
Le democrazie liberali, ostili ad ogni opacità sociale, si sono date un ideale di “trasparenza” che può essere realizzato soltanto attraverso la suddivisione a scacchiera della società per tenerla sotto stretto controllo poliziesco. La società si trasforma allora in un bunker protetto da tesserini magnetici, codici di accesso, telecamere di sorveglianza. La moltiplicazione degli spazi privativi, sempre a fini di sicurezza, li sottrae al flusso sociale e finisce col far scomparire il concetto stesso di spazio comune, che è lo spazio della cittadinanza. Entra così in funzione un Panottico ben più temibile di quello previsto da Jeremy Bentham, ma la cui funzione è la stessa: vedere tutto, sentire tutto, controllare tutto. All’interno di una società di assistenza generalizzata, in cui ormai i problemi sociali hanno a che vedere soltanto con la “cellula di assistenza psicologica” e la sciocca ossessione del “dialogo” fa credere che, attraverso la discussione, tutto sia negoziabile e possa trovare una soluzione, l’imposizione della conformità – o, come la chiama Xavier Raufer, della “monocromia” – avviene nel mondo in cui, in informatica, viene operata la formattazione di un disco duro, in maniera tale da fargli accettare una sola categoria di software o di programmi. Di conseguenza, è più facile capire perché l’ideologia dominante parla più volentieri di diritti che di libertà, dal momento che l’instaurazione di un nuovo diritto si accompagna inevitabilmente a un controllo illimitato della sua applicazione.
La figura che la società di mercato cerca di promuovere è quella dell’eterno adolescente, in preda a una dipendenza da consumo permanente: le merce come droga. Economia pulsionale, nella quale l’energia è riconvertita in puro movimentismo, in semplice capacità di distrarsi. Questo divertimento, nel senso pascaliano del termine, si apparenta a una diversione. Distoglie dall’essenziale, contribuendo all’espropriazione dell’Io. Fare paura da un lato, divertire dall’altro, cioè condurre a distogliere dall’essenziale, impedire che si possa riflettere o dare prova di spirito critico. Fare di tutto affinché le persone producano e consumino, senza interrogarsi su qualcosa che si collochi al di là delle loro preoccupazioni e dei loro desideri immediati, senza mai impegnarsi in un progetto collettivo che possa renderli più autonomi. La società, resa docile in questo modo, diventa quel “gregge di animali timidi e industriosi” di cui parlava Tocqueville. È l’ideale dell’allevamento di volatili in batteria.
Il fatto più significativo è la correlazione osservabile fra la perdita di autorità e l’obsolescenza politica dello Stato nazionale e il rafforzamento del suo apparato repressivo. Nel momento stesso in cui si disimpegna progressivamente dall’ambito economico e sociale, lo Stato legifera e controlla sempre più i suoi cittadini. Il vantaggio, per lui, consiste nel fatto che, in materia di sicurezza, non è tenuto ad un obbligo di conseguimento di risultati. O per dirla ancora meglio: il suo interesse sta nel non ottenerne troppi, perché è così che può giustificare la pretesa di rendere permanenti le sue politiche di controllo e di sorveglianza: “Non si rinnova la fiducia ad un governo che predica il tutto-per-la-sicurezza perché è riuscito a ridurre l’insicurezza. Gli si rinnova la fiducia perché l’insicurezza persiste”, ha scritto Percy Kemp. Il vero scopo non è dunque tanto sopprimere l’insicurezza, che è pane benedetto per coloro che ne approfittano, bensì mantenerla, così da rendere possibile l’applicazione di una sorveglianza sempre più generalizzata.
Si tratta, in fin dei conti, di creare un caos latente che, senza oltrepassare una certa soglia, sia sufficiente ad inibire ogni velleità di reazione collettiva. La stessa tattica la si osservava ieri contro le “classi pericolose”, con l’obiettivo inconfessato di eliminare i devianti, i sostenitori di un punto di vista discordante. Oggi sono gli stessi popoli che, agli occhi della Forma-Capitale e delle oligarchie regnanti, sono diventati nel loro insieme la “classe pericolosa”. Sono i popoli i soggetti che vanno addomesticati. Per impedire loro di elaborare progetti collettivi di emancipazione e di autonomia, basta far loro paura. A questo serve il Panottico. Diceva Péguy: “Quando non è il martirio fisico, sono le anime che non riescono più a respirare”.
Articolo di Alain de Benoist, tratto da: www.ariannaeditrice.it
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