(ASI) Walter Bonatti, classe 1930, fin da giovanissimo si era reso protagonista di imprese alpinistiche estreme. Imprese difficili anche con le attrezzature più tecnologiche dei giorni nostri. Il mondo solitario e luminoso delle vette lo faceva vivere davvero: “da quassù il mondo degli uomini altro non sembra che follia, grigiore racchiuso dentro se stesso. E pensare che lo si reputa vivo soltanto perché è caotico e rumoroso”.
Inizia a scalare sulle Prealpi lombarde subito dopo la guerra per poi cimentarsi sulle Dolomiti e sul Monte Bianco. Nel 1951, con Luciano Chigo, scala la parete est del Grand Capucin. Nel 1954 Bonatti è il più giovane partecipante alla spedizione capitanata da Ardito Desio, che porterà Achille Compagnoni e Lino Lacedelli sulla cima del K2 e, nel 1955, sale in solitaria il pilastro sud del Petit Dru.
Walter Bonatti lascia l’alpinismo nel 1965 dopo una salita che ha fatto epoca: scala in solitaria invernale, per la prima volta, la parete nord del Cervino. Questa salita è la conclusione della sua carriera che da sola può costituire un capitolo della storia mondiale dell’alpinismo. Appeso a quattromila metri di altezza o a tracciare vie storiche sulle Alpi negli anni 50 e 60, non ha mai smesso di cercare vette ed esperienze interiori sempre più alte. Dopo l’alpinismo, Bonatti, ha continuato la sua avventura esplorando foreste, deserti e popolazioni sconosciute e scrivendo numerosi libri e reportage.
Un anno fa Bonatti aveva festeggiato il suo ottantesimo compleanno ed era ancora perfettamente in forma. Proprio in questa occasione aveva dichiarato: “Non mi sento di avere 80 anni se penso all'intensità con la quale ho vissuto, credo di averne 200, per il resto mi sento come un quarantenne” - e ancora – “ho abbandonato l'alpinismo estremo nel '65 perché con i mezzi tradizionali, ai quali avevo giurato fedeltà, potevo ormai solo più ripetermi. Ancora oggi vado in montagna e sono felice come lo ero quando scalavo le montagne più alte del mondo. La corsa verso i record ha portato l'alpinismo, come gli altri sport, ai trucchetti”. E molto probabilmente è proprio così. Le Alpi e le altre vette conosciute bene da Bonatti sono tristemente diventate irriconoscibili, logorate dalla sindrome della modernità alla ricerca del superfluo.
Con Bonatti se ne va un grande uomo. Un uomo d’altri tempi che è stato capace di vivere la montagna e la vita di tutti i giorni.
di Fabio Polese,
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