Claudio Mutti, capo-redattore della Rivista "Eurasia", in esclusiva per Agenzia Stampa Italia
Per saperne di più sulla situazione in atto in Iran, che sta innescando una reazione a catena in una parte della Comunità Internazionale, abbiamo deciso di sentire il parere del Professor Claudio Mutti, eminente studioso e storico, caporedattore della Rivista di Studi Geopolitici “Eurasia”, noto nel consesso internazionale per la sua profonda conoscenza dell’Islam in generale, e dell’Iran in particolare.
Salve Professor Mutti. Scoppia la polemica nel mondo e in poco tempo i media vengono inondati da attestati di solidarietà a Sakineh, la donna che, si dice sia stata condannata alla lapidazione per adulterio. Eppure altre fonti rivelano che invece questa pratica sarebbe stata abolita da anni in Iran, e che l’accusa ben più grave sarebbe quella di omicidio. Dove sta la verità?
La verità, ovviamente, non può trovarsi nella propaganda di guerra; e la campagna orchestrata dalle centrali mediatiche della dizinformacija occidentale intorno al caso dell'iraniana Sakineh Mohammadi Ashtiani è, per l'appunto, propaganda di guerra. Propaganda di guerra contro l'Islam in generale e contro la Repubblica Islamica dell'Iran in particolare, in applicazione della teoria dello "scontro di civiltà". La controprova di ciò sta nel fatto che non ha luogo nessuna campagna di solidarietà altrettanto clamorosa allorché vengono lapidate le adultere nei paesi dell' "Islam made in USA" (Arabia Saudita ecc.) o nelle zone dell'Iraq sotto controllo statunitense; tanto meno, quando negli Stati Uniti i condannati a morte vengono fatti friggere sulla sedia elettrica. Venendo a Sakineh Mohammadi Ashtiani, il 15 maggio 2006 costei venne condannata a ricevere 99 frustate, in quanto riconosciuta rea di relazione illecita con due uomini nel periodo successivo alla morte del marito. La condanna alla pena capitale le fu inflitta successivamente, nel settembre 2006, quando venne riconosciuta colpevole di adulterio (commesso prima della morte del marito) e di omicidio (un brutale omicidio al quale essa partecipò in maniera crudele ed efferata). Per quanto riguarda le modalità dell'esecuzione della condanna, tutto il can can sulla "lapidazione" ha lo scopo di suscitare orrore nelle "anime belle" occidentali, ma si fonda su un'altra menzogna, in quanto l'Iran ha decretato la moratoria per quanto riguarda la lapidazione. La cosa più inquietante in tutta questa ignobile e ipocrita campagna, a mio parere, è che essa prescinde totalmente da un principio fondamentale della convivenza tra i popoli, il principio secondo cui uno Stato ha il sacrosanto diritto di applicare le leggi che esso stesso si è dato.
A pochi giorni di distanza dall’inaugurazione della centrale nucleare di Bashehr, che ha riavvicinato nettamente Russia e Iran nell’ambito della cooperazione energetica, la nazione persiana torna di nuovo al centro della polemica internazionale. Che tipo di motivazioni sussistono dietro questo permanente clima d’inasprimento nei rapporti diplomatici tra la Repubblica Islamica e le nazioni occidentali?
L'atteggiamento aggressivo degli USA e dei loro satelliti nei confronti della Repubblica Islamica dell'Iran non è dovuto soltanto alla volontà atlantica di garantire il predominio israeliano nel Vicino Oriente. Le relazioni che la Repubblica Islamica dell'Iran ha saputo instaurare con la Russia, con la Turchia e coi paesi dell'Organizzazione di Shanghai, hanno sconvolto i disegni statunitensi, finalizzati al controllo del Vicino e Medio Oriente. L'intesa iraniana con la Russia e con la Turchia, per esempio, è fondamentale per pacificare l'area caucasica, alla quale i piani di Brzezinski avrebbero invece voluto assegnare il ruolo destabilizzante di "Balcani d'Eurasia". Indirizzandosi verso una soluzione continentalistica, l'Iran svolge una funzione di primo piano nella costruzione del grande spazio eurasiatico: si consideri, tra l'altro, che la posizione geografica assegna all'Iran una posizione di raccordo tra l'area sino-indiana e l'Europa. Tutto ciò, è ovvio, contribuisce in maniera decisiva ad accelerare il tramonto dell'unipolarismo statunitense e a favorire la nascita di un mondo multipolare; ma questa è una prospettiva che gli USA cercheranno di ritardare con tutti i mezzi. L'Europa, che avrebbe tutto da guadagnare instaurando un rapporto di amicizia e di collaborazione con l'Iran, ha scelto invece, in maniera stolta, vile e servile, di accodarsi alle iniziative antiraniane della Casa Bianca. Di qui, l'inasprimento dei rapporti diplomatici.
Spesso all'interno della vostra Rivista "Eurasia", avete analizzato e ribadito l'essenziale funzione geopolitica dell'Iran, evidenziando nell'attuale guida politica il prioritario carattere di sovranità nazionale, quando non di autentica resistenza nei confronti dell'espansionismo atlantista. Tuttavia, la storia della Repubblica Islamica ha presentato, in passato, al suo interno, anche dei momenti di discontinuità e di frammentarietà. Cosa è cambiato con l'ascesa di Ahmadinejad a Tehran, sia nei rapporti tra autorità politico-strategica e autorità religiosa, sia nei rapporti tra l'autorità di governo e la società civile iraniana?
Secondo la dottrina del velayat-e faqih, elaborata dall'Imam Khomeyni, durante l'assenza del Dodicesimo Imam e in attesa della sua epifania il compito di guidare la comunità dei credenti spetta agli esperti del diritto sacro. Bisogna tener presente che la Rivoluzione islamica fu animata dai quadri intermedi del cosiddetto "clero" sciita, se si vogliono capire bene i motivi per cui, dopo la morte dell'Imam, la dottrina del velayat-e faqih è stata oggetto di contestazione da parte di diversi ayatollah (anche da parte di alcuni che inizialmente l'avevano sostenuta, per esempio Montazeri). Molti di loro, infatti, nutrono il timore che, diventando una categoria stipendiata dallo Stato con una parte dei profitti del petrolio, il "clero" sciita possa perdere la propria autonomia finanziaria. Il presidente Ahmadinejad, che si richiama alla linea di Khomeyni e alla dottrina del velayat-e faqih, rappresenta una posizione di netto contrasto rispetto a quella del "clero" conservatore, che vorrebbe creare una divaricazione tra legittimità religiosa e legittimità statale. Se a tali considerazioni aggiungiamo il fatto che il consenso di cui gode Ahmadinejad proviene, oltre che dall'ambito dei pasdaran e dei basiji, dagli strati più poveri della popolazione iraniana, ci possiamo rendere conto dell'assurdità dell'etichetta di "ultraconservatore", che viene spesso attribuita al presidente della Repubblica Islamica.
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giovedì 9 settembre 2010
Cosa sta accadendo in Iran?
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