurio e squalene.
A vederlo sembra davvero efficace nel persuadere i cittadini – nient’altro che potenziali elettori -, coi suoi modi ostentatamente gentili ed una dialettica affabile. Egli deve apparire come un modello, un esempio di ligia condotta e di stucchevole buonismo da esibire pubblicamente al fine di far spifferare al gregge “è proprio un brav’uomo, una persona affidabile”. Possiede una felice ed invidiabile famiglia, con dei figli bellissimi e diligenti ed una moglie di cui è fortissimamente innamorato, oggi più di quando l’ha vista per la prima volta. E’ con loro che passa tutto il tempo che il suo lavoro gli concede; lavoro tanto faticoso quanto estremamente affascinante poiché svolto con nobile vocazione. Abbracciato insieme alle sue uniche ragioni di vita - col suo vestiario sportivo, semplice, da uomo umile minimamente intaccato dall’insolenza che contagia i potenti – compone un quadretto famigliare perfetto, da copertina di “Famiglia cristiana”. Egli è infatti un uomo magnanimo, tanto magnanimo da definirsi senza indugio un cattolico, cresciuto nei sani ambienti parrocchiali tra pallone e panini all’olio, tenendo lontana ogni deviante tentazione. Il suo cuore grosso non sa esimersi dal donare amore e solidarietà a chi, più sfortunato di lui, ne ha bisogno. Insieme a tante persone comuni, proprio come fosse uno tra i tanti, partecipa a gare di solidarietà e di beneficienza, organizzando tornei sportivi nei quali la leale competizione regala un sorriso. Egli conosce bene anche il senso del dovere; ha conseguito una laurea in tempi rapidi e con profitto lodevole. Laurea che gli ha consentito di intraprendere una carriera lavorativa coraggiosa ma densa di soddisfazioni, ripercorrendo un percorso professionale tracciato già da suo padre e, prima ancora, dal padre di suo padre, così da creare un inalterabile circuito nepotistico (nel senso buono, s’intende…). La carriera professionale lo ha aiutato a sviluppare un’ulteriore propensione all’altruismo - si è associato a fondazioni no-profit, ONG, ONLUS… a tutto ciò che ha lo scopo di far del bene al prossimo – ed uno spiccato senso democratico: egli detesta gli estremismi, tacciandone i membri di non esser degni di appartenere alla società moderna di cui egli è fiero e pulito ambasciatore, e tenta, contro ogni aberrazione intellettuale di chi vorrebbe sminuire il tragico peso della Storia, di battersi; ma senza violenza ed impeto, semplicemente trasmettendo attraverso il suo sguardo colmo di pietà - raccolta visitando i luoghi testimoni degli eventi tragici - gli atroci effetti delle dittature. Questo è il suo profilo, ciò che appare in superficie, ciò che è stato costruito a mestiere con l’obiettivo di attirare consenso, di ammansire un gregge che non sa osservare oltre una maschera, che sa solo correr dietro a stereotipi convenzionali figli delle apparenze. Ma ora che la maschera è caduta? Appaiono le reali sembianze e destano scalpore. Egli - l’ineccepibile modello d’uomo, l’affidabile politico – è ora messo a nudo e mostra tutti i connotati che teneva ben nascosti dal dominio pubblico. Emergono dagli angoli inesplorati della sua ambigua personalità le infime perversioni. Tra l’imbarazzo provocato dal tema tabù, si ode levarsi dal gregge un unico sospiro scandalizzato che sa di condanna all’emarginazione. Et voilà, il consenso si trasforma in rifiuto…
Una delegazione dell'Unione Nazionale Karen, l'organismo che rappresenta le istanze di libertà di un popolo di 8 milioni di persone perseguitate da 60 anni dal regime birmano, è stata ricevuta ieri al Ministero degli Esteri dal Sottosegretario Stefania Craxi. 
Faccio un riassunto!", inizia così l'intervento di Riccardo Donti, segretario cittadini di FN.
Arroganti. Arroganti e aggressivi. Arroganti, aggressivi e anche ottusi. Perché vanificano, con un gesto arrogante, aggressivo e ottuso, milioni di euro d’investimenti pubblicitari per farsi un’immagine positiva. Le minacce del colosso americano McDonald’s, re mondiale del fast-food, a una microscopica agri-hamburgeria di Rivoli, in provincia di Torino, avrebbero anche un risvolto comico se non ci fossero di mezzo avvocati e carte bollate.
Quando si parla della Tessera del Tifoso, si è sempre pensato che questa equivalga solamente ad una tessera di fidelizzazione del tifoso alla propria società calcistica e che lo stesso sostenitore, da essa, possa tranne innumerevoli vantaggi. Non è esattamente così,