La multinazionale nordamericana persegue in Colombia una politica di totale precarizzazione della manodopera, attraverso l'utilizzo di lavoratori temporanei, i quali vengono continuamente sostituiti e sono costretti ad associarsi in cooperative per essere pagati secondo il lavoro realizzato. Con questo sistema la retribuzione può scendere al di sotto del salario minimo previsto dalla legge, che oggi è di 375.000 Pesos, circa 125 Euro al mese. Il sindacato chiede che questo tipo di flessibilità finisca, che tutti i lavoratori abbiano contratti stabili e che i salari permettano ai lavoratori di vivere bene.
Il Sinaltrainal chiede inoltre di fermare la politica di delocalizzazione e chiusura degli impianti (ne sono stati chiusi undici), con la soppressione di fabbriche che tradizionalmente hanno operato in Colombia, perchè causano disoccupazione e impoverimento delle regioni dove storicamente vi è questa presenza. Il sindacato esige che questi impianti rimangano aperti, che i lavoratori che stavano lì continuino a lavorare, che si mantengano quelle strutture anche perché i municipi e le regioni dove si trovano possano continuare ad avere delle entrate attraverso le tasse.
Altri fatti gravi riguardano la persecuzione e l'assassinio dei lavoratori che si iscrivono al Sindacato, la violazione delle libertà sindacali e gli innumerevoli casi di sequestri, intimidazioni, torture e incarcerazioni arbitrarie che spesso avvengono nel mezzo di trattative e negoziazioni con l'impresa.
Per portare avanti la massimizzazione dei profitti e la politica di contenimento dei costi attraverso la precarizzazione dei lavoratori, è necessario annientare il sindacato che a questa politica si oppone con forza.
E’ una politica violentissima che si prolunga dal 1987 .
Nel paese è in corso uno stato di guerra non dichiarata che gruppi paramilitari chiamati AUC (Autodifese Unite di Colombia),appoggiati dall’Esercito regolare e dalla polizia e coperti dal Governo (in seguito ai crimini nessuno viene processato) portano avanti contro tutte le organizzazioni sindacali, politiche, indigene e contadine colpevoli di non condividere la politica neoliberista del Governo di Alvaro Uribe Velez. Da circa 30 anni esiste un’alleanza tra proprietari terrieri, industriali, banchieri, grandi burocrati dello Stato ,partiti politici tradizionali, militari, membri delle forze di sicurezza dello Stato e nordamericani.
Questi soggetti, uniti ai narcotrafficanti, hanno disegnato un progetto di aggressione contro la popolazione su territorio nazionale. Agiscono con la guerra selettiva: assassinio dei dirigenti politici e sociali di sinistra e generalizzazione del terrore con massacri senza nessuna motivazione apparente che servono a fare in modo che la popolazione,i sindacati, i contadini non si organizzino e non protestino contro l’operato dello Stato e contro il neoliberismo (precarizzazione del rapporto di lavoro, smantellamento dello Stato Sociale), che in Colombia ha prodotto un livello di povertà estrema. Il paramilitarismo opera con impunità assoluta, colpisce in accordo con gli ordini impartiti dai capi politici: le oligarchie, le multinazionali e i capi militari. I paramilitari compiono una funzione antisovversiva, in linea con la dottrina per la sicurezza nazionale applicata dai nordamericani: distruggere qualsiasi base sociale e qualsiasi legame possa avere la popolazione con le forze insorgenti della Colombia per impedire che abbiano un appoggio politico e sociale.
L'obiettivo è quello di controllare le zone del territorio dove forti sono gli interessi del grande capitale straniero e di garantire la totale libertà d'azione delle multinazionali (perchè possano attuare una politica di privatizzazione). Per questi motivi sono stati uccisi 4.000 sindacalisti negli ultimi 18 anni in questo paese.Altri sono dovuti fuggire o sono stati incarcerati e torturati. Ci sono state pressioni anche sulle famiglie dei dirigenti.
Il Sindacato è una delle più importanti organizzazioni che cercano di contrastare tali ingiustizie. Per restringerne la possibilità di rappresentanza la Coca-cola utilizza lavoratori interinali, che in Colombia non godono di nessuna tutela, neanche del diritto al salario minimo.
Il Sindacato lotta per far finire questa persecuzione e perchè la Coca-cola smetta di violare il diritto a sindacalizzarsi: i lavoratori non sindacalizzati che hanno un contratto a tempo indeterminato vengono obbligati a rinunciare alle convenzioni collettive di lavoro e vengono isolati. Se un lavoratore parla con un lavoratore sindacalizzato l’impresa gli sospende il contratto. La Coca Cola deve rispettare le normative minime sul lavoro in vigore nel pae-se, sancite dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro. Deve rispettare le convenzioni collettive, smettere di operare in modo arbitrario violando tutti i passaggi determinati dalla legge colombiana e infrangendo tutti i prin-cipi stabiliti a livello internazionale sulla libertà sindacale. Non deve aggirare il riconoscimento dei diritti minimi dei lavoratori con l'assunzione di manodopera attraverso aziende di intermediazione.
Per questa politica di repressione, presso il tribunale di Atlanta, USA, il SINALTRAINAL ha depositato una richiesta di incriminazione contro la Coca-Cola, per violazione dei diritti umani.
Questi fatti hanno spinto il Sindacato colombiano a lanciare una campagna per il boicottaggio di tutti i prodotti della Coca Cola Company (espulsione dai centri educativi, dalle scuole, dalle università, dagli spazi pub-blici, sportivi, culturali e sociali) alla quale hanno aderito centinaia di associazioni di tutto il mondo.

Il capitano Erik Priebke compie novantasei anni.
Il comandante Nerdah: “la simbologia del fascio c'insegna che se siamo uniti intorno a un'idea superiore nessuno, può sconfiggerci" .

Apprendiamo che la Cassazione di Roma ha deciso di accogliere il ricorso di Elena Bentivegna, figlia di due tra i più noti artefici della strage di Via Rasella del marzo '44, che chiedeva di essere risarcita in seguito ad un articolo comparso sul quotidiano 'Il Tempo' nel quale si sosteneva che "la Cassazione da' la patente di eroi ai massacratori di civili in via Rasella". Ricorso indirizzato alla decisione della Corte d'Appello che nel maggio 2004 non aveva ritenuto diffamatorio l'epiteto utilizzato dal quotidiano ritenendolo "un legittimo giudizio storico negativo" che non trascendeva "in attacchi personali". Quali le motivazioni di cui si è avvalsa oggi la III Sezione civile per annullare la sentenza del maggio 2004? Ebbene, una vorticosa piroetta dialettica secondo cui "l'uso del termine 'massacratori' in innegabile sinergia con la parola 'civili', con evidente inequivoco effetto di accostare l'atto di guerra compiuto dai partigiani all'eccidio di connazionali inermi assume senz'altro aspetti contenutistici né metaforici in punto di immediate evocazione non già di negativi giudizi storici, ma di vere e proprie affermazioni lesive della dignità e dell'onore dei destinatari". Fortunatamente la lingua italiana continua a confortarci, nonostante i tentativi di imbarbarimento perpetrati a suo danno: stando a quanto ci suggerisce un qualsiasi dizionario definendo il termine massacro un sinonimo di "Strage, macello di molte persone, che non si difendono o che si difendono male (da 
VICENZA - Aveva appena conquistato il Broad Peak quando è precipitata in un crepaccio, davanti agli occhi del suo compagno che non ha potuto fare nulla per salvarla. Cristina Castagna, 31 anni, tra le più promettenti alpiniste italiane, è morta precipitando per decine di metri sul Broad Peak, noto come K3, montagna di oltre 8mila metri nella catena del Karakorum in Pakistan. Lo riferisce oggi il Giornale di Vicenza, la città dove la giovane lavorava come infermiera al pronto soccorso dell'ospedale San Bortolo.
Gli accordi di pace del 10 aprile 1998 - firmati dal Sinn Fein, da Londra e dagli unionisti filo-britannici - sono ormai, nel Nord Irlanda, un mero pezzo di carta.
Riceviamo, condividiamo e pubblichiamo l'articolo scritto dall'Ass. Cult. Zenit di Roma riguardo all'ennesima ingiustizia… Sicuri che la giustizia nell’aldilà non tarderà.
NEW YORK
Il discorso iraniano non fa una piega: voi (Occidente) condannate noi (Iran) per le violenze (presunte!) contro i manifestanti, e allora noi condanniamo voi per gli arresti contro i manifestanti del g8. Trovate qualche piega?!