mercoledì 15 luglio 2009

...Un senso di ribrezzo ci perquote.





Riceviamo, condividiamo e pubblichiamo l'articolo scritto dall'Ass. Cult. Zenit di Roma riguardo all'ennesima ingiustizia…  Sicuri che la giustizia nell’aldilà non tarderà.




Non siamo stati colti certo da stupore ieri sera, dopo la lettura della sentenza di primo grado che condanna l’agente di Polizia Spaccarotella a sei anni di reclusione, riconoscendogli il reato di omicidio colposo. A colgierci tuttalpiù è il senso di ribrezzo, di nuovo; da quel maledetto 11 novembre del 2007 ci ha accompagnati lungo una serie interminabile di vicende, di calunnie giornalistiche, atte a coprire di densa coltre il gesto inconsulto di un scellerato, per il semplice fatto che lo scellerato indossa una divisa. Quello di ieri è stato solo l’ennesimo sussulto che ci scuote ed accresce in noi la diffidenza che riponiamo verso la giustizia, almeno verso quella terrena. E' di pochi giorni prima una sentenza altrettanto gonfia di polemiche: condannati al primo grado per omicidio colposo altri due agenti di polizia accusati nel settembre 2005 di aver pestato a morte un diciottenne a Ferrara, Federico Aldrovandi. Quale la colpa di questo giovanissimo, disarmato e solo, per meritare una così efferata e tragica punizione da parte di un gruppo di tutori dell'ordine? C'è da chiederselo? E' la stessa colpa di Gabriele: essersi imbattuto su di uno sfortunato, terribile destino. Nulla potrebbe giustificare un gesto palesemente folle, nessuna discrezione personale può legittimare un omicidio; ed al cospetto della legge non dovrebbero esistere eccezioni di sorta. Il sistema può avere delle falle - è forse normale che le abbia, è pure eufemistico parlare di falle se si pensa al sistema che vige oggi -, ma del resto chi rappresenta il potere esecutivo dello Stato nelle strade può sbagliare: è accaduto in passato e potrebbe riaccadere in futuro. Ciò che il sistema non deve permettersi, laddove conservi la volontà di rendersi credibile, è l'incapacità di fare giustizia, di condannare un pubblico ufficiale, di ammettere giuridicamente un mea culpa; di farlo quando massacra di botte un giovane inoffensivo e quando uccide sparando ad altezza d'uomo un proiettile che attraversa diverse corsie d'autostrada. Condannare così come condannerebbe un altro qualsiasi cittadino, comportandosi in modo equo, imparziale agli occhi di migliaia di persone che invano continuano ad attendere un segnale in tal senso. Attesa vana che crea disillusione verso l'autorità dello Stato, ed ancora dolore, rabbia, rancore... Il sistema è cinico; sta già fagocitando con spietata freddezza l'ennesimo atto di ingiustizia, assorbendolo lo plasma secondo il proprio gradimento ed è subito pronto a sputarlo fuori, infettando le coscienze di cittadini ingenui che si approcciano ai suoi mezzi di informazione e contrastando in modo smisurato il percorso di chi agisce in buona fede. Tutto ciò forse ha già iniziato a farlo, già da qualche ora...

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