A due anni di distanza dall’inizio della devastante campagna militare israeliana Piombo Fuso, non una mera rievocazione, ma una denuncia.
All’alba del 27 dicembre 2008, ebbe inizio sulla Striscia di Gaza un incubo prodotto dal fuoco israeliano che, perpetuandosi per quasi un mese, causò la morte di più di 1400 persone, la condizione di 1900 orfani, più di 5000 feriti, ingenti danni alle infrastrutture. Tutto questo in un territorio di circa 1 milione e mezzo di abitanti.
All’alba del 27 dicembre 2010, registriamo la permanenza di uno stato di assedio che strangola la popolazione della Striscia e che, tuttavia, non conosce risonanza mediatica:
- Israele ha permesso l’entrata a solo il 7 percento del materiale necessario per la ricostruzione degli ospedali e delle scuole danneggiate o distrutte durante l’offensiva di due anni fa;
- l’economia è al collasso per via del blocco delle importazioni e delle esportazioni, con il 93 percento delle industrie chiuse, oltre il 70 percento della forza lavoro disoccupata, l’88 percento della popolazione che continua a vivere di aiuti, sotto la soglia di povertà;
- l’imposizione di un “buffer zone”, una porzione di terra prossima al confine su cui Israele si è auto-assegnato il diritto di sparare a chiunque la violi e su cui l’Onu ha individuato il 35 percento del totale dei terreni coltivabili a Gaza, oggi desolatamente incolti;
- negli ultimi due mesi, in particolare, Israele ha compiuto decine di attacchi sulla Striscia direttamente contro civili palestinesi, causando la morte, tra gli altri, di sei bambini.
La situazione è dunque lungi dal rasserenarsi – a Gaza e nel resto dei territori -, soprattutto alla luce delle promesse fatte da Obama al premier israeliano Netanyahu in cambio del congelamento provvisorio della costruzione di insediamenti di coloni in Cisgiordania. I termini dell’accordo prevedono da parte statunitense l’impegno a non richiedere più in futuro altre sospensioni degli insediamenti nei territori palestinesi occupati, il veto nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu a qualsivoglia risoluzione anti-israeliana, la fornitura ad Israele, oltre a svariate centinaia di milioni di dollari di armi, munizioni e ingegneria bellica, di altri 20 aerei da combattimento F-35 JSF – nella versione tecnologicamente più avanzata – del valore di 3 miliardi di dollari.
Questi obblighi che la potenza statunitense si impegna ad osservare con ossequiosa riverenza nei confronti dell’alleato mediorientale, oltre a darci la misura del peso che la lobby sionista esercita sulle nazioni, non lasciano presagire nulla di pacifico all’orizzonte.
Pertanto, sulla terra di Palestina è sempre promessa la minaccia israeliana.
A due anni di distanza, Piombo Fuso è ancora attuale.
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